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  • Levriero
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Levriero

      Cane assai veloce, dalla vista acuta, con muso a punta, snello corpo slanciato e arti lunghi e vigorosi. Esiste però notevole incertezza sul significato dell’espressione ebraica zarzìr mathnàyim, letteralmente “(animale) cinto ai fianchi (lombi)”. In Proverbi 30:31 alcune traduzioni della Bibbia hanno “levriero” nel testo principale, ma nelle note in calce hanno “cavallo da guerra” e “gallo” come lezioni alternative. (American Standard Version, NW) La versione “gallo” (CEI, Di, Ga, PIB) ha il sostegno della Settanta greca e della Vulgata latina. Comunque “levriero” è una traduzione appropriata, poiché ben si addice alla descrizione di un animale dalla bella “andatura”. (Prov. 30:29) È stato cronometrato che il levriero può raggiungere la velocità di circa 65 km orari. Anche l’esilità della regione lombare del levriero, come se l’animale fosse “cinto ai fianchi”, sarebbe in armonia con quello che si ritiene sia il significato letterale dell’espressione ebraica.

  • Libano
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    • Libano

      (Lìbano) [bianco].

      Nome della più occidentale delle due catene che formano il sistema montuoso del Libano, forse derivato dal colore chiaro delle vette e dei dirupi calcarei o dal fatto che la parte più alta delle sue montagne è coperta di neve per gran parte dell’anno. (Ger. 18:14) La catena montuosa del Libano si estende lungo il Mediterraneo per oltre 150 km, e per oltre 100 km è parallela a quella dell’Antilibano. Le due catene sono separate da una lunga, fertile valle (la Celesiria o el-Beqà‘) larga da 10 a 16 km. (Gios. 11:17; 12:7) Il fiume Oronte scorre lungo la valle in direzione N, mentre il Leonte (che nel corso inferiore assume il nome di Nahr el-Qasimiyeh) scorre verso S e gira intorno all’estremità S della catena del Libano. Il Nahr el-Kebir scende a N della catena del Libano.

      Con poche eccezioni i pendii del Libano salgono direttamente dal Mediterraneo, lasciando solo una stretta pianura costiera. Le cime raggiungono un’altitudine media di 1800-2100 m, con due vette che le sovrastano di circa 900 m. Entrambi i versanti, a E e a O, sono ripidi.

      La catena montuosa stessa è formata da un primo strato di duro calcare, quindi da uno strato di arenaria gialla e rossiccia ricoperta e inframmezzata da calcare, e infine da un altro strato di calcare. I pendii a E sono piuttosto aridi e privi di corsi d’acqua, mentre gli irrigui pendii a O sono solcati da gole e torrenti. (Confronta Cantico di Salomone 4:15). Sui pendii inferiori a terrazze del versante O crescono grano, viti, alberi da frutto, gelsi, noci e olivi. (Confronta Osea 14:5-7). Pini crescono rigogliosi sul fertile strato di arenaria, e a maggiori altitudini ci sono ancora macchie dei maestosi cedri che un tempo coprivano le montagne e il cui legno fu impiegato in vari modi. (I Re 6:9; Cant. 3:9; Ezec. 27:5; vedi CEDRO). Sulla catena del Libano si trovano anche frassini, cipressi e ginepri. (I Re 5:6-8; II Re 19:23; Isa. 60:13) Fra gli animali che popolano questa regione ci sono sciacalli, gazzelle, iene, lupi e orsi. Nell’antichità la flora e la fauna selvatiche erano molto più ricche, e le foreste più estese offrivano riparo a leoni e leopardi. (Cant. 4:8; Isa. 40:16) Forse la cosiddetta “fragranza del Libano” era la fragranza delle sue grandi foreste. — Cant. 4:11.

      La regione del Libano non fu conquistata dagli israeliti al comando di Giosuè, ma diventò il confine NO del paese. (Deut. 1:7; 3:25; 11:24; Gios. 1:4; 9:1) Gli abitanti pagani della zona servirono però per mettere alla prova la fedeltà di Israele a Geova. (Giud. 3:3, 4) Secoli dopo il re Salomone aveva autorità su parte del Libano e vi compì attività edilizia. (I Re 9:17-19; II Cron. 8:5, 6) Forse una delle costruzioni da lui progettate includeva “la torre del Libano, che guarda verso Damasco”. (Cant. 7:4; secondo alcuni questa sarebbe invece una delle vette del Libano). In quell’epoca Hiram re di Tiro dominava su un’altra parte del Libano, di dove fornì a Salomone legname di cedro e di ginepro. — I Re 5:7-14.

      USO ILLUSTRATIVO

      Molti riferimenti scritturali al Libano hanno attinenza con la sua fertilità (Sal. 72:16; Isa. 35:2) e le sue lussureggianti foreste, specie i maestosi cedri. (Sal. 29:5) Spesso il Libano è usato in modo simbolico. È descritto come se si trovasse in uno stato di confusione, afflitto per il paese di Giuda che era stato devastato dagli eserciti assiri. (Isa. 33:1, 9) Gli stessi assiri però avrebbero subito calamità, perché sarebbero stati abbattuti come alberi del Libano. (Isa. 10:24-26, 33, 34) I disastrosi effetti del giudizio di Geova sono paragonati al seccarsi dei fiori del Libano. (Naum 1:4) Tuttavia in una profezia di restaurazione si allude alla trasformazione della foresta del Libano in un ricco frutteto, figura di un completo capovolgimento della situazione. — Isa. 29:17, 18.

      Geova, per mezzo di Geremia, disse “riguardo alla casa del re di Giuda: ‘Tu mi sei come Galaad, il capo del Libano’”. (Ger. 22:6) La “casa” sembra indicare il complesso del palazzo reale. (Ger. 22:1, 5) Situato com’era su un’altura, il luogo dove sorgeva il palazzo era elevato e grandioso, come il Libano. Inoltre il legno di cedro era stato largamente usato nella costruzione di vari edifici regali. (I Re 7:2-12) Lo stesso re Ioiachim, che aveva udito le parole scritte in Geremia 22:6, aveva rivestito di pannelli di cedro il suo lussuoso palazzo. (Ger. 22:13-15) Perciò l’area del palazzo era simile a una magnifica foresta di costruzioni di cedro e poteva appropriatamente essere paragonata al Libano e alla boscosa Galaad. Geova avvertì Giuda che, se il re Ioiachim, i suoi servitori e il popolo non praticavano la giustizia, la ‘casa sarebbe diventata un luogo devastato’ (Ger. 22:1-5) e sugli abitanti del simbolico Libano (Gerusalemme), ‘annidati nei cedri’, si sarebbe abbattuta la calamità. — Ger. 22:23; vedi anche Ezechiele 17:2, 3.

      Similmente il desiderio di Sennacherib re d’Assiria di raggiungere “l’alto delle regioni montagnose, le parti più remote del Libano” e di ‘tagliarne gli alti cedri’ sembra alludere alle sue intenzioni nei confronti di Gerusalemme. (Isa. 37:21-24) Le parole profetiche circa la violenza fatta al Libano (Abac. 2:17) possono riferirsi alla calamità riservata a Gerusalemme. Oppure si possono prendere alla lettera come un’indicazione che le foreste del Libano sarebbero state devastate dalla guerra. — Confronta Isaia 14:5-8.

      La profezia di Zaccaria (10:10) additava il tempo in cui Geova avrebbe ricondotto il suo popolo nel paese di Galaad e nel Libano. In questo caso il Libano può riferirsi alla regione a O del Giordano, come Galaad indica il paese a E del Giordano.

  • Libazione
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    • Libazione

      Vedi OFFERTE.

  • Libbra
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    • Libbra

      [gr. lìtra; lat. libra].

      Misura di peso menzionata solo in Giovanni 12:3 e 19:39. La libbra greca equivaleva di solito a quella romana e corrispondeva quindi a poco più di 327 gr.

  • Libertà
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    • Libertà

      Geova Dio, l’Onnipotente, il Sovrano Signore dell’universo e il Creatore di tutte le cose, è l’unico che ha libertà assoluta, illimitata. (Gen. 17:1; Ger. 10:7, 10; Dan. 4:34, 35; Riv. 4:11) Tutti gli altri devono vivere e agire entro i limiti delle loro possibilità e assoggettarsi alle sue leggi universali. (Isa. 45:9; Rom. 9:20, 21) Considerate per esempio le leggi che governano le cose create, come la legge della gravità, le reazioni chimiche, l’influenza del sole, la crescita, ecc.; le leggi morali, i diritti e le azioni altrui che influiscono sulla libertà di ciascuno. La libertà di tutte le creature di Dio è dunque una libertà relativa.

      IL DIO DI LIBERTÀ

      Geova è il Dio di libertà. Liberò la nazione di Israele dalla schiavitù all’Egitto. Disse agli israeliti che finché ubbidivano ai suoi comandamenti avrebbero goduto libertà dal bisogno. — Deut. 15:4, 5; vedi GIUBILEO.

      LIBERTÀ CHE SI HA PER MEZZO DI CRISTO

      L’apostolo Paolo parlò della necessità che il genere umano fosse reso libero dalla “schiavitù alla corruzione”. (Rom. 8:21) Gesù Cristo disse agli ebrei che avevano creduto in lui: “Se rimanete nella mia parola, siete realmente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi”. A coloro che ritenevano di essere liberi solo perché erano discendenti carnali di Abraamo, spiegò che erano schiavi del peccato, e aggiunse: “Se perciò il Figlio vi rende liberi, sarete effettivamente liberi”. — Giov. 8:31-36; confronta Romani 6:18, 22.

      Le Scritture Greche Cristiane parlano dei seguaci di Cristo come di uomini liberi. Paolo spiega che sono “figli non della servitrice, ma della donna libera” (Gal. 4:31), che chiama “la Gerusalemme di sopra”. (Gal. 4:26) Quindi esorta: “Per tale libertà [o “con la di lei libertà”, NW, nota in calce] Cristo ci rese liberi. Perciò state saldi e non vi fate confinare di nuovo in un giogo di schiavitù”. (Gal. 5:1) In quel tempo certuni che si spacciavano falsamente per cristiani frequentavano le congregazioni della Galazia. Cercavano di indurre i cristiani galati a rinunciare alla loro libertà in Cristo cercando di essere giustificati mediante le opere della Legge, anziché mediante la fede in Cristo. Paolo avvertì che in tal modo avrebbero rinunciato all’immeritata benignità di Cristo. — Gal. 5:2-6; 6:12, 13.

      La libertà dalla schiavitù al peccato e alla morte e dalla paura (“Dio ci diede non uno spirito di codardia, ma quello di potenza e di amore e di sanità di mente”) che i cristiani godevano era dimostrata dalla franchezza e libertà di parola con cui gli apostoli proclamavano la buona notizia. (II Tim. 1:7; Atti 4:13; Filip. 1:18-20) Essi riconoscevano che tale libertà di parola riguardo al Cristo era una cosa preziosa, che si doveva sviluppare, salvaguardare e conservare onde ricevere l’approvazione di Dio. Era anche giusto che fosse oggetto di preghiera. — I Tim. 3:13; Ebr. 3:6; Efes. 6:18-20.

      GIUSTO USO DELLA LIBERTÀ CRISTIANA

      Gli scrittori cristiani ispirati, consapevoli del proposito di Dio nel concedere immeritata benignità mediante Cristo (“Naturalmente, foste chiamati a libertà, fratelli”), consigliarono ripetutamente ai cristiani di salvaguardare la loro libertà e di non sentirsi autorizzati ad approfittare di tale libertà come di un’opportunità per indulgere nelle opere della carne (Gal. 5:13) o di un pretesto per tenere una condotta immorale. — Giac. 1:25; I Piet. 2:16.

      L’apostolo Paolo godeva della libertà ottenuta per mezzo di Cristo, ma evitò di usare tale libertà per il proprio piacere o di valersene al punto di danneggiare altri. Nella sua lettera alla congregazione di Corinto spiegò che non avrebbe ferito la coscienza altrui facendo qualche cosa che era scritturalmente libero di fare, ma su cui qualcuno con minor conoscenza poteva fare delle riserve e sentirsi in coscienza offeso dalle azioni di Paolo. Cita come esempio il mangiare carne offerta a un idolo prima di esser venduta sul mercato. Mangiare tale carne poteva indurre chi avesse avuto una coscienza debole a criticare la giusta libertà d’azione di Paolo e quindi a giudicare Paolo, il che sarebbe stato sbagliato. — I Cor. 10:23-33.

  • Liberto, uomo libero
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    • Liberto, uomo libero

      Sotto la dominazione romana lo schiavo affrancato era chiamato “liberto”, mentre l’uomo “libero” lo era dalla nascita, possedeva tutti i diritti di cittadinanza come li aveva l’apostolo Paolo. — Atti 22:28.

      È stata avanzata l’ipotesi che coloro che appartenevano alla “Sinagoga dei Libertini [o Liberti]” fossero ebrei presi prigionieri dai romani e poi affrancati. Un’altra opinione è che fossero schiavi liberati divenuti proseliti. Secondo la versione

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