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  • Gerusalemme
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Il Golgota, che significa “Luogo del Teschio”, fu la zona in cui Gesù venne messo al palo. (Matt. 27:33-35; Luca 23:33) Ovviamente si trovava fuori delle mura della città, pare verso N e perciò non lontano dalla fortezza Antonia, ma non può essere identificato con sicurezza. (Vedi GOLGOTA) Lo stesso dicasi per il luogo dove Gesù fu sepolto. La Tomba del Giardino, scoperta dal generale Charles Gordon, a N dell’attuale Porta di Damasco, dà almeno un’idea della tipica tomba di un ricco nei primi secoli dell’Era Volgare, scavata nella roccia, con una grande lastra di pietra rotonda nell’apposita scanalatura che serviva per chiuderne l’entrata.

      Il “campo del vasaio per seppellirvi gli estranei”, acquistato col denaro del tradimento che Giuda riportò ai sacerdoti (Matt. 27:5-7), sarebbe secondo la tradizione un luogo sul pendio S della valle di Innom quasi nel punto in cui si congiunge col Chidron. Nella zona ci sono molte tombe.

      Durante il periodo apostolico

      Dopo la risurrezione, Gesù ordinò ai discepoli di non andarsene per il momento da Gerusalemme. (Luca 24:49; Atti 1:4) Di là si doveva cominciare a predicare il pentimento per il perdono dei peccati in base al nome di Cristo. (Luca 24:46-48) Dieci giorni dopo la sua ascensione al cielo, i discepoli radunati in una stanza superiore ricevettero l’unzione mediante spirito santo. (Atti 1:13, 14; 2:1-4) Gerusalemme era affollata di ebrei e proseliti provenienti da ogni parte dell’impero romano, venuti per la festa di Pentecoste. Il risultato della testimonianza data da quei cristiani pieni di spirito fu che migliaia diventarono discepoli e furono battezzati. In una città con un’estensione di appena 2,5 km2 circa, e con migliaia di persone che davano testimonianza della propria fede, non meraviglia che gli adirati capi religiosi gridassero: “Ecco, avete empito Gerusalemme del vostro insegnamento”! (Atti 5:28) I miracoli, come la guarigione del mendicante cieco alla “porta del tempio chiamata Bella”, probabilmente la porta E del cortile delle donne, davano maggior forza alla testimonianza. — Atti 3:2, 6, 7.

      Anche dopo che la testimonianza cominciò a estendersi alla “Samaria e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8), Gerusalemme continuò a essere la sede del corpo direttivo della congregazione cristiana. A motivo della persecuzione “tutti, eccetto gli apostoli, furono dispersi in tutte le regioni della Giudea e della Samaria”. (Atti 8:1; confronta Galati 1:17-19; 2:1-9). Da Gerusalemme alcuni apostoli e discepoli furono mandati ad aiutare nuovi gruppi di credenti, per esempio in Samaria. (Atti 8:14; 11:19-22, 27) Poco dopo Saulo di Tarso (Paolo) ritenne opportuno abbreviare la sua prima visita a Gerusalemme quale cristiano a motivo dei tentativi di sopprimerlo (Atti 9:26-30), ma ci furono anche periodi di calma. (Atti 9:31) Sempre a Gerusalemme Pietro riferì all’assemblea cristiana che Dio aveva accolto credenti gentili e furono risolti anche il problema della circoncisione e alcune questioni relative. — Atti 11:1-4, 18; 15:1, 2, 22-29; Gal. 2:1, 2.

      Gesù aveva detto: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati”. (Matt. 23:37; confronta i versetti Matt. 23:34-36). Anche se molti degli abitanti manifestarono fede nel Figlio di Dio, la città nel suo insieme continuò a seguire l’esempio del passato. Per questo ‘la sua casa le fu abbandonata’. (Matt. 23:38) Nel 66 E.V., in seguito alla rivolta ebraica, gli eserciti romani al comando di Cestio Gallo circondarono la città e attaccarono proprio le mura del tempio. (Confronta Luca 21:20). All’improvviso e senza ragione apparente, Cestio Gallo si ritirò. Questo permise ai cristiani di mettere in atto le istruzioni di Gesù: “Quindi quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti, e quelli che sono in mezzo [a Gerusalemme] si ritirino, e quelli che sono nei luoghi di campagna non entrino in essa”. (Luca 21:20-22) Nella sua Storia ecclesiastica (III, 5:3) Eusebio, basandosi sugli scritti di Egesippo del II secolo, afferma che i cristiani abbandonarono Gerusalemme e fuggirono nelle vicinanze di Pella, nella regione montuosa di Galaad.

      Gerusalemme ebbe un po’ di sollievo in seguito al ritiro dei romani, ma di breve durata, come era avvenuto quando i babilonesi si erano ritirati temporaneamente per respingere gli egiziani. Gli eserciti romani tornarono ancora più numerosi al comando del generale Tito e cinsero d’assedio la città affollata per la celebrazione della Pasqua. I romani innalzarono terrapieni ed eressero un muro o palizzata continua tutto intorno alla città per impedire la fuga di giorno o di notte. Anche questo adempiva la profezia di Gesù. (Luca 19:43) All’interno della città fazioni rivali litigavano e lottavano, molte delle riserve alimentari andarono distrutte, e coloro che venivano sorpresi nel tentativo di abbandonare la città erano uccisi come traditori. Giuseppe Flavio, fonte di queste informazioni, riferisce che la carestia diventò così grave che la gente si ridusse a mangiare manciate di fieno e cuoio, e perfino i propri figli. (Confronta Lamentazioni 2:11, 12, 19, 20; Deuteronomio 28:56, 57). Le offerte di pace di Tito erano costantemente respinte dagli ostinati capi della città.

      Infine le mura furono sistematicamente abbattute dai romani, e i soldati invasero la città. Nonostante l’ordine di risparmiarlo, il tempio fu incendiato e sventrato. Secondo Giuseppe Flavio, ciò ebbe luogo proprio nell’anniversario della distruzione del primo tempio ad opera di Nabucodonosor avvenuta secoli prima. La sua storia precisa che fu appiccato fuoco anche agli “archivi” che contenevano le registrazioni genealogiche della discendenza e dei diritti ereditari di ogni tribù e famiglia. Quindi non sarebbe più stato possibile stabilire legalmente l’appartenenza alla tribù messianica di Giuda e alla tribù sacerdotale di Levi.

      La conquista era avvenuta in soli quattro mesi e venticinque giorni, dal 3 aprile al 30 agosto del 70 E.V. La tribolazione, anche se intensa, fu assai breve. Le azioni e il comportamento irragionevole degli ebrei all’interno della città senza dubbio contribuirono ad abbreviarla. Giuseppe Flavio fa ammontare a 1.100.000 il numero dei morti, ma ci furono superstiti. (Confronta Matteo 24:22). Novantasettemila furono presi prigionieri, molti dei quali furono venduti schiavi in Egitto e in altri paesi. Anche questo adempiva la profezia divinamente ispirata. — Deut. 28:68.

      La città fu rasa al suolo; rimasero solo le torri del palazzo di Erode e un tratto del muro occidentale come testimonianza per le future generazioni che la potenza difensiva non era valsa a nulla. Giuseppe osserva che, a parte quei resti, la distruzione fu “così radicale, che chiunque fosse arrivato in quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una città”. (Guerra giudaica, Libro VII, cap. I, 1) Un bassorilievo dell’arco di Tito a Roma rappresenta soldati romani che portano via i sacri arredi del tempio distrutto. — Confronta Matteo 24:2.

      IMPORTANZA DELLA CITTÀ

      Gerusalemme era molto più che la capitale di una nazione terrena. Era l’unica città al mondo su cui Geova Dio aveva posto il suo Nome. (I Re 11:36) Dopo che vi fu trasferita l’arca del patto, simbolo della presenza di Dio, e ancor più quando vi fu costruito il santuario del tempio o casa di Dio, Gerusalemme diventò figurativamente la “dimora” di Geova, il suo “luogo di riposo”. (Sal. 78:68, 69; 132:13, 14; 135:21; confronta II Samuele 7:1-7, 12, 13). Poiché i re della discendenza di Davide erano gli unti di Dio e sedevano sul “trono di Geova” (I Cron. 29:23; Sal. 122:3-5), la città stessa era pure chiamata “il trono di Geova”, e quelle tribù o nazioni che si volgevano verso Gerusalemme riconoscendo la sovranità di Dio si radunavano in effetti nel Nome di Geova. (Ger. 3:17; Sal. 122:1-4; Isa. 27:13; confronta 33:17, 20-22). Coloro che si mostravano ostili o combattevano contro Gerusalemme, si opponevano in realtà all’espressione della sovranità di Dio. Questo doveva accadere, secondo le parole profetiche di Genesi 3:15.

      Gerusalemme rappresentava dunque la sede del governo divinamente costituito o del tipico regno di Dio. Da essa emanavano la legge di Dio, la sua parola e la sua benedizione. (Mic. 4:2; Sal. 128:5) Coloro che contribuivano alla pace di Gerusalemme e al suo bene contribuivano al successo del giusto proposito di Dio, all’attuazione della sua volontà. (Sal. 122:6-9) Benché situata fra i monti di Giuda e senza dubbio imponente, la vera grandezza e bellezza di Gerusalemme derivava dal fatto che Geova Dio l’aveva onorata e glorificata, affinché potesse essere per lui una “corona di bellezza”. — Sal. 48:1-3, 11-14; 50:2; Isa. 62:1-7.

      Sono principalmente le creature intelligenti che lodano Geova e fanno la sua volontà, per cui non erano gli edifici della città ma i suoi abitanti, governanti e governati, sacerdoti e popolo, a determinare il destino della città. (Sal. 102:18-22; Isa. 26:1, 2) Finché erano fedeli, onoravano il nome di Geova con le parole e con la loro condotta, egli benediceva e difendeva Gerusalemme. (Sal. 125:1, 2; Isa. 31:4, 5) Ma il disfavore di Geova colpì ben presto la popolazione e i sovrani a motivo della condotta apostata della maggioranza. Per questa ragione Geova dichiarò il suo proposito di rigettare la città che aveva portato il suo nome. (II Re 21:12-15; 23:27) Avrebbe tolto alla città “sostegno e appoggio”, col risultato che si sarebbe riempita di tirannia, delinquenza minorile, mancanza di rispetto per chi aveva una posizione onorevole; grande sarebbe stata la degradazione e l’umiliazione di Gerusalemme. (Isa. 3:1-8, 16-26) Anche se settant’anni dopo aver permesso che fosse distrutta da Babilonia Geova Dio restituì alla città la sua bellezza facendone di nuovo il centro della vera adorazione sulla terra (Isa. 52:1-9; 65:17-19), gli abitanti e i loro capi caddero di nuovo nell’apostasia.

      Geova preservò la città finché mandò suo Figlio sulla terra. Doveva esistere perché si adempissero le profezie messianiche. (Isa. 28:16; 52:7; Zacc. 9:9) L’apostasia di Israele giunse al culmine quando venne messo al palo il Messia, Gesù Cristo. (Confronta Matteo 21:33-41). Questo avvenne a Gerusalemme, per istigazione dei capi della nazione con l’appoggio della popolazione, e rese certo il completo e irreversibile ripudio da parte di Dio della città che non poteva più rappresentarLo e portare il Suo Nome. (Confronta Matteo 16:21; Luca 13:33-35). Né Gesù né gli apostoli predissero la restaurazione della Gerusalemme terrena da parte di Dio dopo la distruzione da Lui decretata, che si abbatté sulla città nel 70 E.V.

      Eppure il nome Gerusalemme continuò a simboleggiare qualche cosa di più grande della città terrena. L’apostolo Paolo, per divina ispirazione, rivelò che c’era una “Gerusalemme di sopra”. Ne parlò come della “madre” dei cristiani unti. (Gal. 4:25, 26) Questo attribuisce alla “Gerusalemme di sopra” la posizione di moglie di Geova Dio, il grande Padre e Datore di vita. Quando la Gerusalemme terrena era la capitale della nazione eletta di Dio, anche di lei si parlava come di una donna, la moglie di Dio, legata a lui dai santi vincoli di un patto (Isa. 51:17, 21, 22; 54:1, 5; 60:1, 14), e rappresentava l’intera congregazione dei servitori umani di Dio. Perciò la “Gerusalemme di sopra” deve rappresentare l’intera congregazione dei servitori spirituali di Dio.

      La Nuova Gerusalemme

      Nella Rivelazione ispirata, l’apostolo Giovanni parla della “nuova Gerusalemme”. (Riv. 3:12) Vede in visione questa “città santa . . . scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito”. Tutto questo in relazione alla visione di “un nuovo cielo e una nuova terra”. Questa “sposa”, viene precisato, è “la moglie dell’Agnello”. (Riv. 21:1-3, 9-27) Altri scrittori apostolici applicano la stessa illustrazione alla congregazione cristiana degli unti. (II Cor. 11:2; Efes. 5:21-32) In Rivelazione capitolo 14 è descritto l’“Agnello” Cristo Gesù sul monte Sion, nome pure associato a quello di Gerusalemme (confronta I Pietro 2:6), e con lui sono 144.000 che hanno il nome suo e il nome del Padre suo scritto sulla fronte. — Riv. 14:1-5; vedi NUOVA GERUSALEMME.

      La Gerusalemme infedele

      Dal momento che molto di quanto viene detto di Gerusalemme nelle Scritture viene detto a sua condanna, è chiaro che solo quando era fedele Gerusalemme simboleggiava o prefigurava la vera congregazione cristiana, l’“Israele di Dio”. (Gal. 6:16) Quando era infedele, era rappresentata come una prostituta e un’adultera; era diventata simile agli amorrei e agli ittiti pagani che un tempo avevano dominato la città. (Ezec. 16:3, 15, 30-42) Come tale poteva solo rappresentare gli apostati, coloro che ‘si prostituiscono’ seguendo una condotta di infedeltà al Dio il cui nome affermano di portare. — Giac. 4:4.

      È dunque chiaro che “Gerusalemme” ha più di un significato e in ciascun caso si deve esaminare il contesto per avere il corretto intendimento.

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      L’unica volta che il termine ebraico sèredh ricorre nella Bibbia, in Isaia 44:13, si riferisce al gesso rosso usato dai falegnami per fare segni.

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