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GiacomoAusiliario per capire la Bibbia
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Spesso Pietro, Giacomo e Giovanni erano menzionati insieme nell’intima compagnia di Cristo. Per esempio, questi tre erano i soli insieme a Cristo sul monte della trasfigurazione (Matt. 17:1, 2), furono gli unici apostoli invitati a entrare in casa per assistere alla risurrezione della figlia di Iairo (Luca 8:51), ed erano i più vicini a Gesù nel Getsemani quell’ultima notte mentre pregava. (Mar. 14:32-34) Furono Pietro, Giacomo e Giovanni, insieme ad Andrea, a chiedere a Gesù quando sarebbe avvenuta la predetta distruzione del tempio di Gerusalemme e quale sarebbe stato il segno della sua presenza e del termine del sistema di cose. (Mar. 13:3, 4) Giacomo è sempre menzionato insieme a suo fratello Giovanni, e nella maggioranza dei casi è menzionato per primo. Questo può indicare che era il più vecchio dei due. — Matt. 4:21; 10:2; 17:1; Mar. 1:19, 29; 3:17; 5:37; 9:2; 10:35, 41; 13:3; 14:33; Luca 5:10; 6:14; 8:51; 9:28, 54; Atti 1:13.
A Giacomo e a suo fratello Gesù diede il soprannome di Boanerges, termine di origine semitica che significa “Figli del Tuono” (Mar. 3:17), forse perché avevano un carattere energico, focoso ed entusiasta. Per esempio, la volta che certi samaritani furono poco ospitali nei confronti di Gesù, Giacomo e Giovanni volevano far scendere fuoco dal cielo per annientarli. Anche se Gesù li rimproverò per tale idea di vendetta, questo atteggiamento rivelava la loro giusta indignazione e anche la loro fede. (Luca 9:51-55) Essi inoltre nutrivano l’ambizione di avere i posti più preminenti nel Regno, a destra e a sinistra di Gesù, e indussero evidentemente la loro madre (forse zia di Gesù) a chiedergli questo favore. Dopo aver spiegato che decisioni del genere dipendevano dal Padre, Gesù colse l’occasione per spiegare che “chi vorrà esser primo fra voi dovrà essere vostro schiavo”. — Matt. 20:20-28.
Giacomo evidentemente morì di spada nel 44 E.V. per ordine di Erode Agrippa I. Fu il primo dei dodici apostoli a morire come martire. — Atti 12:1-3.
2. Un altro apostolo di Gesù Cristo e figlio di Alfeo. (Matt. 10:2, 3; Mar. 3:18; Luca 6:15; Atti 1:13) In genere si crede ed è assai probabile che Alfeo e Clopa (Cleopa) fossero la stessa persona, nel qual caso la madre di Giacomo sarebbe stata Maria, la Maria “madre di Giacomo il Minore e di Iose”. (Giov. 19:25; Mar. 15:40; Matt. 27:56) Può darsi che fosse chiamato Giacomo il Minore perché era più piccolo di statura o più giovane d’età dell’altro apostolo Giacomo, il figlio di Zebedeo.
3. Figlio di Giuseppe e Maria e fratellastro di Gesù. (Mar. 6:3; Gal. 1:19) Pur non essendo un apostolo, questo Giacomo era un sorvegliante della congregazione cristiana di Gerusalemme (Atti 12:17) e fu lui a scrivere il libro biblico che porta il suo nome. (Giac. 1:1) Forse era il più vicino di età a Gesù poiché veniva menzionato per primo fra i quattro figli di Maria nati in modo naturale: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda. (Matt. 13:55; vedi FRATELLO). Nella lettera ai corinti scritta verso il 55 E.V. Paolo fa capire che Giacomo era sposato. — I Cor. 9:5.
Sembra che durante il ministero di Gesù Giacomo fosse ben al corrente dell’attività di suo fratello (Luca 8:19; Giov. 2:12) ma, anche se non era proprio contrario, non era discepolo e seguace di Cristo. (Matt. 12:46-50; Giov. 7:5) Probabilmente era insieme ai suoi fratelli non credenti che esortarono Gesù a salire apertamente alla festa dei tabernacoli, quando i capi degli ebrei cercavano di ucciderlo. (Giov. 7:1-10) Giacomo può anche esser stato uno dei parenti che dissero di Gesù: “Egli è fuori di sé”. — Mar. 3:21.
Comunque, dopo la morte di Gesù e prima della Pentecoste del 33 E.V., Giacomo si era radunato per pregare insieme alla madre, ai fratelli e agli apostoli in una camera superiore a Gerusalemme. (Atti 1:13, 14) Fu evidentemente a questo Giacomo che il risuscitato Gesù apparve personalmente, com’è riportato in I Corinti 15:7, per convincere costui, un tempo non credente, che era davvero il Messia. Questo ci ricorda l’apparizione di Gesù a Paolo. — Atti 9:3-5.
In seguito Giacomo ebbe una parte preminente e divenne evidentemente un “apostolo” della congregazione di Gerusalemme. Infatti la prima volta che Paolo andò dai fratelli di Gerusalemme (verso il 36 E.V.), dice di essere stato quindici giorni con Pietro ma di non aver visto “nessun altro degli apostoli, se non Giacomo il fratello del Signore”. (Gal. 1:18, 19) Pietro, dopo esser stato liberato miracolosamente di prigione, disse ai fratelli radunati in casa di Giovanni Marco di ‘comunicare queste cose a Giacomo e ai fratelli’, indicando così la preminenza di Giacomo. (Atti 12:12, 17) Verso il 49 E.V. fu sottoposto ‘agli apostoli e agli anziani’ di Gerusalemme il problema della circoncisione. Dopo la testimonianza di Pietro, Barnaba e Paolo, Giacomo prese la parola, presentando una risoluzione che era stata approvata e adottata dall’assemblea. (Atti 15:6-29; confronta 16:4). Riferendosi a quell’occasione, Paolo dice che tra i cristiani di Gerusalemme Giacomo, Cefa e Giovanni “sembravano essere le colonne”. (Gal. 2:1-9) Verso la fine di un successivo viaggio missionario, a Gerusalemme Paolo fece una relazione del suo ministero a Giacomo e a “tutti gli anziani”, e questi poi gli diedero alcuni consigli. — Atti 21:15-26; vedi anche Galati 2:11-14.
Che lo scrittore del libro di Giacomo fosse questo ‘fratello di Gesù’, e non uno degli apostoli dallo stesso nome (il figlio di Zebedeo o il figlio di Alfeo), sembra indicato all’inizio della lettera. Qui lo scrittore si definisce “schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo” e non un apostolo. In modo simile anche suo fratello Giuda si definisce “schiavo di Gesù Cristo, ma fratello di Giacomo”. (Giac. 1:1; Giuda 1) Entrambi evitarono umilmente di dichiararsi fratelli carnali del Signore Gesù Cristo.
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Giacomo, lettera diAusiliario per capire la Bibbia
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Giacomo, lettera di
Lettera ispirata delle Scritture Greche Cristiane. È una delle cosiddette lettere “generali” perché, come I e II Pietro, I Giovanni e Giuda (ma a differenza di quasi tutte le lettere dell’apostolo Paolo), non era indirizzata a una congregazione o persona particolare. Questa lettera è indirizzata “alle dodici tribù che sono disperse”. — Giac. 1:1.
LO SCRITTORE
Lo scrittore si definisce semplicemente “Giacomo, schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo”. (Giac. 1:1) C’erano due apostoli di Gesù di nome Giacomo (Matt. 10:2, 3), ma è improbabile che uno di loro abbia scritto la lettera. Un apostolo, Giacomo il figlio di Zebedeo, fu martirizzato verso il 44 E.V. Come viene spiegato al sottotitolo “Quando e dove fu scritta”, questo escluderebbe che sia stato lui lo scrittore. (Atti 12:1, 2) L’altro apostolo Giacomo, il figlio di Alfeo, non compare quasi nelle Scritture, e ben poco si sa di lui. La franchezza della lettera di Giacomo dà ragione di credere che lo scrittore non sia stato Giacomo il figlio di Alfeo, perché probabilmente avrebbe dichiarato di essere uno dei dodici apostoli, per sostenere con autorità apostolica le sue vigorose parole.
L’evidenza indicherebbe invece Giacomo, il fratellastro di Gesù Cristo, a cui evidentemente era apparso il Cristo risuscitato e che aveva un posto preminente fra i discepoli. (Matt. 13:55; Atti 21:15-25; I Cor. 15:7; Gal. 2:9) Lo scrittore della lettera di Giacomo si dichiara “schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo”, quasi con le stesse parole di Giuda, che introdusse la sua lettera definendosi “schiavo di Gesù Cristo, ma fratello di Giacomo”. (Giac. 1:1; Giuda 1) Inoltre l’intestazione della lettera di Giacomo include il termine “Salute!” (1:1), come la lettera relativa alla circoncisione che era stata inviata alle congregazioni. In quest’ultimo caso era stato evidentemente Giacomo il fratellastro di Gesù a prendere la parola nell’assemblea a cui assistevano “gli apostoli e gli anziani” di Gerusalemme. — Atti 15:13, 22, 23.
CANONICITÀ
La lettera di Giacomo è inclusa nel Manoscritto Vaticano 1209 e nei manoscritti Sinaitico e Alessandrino del IV e V secolo E.V. È inclusa anche nella Pescitta siriaca, e si trova in almeno dieci antichi cataloghi precedenti al Concilio di Cartagine del 397 E.V. È stata citata da scrittori religiosi primitivi; Origene, Cirillo di Gerusalemme, Girolamo e altri riconoscono che la lettera fa parte delle Scritture.
QUANDO E DOVE FU SCRITTA
Non ci sono indicazioni che la caduta di Gerusalemme per opera dei romani (nel 70 E.V.) fosse già avvenuta. Secondo lo storico ebreo Giuseppe Flavio, un certo sommo sacerdote di nome Anano, sadduceo, deferì Giacomo e altri al Sinedrio e li fece lapidare. Questo, scrive Giuseppe Flavio, avvenne dopo la morte del procuratore romano Festo, ma prima dell’arrivo del suo successore Albino. (Antichità giudaiche, Libro XX, cap. IX, 1) In questo caso, e se le fonti che pongono la morte di Festo verso il 62 E.V. sono corrette, Giacomo deve aver scritto la sua lettera prima di quella data.
Probabilmente è stata scritta a Gerusalemme, dove risiedeva Giacomo. — Gal. 1:18, 19.
A CHI FU SCRITTA
Giacomo scriveva “alle dodici tribù che sono disperse” o “che sono nella diaspora”. (Giac. 1:1, NM e NW, nota in calce) Egli si rivolge ai suoi “fratelli” spirituali, che serbano “la fede del nostro Signore Gesù Cristo”, principalmente a quelli che non vivono in Palestina. (Giac. 1:2; 2:1, 7; 5:7) Giacomo basa molti dei suoi argomenti sulle Scritture Ebraiche, ma questo non dimostra che la sua lettera fosse diretta solo ai cristiani ebrei, come la conoscenza delle Scritture Ebraiche in tempi moderni non dimostra che uno sia di origine ebraica. Il suo riferimento ad Abraamo come “nostro padre” (Giac. 2:21) è in armonia con le parole di Paolo in Galati 3:28, 29, dove viene spiegato che l’appartenere al vero seme di Abraamo non dipende dall’essere ebreo o greco. Perciò le “dodici tribù” devono essere lo spirituale “Israele di Dio”. — Gal. 6:15, 16.
LO SCOPO
Lo scopo che Giacomo si prefiggeva era duplice: (1) esortare i compagni di fede a manifestare fede e perseveranza nonostante le prove, e (2) metterli in guardia contro il peccato che ha come conseguenza la disapprovazione di Dio.
Alcuni erano caduti nel laccio di preoccuparsi di coloro che erano più ricchi e preminenti e mostrare favoritismo. (2:1-9) Non discernevano ciò che realmente erano agli occhi di Dio; erano uditori della parola ma non operatori. (1:22-27) Avevano cominciato a fare cattivo uso della lingua, e le loro brame di piacere sensuale provocavano conflitti fra loro. (3:2-12; 4:1-3) Il desiderio di cose materiali aveva indotto alcuni a diventare amici del mondo, e perciò non erano più caste vergini, ma “adultere” spirituali, che non potevano avere una buona relazione con Dio. — 4:4-6.
Giacomo li correggeva esortandoli a essere operatori oltre che uditori, spiegando con esempi scritturali che l’uomo che ha vera fede lo manifesta con opere in armonia con la sua fede. Per esempio, chi ha vera fede non direbbe a un fratello nudo e affamato ‘Va in pace, scaldati e saziati’, senza dargli ciò di cui ha bisogno. (2:14-26) Giacomo qui non contraddice Paolo dicendo che si possa avere la salvezza mediante le opere. Riconosce che la fede è la base della salvezza, ma fa notare che non ci può essere vera fede che non produca opere buone. Questo è in armonia con la descrizione dei frutti dello spirito che Paolo fa in Galati 5:22-24, e col consiglio di rivestire una nuova personalità che dà in Efesini 4:22-24 e Colossesi 3:5-10, e anche con la sua esortazione a fare il bene e a essere pronti a condividere, in Ebrei 13:16.
LO STILE
La lettera di Giacomo ha un tono fortemente profetico e contiene molti esempi e paragoni, che la rendono simile a certi discorsi di Gesù Cristo, come il Sermone del Monte. Come Gesù, Giacomo ricorre a cose comuni — il mare, la vegetazione, animali, imbarcazioni, un agricoltore, la terra — per sostenere con vivacità i suoi argomenti sulla fede, sul padroneggiare la lingua, sulla pazienza, ecc. (Giac. 1:6, 9-11; 3:3-12; 5:7) Tutto questo, insieme a domande penetranti e a più di cinquanta verbi all’imperativo in una lettera relativamente breve, la rende particolarmente dinamica.
IN RELAZIONE ALLE PRECEDENTI SCRITTURE ISPIRATE
Giacomo cita o menziona le Scritture Ebraiche a proposito della creazione dell’uomo (Giac. 3:9; Gen. 1:26); di Abraamo e Raab (Giac. 2:21-26; Gen. 15:6; 22:9-12; Gios. cap. 2; Isa. 41:8); di Giobbe (Giac. 5:11; Giob. 1:13-22; 2:7-10; 42:1-17); della Legge (Giac. 2:8, 11; Eso. 20:13, 14; Lev. 19:18; Deut. 5:17, 18) e di Elia. (Giac. 5:17, 18; I Re 17:1; 18:1) Ci sono molte analogie con le parole di Gesù Cristo, per esempio a proposito della persecuzione (Giac. 1:2; Matt. 5:10-12); del chiedere e ricevere da Dio (Giac. 1:5, 17; Luca 11:9-13); dell’essere sia uditori che operatori (Giac. 1:22; Matt. 7:21-27); del rimanere separati dal mondo (Giac. 4:4; Giov. 17:14); del non giudicare altri (Giac. 4:12; Luca 6:37); dell’essere di parola. — Giac. 5:12; Matt. 5:33-37.
Giacomo 4:5 ha presentato un problema perché c’è incertezza circa il versetto (o i versetti) che Giacomo citava (o forse a cui faceva solo riferimento). Questo versetto dice: “O vi sembra che la scrittura dica senza scopo: ‘Con tendenza all’invidia lo spirito che ha preso residenza dentro di noi continua ad avere grande desiderio’?” È stata avanzata l’ipotesi che queste parole Giacomo le abbia attinte per ispirazione divina dal pensiero generale di versetti come Genesi 6:5; 8:21; Proverbi 21:10 e Galati 5:17.
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