BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • Fin dove arrivereste per salvare la faccia?
    La Torre di Guardia 1981 | 1° marzo
    • Fin dove arrivereste per salvare la faccia?

      RIUSCITE a vedere un nesso fra il commettere harakiri e l’essere alla pari con i vicini? O fra l’indebitarsi fino al collo per una dispendiosa cerimonia religiosa e il rifiutare di ammettere di aver torto in una discussione? Il nesso è che probabilmente dietro ciascuna di queste cose c’è il desiderio di salvare la faccia.

      Cosa vuol dire salvare la faccia? In cinese la parola “faccia” può anche significare “onore”. Salvare la faccia significa quindi “conservare la propria dignità”, l’“onore”, specialmente se minacciati dalla “vergogna”. È una cosa sbagliata? Ebbene, mantenere la propria dignità non è necessariamente sbagliato. Quando Gesù comandò di ‘amare il prossimo come se stessi’, lasciò capire che, almeno fino a un certo punto, bisognava interessarsi anche di se stessi. (Matt. 22:39) Il rispetto di noi stessi ci aiuta a essere persone pulite, fidate e oneste. Chi vorrebbe avere la reputazione di persona sporca, non fidata o disonesta?

      Salvare la faccia, però, non si limita a questo. Implica che la nostra reputazione, il nostro onore, sia la cosa più importante. In Giappone, per esempio, secondo quanto riferisce un osservatore, “la vergogna svolge l’autorevole funzione . . . che il desiderio di avere una ‘coscienza pulita’, di ‘essere a posto con Dio’, e la ripugnanza del peccato svolgono nell’etica occidentale”. Per evitare la vergogna, o salvare la faccia, la persona è pronta a fare sacrifici, proprio come è disposto a farli il cristiano pur di avere la coscienza a posto. Un tempo in Giappone alcuni arrivavano a commettere harakiri, una terribile forma di suicidio, pur di non affrontare la vergogna. Arrivereste a tanto per salvare la faccia?

      CIÒ CHE FANNO MOLTI

      In Oriente ci sono ancora alcuni che ricorrono al suicidio quando pensano che la loro onorabilità sia compromessa, anche se ormai il harakiri è passato di moda. Alcuni sono pronti a fare altri sacrifici. In certe zone, in occasione di una festività buddista, c’è l’usanza che le famiglie, per far bella figura davanti ai vicini, facciano un pranzo cerimoniale che viene loro a costare quanto il vitto di un’intera settimana. Altrove, quando si ha un ospite, si usa portarlo nel più costoso ristorante della città. Probabilmente chi invita non può nemmeno permettersi quella spesa, e magari l’ospite preferirebbe mangiare a casa. Ma il padrone di casa si sente in obbligo di invitarlo a cena fuori per non far brutta figura.

      In un paese vige l’usanza che quando si sposa una figlia il padre offra agli sposi una casa ammobiliata. Meglio è arredata, più il padre fa bella figura. Per questo alcuni si indebitano fino al collo. Di solito lo sposo paga una dote per la moglie. Anche lui, per non essere da meno, può doversi indebitare onde presentare una dote cospicua. Tuttavia il padre della sposa, che forse si è già indebitato per offrire la casa arredata, probabilmente restituirà la dote. Non vorrà fare una figuraccia accettando il denaro.

      Arrivereste a tanto per salvare la faccia? Molti sì. Vi sono poi altri modi in cui il desiderio di salvare la faccia può influire sulla persona. In un paese orientale, quando qualcuno desidera divenire cristiano, viene spesso accusato di gettare discredito sulla famiglia “abbracciando una religione occidentale”. Ovviamente il cristianesimo non è una “religione occidentale”, ma tale è considerato in quel paese. Pur non volendo offendere inutilmente il prossimo, è ovvio che non è saggio astenersi dal fare ciò che sappiamo essere giusto per il desiderio di salvare la faccia.

      LA STESSA TENDENZA IN TUTTO IL MONDO

      La tendenza a voler salvare la faccia non è una prerogativa dell’Oriente; la si nota in tutto il mondo. Prendete, per esempio, la fissazione di essere sempre alla pari con gli altri. Un uomo possiede un’automobile perfettamente adatta alle sue necessità. Un giorno il vicino acquista una nuova macchina, un modello di lusso. L’uomo, che prima era abbastanza soddisfatto del suo veicolo, ora non se ne contenta più. Perché? Se ne vergogna. La nuova macchina del vicino fa sembrare vecchia la sua. Così ne compra una nuova, anche se non gli serve e non può permettersela. Il suo motivo, la vergogna di fronte ai vicini, è molto simile a quello che spingeva certi orientali a fare harakiri.

      Vi siete mai risentiti quando qualcuno vi ha dato dei consigli per correggervi? Forse avete pensato: “Non è giusto! Chi crede di essere per criticarmi? Non è certo meglio di me!” Vi stavate giustificando. Perché? Perché era stato ferito il vostro orgoglio, il vostro “onore”.

      C’è chi è disposto a fare un grosso sacrificio pur di salvare la faccia. Forse ha commesso un grave peccato. Non ha il coraggio di ammetterlo davanti ad altri e risolvere così il problema. Quando l’errore viene comunque a galla e cristiani maturi gliene parlano, egli nega tutto. Per la vergogna o per la testardaggine preferisce forse allontanarsi dalla congregazione cristiana, mettendo così in pericolo la propria relazione con il Creatore e la propria speranza della vita eterna. Arrivereste a tanto per salvare la faccia?

      Che dire poi se qualcuno pecca contro di voi? Vi è facile perdonare? Oppure esigete che sia fatta “giustizia”? A volte un cristiano pecca contro un altro. La persona offesa presenta la cosa agli anziani della congregazione e il peccatore viene ripreso e ristabilito. Ma la vittima non riesce a dimenticare la questione. Pensa che gli anziani siano stati troppo indulgenti e che il suo danno personale non sia stato preso abbastanza seriamente. Perché ragiona così? Potrebbe darsi che per lui conti più la sua dignità ferita che il ristabilimento del fratello che ha sbagliato? In altre parole, la sua dignità, il suo “onore”, esige che il peccatore venga fatto soffrire?

      Si potrebbero menzionare molti altri esempi. Avete mai conosciuto qualcuno che non vuole ammettere di essere in torto anche quando ciò è evidente a tutti? Oppure qualcuno che non sopporta i suggerimenti, che fa l’offeso quando un suo suggerimento non viene accettato dagli altri o che è cocciuto e irremovibile nelle sue opinioni? Conoscete qualcuno che è eccessivamente orgoglioso del suo lavoro prestigioso o della sua istruzione superiore, oppure, al contrario, che si vergogna perché non ha tale istruzione? Tutte queste caratteristiche possono essere aspetti della preoccupazione per la propria dignità o il proprio “onore” personale.

      Perciò il cristiano fa bene a chiedersi: “Fino a che punto arriverei per salvare la faccia? In realtà, come dovrei considerare la questione dell’‘onore’?”

  • Un punto di vista equilibrato sull’“onore”
    La Torre di Guardia 1981 | 1° marzo
    • Un punto di vista equilibrato sull’“onore”

      LA BIBBIA indica che il desiderio di salvare la faccia è vecchio quanto l’umanità. Infatti il primo peccato dell’uomo fu seguito da un tentativo in tal senso.

      Forse conoscete in che modo Adamo ed Eva, i nostri primogenitori, peccarono contro Dio mangiando il frutto proibito. A suo tempo dovettero rispondere del loro peccato. È interessante il modo in cui reagirono. Costretto a confessare, Adamo cercò di addossare la colpa a Eva e persino a Geova Dio, dicendo: “La donna che tu desti perché fosse con me, mi ha dato del frutto dell’albero e quindi io l’ho mangiato”. Anche Eva cercò di giustificarsi, dicendo: “Il serpente, mi ha ingannata e io ho mangiato”. — Gen. 3:8-13.

      Avete mai provato l’impulso di reagire in modo simile? Messi di fronte alle vostre responsabilità per un errore commesso, avete cercato di darne la colpa ad altri? Alcuni farebbero qualsiasi cosa piuttosto che dire apertamente: “Mi dispiace. Ho sbagliato”. Tuttavia, cercare di salvare la faccia non cambia i fatti. Adamo ed Eva furono puniti per il loro peccato nonostante le loro scuse. — Gen. 3:16-19.

      Anania e Saffira erano un’altra coppia di coniugi troppo preoccupati di far bella figura. Cercarono di ingannare la primitiva congregazione cristiana dicendo una vera e propria menzogna, probabilmente per essere stimati di più e far bella figura davanti ai compagni di fede. Dio mostrò la sua disapprovazione facendoli morire. (Atti 5:1-11) Geova non considererebbe forse la cosa in modo simile oggi se, per esempio, un cristiano asserisse falsamente di fare più di quanto effettivamente fa nel servizio di Dio? Oppure, non sarebbe Geova dispiaciuto se, in qualsiasi altro modo, cercassimo intenzionalmente di dare a intendere che siamo diversi da ciò che realmente siamo? — Giac. 3:17.

      IL CRISTIANO HA BISOGNO DI SALVARE LA FACCIA?

      Il timore di far brutta figura sembra produrre principalmente cattivi risultati. Questo perché si basa su una premessa errata. Parte dal presupposto che la propria reputazione sia la cosa più importante. Il che non è vero. Inoltre, il desiderio di salvare la faccia può essere basato sull’orgoglio o su un’esagerata opinione di se stessi. Questo dispiace a Geova. — Prov. 16:18.

      È vero che la Bibbia dice: “Un nome è meglio che il buon olio”. (Eccl. 7:1) Ma questo si riferisce alla reputazione che ci si guadagna, particolarmente agli occhi di Geova, nell’arco di una vita di opere buone. Non ha nulla a che vedere con il rispetto che si esige a tutti i costi dagli altri.

      È vero che un cristiano, per essere un anziano, deve avere “un’eccellente testimonianza da persone di fuori”. (I Tim. 3:7) Questa “eccellente testimonianza” però è dovuta alla sua condotta cristiana e al buon comportamento della sua famiglia, e non a un’eventuale laurea, a un lavoro prestigioso o al fatto che egli spende un sacco di soldi per gli amici.

      Evidentemente Gesù Cristo non si preoccupava troppo di far bella figura. Il fatto di predicare ai poveri, agli esattori di tasse e ai peccatori anziché frequentare i capi religiosi pare sminuisse di molto la sua reputazione agli occhi di quegli uomini orgogliosi. (Giov. 7:45-48) Ma Gesù non smise di fare la volontà del suo Padre celeste, perché non andava in cerca di gloria per se stesso. Infatti una volta disse: “Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla”. (Giov. 8:49-54) Era disposto ad aspettare che suo Padre lo glorificasse. Ciò nondimeno le sue azioni gli fecero acquistare un’eccellente reputazione agli occhi di Dio e delle persone riflessive.

      Lo stesso vale per noi. Se cerchiamo di glorificarci, in particolare nascondendo certe cose o facendo credere ciò che non è, questo è chiaramente sbagliato e, a lungo andare, inutile. È molto meglio preoccuparsi di come si è considerati da Dio. Gesù stesso disse: “Felici voi, quando vi biasimeranno e vi perseguiteranno per amor mio e mentendo diranno contro di voi ogni sorta di malvagità. Rallegratevi e saltate per la gioia, poiché la vostra ricompensa è grande nei cieli”. — Matt. 5:11, 12.

      Gesù fece questa esperienza, in particolare dopo il suo arresto. I capi religiosi lo processarono e cercarono di infangarne la reputazione per mezzo di falsi testimoni. In seguito fu deriso e schernito. Sulla testa gli fu posta a forza una corona di spine e gli venne messa addosso una veste di porpora per deriderne la regalità. (Mar. 14:55-65; 15:17-20) Poi, mentre Gesù era morente, i governanti, in piedi attorno al palo di tortura, si fecero sarcasticamente beffe di lui. Anche il modo in cui morì era considerato ignominioso dai giudei. (Luca 23:32-38; Gal. 3:13) Pur subendo tutto questo, Gesù cercò forse di difendere la sua reputazione o “onorabilità”? No. Piuttosto le Scritture ci dicono che egli ‘disprezzò la vergogna’. (Ebr. 12:2) Ai suoi occhi era di gran lunga più importante la glorificazione del nome del Padre suo. (Giov. 17:4, 11) Per il suo eccellente comportamento, Cristo ricevette nei cieli una ricompensa veramente grande. Che meraviglioso esempio per noi! — I Piet. 2:21, 22.

      COME AFFRONTARE IL PROBLEMA

      In che modo, quindi, il cristiano dovrebbe affrontare il problema dell’“onore”? Ci sono in effetti due aspetti da considerare: i nostri rapporti con gli altri e il concetto che abbiamo di noi stessi.

      Nei suoi rapporti con gli altri, il cristiano dovrebbe cercare di non creare situazioni in cui qualcuno potrebbe sentirsi costretto a dover salvare la faccia. (Matt. 7:12) Quindi il sorvegliante che ha amore ed empatia darà consigli o correzione in maniera benevola e riguardosa, con uno “spirito di mitezza”. (Gal. 6:1) Nel predicare la “buona notizia” a un non credente, il cristiano starà attento a usare tatto, facendolo “con mitezza e profondo rispetto”. (I Piet. 3:15) In questo modo non ferirà né metterà in imbarazzo l’incredulo, nel caso questi dica cose inesatte o comprenda che le cose in cui più crede sono false. Per di più il cristiano non vorrà danneggiare la reputazione altrui divulgando nocivi pettegolezzi. — Prov. 16:28.

      Nel valutare noi stessi dobbiamo riconoscere che ci vuole maturità cristiana per evitare la trappola di voler salvare la faccia. Pure Giobbe vi cadde, anche se dobbiamo riconoscere che era sottoposto a una grande pressione. Le sue sofferenze includevano un’orribile malattia, la perdita della famiglia e lo scoraggiamento da parte della moglie. Poi arrivarono tre presunti amici e lo accusarono di peccare segretamente. A quel punto Giobbe si lasciò andare a un acceso tentativo di autogiustificazione. Dichiarò “giusta la sua propria anima anziché Dio”. (Giob. 32:2) Ma quando udì il saggio ragionamento di Eliu e specialmente i rammemoratori di Geova stesso, il suo modo di pensare riacquistò l’equilibrio. Giobbe diede quindi gloria a Dio anziché cercar di salvare la faccia giustificandosi. Come risultato, fu riccamente benedetto. — Giob. 42:1-6, 12, 13.

      Il cristiano ha quindi bisogno di esaminarsi attentamente. Spesso è difficile riconoscere che il vero problema è quello di voler proteggere il proprio “onore”. Può darsi che nel tentativo di ingannare altri siamo riusciti ad ingannare persino noi stessi. Il cuore è ingannevole e può farci scherzi del genere. (Ger. 17:9) Questo accade soprattutto quando ci troviamo emotivamente sotto pressione o veniamo colti alla sprovvista. Se analizziamo in preghiera il nostro modo di pensare, potremo essere aiutati a valutare correttamente la situazione. (Sal. 139:23, 24) Quando comprendiamo il problema, possiamo, come Giobbe, ritrovare l’equilibrio con l’aiuto della Parola di Dio e dei nostri fratelli cristiani.

      Spesso non è l’opinione degli oppositori ciò che ci preoccupa, ma quella di coloro che ci sono vicini. Per amore della “buona notizia” un cristiano maturo può sopportare gli scherni della comunità in cui vive. Ma può trovare difficile ammettere un errore o confessare un peccato nell’ambito della congregazione, per timore di perdere il rispetto dei suoi conservi cristiani. Forse si trova in serio imbarazzo se i suoi figli fanno qualcosa di male, e cerca di nasconderlo.

      Questo può anche capitare a un sorvegliante cristiano. In realtà, però, un anziano che si trova in tale situazione, e che confessa apertamente il suo problema, opera per il beneficio della congregazione ed è d’esempio agli altri. Le persone riflessive lo rispetteranno per la sua onestà. D’altra parte, cercar di evitare la vergogna o nascondere ciò che egli o la sua famiglia ha fatto, è segno di codardia. Può anche spingere alla menzogna. Entrambe sono cose che Dio detesta. — Riv. 21:8.

      TRE PREZIOSE QUALITÀ CRISTIANE

      Abbiamo perciò bisogno di coltivare qualità che ci aiutino a vincere il desiderio di salvare la faccia. Quali? Una è l’onestà. (Ebr. 13:18) Se apprezziamo l’onestà, non vorremo apparire quello che non siamo, cosa che quasi sempre il desiderio di salvare la faccia comporta. Questo può essere difficile. Ecco perché possiamo anche aver bisogno di umiltà e coraggio per essere aiutati a essere onesti, sia con noi stessi che con gli altri. (Prov. 15:33; I Cor. 16:13) Inoltre l’umiltà sconfiggerà il falso orgoglio che ci spinge a voler a tutti i costi salvare la faccia.

      Sì, coraggio, onestà e umiltà ci aiuteranno a evitare la trappola di voler salvare la faccia. Paolo disse che alcuni lo consideravano uno stolto. (I Cor. 4:10) Vi preoccupate se vi considerano degli stolti, quando nel vostro cuore sapete che state facendo la volontà di Dio? Il timore di ciò che penseranno gli altri vi trattiene dal fare ciò ch’è giusto? Gli adolescenti in particolare hanno bisogno di coraggio, onestà e umiltà per sostenere fermamente i giusti princìpi anziché cercar di fare bella figura e seguire la folla. — I Piet. 4:4.

      Gesù paragonò i servitori di Dio a “schiavi buoni a nulla”. (Luca 17:10) Vi considerate in tal modo? Oppure pensate di essere molto importanti? Paolo ci incoraggiò a ‘non pensare di noi stessi più di quanto sia necessario pensare’. (Rom. 12:3) Ci esortò anche a ‘non fare nulla per contenzione o egotismo, ma con modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a noi’. — Filip. 2:3.

      Le Scritture indicano chiaramente che nella congregazione cristiana non c’è posto per modi d’agire come il voler salvare la faccia o l’andare in cerca di onori. Le importanti qualità cristiane dell’umiltà, del coraggio e dell’onestà non sono affatto compatibili col voler salvare la faccia. Può non essere facile pensare in questo modo, specialmente se siamo cresciuti in un ambiente dove l’“onore” è messo al primo posto. Ma con l’aiuto dello spirito di Dio i cristiani sono in grado di apportare cambiamenti al loro modo d’agire. Se veramente lo desiderano, può cambiare anche ‘la forza che fa operare la loro mente’. (Efes. 4:23) Stiamo quindi attenti ai pericoli connessi col desiderio di salvare la faccia. Ricordiamo che è una trappola della carne imperfetta e facciamo di tutto per evitarla!

Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
Disconnetti
Accedi
  • Italiano
  • Condividi
  • Impostazioni
  • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
  • Condizioni d’uso
  • Informativa sulla privacy
  • Impostazioni privacy
  • JW.ORG
  • Accedi
Condividi