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Perché le più alte speranze furono deluseParadiso restaurato per il genere umano, dalla Teocrazia!
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Capitolo II
Perché le più alte speranze furono deluse
1. Di quali risorse tutti viviamo, ma quale deludente situazione potrebbe crearsi riguardo a ciò?
TUTTI viviamo delle risorse della terra. Tutti dipendiamo da ciò che il suolo produce. Supponete, ora, di essere tutti contadini o agricoltori. Che dire se aveste seminato molto seme, e aveste atteso di raccogliere tanto, ma ne aveste ricavato pochissimo? Potaste le vostre viti e le coltivaste, ma ricavaste poco frutto. Piantaste il vostro lino e ne aveste buona cura, ma riportaste poco per farci lino da tessere indumenti. I vostri ulivi ebbero tutta l’attenzione dovuta, ma ci furono poche olive da mandare al frantoio per fare l’olio. Veniste al vostro deposito e voleste prendere venti misure di grano, ma, ecco, in realtà ce n’erano solo dieci. Veniste al vostro strettoio dopo aver pigiato tutta l’uva disponibile, e per i ricevimenti o per la vendita aveste bisogno di portar via cinquanta misure, ed ecco, tutto ciò che potevate prendere eran venti misure. Supponete che questo continuasse un anno dopo l’altro! Che pensereste?
2. Quali altre cattive condizioni agricole potrebbero esserci, e quali condizioni sociali, ma a che cosa dovremmo attribuirne la colpa?
2 Oh, potreste darne la colpa alle stagioni continuamente aride, alla siccità. Nella stagione senza pioggia non cadeva nemmeno la rugiada per inumidire i germogli della terra. La terra si riarse. Inoltre, il grano fu danneggiato dalla ruggine delle graminacee. Non solo, ma ci fu la grandine che fece cadere i frutti dagli alberi e buttò la vegetazione a terra. E poi, se cercaste di ottenere un lavoro al di fuori di quello agricolo per guadagnare un po’ di denaro in più da far quadrare il bilancio, non c’era lavoro disponibile o il compenso per i servizi resi era piccolissimo. Per giunta, le condizioni sociali erano assai turbate, e non c’era pace né per chi usciva né per chi entrava. Sì, sembrerebbe ragionevole guardare le cose da un punto di vista naturale, materialistico e darne la colpa al tempo e alla mancanza di sicurezza. Il tempo, sì! Ma che cosa si nasconde dietro il tempo? Chi è responsabile del tempo? Potrebbe la vera ragione della mancanza di raccolto esser questa? In tal caso, perché?
3. È il caso appena presentato immaginario, e perché oggi possiamo imparare una lezione dal lontano passato?
3 Pare che qui stiamo solo immaginando un disastroso caso di una comunità agricola. Ma in realtà presentiamo gli aspetti di un effettivo caso storico. Fu specialmente narrato nella storia sacra perché oggi servisse di utile lezione pratica a noi che siamo pervenuti a uno stato di cose assai peggiore di quello che esisté in quel tempo nel caso illustrativo. (Aggeo 1:6, 9-11; 2:15-17; Zaccaria 8:9, 10, 13) La lezione non è antiquata per noi che viviamo in questi “tempi avanzati”, solo perché il caso storico si presentò circa duemilacinquecento anni fa. I princìpi, cioè le norme operative rispetto agli avvenimenti delle nazioni e rispetto alle cause e agli effetti, non cambiano.
4. Benché le persone di quel caso siano da tempo scomparse, chi rimane, e che cosa dovremmo dunque sforzarci di apprendere e applicare?
4 Per giunta, sebbene quelle persone implicatevi in quel tempo siano da molto scomparse dalla scena del mondo, l’Immortale Teocrata, il Creatore che causa il tempo atmosferico, è ancora presente onde sia considerato come il Restauratore del Paradiso per il genere umano. Egli non muta in quanto alla sua maniera di trattare le sue creature umane. Non possiamo permetterci d’ignorarlo senza andare incontro a spiacevoli conseguenze. Con saggezza, dunque, avendo un’ammaestrabile attitudine mentale, esaminiamo questo effettivo caso della storia e applichiamone a noi stessi l’utile lezione.
RISALIAMO ALL’ANNO 520/519 AVANTI LA NOSTRA ÈRA VOLGARE
5. Quando e mediante chi era stata abbattuta l’antica Babilonia, e come Gerusalemme venne ad essere rioccupata?
5 Il tempo del nostro ambiente storico risale al sesto secolo avanti la nostra Èra Volgare. Da più di ottant’anni la città di Gerusalemme, nota in tutte le nazioni, è stata distrutta dai potenti eserciti di Babilonia. Come una ben meritata retribuzione Babilonia stessa ha subìto l’umiliazione di chinarsi a un vincitore, Ciro, e ha cessato d’essere la Terza Potenza Mondiale della storia biblica. Questo accadeva nel memorabile anno del 539 a.E.V. L’Impero Persiano è ora la potenza mondiale dominante, la quarta nella successione della storia biblica. Comunque, la Grecia comincia ad affermarsi vigorosamente e minaccerà a suo tempo di prendere il posto del dominio mondiale. Alcuni anni prima di ciò fu perfino predetto che sarebbe divenuta la successiva potenza mondiale. (Daniele, capitoli 7, 8, 11; Zaccaria 9:13) La città di Gerusalemme non divenne mai una potenza mondiale, ma fu la città dove ebbero luogo i più importanti eventi di tutta la storia umana. Cominciò a essere ricostruita e rioccupata dagli esiliati che il conquistatore persiano, Ciro il Grande, aveva rilasciati dalla cattività di Babilonia nell’anno 537 a.E.V. — Esdra da 1:1 a 3:2.
6. Come furono deluse le più alte speranze degli esiliati tornati da Babilonia, e quando si decise che se n’era avuto abbastanza, e da parte di chi?
6 Così la città sacra di Gerusalemme fu ristabilita e la provincia di Giuda divenne uno dei molti distretti giurisdizionali dell’Impero Persiano in espansione. Un antenato di Gesù Cristo, cioè Zorobabele figlio di Sealtiel, fu il governatore della provincia, e Giosuè figlio di Iozadac figlio di Seraia fu il sommo sacerdote della religione nazionale. Poco dopo che i ritornati dall’esilio si erano stabiliti nel paese e avevan cercato di adempiere il vero scopo del loro ritorno, incontrarono difficoltà da parte dei vicini pagani che erano ai loro confini. Il loro principale progetto fu interrotto e alla fine ne fu proibita l’attuazione dal governo centrale persiano. La prosperità della provincia di Giuda cessò. Le più alte speranze degli abitanti di Giuda e Gerusalemme, con cui avevano lasciato Babilonia, furono deluse. Trascorsero così circa diciassette anni. Quindi il Principale implicato in questa situazione, che pareva un maledetto, decise che se n’era avuto abbastanza. Questi era il Grande Teocrata, l’invisibile Dio Governante degli abitanti di Giuda e Gerusalemme.
7, 8. Quale fu l’anno di questo intervento teocratico, e venne contrassegnato dal fatto che fu suscitato quale portavoce di Geova?
7 L’anno dell’intervento teocratico nelle attività di Giuda e Gerusalemme è definitamente datato. È l’anno in cui il Grande Teocrata suscitò il suo visibile portavoce umano, il profeta chiamato Aggeo. Egli era uno degli esiliati che eran tornati da Babilonia, se non nell’anno 537 a.E.V., in un anno successivo. Il suo nome significa “Festivo, o Festoso”; oppure, se in ebraico la “i” finale del suo nome è un’abbreviazione di “Iah”, il suo nome significa “Festa [Hhag] di Iah”, essendo questo “Iah” l’abbreviazione di Geova. Secondo la tradizione si ritiene che in questo tempo egli fosse vecchio. Per avere accuratezza storica, egli data le sue profezie. Il suo libro di profezie che porta il suo nome Aggeo è il terzultimo libro dei Dodici Profeti Minori, o il terzultimo libro delle ispirate Scritture Ebraiche come sono elencate nella Versione della Bibbia di Fulvio Nardoni. Nel primo versetto del suo datato libro egli scrive:
8 “Nel secondo anno di Dario il re, nel sesto mese, il primo giorno del mese, la parola di Geova per mezzo di Aggeo il profeta fu rivolta a Zorobabele figlio di Sealtiel, governatore di Giuda, e a Giosuè figlio di Iozadac il sommo sacerdote, dicendo”. — Aggeo 1:1.
9. (a) Come differenziamo questo Dario re di Persia da “Dario il Medo”? (b) Quando Aggeo cominciò dunque a profetizzare?
9 Questo Dario il re è diverso da “Dario il Medo”, che fu associato al re Ciro il Persiano allorché fu rovesciata Babilonia nell’anno 539 a.E.V., avendo allora sessantadue anni. (Daniele 5:30, 31; 6:1-28) Dopo Dario il Medo il trono dell’abbattuta Babilonia fu assunto unicamente dal re Ciro il Persiano. Gli successe il figlio Cambise. Dopo di lui s’impadronì del trono dell’Impero Persiano un supposto usurpatore, il mago Gaumata. Egli fu detronizzato da Dario il Persiano, che divenne così il persiano Dario I. In genere gli si dà il soprannome di Istaspe. Poiché l’iniziale anno di regno dei re persiani cominciava nella primavera dell’anno, il secondo anno di questo persiano re Dario sarebbe continuato fino alla primavera successiva corrispondendo così al 520/519 a.E.V., secondo la nostra datazione. Il sesto mese di quell’anno si calcolerebbe dalla primavera del 520 a.E.V., e sarebbe il mese lunare di Aggeo noto come Elul. (Neemia 6:15) Quel mese lunare corrisponderebbe al nostro agosto-settembre. Poiché il giorno in cui la parola di Geova fu rivolta al profeta Aggeo era il primo giorno di quel mese lunare, esso fu il giorno della luna nuova.
10. Perché quel giorno del 1º Elul 520 a.E.V. fu un tempo in cui Aggeo avrebbe potuto rivolgere il suo messaggio a una folla di Giudei più grande del solito?
10 Secondo la legge teocratica data per mezzo del profeta Mosè, quel giorno della luna nuova era un giorno per suonare le sacre trombe sui sacrifici offerti quel giorno a Geova Dio. (Numeri 10:10) Inoltre, si facevano a Geova speciali offerte mediante il fuoco. (Numeri 28:11-15) Sorse anche l’usanza di fare quel giorno visite religiose al luogo dove era situato l’altare di Geova. (2 Re 4:23) Questo richiamava molte persone devote a Gerusalemme. Pertanto il profeta Aggeo avrebbe avuto una folla più grande del solito a cui rivolgere quel giorno del 1º Elul 520 a.E.V. la “parola di Geova”. Aggeo fu senza dubbio a Gerusalemme in quel giorno, poiché la sua parola profetica fu rivolta al governatore Zorobabele e al sommo sacerdote Giosuè che officiavano in Gerusalemme. Il messaggio di Aggeo interessava l’intera nazione e meritava d’essere udito.
COINVOLTA LA CASA DI ADORAZIONE NAZIONALE
11. Quella parola che Geova disse per mezzo di Aggeo cominciò con quale espressione?
11 Che cosa diceva, ora, la parola che fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo? Aggeo 1:2 ci narra: “Geova degli eserciti ha detto questo: ‘Riguardo a questo popolo, hanno detto: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”’”. Il popolo a cui Aggeo si rivolse dovette ammettere questo fatto.
12. Con quale designazione Dio si riferì a se stesso, e di quale valore avrebbe dovuto esser questo per quei Giudei?
12 Chi aveva detto però a “Geova degli eserciti” ciò che “questo popolo” era andato dicendo? Certo, Geova degli eserciti stesso l’aveva udito dal cielo con le sue meravigliose facoltà uditive. Fu sorprendente il modo in cui si riferì a se stesso, cioè come “Geova degli eserciti” (Yeh·owahʹ Tseba·othʹ, in ebraico). In tutte le ispirate Scritture Ebraiche, da Genesi a Malachia, questa designazione “Geova degli eserciti” ricorre 281 volte, e il profeta Samuele è il primo a usarla per iscritto. (1 Samuele 1:3) La usarono anche gli ispirati scrittori cristiani Paolo e Giacomo. (Romani 9:29; Giacomo 5:4) Allora, fu questo ricordare che Geova era il Comandante in Capo degli eserciti celesti una consolazione per gli abitanti di Gerusalemme e della provincia di Giuda?
13. Perché questo avrebbe dovuto essere un incoraggiamento per i Giudei in quelle circostanze?
13 Avrebbe dovuto esserlo. In quel tempo non avevano nessun esercito in servizio effettivo, come l’hanno oggi le potentemente armate nazioni del mondo. Quando partirono dal paese dell’esilio babilonese per tornare nella loro patria, non avevano nessun esercito che li scortasse come protezione contro i predoni lungo la via. Anche nell’anno 468 a.E.V., lo scriba e sacerdote Esdra si era rifiutato d’avere forze militari e cavalieri dal re Artaserse di Persia perché lo accompagnassero a Gerusalemme. — Esdra 8:22, 23.
14. Quale espressa opinione personale di quegli inermi Giudei eccitò così grandemente Geova, e che c’era di riprovevole in questo?
14 Ora, che cos’era che questo inerme “popolo”, gli abitanti di Gerusalemme e di Giuda, aveva detto in modo da eccitare tanto grandemente Geova degli eserciti? Questa loro personale opinione: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”. Tale “casa” sarebbe stata un edificio per l’adorazione di Geova degli eserciti in Gerusalemme, dove il sommo sacerdote Giosuè figlio di Iozadac avrebbe potuto officiare insieme a tutti gli altri sacerdoti dell’antica famiglia di Aaronne. Sarebbe stato un tempio. Appropriatamente, tale casa di adorazione o tempio avrebbe interessato Geova degli eserciti. “Questo popolo” di Gerusalemme e di Giuda adorava Geova. Perché, dunque, dicevano: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”? Che c’era di riprovevole in questo? Come minimo, ciò mostrava mancanza d’interesse nella più piena adorazione del loro Dio. Tradiva inoltre la mancanza di fede nell’invincibile “Geova degli eserciti”. Di conseguenza “questo popolo” veniva meno al primario scopo per cui era tornato lì a Gerusalemme e in Giuda. Qual era questo scopo?
TRASCURATEZZA VERSO LA CASA DI DIVINA ADORAZIONE
15. (a) Quando gli esiliati Giudei furono rilasciati da Babilonia, e come? (b) Quale fu in realtà lo scopo di rilasciarli perché tornassero nella loro patria?
15 Diciassette anni prima di ciò, nella primavera dell’anno 537 a.E.V., questi che ora risiedevano in Gerusalemme e in Giuda erano stati rilasciati dall’esilio di Babilonia. In realtà era stato Geova degli eserciti a ricomprarli e a riscattarli affinché venissero nella Via della Santità e tornassero a Sion, come Gerusalemme è anche chiamata. (Isaia 35:8-10) Era stata fatta la ricompra di “questo popolo” solo per dare a questi esiliati un luogo in cui vivere lontano dall’idolatra Babilonia, preferibilmente il diletto paese dei loro antenati? O qual era stato realmente lo scopo principale di tornare in questo paese che era stato desolato senza uomo o animale domestico per settant’anni, dalla distruzione di Gerusalemme del 607 a.E.V. in poi? (2 Cronache 36:17-21) Questo è chiaramente dichiarato nel decreto imperiale emanato nel 537 a.E.V. da Ciro il Grande, il conquistatore persiano di Babilonia sul fiume Eufrate. (2 Cronache 36:22, 23) Questo decreto è riportato per intero dallo scriba e sacerdote Esdra, in queste parole:
“E nel primo anno di Ciro re di Persia, affinché si compisse la parola di Geova dalla bocca di Geremia, Geova destò lo spirito di Ciro re di Persia così che fece passare un bando per tutto il suo reame, e anche per iscritto, dicendo: ‘Ciro re di Persia ha detto questo: “Geova l’Iddio dei cieli mi ha dato tutti i regni della terra ed egli stesso mi ha incaricato di edificargli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque fra voi è di tutto il suo popolo, il suo Dio sia con lui. Salga dunque a Gerusalemme, che è in Giuda, e riedifichi la casa di Geova l’Iddio d’Israele — egli è il vero Dio — che era in Gerusalemme”’. . . .
“Inoltre, il re Ciro stesso portò gli utensili della casa di Geova, che Nabucodonosor aveva asportati da Gerusalemme e messi quindi nella casa del suo dio. E Ciro re di Persia li portava per mezzo di Mitredat il tesoriere e li contava a Sesbazzar capotribù di Giuda. . . . Tutti gli utensili d’oro e d’argento furono cinquemilaquattrocento. Sesbazzar portò ogni cosa, oltre a condurre il popolo esiliato da Babilonia a Gerusalemme”. — Esdra 1:1-11.
16. (a) Chi fu “Sesbazzar capotribù di Giuda”? (b) Che i ristabiliti esiliati comprendessero qual era la vera missione del loro ritorno in patria è mostrato da quale fatto storico?
16 Questo “Sesbazzar capotribù di Giuda” è evidentemente lo stesso Zorobabele figlio di Sealtiel che era il governatore di Giuda. (Esdra 2:1, 2; 5:1, 2, 14-16; Aggeo 1:1, 14; 2:2, 21) Zorobabele governatore di Giuda e il resto dei tornati esiliati compresero che tornando nella loro patria la loro principale missione era quella di riedificare il tempio in Gerusalemme per l’adorazione di Geova. Questo è mostrato da un fatto storico: Alla fine dei settant’anni di desolazione di Gerusalemme e di Giuda questi ricomprati esiliati edificarono un altare a Geova nello stesso luogo in cui era l’altare del tempio precedente, e in seguito posero la fondazione per edificare un nuovo tempio. Leggiamo:
“Quando arrivò il settimo mese [Tishri] i figli d’Israele erano nelle loro città. E il popolo si raccoglieva come un sol uomo a Gerusalemme. E Iesua figlio di Ieozadac e i suoi fratelli i sacerdoti e Zorobabele figlio di Sealtiel e i suoi fratelli si levavano ed edificavano l’altare dell’Iddio d’Israele, per offrirvi sacrifici bruciati, secondo ciò che è scritto nella legge di Mosè l’uomo del vero Dio. Stabilirono dunque fermamente l’altare nel suo proprio posto, poiché su di loro venne lo spavento a causa dei popoli dei paesi, e offrivano su di esso sacrifici bruciati a Geova, i sacrifici bruciati della mattina e della sera. Quindi tennero la festa delle capanne [15-22 Tishri] secondo ciò che è scritto, con i sacrifici bruciati di giorno in giorno in numero secondo la regola di ciò che era dovuto per ciascun giorno. . . . Dal primo giorno del settimo mese [Tishri] cominciarono a offrire sacrifici bruciati a Geova, quando non si erano ancora gettate le fondamenta dello stesso tempio di Geova. . . .
“E nel secondo anno [536 a.E.V.] della loro venuta alla casa del vero Dio a Gerusalemme, nel secondo mese [Ziv, o Iyyar; aprile/maggio], Zorobabele figlio di Sealtiel e Iesua figlio di Ieozadac e il resto dei loro fratelli, i sacerdoti e i Leviti, e tutti quelli che eran venuti dalla cattività a Gerusalemme cominciarono; e ora incaricarono i Leviti dai vent’anni in su di fare i soprintendenti sull’opera della casa di Geova. . . . Quando gli edificatori ebbero gettato le fondamenta del tempio di Geova, i sacerdoti in veste ufficiale, con le trombe, e i Leviti figli di Asaf, coi cembali, stettero in piedi per lodare Geova secondo l’ordine di Davide re d’Israele. E rispondevano lodando e rendendo grazie a Geova, ‘poiché egli è buono, poiché la sua amorevole benignità verso Israele è a tempo indefinito’. In quanto a tutto il popolo, urlò con alte urla alla lode di Geova per la posa delle fondamenta della casa di Geova.
“E molti dei sacerdoti e dei Leviti e dei capi delle case paterne, gli anziani che avevano visto la casa precedente, piangevano ad alta voce alla posa del fondamento di questa casa dinanzi ai loro occhi, mentre molti altri levavano la voce in urla di gioia. Per cui il popolo non distingueva il suono delle urla d’allegrezza dal suono del pianto del popolo, poiché il popolo urlava con alte urla, e il suono stesso si udì perfino a grande distanza”. — Esdra 3:1-13.
17, 18. Quando e perché furono interrotte le attività di edificazione del tempio?
17 In quel tempo quei rimpatriati Israeliti non dicevano: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”. (Aggeo 1:2) Ma subito ci fu opposizione dal di fuori contro quei “figli dell’Esilio”. Questo avvenne perché gli Israeliti religiosamente purificati non permettevano a quelli di fuori che asserivano d’adorare Geova di unirsi a loro nella costruzione del tempio all’Iddio d’Israele. Quindi questi risentiti vicini che erano stati respinti divennero avversari e interferirono con l’edificazione del tempio per tutto il resto del regno del re Ciro e dei regni dei successivi re dell’Impero Persiano fino al regno del re Dario Istaspe il Persiano. Prima del regno di questo persiano Dario I, quegli avversari palestinesi riuscirono a far proibire dal governante imperiale l’opera di edificazione del tempio di Geova, accusando i rimpatriati “figli dell’Esilio” d’esser sediziosi. — Esdra 4:1-22.
18 La Bibbia chiama l’imperatore persiano che emanò la proibizione con il nome di Artaserse, e dice: “Or dopo che la copia del documento ufficiale di Artaserse il re era stata letta dinanzi a Reum e a Simsai lo scriba e ai loro colleghi, andarono in fretta a Gerusalemme dai Giudei e li fermarono con la forza e le armi. Fu allora che il lavoro della casa di Dio, che era a Gerusalemme, cessò; e restò fermo fino al secondo anno del regno di Dario re di Persia”. — Esdra 4:23, 24.
19. (a) Quanti anni durò all’incirca l’interruzione dell’opera del tempio? (b) Perché la proibizione pose agli edificatori del tempio un dilemma, ma chi spinse la questione nella direzione giusta?
19 Il secondo anno di regno del re Dario I coincise con il 520/519 a.E.V., e questo significò che l’interruzione dell’opera di edificazione del nuovo tempio di Geova in Gerusalemme durò circa sedici anni, dal tempo che il fondamento di questo tempio era stato posto dal governatore Zorobabele e dal sommo sacerdote Giosuè (o, Jeshua; Gesù, nella versione greca dei Settanta). Tale proibizione imposta dall’imperatore persiano, Artaserse, dovette far restare i Giudei in Gerusalemme e in Giuda del tutto confusi, in un dilemma. Poterono chiedersi come mai la proibizione di quest’ultimo imperatore contrastasse il decreto del re Ciro il Grande ch’era stato emanato nel 537 a.E.V. come parte della “legge dei Medi e dei Persiani, che non si annulla”. (Daniele 6:8, 12) Essi non pensarono di mettere la questione alla prova nelle corti dell’Impero Persiano, portando la causa fino alla Corte Suprema dell’impero, alla corte di ultima istanza, che era presieduta dall’imperatore stesso. La venuta di un nuovo imperatore, di un successore di Artaserse, l’avrebbe consentito. Ma chi, ora, avrebbe promosso la causa? Nessun altro che “Geova degli eserciti” stesso.
20. A causa di quale precedente profezia di Isaia non fu volontà di Geova che fosse annullato il decreto di edificazione del re Ciro?
20 Due secoli prima, per mezzo del suo profeta Isaia, il Grande Teocrata Geova aveva parlato di sé come di “Colui che dico di Ciro: ‘Egli è il mio pastore, e tutto ciò in cui io mi diletto adempirà completamente’; perfino nel mio dire di Gerusalemme: ‘Sarà riedificata’, e del tempio: ‘Saranno gettate le tue fondamenta’. Questo è ciò che Geova ha detto al suo unto, a Ciro, di cui ho preso la destra, per soggiogare dinanzi a lui le nazioni”. (Isaia 44:28-45:1) Di conseguenza, non era volontà di Geova degli eserciti che il decreto di Ciro relativo alla casa di Geova in Gerusalemme fosse annullato. Geova non è la specie di Dio che fa gettare le fondamenta di un edificio e poi si trovi nell’incapacità di completare l’edificio, così che tutti gli osservatori comincino “a schernirlo, dicendo: ‘Questo [Dio] ha cominciato a edificare ma non ha potuto finire’”. (Luca 14:29, 30) No, Geova completa ciò che comincia; la sua parola non torna mai a lui inadempiuta, “senza risultati”. — Isaia 55:11.
SFIDANO L’OPINIONE POPOLARE E LA PROIBIZIONE IMPERIALE
21. Come e in quale anno Geova cominciò a correggere l’errata impressione a lungo espressa dai Giudei circa l’edificazione del tempio?
21 Or dunque era venuto il tempo che Geova degli eserciti correggesse l’errata impressione a lungo espressa dai Giudei in Gerusalemme e in Giuda che non fosse ancora venuto il tempo di riedificare la casa di Geova. Quindi, che fece egli? Suscitò profeti che non ebbero timore di parlare contrariamente all’opinione popolare. Esdra 5:1 ci narra chi fossero questi profeti, dicendo: “E Aggeo il profeta e Zaccaria nipote di Iddo, il profeta, profetizzarono ai Giudei che erano in Giuda e in Gerusalemme, nel nome dell’Iddio d’Israele che era su di loro”. I versetti iniziali delle riportate profezie di Aggeo e Zaccaria ci danno l’anno che cominciarono a profetizzare, cioè “nel secondo anno di Dario il re” di Persia. Ma Aggeo cominciò prima di Zaccaria, poiché la parola di Geova si ebbe per mezzo di lui il primo giorno del mese lunare di Elul, il giorno della luna nuova quando Gerusalemme poteva avere molti pellegrini venuti dalle esterne città di Giuda.
22. Quale avvertimento Aggeo dovette prima dare al popolo, e come sfida all’opinione popolare, che cosa si dovette mostrar loro?
22 Prima di tutto, il profeta Aggeo avvertì il popolo lì a Gerusalemme che Geova degli eserciti sapeva ciò che dicevano del tempo per edificare la Sua casa di adorazione, la cui edificazione era stata autorizzata dall’imperatore persiano, Ciro il Grande. La pazienza divina era stata esercitata abbastanza a lungo verso i Giudei che avevano tale attitudine mentale. Ora, quando la situazione sembrava esser la peggiore, quando la costante opposizione degli avversari religiosi pagani era stata rafforzata con una proibizione imperiale, proprio ora era il tempo di sfidare l’opinione popolare di questo popolo ricomprato. Si doveva mostrar loro che erano colpevoli e si doveva dire loro la ragione per cui le cose erano andate loro così male.
23. Come la sfida presentata mostrò una relazione fra la condizione della casa di Geova in quel tempo e la loro condizione economica?
23 Ora viene la sfida! “E la parola di Geova continuò a essere indirizzata per mezzo di Aggeo il profeta, dicendo: ‘È il tempo per voi stessi di dimorare nelle vostre case rivestite, mentre questa casa è devastata? E ora Geova degli eserciti ha detto questo: “Ponete il cuore alle vostre vie. Avete seminato molto seme, ma si porta poco. Si mangia, ma non a sazietà. Si beve, ma non fino al punto d’essere inebriati. Si indossano vesti, ma nessuno si riscalda; e chi lavora con un salario lavora con un salario per una borsa che ha buchi [l’operaio ha avuto il suo salario, ma per metterlo in un sacchetto forato]”’”. — Aggeo 1:3-6, NM; Na.
24. Quale stato di cose privo di equilibrio esisteva tra le loro case personali e la casa di Geova, e quali domande questo poneva?
24 C’era una ragione essenziale per cui se la passavano così male in senso materiale. Quei Giudei rimpatriati dicevano che non era per loro il tempo di edificare il tempio di Geova, e così “questa casa” di adorazione divina era “desolata”, essendone state gettate solo le fondamenta nel 536 a.E.V., ma senza sovrastrutture su di esse. Nello stesso tempo essi abitavano nelle loro case ben coperte con un soffitto e con le pareti piacevolmente rivestite di legni eccellenti. Quale netto contrasto c’era fra le loro case private per le comodità carnali e la sacra casa di Geova per gli interessi spirituali dell’intera nazione! Non era questo uno stato di cose privo di equilibrio? Non tradiva il fatto che davano più importanza alle cose materiali, alle comodità della propria carne, anziché alle loro necessità spirituali e ai loro obblighi verso il Grande Teocrata, Geova? Fu questo per loro senza conseguenze, non solo in senso spirituale ma anche in senso materiale? Si procuravano danno non solo religiosamente, ma anche economicamente? Sì!
25. Qual era l’essenziale ragione per cui si procuravano danno non solo religiosamente, ma economicamente, in senso materiale?
25 Perché anche economicamente, in senso materiale? Perché il loro paese era stato dato loro da Dio. Geova li aveva inoltre ricomprati da Babilonia e li aveva ricondotti in quel paese come suo popolo riscattato. Quindi, come Egli aveva molto tempo fa detto ai loro antenati, “la terra non si dovrebbe . . . vendere in perpetuo, perché la terra è mia. Poiché secondo il mio punto di vista voi siete residenti forestieri e avventizi”. (Levitico 25:23) Giacché la terra era Sua, avrebbe potuto rendere la terra prospera e avrebbe potuto trattenere dalla terra la sua benedizione. Divenne così responsabile della sua produttività. Se non avesse provato piacere del suo popolo riscattato, non avrebbe forse logicamente trattenuto le sue benedizioni? E per mezzo del suo profeta Aggeo non indicò Egli il dispiacere divino perché la sua casa, la casa più importante dell’intero paese di Giuda, era desolata ed era stata in tali condizioni per tanti anni?
26. La relazione fra lo stato di desolazione della casa di Geova e la loro cattiva condizione economica a che cosa doveva attribuirsi?
26 Date le circostanze, doveva esserci stata qualche relazione fra lo stato di “desolazione” della casa di adorazione di Geova e il fatto che questi riscattati Giudei seminavano nella terra data loro da Dio molto seme eppure raccoglievano poco in quanto alle messi. Raccoglievano qualche cosa da mangiare, in realtà, ma non era sufficiente per soddisfare il loro desiderio o il loro bisogno. Bevevano vino fatto con il succo delle loro vigne, ma non ne avevano in grande quantità alla vendemmia da farci vino sufficiente da potervisi ubriacare. Potevano fare qualche cosa da mettersi addosso, ma non bastava, o non era di tale qualità, da mantenerli caldi quando faceva freddo. E se dei bisognosi lavoravano per guadagnarsi da vivere o per pagare le spese, sembrava che il denaro guadagnato fosse messo in una borsa per il denaro piena di buchi da far cadere le monete e da farle perdere senza alcun profitto per i salariati. In vista della relazione che questi occupanti del paese avevano con il celeste Proprietario della terra e dei loro obblighi religiosi verso di Lui, doveva esserci stata qualche essenziale relazione fra la sua casa “desolata” e la loro depressione economica.
27. Come la precedente profezia di Geova in Ezechiele 36:33-36 indicò che ci sarebbe stata una tale relazione?
27 Questa relazione doveva essere stata reale in vista di ciò che Geova loro Dio aveva promesso per mezzo del suo profeta Ezechiele poco dopo la distruzione di Gerusalemme e la desolazione del paese di Giuda più di settant’anni prima: “Il Sovrano Signore Geova ha detto questo: ‘Nel giorno che vi purificherò da tutti i vostri errori per certo farò anche abitare le città, e dovranno essere riedificati i luoghi devastati. E lo stesso paese desolato sarà coltivato, mentre era divenuto una distesa desolata dinanzi agli occhi di ogni passante. E la gente per certo dirà: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden, e le città che erano devastate e che giacevan desolate e che erano demolite sono fortificate; sono divenute abitate”. E le nazioni che vi saranno lasciate rimanere all’intorno dovranno conoscere che io stesso, Geova, ho edificato le cose demolite, ho piantato ciò che era stato desolato. Io stesso, Geova, ho parlato e ho fatto’”. — Ezechiele 36:33-36, NW.
28. Perché quell’anno 520 a.E.V. tale profezia comunicata per mezzo di Ezechiele non si era adempiuta sui Giudei, e perché oggi dovremmo applicare questo a noi stessi?
28 Quando il riscattato rimanente dei Giudei timorati di Dio fu tornato nel paese desolato nel 537 a.E.V., ebbe le più alte speranze che tale splendida profezia si adempisse. Ma ora, nell’anno 520 a.E.V., le loro più alte speranze erano state deluse. Perché? Sì, perché i popoli pagani all’intorno non dicevano: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden”? La ragione è ovvia. Il riscattato rimanente dei Giudei trascurava l’adorazione di Colui che aveva fatto tale grande promessa per mezzo del profeta Ezechiele. Non c’è in questo un punto che oggi, noi che speriamo nella trasformazione dell’intera terra in un Paradiso, dovremmo prendere a cuore? Sì. Ma quale fu il rimedio che in quel tempo bisognava applicare? Dovrebbe ora essere per noi un esempio indicativo.
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Il rimedio per quelli dalle speranze deluseParadiso restaurato per il genere umano, dalla Teocrazia!
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Capitolo III
Il rimedio per quelli dalle speranze deluse
1. Era ancora quale data, e Geova suscitò Aggeo per aiutare i Giudei a vedere la relazione fra quali due cose?
È ANCORA il 1º Elul, o il primo giorno del sesto mese lunare, nel secondo anno di regno di Dario I, il re dell’Impero Persiano. Questo sarebbe verso la metà del mese di agosto dell’anno 520 a.E.V., secondo il nostro calendario odierno. (Aggeo 1:1) Per mezzo del suo profeta Aggeo, Geova richiamava l’attenzione sui modi d’agire del suo popolo ricomprato che egli aveva ristabilito nella loro patria dopo ch’era stata desolata per settant’anni. (2 Cronache 36:17-21) Geova li esortava a considerare di cuore gli insoliti modi in cui accadevano loro le cose. Quindi avrebbero potuto vedere la relazione fra tutto il duro lavoro che facevano nella terra con risultati così poco rimunerativi e la desolazione in cui lasciavano la casa di Geova, quantunque avessero buona cura circa la condizione delle loro abitazioni. — Aggeo 1:2-6.
2. Basilarmente, che specie di contesa era per quei Giudei, e chi poteva dunque prescrivere il giusto rimedio, e come cominciava la prescrizione?
2 Era la ragione per cui i Giudei se la passavano così male, dopo esser tornati nella loro patria da diciassette anni, una ragione basilarmente religiosa? Se lo era, Geova era Colui che avrebbe potuto infallibilmente indicare loro quella ragione e anche prescriverne il rimedio. Egli non si compiaceva che si preoccupassero tanto del loro benessere materiale e che trascurassero la sua casa di adorazione. Quindi, dopo aver sopportato per tanto tempo questa loro attitudine non equilibrata, per mezzo del profeta Aggeo disse loro: “Geova degli eserciti ha detto questo: ‘Ponete il cuore alle vostre vie’. ‘Salite al monte, e dovete portare legname. Ed edificate la casa, affinché io me ne compiaccia e sia glorificato’, ha detto Geova”. Quindi per indicare a che cosa dovessero attribuirsi in realtà i loro deludenti risultati dopo tale duro lavoro, egli fece ancora profetizzare ad Aggeo:
3. Chi asserì d’essere responsabile della loro cattiva condizione economica?
3 “‘Si cercava molto, ma, ecco, c’era solo un poco; e lo avete portato nella casa, e io vi soffiai sopra, per quale ragione?’ è l’espressione di Geova degli eserciti. ‘Per la ragione che la mia casa è devastata, mentre voi vi date da fare, ciascuno per la sua propria casa. Perciò su di voi i cieli trattennero la loro rugiada, e la terra stessa trattenne il suo prodotto. E chiamavo l’aridità sulla terra, e sui monti, e sul grano, e sul vino nuovo, e sull’olio, e su ciò che la terra produceva, e sull’uomo terreno, e sull’animale domestico, e su tutta la fatica delle vostre mani’” — Aggeo 1:7-11.
4. Nonostante la proibizione imperiale, quale azione prescrisse Geova ai Giudei di compiere, e quale decisiva domanda questo pose ai Giudei?
4 Quando tali precedenti parole furono proferite, l’incostituzionale proibizione che era stata emanata dal defunto re Artaserse di Persia contro l’edificazione del tempio di Geova in Gerusalemme era ancora in vigore. Tuttavia Geova degli eserciti, parlando per mezzo di Aggeo, disse ai Giudei che se la passavano male di prendere i materiali e di ‘edificare la casa, affinché egli se ne compiacesse e fosse glorificato’. (Aggeo 1:8) Ora sulla contesa sorse la domanda: A chi si deve ubbidire, alla volontà di Geova o alla proibizione imperiale, la volontà di un uomo male informato ora morto? Quale ordine era da adempiere, quello del vivente Iddio Altissimo, il Grande Teocrata, o quello di un morto imperatore persiano? Se avessero agito come fecero in seguito gli apostoli cristiani, ubbidendo “a Dio quale governante anziché agli uomini”, avrebbero suscitato le obiezioni e l’opposizione di quelli che erano a favore della proibizione, ma avrebbero ottenuto l’approvazione di Dio. (Atti 5:29) Essi già facevano piacere a quegli oppositori pagani ma dispiacevano a Dio. Or dunque, erano disposti a suscitare il dispiacere dei loro avversari pagani e in tal modo ottenere il compiacimento di Geova degli eserciti?
5. Gli avversari e gli oppositori che cosa non potevano controllare, e che cosa non potevano eliminare a favore dei Giudei?
5 Quegli avversari pagani non potevano controllare il tempo atmosferico nel paese di Giuda. Non lo avrebbe potuto controllare nemmeno l’intero Impero Persiano. Non potevano far produrre ai cieli la necessaria rugiada nella stagione asciutta dell’anno. Non potevano far rendere alla terra il suo prodotto, così che i Giudei che coltivavano il suolo non solo seminassero molto e attendessero molto ma anche raccogliessero molto. O, al contrario, quei Persiani imperiali e i vicini avversari dei Giudei non potevano eliminare, durante la comune stagione delle piogge, l’aridità che si abbatteva sulla terra, sul grano, sul vino nuovo, sull’olio, su tutti gli altri prodotti della terra, né l’aridità che si abbatteva sull’uomo, sull’animale domestico e su ciò che gli uomini avevan coltivato con le loro mani. Ma Geova degli eserciti poteva far questo, poiché tali cose avverse venivano da lui come espressione del suo dispiacere.
6. Per questa ragione, i Giudei chi avrebbero dovuto temere, ma come non mostravano tale timore?
6 A differenza di quegli Israeliti ai quali si fa riferimento in Geremia 5:24, i rimpatriati Giudei non avrebbero dovuto temere l’ira dell’Impero Persiano ma avrebbero dovuto dire: “Temiamo, ora, Geova nostro Dio, Colui che dà la pioggia a rovesci e la pioggia autunnale e la pioggia primaverile nella sua stagione, Colui che per noi guarda pure le prescritte settimane della mietitura”. (Geremia 10:10-13) Tale timore di Geova non potevano mostrarlo semplicemente correndo alle loro proprie case private per giungere il più presto possibile nelle loro accoglienti dimore mentre nello stesso tempo lasciavano desolata la casa di adorazione del loro Dio. La casa di un Personaggio così grande come Geova degli eserciti, il Grande Teocrata, si sarebbe dovuta mettere al primo posto. Il timore dell’uomo non li avrebbe dovuti distogliere dall’edificarla, affinché egli se ne compiacesse e fosse glorificato.
7, 8. (a) Perché Geova disse ai Giudei di portare il legname per la casa? (b) Perché una tale casa materiale non era necessaria, eppure era appropriata, per Geova?
7 Questo era il rimedio per tali deludenti condizioni in cui si trovavano sia in senso materiale che in senso spirituale, ubbidire cioè a Dio quale governante anziché all’uomo e andare avanti ed edificare la casa di adorazione di Dio. Andassero sul monte coperto di foreste ad abbattere gli alberi e portassero il legname per costruire l’importantissima casa. Non che il tempio di Dio dovesse costruirsi tutto in legno. Ma le pietre del precedente tempio demolito erano lì sul posto, e il legname per ricoprire le pareti e per altre necessità era il materiale più richiesto da preparare. Non che Geova degli eserciti avesse alcun bisogno di una terrestre casa materiale come dimora in cui abitare fra i ben alloggiati Giudei. Egli aveva già il suo luogo di dimora non fatto da mani umane, nei santi cieli, e questo tempio di pietra e legno sul monte Moria in Gerusalemme era solo una rappresentazione di un futuro tempio spirituale, una vera casa di adorazione dell’Iddio Altissimo. Era esattamente come Salomone costruttore del tempio aveva detto:
8 “Ma dimorerà veramente Dio sulla terra? Ecco, i cieli, sì, il cielo dei cieli, essi stessi non ti possono contenere; quanto meno, quindi, questa casa che io ho edificata!” — 1 Re 8:27.
9. (a) Come Dio avrebbe dimorato dunque in quella casa? (b) Adorando in tale tempio, che cosa avrebbero rinnovato i Giudei, con quali risultati per se stessi?
9 Dio avrebbe dimorato dunque nel riedificato tempio di Gerusalemme non in persona, ma solo mediante il suo spirito, la sua santa e invisibile forza attiva, e volgendo a tale tempio la sua faccia o attenzione. Egli l’avrebbe santificato o ne avrebbe fatto una casa santa, e sarebbe stato il centro di adorazione religiosa per l’intera nazione. I sacrifici per gli individui o per l’intera nazione vi sarebbero stati offerti sul solo altare autorizzato, e sarebbe stato il luogo presso cui la nazione si sarebbe riunita in assemblea alle sue tre feste annuali e al Giorno di Espiazione per l’intera nazione. Il sommo sacerdote Giosuè figlio di Iozadac e tutti i sacerdoti vi avrebbero potuto compiere le loro funzioni a favore del popolo. Così la nazione d’Israele avrebbe potuto mantenere con il suo Teocratico Governante, Geova, una rinnovata relazione, e si sarebbe potuta mantenere in buona condizione spirituale. Geova sarebbe stato glorificato dalla riedificazione del tempio sul quale sarebbe stato posto il Suo nome, e avrebbe fatto conoscere il proprio compiacimento versando su loro benedizioni sia spirituali che materiali.
UBBIDIENZA A DIO QUALE GOVERNANTE? O ALL’UOMO?
10, 11. A chi fu rivolta l’iniziale profezia di Aggeo, e la successiva azione mostrò ch’era stata presa quale decisione?
10 L’iniziale messaggio del profeta Aggeo fu rivolto specialmente “a Zorobabele figlio di Sealtiel, governatore di Giuda, e a Giosuè figlio di Iozadac il sommo sacerdote”. (Aggeo 1:1) Questo li obbligò a prendere la direttiva e a dare il giusto esempio all’intera nazione. Comunque, questi due uomini, il governatore e il sommo sacerdote, sapevano cosa attendersi dagli avversari se avessero ripreso l’edificazione del tempio in Gerusalemme. La storia cosa mostra che fecero: ubbidirono a Geova degli eserciti quale Governante o ubbidirono all’uomo? Essi misero al primo posto gli interessi spirituali e ubbidirono a Dio. Aggeo riferisce:
11 “E Zorobabele figlio di Sealtiel, e Giosuè figlio di Iozadac il sommo sacerdote, e tutti i rimanenti del popolo ascoltavano la voce di Geova loro Dio, e le parole di Aggeo il profeta, come Geova loro Dio l’aveva mandato; e il popolo temeva a causa di Geova”. — Aggeo 1:12.
12. Il popolo comprese che Aggeo era stato mandato da chi, e quale timore superarono?
12 Dal messaggio che il profeta proclamò loro in quel giorno della sesta luna nuova dell’anno, il popolo seppe da quale parte era questo coraggioso Aggeo nella contesa di ubbidire a Dio o all’uomo. Si resero conto che Geova aveva mandato Aggeo, e perciò lo ascoltarono come colui che trasmetteva per quel tempo il messaggio di Geova. A cuore aperto considerarono ciò che aveva da dire, sebbene fosse nella forma d’una riprensione. Compresero il punto del ragionamento che Dio faceva loro. Si resero conto d’esser venuti meno, di aver trasgredito. Avevano buon motivo di temere dinanzi a Geova. Era il Comandante in Capo degli eserciti celesti a parlare per mezzo del suo profeta Aggeo, e il loro timore di questo Geova degli eserciti sovrastò ogni timore degli uomini o anche dell’Impero Persiano. Ancora avevano bisogno d’incoraggiamento, e Aggeo fu ora impiegato per darlo loro:
13. Quale incoraggiante messaggio Aggeo diede quindi al popolo?
13 “E Aggeo il messaggero di Geova continuò a dire al popolo secondo la missione del messaggero di Geova, dicendo: ‘Io sono con voi’, è l’espressione di Geova”. — Aggeo 1:13.
14. In vista di tutti gli avversari, che cosa significò questo messaggio per gli edificatori del tempio, e quale norma dichiarata in seguito da Gesù Cristo avrebbero seguita mettendosi a edificare?
14 Quale messaggio più incoraggiante di quello avrebbero potuto ricevere quei Giudei timorati di Dio? I vicini avversari potevano avere dalla loro parte tutto l’Impero Persiano, ma i ricomprati Israeliti, mediante una condotta di ubbidienza, avevano dalla loro parte Geova degli eserciti. Geova non avrebbe provato dispiacere se fossero andati avanti e avessero riedificato il suo tempio. Per parafrasare la norma esposta da Gesù Cristo più di cinquecentocinquant’anni dopo, le cose appartenenti a Cesare (o all’imperatore) dovevano rendersi a Cesare, ma le cose appartenenti a Dio dovevano similmente rendersi a Dio, e le Sue cose vengono per prima. (Matteo 22:21). Avendo agito secondo questa norma, avrebbero avuto Geova con loro. Ciò garantiva il successo nell’edificazione del tempio.
15. Perché passarono ora più di tre settimane prima che il popolo entrasse e facesse il lavoro nella casa di Geova?
15 Fiduciosa ora nel suo Dio Onnipotente, la nazione si dedicò alla principale impresa per cui aveva fatto il lungo viaggio e da Babilonia era tornata nella sua sacra patria. Passarono tre settimane e più non perché si differisse il lavoro per timore, ma per organizzare dovutamente l’inizio delle attività. Furono tutti vigorosamente stimolati dallo spirito o invisibile forza attiva di Dio, che agì in loro come una forza guidatrice. Giunse il ventiquattresimo giorno di quel mese lunare di Elul, e che accadde? Aggeo, tu eri lì; narracelo. “E Geova destava lo spirito di Zorobabele figlio di Sealtiel, governatore di Giuda, e lo spirito di Giosuè figlio di Iozadac il sommo sacerdote, e lo spirito di tutti i rimanenti del popolo; ed entravano e facevano il lavoro nella casa di Geova degli eserciti loro Dio. Era il ventiquattresimo giorno del sesto mese del secondo anno di Dario il re”. — Aggeo 1:14, 15.
16. Prima che Aggeo cominciasse a profetizzare, a quale attitudine si erano abbandonati i Giudei, ma ora che cosa furono stimolati a fare?
16 Prima della profezia di Aggeo il primo giorno del sesto mese di quell’anno, il governatore Zorobabele e il sommo sacerdote Giosuè e il rimanente rimpatriato del popolo giudaico avevano perduto lo stimolo, l’inclinazione, il senso di urgenza, lo zelo e l’entusiasmo di riedificare il tempio di Geova. Essi avevan ceduto all’opposizione e all’interferenza dei loro avversari e si dicevano: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”. (Aggeo 1:2) Ma ora, a causa del messaggio di Dio trasmesso da Aggeo, cominciarono a vedere le cose in modo diverso. Quindi il Comandante in Capo, Geova degli eserciti, stimolò lo spirito d’essi tutti. Dopo l’organizzazione e i preparativi necessari, si dedicarono alla loro importantissima opera nel paese di Giuda, occupandosi dei preliminari di tutta l’effettiva opera di costruzione del tempio del loro Dio. Il tempo è datato: era il 24 Elul del secondo anno di Dario I, re di Persia. Ciò avveniva verso la metà di settembre dell’anno 520 a.E.V. Era il tempo dell’anno in cui sulla vegetazione cominciava a formarsi la rugiada dopo la stagione asciutta di mezza estate.
17. Che cosa comprendeva tale opera preliminare, e perché i Giudei non si curavano che gli avversari notassero o no la loro opera?
17 Senza dubbio Geova degli eserciti si compiacque di vedere avviare questo progresso dell’opera. C’erano legname da tagliare e travi e pannelli da segare; si dovevano cavare delle pietre. E si dovevano togliere i detriti dal luogo storico del tempio che molto tempo prima era stato acquistato dal re Davide nell’undicesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare. (2 Samuele 24:18-25; 1 Cronache da 21:18 a 22:19; 2 Cronache 3:1) Tali detriti potevano essersi accumulati nel corso degli anni. Se gli avversari pagani vicini dei Giudei notassero questa attività preliminare, non lo sappiamo. Ma anche se la notarono, gli occupati Giudei non se ne curavano. Sapevano che avevano l’approvazione del loro Dio e che facevano la sua opera, e che l’invincibile Geova degli eserciti era dalla loro parte. Ciò nondimeno, sarebbe sorta dalle file nemiche una grave opposizione. Quanto successo avrebbero avuto questa volta? Vedremo.
PARALLELO STORICO
18. C’è stato un parallelo moderno di questo, e agli scritti di chi ora ci rivolgiamo?
18 C’è nei tempi moderni qualche parallelo storico che faccia risaltare questo antico avvenimento dal semplice regno della storia morta? Abbiamo ragione di credere che ci sia. Uno scrittore giudeo del primo secolo della nostra Èra Volgare, un Fariseo della tribù di Beniamino e chiamato Saulo di Tarso nell’Asia Minore, diede uno sguardo alla storia antica del suo popolo e scrisse poi le sue osservazioni. A chi scrisse? Mandò la sua lettera in Italia alla Roma imperiale, ma non a qualche cosiddetto “Vescovo di Roma, Successore del Principe degli Apostoli, Vicario di Cristo”. Niente affatto. In quel tempo la cristianità con un tale dignitario religioso non aveva ancora avuto inizio, ma dovette attendere che l’imperatore Costantino il Grande le desse inizio nel quarto secolo. Saulo di Tarso, che ora era divenuto un apostolo di Gesù Cristo e si chiamava Paolo, scrisse una sua lettera alla congregazione dei primitivi cristiani in Roma considerando molte cose delle ispirate Scritture Ebraiche.
19. Ciò che Paolo scrisse in Romani 15:4 comprende quale libro profetico?
19 In ciò che ora è elencato come Romani, capitolo quindici, versetto quattro, Paolo scrisse: “Poiché tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione, affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza”. (Romani 1:1-7) Quelle Scritture comprendevano Aggeo.
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