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  • Domande dai lettori (1)
    La Torre di Guardia 1953 | 1° dicembre
    • e tu stesso osservi la legge”. “Allora Paolo prese con sé gli uomini il giorno dopo ed entrò nel tempio per notificare i giorni che dovevano trascorrere per la purificazione cerimoniale, fino a che l’offerta potesse essere presentata per ciascuno di loro”. — Atti 21:20-26, NW.

      Il corpo governante in Gerusalemme considerò il problema e stabilì tale condotta per contrapporsi ai pregiudizi giudaici sollevati contro Paolo. I riti di radersi il capo, con i sacrifici prescritti, indicavano che il voto era stato fedelmente compiuto, e Paolo, associandosi ai quattro in questo, pur assumendosi le spese dei sacrifici, avrebbe dimostrato che egli non nutriva antipatia contro la Legge mosaica. (Num. 6:13-21) Egli era d’accordo con l’intento della Legge, come oggi noi siamo in armonia con i Dieci Comandamenti e altri princìpi della Legge, benché non sottoposti ad essa. Dove le sue procedure non violavano le nuove verità cristiane non c’era effettiva obbiezione a conformarvisi. Paolo agì così nella questione della circoncisione, opponendosi ad essa soltanto quando alcuni insisterono su di essa come requisito per la salvezza. (Atti 16:3; Gal. 5:2-6) Indubbiamente se questo metodo di compiere dei voti fosse stato sostenuto come cosa essenziale per la salvezza Paolo vi si sarebbe opposto, perché poteva ricondurre i Cristiani alla servitù della legge. (Gal. 5:1; Giac. 2:10) Ma siccome non venne incorporato come un requisito della fede cristiana Paolo non obbiettò. Come nella circoncisione facoltativa, non c’erano formalità da obbiettare in queste procedure. Esse erano state prescritte da Dio, costituivano un modo adatto e scritturale di compiere i voti, e non erano divenute improvvisamente empie solo perché non più richieste. Non violavano affatto i principi cristiani, non compromettevano affatto il nuovo precetto. Paolo stesso aveva fatto in precedenza un voto, volontariamente, senza pressione alcuna che potesse far nascere l’accusa di compromesso — Atti 18:18.

      Questa era una veduta pratica che rese possibile ai Giudei cristiani di agire liberamente e di predicare ad altri Giudei, perfino nel tempio stesso, per via della loro purità cerimoniale. (Atti 5:42) Fino a tanto che nessun compromesso del principio cristiano fosse implicato, il conformarsi a queste procedure era consigliabile per mantenere aperta la porta per la predicazione ai Giudei. Paolo fece prontamente tali concessioni: “Per i Giudei divenni come un Giudeo, affin di poter guadagnare i Giudei; per quelli che sono sotto la legge divenni come uno che è sotto la legge, benché io stesso non sia sotto la legge, affin di poter guadagnare quelli che sono sotto la legge. Per quelli senza legge divenni come uno senza legge, benché io non sia senza legge verso Dio ma sotto la legge di Cristo, affin di poter guadagnare quelli che sono senza legge. Per i deboli divenni debole, affin di poter guadagnare i deboli. Sono divenuto ogni cosa per gente d’ogni specie, affin di poter con tutti i mezzi salvarne alcuni. Ma faccio tutte queste cose per amore della buona notizia, affin di poterla condividere con altri”. (1 Cor. 9:20-23, NW) Altri Giudei cristiani fecero lo stesso, e ciò fu vantaggioso. Ad esempio, più tardi, quando Paolo venne accusato davanti a Felice, il suo avversario Tertullo lo incolpò ch’egli avesse “tentato di profanare il tempio”, ma Paolo fu in grado di dire “mi hanno trovato purificato nel tempio”. Poté così evitare di disputare su una piccola questione in paragone all’importanza di rendere una testimonianza cristiana, per dare rilievo alla vitale verità dottrinale concernente la risurrezione. — Atti 21:27-29; 24:6, 18-21.

      Come noi possiamo fare dei voti oggi, non solamente voti di dedicazione ma anche di altro genere, Paolo li poteva fare e li fece molto tempo fa, e da parte sua portarli a una pubblica conclusione in modo scritturale non implicava nessun compromesso dei principi cristiani. Con pura coscienza Paolo poteva ubbidire alle istruzioni impartite dall’organizzazione teocratica.

  • Domande dai lettori (2)
    La Torre di Guardia 1953 | 1° dicembre
    • Domande dai lettori

      ◆ Perché Paolo si riferisce a se stesso come a un padre spirituale verso i Corinzi, in considerazione delle istruzioni in Matteo 23:9? Vedere 1 Corinzi 4:15. — D. A., Illinois, Stati Uniti.

      Paolo scrisse ai Corinzi: “Benché voi possiate avere diecimila tutori in Cristo, non avete certamente molti padri, poiché in Gesù Cristo io sono divenuto vostro padre per mezzo della buona notizia”. (1 Cor. 4:15, NW) Paolo fu il primo ad apportare alla congregazione dei Corinzi la verità datrice di vita e fu quindi come un padre ossia operò come un rappresentante del Padre celeste. I tutori che vennero più tardi semplicemente edificarono sul fondamento di vita posto da Paolo. Per questa ragione egli si rivolgeva qualche volta a quelli che aveva aiutati a intraprendere la via della vita come a suoi figliuoli per indicare speciale parentela, interessamento, responsabilità e affetto — 1 Cor. 4:17; Gal. 4:19; 1 Tim. 1:2; 2 Tim. 1:2; Tito 1:4; Filem. 10; 3 Giov. 4.

      Nondimeno, Geova è il grande Padre e colui al quale si devono rivolgere formalmente tutti coloro che lo riconoscono come loro datore di vita e provveditore. Per le “altre pecore” Cristo diverrà il loro Padre eterno. (Matt. 6:9; Isa. 9:5) A nessun altro si dovrebbero conferire tali titoli. Paolo non impiegava il termine “padre” come un titolo, ma come un’illustrazione. Egli si serviva della parentela terrena esistente nella famiglia umana per mostrare il vero quadro della sua posizione verso i Corinzi cristiani. Egli non fu chiamato Padre Paolo in nessun posto. Pietro si riferiva a lui come al “nostro caro fratello Paolo”. (2 Piet. 3:15) Nessuno degli apostoli fu mai chiamato col titolo di Padre. Se fossero stati così chiamati dagli altri, ciò sarebbe stato una violazione del comandamento di Gesù: “Non chiamate nessuno vostro padre sulla terra, perché Uno è il Padre vostro, il Celeste”. Il contesto indica ch’egli si opponeva ai titoli adulatori. (Giob. 32:21, 22; Matt. 23:6-12, NW) Quindi l’uso da parte di Paolo dell’espressione “padre” per illustrare chiaramente la sua parentela con congregazioni e individui cristiani e non come un titolo esaltante la creatura, non costituì alcuna violazione di Matteo 23:9.

  • Domande dai lettori (3)
    La Torre di Guardia 1953 | 1° dicembre
    • Domande dai lettori

      ◆ Quando Davide dispiacque a Dio enumerando Israele, 2 Samuele 24:1 dice che Dio lo indusse a far ciò, mentre 1 Cronache 21:1 dice che Satana lo spinse a far questo. Inoltre, in 2 Samuele 24:9 il totale indicato è di 800.000 Israeliti e 500.000 Giudei, mentre 1 Cronache 21:5 calcola 1.100.000 gli uomini combattenti d’Israele e 470.000 quelli di Giuda. Come si possono accordare queste diversità? — H. B., Massachusetts, Stati Uniti.

      Qualche volta le Scritture parlano di Dio come se facesse ciò ch’egli semplicemente permette ad uno di fare. Quindi in 2 Samuele 24:1 è dichiarato: “L’Eterno s’accese di nuovo d’ira contro Israele, ed incitò Davide contro il popolo, dicendo: ‘Va’ e fa’ il censimento d’Israele e di Giuda’”. Ma non fu Geova che indusse Davide a peccare. Fu Satana, come 1 Cronache 21:1 dichiara: “Or Satana si levò contro Israele, e incitò Davide a fare il censimento d’Israele”. Dio fu dispiaciuto di Israele e quindi permise a Satana di attirare questo peccato sopra di loro, e per questa ragione in 2 Samuele sembra come se lo avesse fatto Dio stesso. La traduzione di Rotherham indica che fu la tolleranza di Dio piuttosto che il suo operato: “L’ira di Yahweh s’accese contro Israele, cosicché egli tollerò che Davide si muovesse contro di loro dicendo: Andate a contare Israele e Giuda”. La Settanta nella sua prima versione inglese va fino al punto d’inserire “Satana” al posto del pronome “egli”. La lettura marginale nella King James Version dice “Satana” invece di “egli”.

      Regolarmente elencati nel servizio reale c’erano 288.000 soldati, divisi in 12 compagnie di 24.000 ciascuna. Essi servivano a turno in modo che ogni gruppo di 24.000 serviva un mese all’anno. C’era un numero supplementare di 12.000 addetti ai dodici prìncipi delle tribù formanti un totale di 300.000. Evidentemente, il 1.100.000 di 1 Cronache comprende questi 300.000 già elencati, mentre 2 Samuele non li include. (Num. 1:16; Deut. 1:15; 1 Cron. 27:1-22) In quanto a Giuda, 2 Samuele evidentemente includeva i 30.000 che erano in un’armata di osservazione stazionata sulle frontiere della Filistia, e che non erano compresi nella cifra di 1 Cronache. (2 Sam. 6:1) Notiamo che in 2 Samuele il racconto non dice “c’erano in tutto Israele”, come fa nel calcolo in 1 Cronache, ma dice solo “c’erano in Israele”, non usando la parola “tutto”, dato che non comprende nel suo calcolo le forze regolarmente iscritte. Di nuovo, in 1 Cronache la narrazione non dice “c’erano in tutta la Giudea”, come fece nel caso d’Israele, ma soltanto “e in Giuda”, dato che ne lasciava fuori 30.000 e quindi non erano tutti compresi.

      Perciò quando l’intero quadro è posto sotto esame, se ricordiamo che le narrazioni furono scritte da uomini diversi con differenti punti di vista, possiamo accordare i due racconti senza difficoltà.

      Confidati nell’Eterno con tutto il cuore, e non t’appoggiare sul tuo discernimento. — Prov. 3:5.

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