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  • La sua preghiera fu esaudita
    La Torre di Guardia 1979 | 1° settembre
    • si attenuarono. Ora comprendevo la situazione: pagavo il prezzo delle mie pratiche spiritiche. Satana, il governante di questo sistema di cose, usa le sue armi. I Testimoni che venivano a studiare la Bibbia con me mi consigliarono di distruggere qualsiasi cosa avevo che fosse legata allo spiritismo. Così feci. Ciò nondimeno, gli incubi e il senso di oppressione mentale non cessarono immediatamente, ma dopo alcune settimane la vita divenne più sopportabile.

      “Ora ho cominciato a frequentare le adunanze alla Sala del Regno, e sebbene per recarmici debba percorrere una distanza di 120 chilometri fra andata e ritorno, mi associo con i testimoni di Geova ogni settimana. Sono così felice d’aver conosciuto Geova e i suoi meravigliosi propositi per la terra e il genere umano”.

      Questo giovane è ora un testimone di Geova battezzato.

  • Una città guardata da Geova
    La Torre di Guardia 1979 | 1° settembre
    • Una città guardata da Geova

      SE CERCHIAMO coscienziosamente di servire Dio e ci atteniamo alla sua Parola avremo successo, anche se potremo incontrare molte difficoltà che metteranno alla prova la nostra fede. E se continuiamo ad avere fede e a rivolgerci a Dio, possiamo essere certi che “l’angelo di Geova si accampa tutto intorno a quelli che lo temono, e li libera”. — Sal. 34:7.

      D’altra parte, non importa quanto duramente possiamo impegnarci, ciò che stiamo facendo non riuscirà se confidiamo nella nostra propria abilità o negli uomini. Il re Salomone dichiarò questa verità nei Salmi: “Salvo che Geova stesso guardi la città, non serve a nulla che sia stata sveglia la guardia”. (Sal. 127:1) Una dimostrazione di questo principio si ebbe con la distruzione e la successiva ricostruzione dell’antica Gerusalemme.

      Ai giorni dei re Davide e Salomone Gerusalemme era stata una città florida, capitale di una potente nazione. Ma, a causa del fatto che la legge di Dio veniva trascurata e delle conseguenti ingiustizie e corruzione, la città divenne estremamente malvagia. Infine Dio ritrasse la sua mano protettiva. Gerusalemme, sebbene situata in posizione strategica e alquanto potente, cadde nelle mani del re di Babilonia, che desolò completamente la città.

      Ma Dio aveva in mente cose buone per la Gerusalemme desolata. Vi aveva posto il tempio della pura adorazione; il suo nome era legato a quella città. Desiderava che fosse ricostruita. Furono forse degli uomini ad avere questa idea, e la ricostruzione della città fu compiuta grazie alla loro potenza? No. La sua ricostruzione fu un miracolo, anche agli occhi delle nazioni circonvicine.

      Il tempio fu inizialmente ricostruito da un piccolo numero di giudei che affrontarono il pericoloso viaggio di oltre 800 chilometri attraverso il deserto. (Esd. 6:15) Tuttavia, come dimostrazione che la ricostruzione di Gerusalemme non dipendeva dagli uomini e non poteva essere attribuita al loro potere o alla loro determinazione, i primi che ritornarono si infiacchirono a causa dell’opposizione di popolazioni circostanti e infine divennero completamente assorti nei loro affari personali. Vennero a trovarsi in condizioni molto tristi e si attirarono il biasimo dei loro nemici, biasimo che si ripercuoteva sull’Iddio che rappresentavano.

      PERICOLOSE CONDIZIONI DI GERUSALEMME

      Circa ottantadue anni dopo il ritorno dei primi rimpatriati, un giudeo di nome Neemia, coppiere del re persiano Artaserse (Longimano), ricevette notizie da suo fratello, Hanani, e da altri uomini di Giuda sulle deplorevoli condizioni di Gerusalemme. Gli riferirono: “Quelli lasciati, che sono stati lasciati dalla cattività, . . . sono in pessima condizione e nel biasimo; e le mura di Gerusalemme sono diroccate [con ampie brecce], e le sue stesse porte sono state bruciate col fuoco [così come le aveva lasciate il re di Babilonia]”. — Nee. 1:1-3.

      Queste notizie sconvolsero Neemia. Pregò Dio e supplicò il re Artaserse che gli fosse permesso di ritornare per rafforzare e aiutare i suoi fratelli. Dio spinse il cuore del re a fornire a Neemia una scorta e un seguito di servitori, come pure l’autorizzazione a procurarsi materiali e rifornimenti dai governatori locali. — Nee. 2:3-9.

      A causa dell’accanimento dei nemici vicini e anche di alcuni giudei in contatto con loro, inizialmente Neemia non confidò a nessuno il suo piano. Verificò l’estensione dei danni e determinò il da farsi. Quindi convocò i sacerdoti, i nobili, i governanti delegati e quelli che avrebbero dovuto sorvegliare i lavori di restauro e assegnò loro determinate porte e sezioni delle mura. Il progetto andò avanti. Tuttavia questa azione attirò aspri scherni da parte di Sanballat l’Oronita e di Tobia l’Ammonita, capi di tribù confinanti, che in seguito cospirarono per uccidere i lavoratori. A motivo di ciò i giudei pregarono Dio e montarono la guardia giorno e notte. — Nee. 4:1-9.

      COSTRUZIONE DELLE MURA

      La tensione dovuta al lavoro e al servizio di guardia era notevole. I lavoratori si scoraggiarono, ma Neemia richiamò alla loro attenzione chi era a proteggerli, dicendo: “Ricordatevi di Geova grande e tremendo”. (Nee. 4:14) Neemia assegnò i suoi stessi servitori metà al lavoro e metà a portare le armature. Ciascun portatore di pesi (detriti e materiali) lavorava con una sola mano, impugnando un’arma con l’altra, mentre ciascun costruttore portava al fianco una spada. Quando dormivano rimanevano interamente vestiti, stringendo nella destra un’arma.

      I nemici, decisi a impedire che Gerusalemme venisse restaurata, cercarono di attirare Neemia in una trappola invitandolo a discutere (apparentemente in un incontro amichevole per definire le divergenze), ma col vero scopo di ucciderlo o farlo prigioniero. Non riuscendovi, si servirono di falsi profeti che vivevano a Gerusalemme per cercar di intimorire Neemia. Ma questi, confidando in Dio, non si fece distogliere. — Nee. 6:1-13.

      Infine, dopo cinquantadue giorni (quasi al limite della resistenza per i costruttori che continuavano a lavorare in tali estenuanti condizioni), le mura furono completate. Furono quindi montati i battenti delle porte e fu disposto un servizio di guardia. Ma restava da fare molto lavoro all’interno. Il popolo aveva bisogno di conoscere più profondamente la legge di Dio. Bisognava prestare attenzione a certe irregolarità e azioni illegali. Neemia sapeva che Dio era stato con loro e che la Sua legge doveva essere nuovamente rispettata e fatta rispettare a Gerusalemme se si voleva continuare ad avere il Suo favore. — Nee. 6:15; 7:4.

      RIPRISTINATI GLI STATUTI DIVINI

      Di conseguenza, Neemia tenne la festa della luna nuova nel settimo mese, facendola seguire dalla festa delle capanne, dal quindicesimo al ventiduesimo giorno; quindi, il ventiquattresimo giorno, i giudei si raccolsero per digiunare e confessare i loro peccati. In tutte queste occasioni il sacerdote Esdra lesse ad alta voce la legge di Mosè dinanzi al popolo radunato. — Nee. 8:1–9:3.

      Gerusalemme era ancora scarsamente popolata. Così si cercarono volontari, una famiglia ogni dieci che abitavano fuori della città, per assegnare loro a sorte un luogo di dimora a Gerusalemme. Neemia dispose inoltre che fossero di nuovo messi in vigore la tassa del tempio, il pagamento delle decime e le offerte dei primi frutti, in modo da ristabilire in armonia con la Legge la vera adorazione al tempio. Definite queste cose, le mura della città furono inaugurate con grande allegrezza. Dovette essere emozionante vedere la variopinta processione di due numerosi cori di ringraziamento cantare mentre marciavano sulla sommità delle mura. — Nee. 10:32–11:2; 12:27-39.

      C’erano però altre questioni che richiedevano attenzione. In relazione all’adorazione del tempio, esistevano corruzione e negligenza. Mentre Neemia era temporaneamente impegnato altrove nel servizio di Artaserse, il sacerdote Eliasib aveva riservato un’ampia sala da pranzo per Tobia l’Ammonita. Questa era una flagrante violazione della legge di Dio. Inoltre, erano state negate ai leviti le porzioni spettanti loro per legge per il loro mantenimento e, di conseguenza, erano costretti a fare altri lavori per poter vivere. Tornato e scoperti questi allarmanti sviluppi, Neemia gettò immediatamente fuori tutti i mobili di Tobia e restituì la sala al suo legittimo uso come deposito delle cose del tempio. Prese quindi disposizioni per distribuire ai leviti il grano, il vino e l’olio necessari. — Nee. 13:4-14.

      Neemia sapeva che se la legge di Dio veniva violata, Egli non avrebbe benedetto la città, anche se era stato Lui a farla ricostruire. In precedenza, Neemia aveva posto fine alla pratica dell’usura e all’impossibilità di riscattare case e campi impegnati, cose di cui erano colpevoli i giudei più ricchi. Ora proibì qualsiasi lavoro e transazione d’affari in giorno di sabato. Inoltre, ordinò che in giorno di sabato i mercanti che non abitavano a Gerusalemme restassero fuori della città. Infine, risolse la questione delle unioni matrimoniali illecite, consistenti nel fatto che i giudei davano le loro figlie a stranieri e prendevano mogli straniere per i loro figli. — Nee. 5:1-13; 13:2-27, 30.

      L’opera di Neemia, compiuta in cooperazione col sacerdote Esdra, non fu vana. Geova si servì di questi uomini fedeli, ma egli stesso fu in realtà Colui che fece prosperare la città e la custodì, così che, malgrado tutti gli sforzi nemici per distruggere Gerusalemme, la città era ancora in piedi circa quattrocento anni più tardi, al tempo del Messia e dei suoi apostoli. Gerusalemme fu infatti la città da cui si cominciò a offrire, ‘ai giudei prima e quindi ai greci’, la splendida opportunità di divenire coeredi di Cristo. — Rom. 2:10.

  • Domande dai lettori
    La Torre di Guardia 1979 | 1° settembre
    • Domande dai lettori

      ● Genesi 3:22 sembra indicare che in cielo vi fossero altri oltre a Geova dotati di una speciale conoscenza del bene e del male. È così?

      Sembra che non solo Geova ma anche il suo unigenito Figlio avesse la conoscenza del bene e del male nel senso indicato da Genesi.

      Dopo che Adamo ed Eva ebbero peccato, Geova emise su di loro il giudizio. Dopo di che Dio disse: “Ecco, l’uomo è divenuto simile a uno di noi conoscendo il bene e il male, e ora onde non stenda la mano ed effettivamente prenda anche il frutto dell’albero della vita e mangi e viva a tempo indefinito, . . .” — Gen. 3:22.

      La prima coppia umana non era priva di conoscenza del bene e del male. Dio aveva detto loro che era sbagliato o male mangiare del frutto di un particolare albero; viceversa, ubbidire a Dio era bene. (Gen. 2:16, 17) Quindi la particolare conoscenza rappresentata dall’“albero della conoscenza del bene e del male” implicava il fatto di determinare da sé ciò che era bene e ciò che era male. A questo riguardo, il prof. T. J. Conant scrisse: “Trascurando la volontà divina e decidendo ed agendo per conto proprio, l’uomo scelse di conoscere da sé ciò che è bene e ciò che è male”. Sì, Adamo ed Eva rigettarono quanto Dio aveva stabilito e decisero di determinare con criteri propri ciò che era bene e ciò che era male.

      Ma che dire dell’affermazione di Dio: “L’uomo è divenuto simile a uno di noi conoscendo il bene e il male”?

      Alcuni pensano che Dio stesse usando il plurale di maestà, come potrebbe fare un re umano dicendo: “Noi siamo dispiaciuti” pur riferendosi solo a se stesso. C’è comunque un’altra possibilità che sembra avere solide basi scritturali.

      In Genesi 1:26 Geova disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine”. Le Scritture fanno capire che Dio stava parlando al suo unigenito Figlio, che in seguito venne sulla terra col nome di Gesù. Questi, la Parola, fu l’artefice di Dio attraverso il quale tutte le altre cose furono fatte. (Giov. 1:1, 3; Col. 1:15, 16; Prov. 8:22-31) L’espressione simile in Genesi 3:22 fa pensare che Geova stesse di nuovo parlando a chi gli era più vicino, il suo unigenito Figlio.

      In tal caso, questo indicherebbe che la Parola aveva già “conoscenza del bene e del male”. Dalla sua lunga e intima esperienza con Geova, il Figlio aveva certamente imparato a conoscere bene il modo di pensare, i princìpi e le norme del Padre. Non avendo dubbi che il Figlio li conoscesse e fosse ad essi leale, Geova poté anche concedergli una certa libertà di trattare determinate questioni senza bisogno di consultarsi direttamente col Padre in ciascun caso. Perciò fino a quel punto il Figlio sarebbe stato capace e autorizzato a determinare ciò che era bene e ciò che era male. Tuttavia, così facendo, egli non stabiliva una norma in contrasto con quella di Geova.

      Nel caso di Adamo ed Eva, conoscere il bene e il male significò violare il comando di Geova e respingere le sue norme. Per aver fatto questo meritavano la morte e ricevettero tale condanna.

      Nella Traduzione del Nuovo Mondo e in alcune altre versioni Genesi 3:22 termina con i puntini di sospensione o con un trattino. Questo per indicare che Dio non fece scrivere nel racconto una dichiarazione di ciò che si doveva fare. Piuttosto, le sue parole terminano e il versetto successivo descrive l’azione stessa; egli cacciò Adamo ed Eva fuori del giardino. Quindi la loro norma indipendente del bene e del male non fu come quella di Geova e di suo Figlio. Li condusse all’infelicità. — Ger. 10:23.

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