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Non lasciamoci coinvolgere dagli interessi di questo mondoLa Torre di Guardia 1959 | 15 dicembre
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di ateo materialismo che ora dilaga sulla terra.
16 Perché le parole del cristiano siano convincenti, egli deve vivere in armonia con l’espressione della sua fede, deve costantemente applicare alla propria vita i princìpi imparati dalla Parola di Dio e cercare continuamente d’allargare tale conoscenza. Deve cercare che ogni giorno segni un passo verso il progresso teocratico, senza lasciar incompiuto il lavoro necessario, senza trascurare ogni opportunità di abbattere il muro d’incomprensione che il dio di questo sistema di cose ha elevato intorno ai propositi di Geova. Se mette gli interessi del Regno al primo posto non si comporterà con negligenza, dedicando un po’ di tempo al servizio di campo solo perché si sente in obbligo di farlo. Si renderà conto che la fine completa di questo sistema di cose è vicina e che coloro che non lo lasciano periranno. Riconoscerà che diligente sforzo e maggiore efficacia sono necessari per terminare l’opera di avvertire le persone di buona volontà perché si liberino dai lacci di questo mondo e fuggano al luogo di rifugio amorevolmente provveduto da Geova. Facendo questo, si assicurerà un posto in quel giusto nuovo mondo e avrà l’indicibile privilegio e la gioia di magnificare il nome di Geova dando il buon esempio che sarà seguito dalle persone di buona volontà, mettendo al primo posto nella propria vita gli interessi del regno di Geova Dio.
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“Sia fatta la tua volontà in terra”La Torre di Guardia 1959 | 15 dicembre
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“Sia fatta la tua volontà in terra” (Diciassettesima puntata)
Dopo che Gesù fu battezzato nel Giordano da Giovanni Battista, Geova Dio lo battezzò dal cielo con spirito santo, facendo così di lui il “Re che farà rispettare la suprema volontà” nel nuovo mondo di giustizia. Egli divenne il simbolico “masso di roccia” su cui doveva essere edificata la congregazione dei suoi fedeli. Cominciò a raccogliere i seguaci che dovevano diventare “i santi che governeranno” con lui nel regno celeste sopra il nuovo mondo. Il giovedì sera, la sera di Pasqua, 14 nisan del 33 d.C., Gesù celebrò prima la Pasqua ebraica con gli undici apostoli fedeli, poi diede inizio a quello che è chiamato “il pasto serale del Signore”. Spezzò un pane non lievitato e lo diede loro da mangiare dicendo che rappresentava il suo perfetto corpo umano che sarebbe stato sacrificato a favore di uomini peccatori. Poi offrì loro il calice di vino da bere, dicendo con le parole seguenti che il vino rappresentava il suo sangue: “Questo significa il mio ‘sangue del patto’ che sarà sparso a favore di molti per la remissione dei peccati”. — Matt. 26:27, 28.
10 Il patto che qui Gesù portò all’attenzione degli apostoli richiedeva questo sangue. Ma di che patto si trattava? Non del vecchio patto della Legge fatto con Dio sul monte Sinai, di cui il profeta Mosè era stato mediatore; infatti al tempo del pasto serale del Signore il patto della Legge era in vigore da più di millecinquecento anni, essendo stato inaugurato con lo spargimento del sangue di vittime animali. Di questo l’apostolo Paolo dice: “Nemmeno il primo patto fu inaugurato senza sangue. Poiché quando ogni comandamento conforme alla Legge era stato dichiarato da Mosè a tutto il popolo, egli prese il sangue dei giovani tori e dei capri con acqua e lana scarlatta ed issopo e asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: ‘Questo è il sangue del patto che Dio ha posto come un ordine su di voi’. Ed egli asperse parimenti col sangue la tenda e tutti gli arredi del pubblico servizio. Sì, quasi tutte le cose son purificate col sangue secondo la Legge, e se non si versa il sangue non ha luogo nessun perdono”. (Ebr. 9:18-22) Quindi Gesù, parlando del proprio sangue come del “sangue del patto”, indicò che un nuovo e più grande patto basato sul suo perfetto sangue umano era imminente. Secondo Luca 22:20, Gesù disse: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue, che sarà sparso in vostro favore”.
11 Nell’introdurre questo “nuovo patto” Gesù usò le stesse parole che aveva usate Mosè nell’inaugurare l’antico patto della Legge con l’Israele naturale, cioè “il sangue del patto”. Alla menzione fatta da Gesù di un nuovo patto gli apostoli dovettero ricordarsi della promessa di Geova, in Geremia 31:31-34 (VR): “Ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, che io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; . . . io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. E non insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno il suo fratello, dicendo: ‘Conoscete l’Eterno [Geova]!’ poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice l’Eterno. Poiché io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato”. Geova non poteva perdonare peccati ed errori umani per non ricordarsene più, in base a questo nuovo patto, se non veniva sparso il sangue di una perfetta vittima umana, corrispondente al perfetto uomo Adamo nel santuario edenico. L’uomo perfetto Gesù, lasciando che il suo sangue innocente fosse versato nella morte, agiva come mediatore di questo nuovo patto fra Dio e l’uomo.
12 Il popolo con cui era stato stipulato l’antico patto della Legge per mezzo di Mosè era composto di Israeliti, Giudei naturali secondo la carne. Coloro coi quali fu stipulato il nuovo patto dovevano essere Israeliti spirituali, Giudei interiormente, circoncisi nel cuore, non nella carne, appartenenti quindi alla spirituale casa d’Israele e alla spirituale casa di Giuda. (Rom. 2:28, 29) Tali Israeliti o Giudei secondo lo spirito compongono la congregazione che Gesù Cristo avrebbe edificato su di sé quale “masso di roccia” o petra. Essendo una sola congregazione nel nuovo patto, tali Israeliti o Giudei spirituali dimostrano d’essere uniti e d’avere lo stesso privilegio, mangiando e bevendo le stesse cose speciali, come fra il popolo di Geova guidato da Mosè “tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale”. — 1 Cor. 10:3, 4.
13 Servendosi di questo fatto come di una prova dell’unità degli Israeliti spirituali fra loro e con Geova, loro Dio, Paolo continua dicendo a proposito della celebrazione del pasto serale del Signore: “Il calice di benedizione che noi benediciamo, non è un prendere parte al sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è un prendere parte al corpo di Cristo? Siccome vi è un solo pane, noi, quantunque molti, siamo un solo corpo, poiché siamo tutti partecipi di quel solo pane”. (1 Cor. 10:16, 17) Benché la congregazione dell’Israele spirituale sia composta di molti membri, 144.000 in tutto, pure essi formano un solo corpo completo, unito. Essi mostrano tale unità partecipando o mangiando di uno stesso pane senza lievito servito all’annuale
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