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ImmagineAusiliario per capire la Bibbia
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a.E.V.) Nabucodonosor re di Babilonia fece un sogno che ebbe il risultato di turbarlo moltissimo e di provocargli insonnia. Nel sogno Nabucodonosor aveva visto un’immagine immensa e spaventosa, in forma umana. Le parti del corpo erano di metallo, e dalla testa in giù erano via via di metalli meno preziosi ma più resistenti, iniziando con l’oro per finire col ferro; i piedi e le dita però erano di argilla mista a ferro. L’intera immagine fu polverizzata da una pietra staccatasi da un monte, pietra che poi riempì l’intera terra. — Dan. 2:1-35.
L’immagine ha ovviamente relazione col dominio della terra e il proposito di Dio al riguardo. Questo è spiegato chiaramente nell’ispirata interpretazione di Daniele. La testa d’oro rappresentava Nabucodonosor che, per concessione divina, era diventato il sovrano mondiale dominante e, cosa ancora più importante, aveva rovesciato il regno tipico di Giuda. Ma nel dire “tu stesso sei la testa d’oro” non sembra che Daniele limitasse il significato della testa al solo Nabucodonosor. Dal momento che le altre parti del corpo rappresentavano regni, la testa evidentemente rappresentava la dinastia reale babilonese da Nabucodonosor fino alla caduta di Babilonia all’epoca del re Nabonedo e di suo figlio Baldassarre.
Il regno rappresentato dal petto e dalle braccia d’argento era quindi la potenza medo-persiana, che abbatté Babilonia nel 539 a.E.V. Questa era “inferiore” alla dinastia babilonese ma non nel senso di avere un dominio di minore estensione o minore forza militare o economica. La superiorità di Babilonia poteva dunque dipendere dall’aver abbattuto il regno tipico di Dio a Gerusalemme, impresa in cui non ebbero parte i medo-persiani. La dinastia di sovrani mondiali medo-persiani terminò con Dario III (Codomanno), il cui esercito fu sbaragliato nel 331 a.E.V. da Alessandro il Macedone. La Grecia è quindi la potenza mondiale raffigurata dal ventre e dalle cosce di rame dell’immagine. — Dan. 2:36-39.
La dominazione greca o ellenica continuò, benché divisa, finché non fu assorbita dalla crescente potenza di Roma. La potenza mondiale romana è dunque simboleggiata nell’immagine dal metallo più vile ma più resistente, il ferro, di cui sono fatte le gambe della grande immagine. Il potere di Roma di abbattere e annientare regni avversari, indicato nella profezia, è ben noto nella storia. (Dan. 2:40) Eppure le gambe e i piedi dell’immagine non potevano rappresentare Roma soltanto, poiché l’impero romano non vide il compimento del sogno profetico, la venuta della pietra simbolica tagliata dal monte, che avrebbe frantumato l’intera immagine e poi riempito tutta la terra.
Daniele stesso aveva detto a Nabucodonosor che il sogno riguardava “ciò che deve accadere nella parte finale dei giorni” (Dan. 2:28), e poiché viene spiegato che la pietra simbolica rappresentava il regno di Dio è evidente che la potenza raffigurata dalle gambe e dai piedi di ferro dell’immagine doveva continuare fino al tempo dell’istituzione di quel regno e fino al tempo in cui esso interviene per ‘stritolare tutti quei regni e porre loro fine’. — Dan. 2:44.
La storia insegna che, anche se l’impero romano prolungò la sua esistenza sotto forma di sacro romano impero di Germania, lasciò infine il posto alla potenza britannica, un tempo soggetta all’impero. Per la stretta affinità e la generale unità d’azione, oggi Gran Bretagna e Stati Uniti sono spesso definiti la potenza mondiale anglo-americana, che attualmente domina la scena mondiale.
Il ferro mescolato all’argilla nelle dita dei piedi della grande immagine ben raffigura la condizione che si sarebbe manifestata nell’ultima espressione del dominio politico mondiale. L’argilla è usata altre volte metaforicamente nelle Scritture per rappresentare uomini carnali, fatti di polvere della terra. (Giob. 10:9; Isa. 29:16; Rom. 9:20, 21) L’interpretazione di Daniele sembra dunque equiparare l’argilla alla “progenie del genere umano”, che, mischiata a ciò che è simboleggiato dalle dieci dita dei piedi dell’immagine, vi introduce un elemento di fragilità. È evidente un indebolimento e mancanza di coesione nella ferrea potenza dell’ultima forma di dominio mondiale da parte di regni terreni.
L’immagine d’oro eretta in seguito da Nabucodonosor nella pianura di Dura non ha alcuna relazione diretta con l’immagine del sogno. A motivo delle sue dimensioni — sessanta cubiti (ca. 27 m) di altezza e soli sei cubiti (ca. 2,7 m) di larghezza (cioè una proporzione di dieci a uno) — non sembra verosimile che si trattasse di una statua in forma umana, a meno che non avesse un piedistallo molto alto, più alto della statua stessa. Fra l’altezza e la larghezza del corpo umano esiste infatti una proporzione di quattro a uno soltanto. Quindi l’immagine poteva essere piuttosto di natura simbolica, forse simile agli obelischi dell’antico Egitto.
L’IMMAGINE DELLA BESTIA SELVAGGIA
Dopo aver visto in visione una bestia selvaggia con sette teste che ascendeva dal mare, l’apostolo Giovanni ebbe la visione di una bestia con due corna ascesa dalla terra, che parlava come un dragone e diceva a coloro che dimorano sulla terra “di fare un’immagine alla bestia selvaggia [con sette teste]”. (Riv. 13:1, 2, 11-14) Il significato della bestia selvaggia con sette teste e della bestia con due corna è trattato alla voce BESTIE SIMBOLICHE, dove viene spiegato che le bestie sono coerentemente usate nella Bibbia per simboleggiare governi politici. L’immagine della bestia selvaggia con sette teste deve perciò essere qualche cosa che riflette le caratteristiche e la volontà del sistema politico che domina la terra rappresentato dalla bestia selvaggia con sette teste. Logicamente deve pure avere sette teste e dieci corna come la bestia selvaggia uscita dal mare che rappresenta. È interessante notare che in Rivelazione capitolo 17 è descritta un’altra bestia con sette teste, che non è però la bestia selvaggia uscita dal mare.
Dopo la prima menzione che se ne fa in Rivelazione capitolo 13, si parla sempre dell’immagine della bestia insieme con la bestia selvaggia, specie in relazione all’adorazione di quest’ultima e al riceverne il marchio, cose in cui è impegnata l’immagine della bestia. — Riv. 14:9-11; 15:2; 16:2; 19:20; 20:4; vedi MARCHIO.
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Immeritata benignitàAusiliario per capire la Bibbia
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Immeritata benignità
Vedi BENIGNITÀ.
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ImmersioneAusiliario per capire la Bibbia
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Immersione
Vedi BATTESIMO.
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ImmortalitàAusiliario per capire la Bibbia
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Immortalità
[gr. athanasìa].
Il termine greco è composto dal prefisso a (alfa privativo) seguito da una forma del sostantivo che significa “morte” (thànatos). Il significato fondamentale è dunque assenza di morte.
I termini “immortale” e “immortalità” non compaiono nelle Scritture Ebraiche, le quali tuttavia spiegano che Geova Dio, la Fonte di ogni vita, non è soggetto alla morte, quindi è immortale. (Sal. 36:7, 9; 90:1, 2; Abac. 1:12) Questo viene sottolineato dall’apostolo Paolo che si rivolge a Dio come “al Re d’eternità, incorruttibile”. — I Tim. 1:17.
Come viene spiegato alla voce ANIMA, le Scritture Ebraiche dichiarano che l’uomo non ha immortalità innata. Numerosi versetti dicono che l’anima umana (ebr. nèphesh) muore, è destinata alla tomba e viene distrutta. (Gen. 17:14; Gios. 10:32; Giob. 33:22; Sal. 22:29; 78:50; Ezec. 18:4, 20) Le Scritture Greche Cristiane sono naturalmente in armonia con ciò e anch’esse contengono riferimenti alla morte dell’anima (gr. psykhè). (Matt. 26:38; Mar. 3:4; Atti 3:23; Giac. 5:20; Riv. 8:9; 16:3) Quindi le Scritture Greche Cristiane non dissentono dalle Scritture Ebraiche e neppure alterano l’insegnamento ispirato che l’uomo, l’anima umana, è mortale, soggetto alla morte. Le Scritture Greche Cristiane però contengono la rivelazione del proposito di Dio di concedere l’immortalità ad alcuni dei suoi servitori.
L’IMMORTALITÀ DI CRISTO
La Bibbia dice che il primo a ricevere il dono dell’immortalità è stato Gesù Cristo. Dalle parole ispirate dell’apostolo Paolo in Romani 6:9 si capisce che non possedeva l’immortalità prima di essere risuscitato da Dio: “Cristo, ora che è stato destato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più”. (Confronta Rivelazione 1:17, 18). Per questa ragione, nel descriverlo come “il Re di quelli che regnano da re e il Signore di quelli che governano da signori”, in I Timoteo 6:15, 16 è spiegato che Gesù è diverso da tutti gli altri re e signori in quanto è “il solo che ha immortalità”. Gli altri re e signori, essendo mortali, muoiono, come morivano i sommi sacerdoti di Israele. Il glorificato Gesù, nominato da Dio Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec, ha invece “vita indistruttibile”. — Ebr. 7:15-17, 23-25.
L’aggettivo “indistruttibile” qui traduce il termine greco akatàlytos, che significa fondamentalmente “indissolubile”, termine composto dal prefisso a e da una forma del verbo katalỳo, “rovescio, abbatto, demolisco”. Questo verbo ricorre nelle parole di Gesù a proposito del tempio di Gerusalemme che sarebbe stato ‘diroccato’. (Matt. 24:1, 2) Lo usa anche Paolo per spiegare che la “tenda” terrena dei cristiani, cioè la loro vita terrena in corpi umani, sarebbe stata “dissolta”. (II Cor. 5:1) Quindi la vita immortale concessa a Gesù alla risurrezione non è semplicemente vita senza fine, ma vita non soggetta a deteriorarsi o a dissolversi e quindi indistruttibile.
IMMORTALITÀ CONCESSA AGLI EREDI DEL REGNO
Agli unti cristiani chiamati a regnare con Cristo nei cieli (I Piet. 1:3, 4) viene promesso che saranno uniti a Cristo nella somiglianza della sua risurrezione. (Rom. 6:5) Quindi, come il loro Signore e Capo, gli unti componenti della congregazione cristiana che muoiono fedeli ricevono una risurrezione alla vita spirituale immortale, di modo che ‘questo che è mortale riveste l’immortalità’. (I Cor. 15:50-54) Come nel caso di Gesù, immortalità per loro non significa semplicemente vita eterna, o semplice libertà dalla morte. Anche a loro è concesso “il potere di una vita indistruttibile” quali coeredi di Cristo, come si vede dall’accostamento che fa l’apostolo Paolo fra l’incorruttibilità e l’immortalità a cui pervengono. (I Cor. 15:42-49) Su di loro “non ha autorità la seconda morte”. — Riv. 20:6.
Il fatto di concedere l’immortalità agli eredi del Regno è tanto più straordinario e trascendentale in quanto anche gli angeli di Dio sono mortali, pur avendo corpi spirituali, non carnali. La mortalità degli angeli è resa evidente dalla condanna a morte emessa contro il figlio spirituale che diventò l’avversario di Dio, o Satana, e anche contro gli altri angeli che seguirono tale condotta satanica e “non mantennero la loro posizione originale ma abbandonarono il proprio luogo di dimora”. (Giuda 6; Matt. 25:41; Riv. 20:10, 14) Quindi concedendo a quei cristiani, che hanno il privilegio di regnare col Figlio suo nel regno celeste, una “vita indistruttibile” (Ebr. 7:16) o “indissolubile”, Dio dimostra in modo mirabile di avere fiducia in loro. — Vedi ANGELO; CIELO (Accesso alla vita celeste); VITA.
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ImparzialitàAusiliario per capire la Bibbia
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Imparzialità
Assenza di pregiudizi, obiettività, equanimità. In ebraico e in greco i termini usati nella Bibbia per “parziale” e “parzialità” hanno il significato di considerare o giudicare dall’apparenza esteriore; rispetto umano. L’imparzialità impedisce dunque che una persona o ciò che sembra materialmente, in quanto a posizione, ricchezza, potenza e influenza, o un regalo (oppure, al contrario, la compassione verso un povero) influenzino il giudizio o le azioni a favore di qualcuno. L’imparzialità fa sì che tutti siano trattati in modo leale e giusto, secondo i meriti e i bisogni di ciascuno. — Prov. 3:27.
GEOVA È IMPARZIALE
Geova dice “che non tratta nessuno con parzialità né accetta regalo”. (Deut. 10:17; II Cron. 19:7) L’apostolo Pietro, quando Dio lo mandò ad annunciare la buona notizia all’incirconciso gentile Cornelio, disse: “Per certo io comprendo che Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. — Atti 10:34, 35; Rom. 2:10, 11.
Non si possono mettere in discussione le decisioni e le azioni di Geova, il Creatore e il Supremo. Dio può fare quello che vuole con ciò che ha creato, e non deve nulla a nessuno. (Rom. 9:20-24; 11:33-36; Giob. 40:2) Tratta singoli o gruppi, anche nazioni, secondo il suo proposito e nel tempo da lui stabilito. (Atti 17:26, 31) Tuttavia è imparziale. Ricompensa ciascuno non secondo l’aspetto esteriore o i possedimenti, ma secondo ciò che è e ciò che fa. (I Sam. 16:7; Sal. 62:12; Prov. 24:12) Suo Figlio Gesù Cristo segue la stessa condotta imparziale. — Matt. 16:27.
Non era parziale con Israele
Alcuni hanno pensato che Geova agisse con parzialità favorendo Israele, che anticamente era il suo popolo. Ma l’onesto esame dei suoi rapporti con Israele rivelerà che tale accusa è infondata. Geova scelse e si occupò di Israele non perché fosse una nazione grande e numerosa, ma a motivo dell’amore e apprezzamento che aveva per la fede e lealtà del suo amico Abraamo, loro antenato. (Giac. 2:23) Inoltre fu longanime verso gli israeliti perché aveva posto su di loro il suo nome. (Deut. 7:7-11; Ezec. 36:22; Deut. 29:13; Sal. 105:8-10) Finché ubbidiva, la nazione di Israele era benedetta più delle altre nazioni che non avevano la Legge. Quando gli israeliti erano disubbidienti, Dio era paziente e misericordioso, ma li puniva. E pur avendo una posizione di favore, avevano davanti a Dio una responsabilità maggiore perché portavano il suo nome e perché erano sotto la Legge. Infatti la Legge
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