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IsraeleAusiliario per capire la Bibbia
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In questo periodo il governo nazionale dei Maccabei o Asmonei ebbe alterne fortune, e si affermarono le fazioni dei sadducei favorevoli agli Asmonei e dei farisei a loro contrari. Alla fine venne chiesto l’intervento di Roma, ormai potenza mondiale. In risposta venne inviato il generale Gneo Pompeo che, dopo tre mesi di assedio, nel 63 a.E.V. prese Gerusalemme e annetté la Giudea all’impero. Nel 40 o nel 39 a.E.V. Erode il Grande fu nominato da Roma re dei giudei, e nel 37 riuscì ad abbattere la dominazione asmonea. Poco prima della morte di Erode, nel 2 a.E.V. nacque Gesù, “gloria del tuo popolo Israele”. — Luca 2:32.
Nel I secolo E.V. l’autorità imperiale di Roma su Israele era distribuita fra i governanti distrettuali (che a volte avevano il titolo di re) e i governatori o procuratori. La Bibbia menziona governanti distrettuali come Filippo, Lisania e i re Erode Agrippa I e II (Atti 12:1; 25:13), nonché i governatori Ponzio Pilato, Felice e Festo. (Luca 3:1; Atti 23:26; 24:27) È evidente che all’interno c’era ancora qualche parvenza dell’ordinamento genealogico tribale, dal momento che Cesare Augusto fece il censimento degli israeliti nelle città delle rispettive case paterne. (Luca 2:1-5) Fra il popolo gli “anziani” e i sacerdoti leviti erano ancora molto influenti (Matt. 21:23; 26:47, 57; Atti 4:5, 23), anche se avevano in gran parte sostituito le tradizioni umane ai precetti scritti del patto della Legge. — Matt. 15:1-11.
In tale atmosfera nacque il cristianesimo. Prima venne Giovanni il Battezzatore, il precursore di Gesù, che fece tornare molti israeliti a Geova. (Luca 1:16; Giov. 1:31) Poi Gesù e gli apostoli continuarono l’opera risanatrice, impegnandosi fra le “pecore smarrite della casa d’Israele” ad aprire occhi accecati dalle false tradizioni di uomini onde godessero gli straordinari benefici della pura adorazione di Dio. (Matt. 15:24; 10:6) Tuttavia solo un rimanente riconobbe in Gesù il Messia e fu salvato. (Rom. 9:27; 11:7) Questi lo acclamarono gioiosamente “Re d’Israele”. (Giov. 1:49; 12:12, 13) La maggioranza, rifiutando di riporre fede in Gesù (Matt. 8:10; Rom. 9:31, 32), si unì ai capi religiosi nel gridare: “Portalo via! Portalo via! Mettilo al palo!”, “Noi non abbiamo nessun re eccetto Cesare”. — Giov. 19.15; Mar. 15:11-15.
Il tempo dimostrò ben presto che questa presunta unanime fedeltà a Cesare era falsa. Elementi fanatici fomentarono una rivolta dopo l’altra, e ogni volta la provincia subiva le dure rappresaglie romane, rappresaglie che a loro volta aumentavano l’odio degli ebrei per Roma. La situazione diventò così esplosiva che le locali guarnigioni romane non erano più in grado di contenerla e Cestio Gallo, legato di Siria, mosse contro Gerusalemme con contingenti più forti per consolidare la dominazione romana.
Dopo aver appiccato il fuoco alla Città Nuova o Bezetha, Gallo si accampò nella città alta davanti al palazzo reale. Giuseppe Flavio dice che in quel momento avrebbe potuto facilmente penetrare nella città; il suo indugio invece rafforzò gli insorti. Gli avamposti romani formarono una copertura protettiva, simile al dorso di una testuggine, riparandosi sotto gli scudi e cominciarono a scalzare le mura. Ancora una volta, quando stavano per vincere, nell’autunno del 66 E.V. i romani si ritirarono. A proposito di questa ritirata Giuseppe Flavio (nella traduzione a cura di Giovanni Vitucci) dice: “Cestio . . . all’improvviso richiamò i soldati e, rinunciando nel modo più assurdo ai suoi piani senza aver subito una sconfitta, sloggiò dalla città”. (Guerra giudaica, Libro II, cap. XIX, 7) L’attacco contro la città, seguito dall’improvvisa ritirata, diede ai cristiani il segnale e l’opportunità di ‘fuggire ai monti’ come aveva ordinato Gesù. — Luca 21:20-22.
L’anno dopo (67 E.V.) Vespasiano si accinse a reprimere l’insurrezione ebraica, ma l’inaspettata morte di Nerone nel 68 gli aprì la strada per diventare imperatore. Perciò Vespasiano nel 69 tornò a Roma lasciando suo figlio Tito a continuare la campagna che l’anno successivo, il 70 E.V., si concluse con l’invasione e la distruzione di Gerusalemme. Tre anni dopo i romani conquistarono l’ultima roccaforte ebraica, Masada. Secondo Giuseppe Flavio durante l’intera campagna contro Gerusalemme 1.100.000 ebrei morirono, molti per pestilenze e carestia, e i 97.000 presi prigionieri furono dispersi come schiavi in tutte le parti dell’impero. — Guerra giudaica, Libro VI, cap. IX, 2, 3.
3. Le tribù che per due volte costituirono un separato regno settentrionale di Israele. La prima scissione del governo nazionale avvenne alla morte di Saul nel 1077 a.E.V. La tribù di Giuda riconobbe il re Davide, ma le altre tribù fecero re il figlio di Saul, Is-Boset, che due anni dopo fu assassinato. (II Sam. 2:4, 8-10; 4:5-7) Col tempo la frattura fu sanata e Davide diventò re di tutt’e dodici le tribù. — II Sam. 5:1-3.
Poi, durante il regno di Davide, quando fu sedata la rivolta di suo figlio Absalom, tutte le tribù ancora una volta riconobbero come re Davide. Tuttavia nel riportare il re al trono sorse una disputa procedurale, e nella questione le dieci tribù settentrionali chiamate “Israele” erano in disaccordo con gli uomini di Giuda. — II Sam. 19:41-43.
Le dodici tribù furono concordi nel dare il loro appoggio al regno di Salomone figlio di Davide. Ma alla sua morte nel 997 a.E.V. avvenne la seconda divisione del regno. Solo le tribù di Beniamino e di Giuda sostenevano il re Roboamo, succeduto al padre Salomone sul trono in Gerusalemme. Israele, le altre dieci tribù a N e a E, scelsero come loro re Geroboamo. — I Re 11:29-37; 12:1-24,
Dapprima la capitale di Israele fu stabilita a Sichem. Poi fu trasferita a Tirza, e infine durante il regno di Omri venne spostata a Samaria, dove rimase per i successivi duecento anni. (I Re 12:25; 15:33; 16:23, 24) Geroboamo si rese conto che un’adorazione comune avrebbe tenuto unito il popolo, e quindi per impedire che le tribù secessioniste andassero ad adorare nel tempio di Gerusalemme, eresse due vitelli d’oro non nella capitale, ma alle due estremità del territorio di Israele, uno a Betel nel S e l’altro nel N a Dan. Istituì anche un sacerdozio non levitico per guidare e istruire Israele nell’adorazione dei vitelli d’oro e dei demoni a forma di capri. — I Re 12:28-33; II Cron. 11:13-15.
Agli occhi di Geova quello di Geroboamo era un peccato molto grave. (II Re 17:21, 22) Se fosse rimasto fedele a Geova anziché darsi a tale sfacciata idolatria, Dio avrebbe lasciato sussistere la sua dinastia, ma ora invece la sua casa perse il trono quando suo figlio Nadab fu assassinato meno di due anni dopo la morte del padre. — I Re 11:38; 15:25-28.
Come agiva il sovrano così agiva la nazione di Israele. Diciannove re, senza contare Tibni (I Re 16:21, 22), regnarono dal 977 al 740 a.E.V. Solo nove ebbero come successori i propri figli, e solo uno ebbe una dinastia che conservò il trono fino alla quarta generazione. Sette re di Israele regnarono per due anni o meno; alcuni solo per pochi giorni. Uno si suicidò, altri tre ebbero morte prematura, e sei furono assassinati da uomini ambiziosi che usurparono il trono delle loro vittime. Anche se il migliore di tutti, Ieu, ebbe il favore di Geova perché eliminò l’abietta adorazione di Baal promossa da Acab e Izebel, tuttavia “Ieu stesso non ebbe cura di camminare nella legge di Geova l’Iddio d’Israele con tutto il suo cuore”, ma permise che continuasse in tutto il paese l’adorazione dei vitelli istituita da Geroboamo. — II Re 10:30, 31.
Geova fu certo longamine con Israele. Durante tutti i 257 anni della loro storia continuò a mandare i suoi servitori per avvertire i sovrani e il popolo delle loro cattive vie, ma invano. (II Re 17:7-18) Fra quei devoti servitori di Dio ci furono i profeti Ieu (non il re), Elia, Micaia, Eliseo, Giona, Oded, Osea, Amos e Michea. — I Re 13:1-3; 16:1, 12; 17:1; 22:8; II Re 3:11, 12; 14:25; II Cron. 28:9; Osea 1:1; Amos 1:1; Mic. 1:1.
Fu molto più difficile per Israele che per Giuda proteggersi dalle invasioni poiché, anche se aveva popolazione doppia, aveva un territorio quasi tre volte più grande da difendere. Oltre a combattere di tanto in tanto contro Giuda, spesso Israele era in guerra con la Siria ai confini N ed E, e subiva inoltre la pressione assira. L’assedio finale di Samaria fu iniziato da Salmaneser V nel settimo anno del regno di Oshea, ma ci vollero quasi tre anni prima che gli assiri conquistassero la città nel 740 a.E.V. — II Re 17:1-6; 18:9, 10.
La politica assira, instaurata da Tiglat-Pileser III predecessore di Salmaneser, era di deportare la popolazione del paese conquistato e trasferirvi popoli di altre parti dell’impero. Così si scoraggiavano future insurrezioni. In questo caso gli altri gruppi nazionali trasferiti nel territorio di Israele finirono per integrarsi sia dal punto di vista etnico che religioso e furono poi chiamati samaritani. — II Re 17:2433; Esd. 4:1, 2, 9, 10; Luca 9:52; Giov. 4:7-43.
Tuttavia con la caduta di Israele le dieci tribù settentrionali non furono del tutto perdute. Alcuni appartenenti a quelle tribù furono evidentemente lasciati nel territorio di Israele dagli assiri. Altri senza dubbio erano fuggiti dall’idolatria di Israele rifugiandosi in Giuda prima del 740 a.E.V., e loro discendenti potevano trovarsi fra i prigionieri portati a Babilonia nel 607 a.E.V. (II Cron. 11:13-17; 35:1, 17-19) Senza dubbio anche discendenti di coloro che erano stati presi prigionieri dagli assiri (II Re 17:6; 18:11) facevano parte del rimanente delle dodici tribù di Israele ritornato nel 537 a.E.V. e in seguito. — I Cron. 9:2, 3; Esd. 6:17; Osea 1:11; confronta Ezechiele 37:15-22.
4. La Terra Promessa o la regione geografica assegnata alla nazione di Israele (alle dodici tribù), in contrasto col territorio di altre nazioni (I Sam. 13:19; II Re 5:2; 6:23), e su cui regnavano re israeliti. (I Cron. 22:2; II Cron. 2:17) Profeticamente, Daniele parla del ristabilito paese di Israele come del “paese dell’Adornamento”. — Dan. 11:16, 41.
Dopo la divisione della nazione con “paese d’Israele” a volte si indicava il territorio del regno settentrionale, per distinguerlo da quello di Giuda. (II Cron. 30:24, 25; 34:1, 3-7) Dopo la caduta del regno settentrionale il nome di Israele fu in effetti tenuto vivo da Giuda, l’unico regno rimasto dei discendenti di Israele (Giacobbe). Perciò l’espressione “suolo d’Israele” viene usata dal profeta Ezechiele prima di tutto a proposito del regno di Giuda e della sua capitale Gerusalemme. (Ezec. 12:19, 22; 18:2; 21:2, 3) Quella fu la regione geografica che rimase completamente desolata per settant’anni dal 607 a.E.V. in poi (Ezec. 25:3), ma dove sarebbe stato radunato un fedele rimanente. — Ezec. 11:17; 20:42; 37:12.
Per la descrizione delle caratteristiche geografiche e climatiche di Israele e anche della grandezza e posizione, delle sue risorse naturali, ecc., si veda la voce PALESTINA.
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Israele di DioAusiliario per capire la Bibbia
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Israele di Dio
Questa espressione, che ricorre una sola volta nelle Scritture, si riferisce all’Israele spirituale e non ai discendenti naturali di Giacobbe, il cui nome fu cambiato in Israele. (Gen. 32:22-28) La Bibbia parla di un “Israele secondo la carne” (I Cor. 10:18), ma anche di un Israele spirituale per fare parte del quale non era necessario essere discendenti di Abraamo. (Matt. 3:9) L’apostolo Paolo, nell’usare l’espressione “Israele di Dio”, spiega che non ha nulla a che fare con l’essere o il non essere un circonciso discendende di Abraamo. — Gal. 6:15, 16.
Il profeta Osea aveva predetto che Dio, nel rigettare la nazione dell’Israele naturale a favore di questa nazione spirituale, che include gentili, avrebbe detto “a quelli che non sono mio popolo: ‘Tu sei il mio popolo’”. (Osea 2:23; Rom. 9:22-25) A suo tempo il regno di Dio venne tolto alla nazione degli ebrei naturali e dato a una nazione spirituale che avrebbe prodotto frutti del Regno. (Matt. 21:43) Ebrei naturali erano certo inclusi nell’Israele spirituale. Gli apostoli e gli altri che ricevettero lo spirito santo alla Pentecoste del 33 E.V. (circa 120), quelli che si aggiunsero quel giorno (circa 3.000) e quelli che in seguito portarono il numero a circa 5.000, erano tutti ebrei e proseliti. (Atti 1:13-15; 2:41; 4:4) Comunque, come aveva detto Isaia, erano “un semplice rimanente” salvato da quella nazione ripudiata. — Isa. 10:21, 22; Rom. 9:27.
Altri passi biblici ampliano il soggetto. Quando furono recisi alcuni “rami naturali” dell’olivo simbolico, ne furono innestati di ‘selvatici’, per cui fra quelli che sono “realmente seme di Abraamo, eredi secondo la promessa”, non ci sarebbe stata nessuna distinzione di classe o razza. (Rom. 11:17-24; Gal. 3:28, 29) “Non tutti quelli che sorgono da Israele sono realmente ‘Israele’”. “Poiché non è Giudeo colui che lo è di fuori, né è circoncisione quella che è di fuori nella carne. Ma è Giudeo colui che lo è di dentro, e la sua circoncisione è quella del cuore mediante lo spirito”. (Rom. 9:6; 2:28, 29) Poiché l’Israele naturale non aveva prodotto il numero necessario, “Dio rivolse . . . l’attenzione alle nazioni per trarne un popolo per il suo nome” (Atti 15:14) del quale veniva detto: “Voi una volta non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio”. (I Piet. 2:10) L’apostolo Pietro citava quello che era stato detto all’Israele naturale e lo applicava a questo spirituale Israele di Dio, spiegando che in realtà è “una razza eletta, un regal sacerdozio, una nazione santa, un popolo di speciale possesso”. — Eso. 19:5, 6; I Piet. 2:9.
Le dodici tribù menzionate in Rivelazione capitolo 7 si devono riferire a questo Israele spirituale, e questo per diverse valide ragioni. Questo elenco non corrisponde a quello dell’Israele naturale in Numeri capitolo 1. Inoltre il sacerdozio e il tempio di Gerusalemme con le registrazioni di tutte le tribù dell’Israele naturale erano andati definitivamente distrutti, persi per sempre, molto tempo prima che Giovanni avesse la visione nel 96 E.V. Ma, ancora più importante, Giovanni ebbe la visione quando erano già accaduti i vari avvenimenti dalla Pentecoste del 33 E.V. in poi. Alla luce di tali avvenimenti, la visione avuta da Giovanni di coloro che stavano in piedi sul celeste monte Sion insieme
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