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  • Il nome Gesù dovrebbe evocare “amari ricordi”?
    Svegliatevi! 1976 | 22 ottobre
    • Messia da lungo tempo atteso. Ma, secondo il rabbino H. G. Enelow: “Nella mente degli Ebrei le idee che hanno relazione col Messia non solo non furono realizzate da Gesù, ma sono rimaste inadempiute fino a questo giorno”.

      In vista di quanto sopra, ti sei mai chiesto perché, dopo che Gesù cominciò le sue attività pubbliche di predicazione e insegnamento, per sette anni tutte le migliaia di suoi seguaci furono Ebrei naturali, o persone che si erano convertite all’ebraismo? Perché ascoltarono Gesù?

      “Nessun Ebreo assennato può essere indifferente”

      Alcuni possono pensare che quella di Gesù di Nazaret e degli Ebrei sia una questione morta, che non meriti considerazione. Comunque il rabbino Enelow propone un importante punto: “Nessun Ebreo assennato può essere indifferente al fatto che un Ebreo [riferendosi qui a Gesù] abbia dovuto avere una parte così enorme nell’educazione e nella guida religiosa della razza umana”. Un altro erudito ebreo, E. R. Trattner, in As a Jew Sees Jesus osserva:

      “Si calcola che su di lui (Gesù) siano stati scritti più di sessantamila volumi. Ottocento lingue e dialetti ne narrano la storia. Per me, siccome sono ebreo, questa è una cosa sorprendente, poiché non è accaduto mai nulla di simile su così vasta scala negli annali dell’uomo”.

      “Due temi distinti”

      Qui sarà bene chiarire alcune incomprensioni. Il dott. Jocz indica: “Il Cristo della Chiesa . . . non ha nulla in comune con il grande Nazareno. La considerazione relativa alla dottrina cristiana e la considerazione relativa a Gesù di Nazaret sono due temi distinti”. Come mai?

      Un esame dei racconti evangelici degli scrittori ebrei Matteo, Marco, Luca e Giovanni può risultare sorprendente. Troverete che Gesù non sollecita mai l’adorazione dei suoi discepoli. Invece di pretendere d’essere uguale a Dio, Gesù disse: “Non faccio nulla di mia propria iniziativa; ma . . . dico queste cose come il Padre mi ha ammaestrato”. (Giov. 8:28) Gesù pure dichiarò: “Il Padre [Dio] è maggiore di me”. (Giov. 14:28) E in un tempo di prova, pregò Dio: “Abbia luogo non la mia volontà, ma la tua”. — Luca 22:42.

      A differenza delle chiese della cristianità, né Gesù ne alcuno scrittore del “Nuovo Testamento” incoraggiò l’uso delle immagini nell’adorazione. Al contrario, leggerete: “Fuggite l’idolatria”. “Guardatevi dagli idoli”. (1 Cor. 10:14; 1 Giov. 5:21) E invece di istigare al maltrattamento di altri uomini, nel suo Sermone del Monte Gesù insegnò: “Continuate ad amare i vostri nemici e a pregare per quelli che vi perseguitano; per mostrare d’esser figli del Padre vostro che è nei cieli, poiché egli fa sorgere il suo sole sui malvagi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. — Matt. 5:44, 45.

      In quanto al contenuto dell’insegnamento di Gesù, The Jewish Encyclopedia commenta: “In molti modi il suo atteggiamento fu particolarmente ebraico, anche in aspetti che di solito si considerano segni della limitatezza ebraica. Risulta che Gesù predicò regolarmente nelle sinagoghe, il che non sarebbe stato possibile se le sue dottrine fossero state riconosciute essenzialmente diverse dalle credenze farisaiche del giorno”.

      Così molti ostacoli che hanno amareggiato gli Ebrei nei confronti di Gesù di Nazaret non esistevano nel primo secolo E.V. Infatti, in quel tempo gli Ebrei mostrarono di volerlo ascoltare. Perché?

  • Perché ascoltarono Gesù?
    Svegliatevi! 1976 | 22 ottobre
    • Perché ascoltarono Gesù?

      NONOSTANTE l’odierno progresso della scienza e della tecnologia, non c’è mai stato più bisogno di guida pratica nelle relazioni umane. Non solo c’è la divisione razziale, nazionale e religiosa del genere umano, ma spesso le persone sentono che non sono accettate da altri della loro stessa razza, nazione e organizzazione religiosa.

      La tendenza alla distinzione di classe fa parte della natura umana imperfetta ed è esistita per millenni di storia umana. Comunque alcune cose possono aggravarla. Avete notato l’inclinazione di alcuni che hanno avuto molta istruzione a disprezzare le persone che non sono così istruite? Questo problema esisteva anche al giorno di Gesù. Il prof. George Foot Moore scrive in Judaism in the First Centuries of the Christian Era: “Gli istruiti avevano il comune orgoglio dell’erudizione in doppia misura perché era religiosa. . . . Hillel [che era in vita all’inizio dell’Èra Volgare] lo aveva espresso con una parola; ‘Nessun ignorante [‘am ha-arez, “popolo della terra”, ebraico] è religioso’. — Si paragoni Giovanni 7:49.

      Indicando fino a qual punto certe persone portavano questo atteggiamento, il Talmud preserva le seguenti dichiarazioni di rabbini che vissero nei primi secoli dell’Èra Volgare:

      “I nostri rabbini hanno insegnato: L’uomo . . . non sposi la figlia di un ‘am ha-arez, perché sono detestabili e le loro mogli sono animali nocivi, e delle loro figlie si dice [in Deuteronomio 27:21]: Maledetto è chi giace con alcuna bestia. . . . Il R[abbino] Eleazaro disse: Un ‘am ha-arez, è permesso pugnalarlo [anche] nel Giorno d’Espiazione che cade di Sabato. . . . Non ci si deve accompagnare con un ‘am ha-arez per strada . . . Il R[abbino] Samuele [figlio di] Nahmani disse in nome del R[abbino] Ioanan: Si può dilaniare un ‘am ha-arez come un pesce! Il R[abbino] Samuele [figlio di] Isacco disse: E [questo significa) lungo il dorso”. — Talmud Babilonese, trattato Pesachim (“Festa di Pasqua”), pagina in folio 49b.

      Tuttavia Gesù andò senz’altro tra il popolo comune. Quando certi “scribi dei Farisei” obiettarono che mangiava con i disprezzati esattori di tasse e con i “peccatori”, Gesù dichiarò: “Quelli che son forti non hanno bisogno del medico, ma quelli che sono infermi sì. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. (Mar. 2:16, 17) Riguardo a questo atteggiamento, E. R. Trattner in As a Jew Sees Jesus indica:

      “Nessun profeta ebreo prima di Gesù cercò mai i miseri, i malati, i deboli, e gli oppressi per manifestare loro amore e rendere compassionevole servizio. Egli si sforzò di redimere gli umili con un tocco di comprensione umana che è veramente unico nella storia ebraica”.

      Questo spirito di compassione per il popolo comune sicuramente spinse molti ad ascoltare con attenzione ciò che Gesù aveva da dire. Ma questo non fu tutto. Unico fu anche il contenuto dell’insegnamento di Gesù.

      Umiltà e perdono

      Invece di esortare i suoi ascoltatori a cercare la grandezza nel sapere o altrimenti, Gesù insegnò: “Il più grande fra voi dev’essere vostro ministro. Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. (Matt. 23:11, 12) Claude Montefiore, autore ebreo di diverse opere su Gesù di Nazaret, in Rabbinic Literature and Gospel Teachings scrive:

      “La dottrina del servizio e dell’umiltà del servizio fu una caratteristica notevole dell’insegnamento di Gesù. Fu anche una caratteristica comparativamente nuova. Non c’è nessun completo parallelo della dottrina nella letteratura rabbinica, per quanto mi è dato sapere e sono stato in grado di investigare. Infatti Gesù . . . intende più che una piccola cosa come servire o mescere vino a un banchetto, nonostante che tale azione possa costituire l’occasione o l’illustrazione del suo insegnamento. Egli intese il servizio di tutta una vita; l’umile o devoto servizio di altri. Intese il prodigarsi per amore dei più umili . . . Tale concetto fu una cosa nuova, un insegnamento nuovo. E qui è inutile parlare dell’importanza e degli effetti enormi che ha avuto nella storia”.

      Come avrebbe dovuto reagire una persona che desiderava servire il suo simile quando era offesa? Avete mai sentito qualcuno dire: “Gli ho detto il fatto suo. Non ci riproverà più”. Mentre è popolare magnificare la virtù del perdono, molti stabiliscono un netto limite al numero di volte che sopporteranno una seccatura. È possibile che Simon Pietro, discepolo di Gesù, la ritenesse un’esagerazione quando chiese: “Quante volte il mio fratello peccherà contro di me e io gli perdonerò? Fino a sette volte?” Ma Gesù rispose: “Io non ti dico: Fino a sette volte, ma: Fino a settantasette volte”. (Matt. 18:21, 22) In altre parole, non dovrebbe esserci un limite agli insulti e alle offese personali da perdonare. Questi princìpi di umiltà e sopportazione furono un’altra ragione per cui trovarono piacevole ascoltare Gesù.

      Opere buone e “salvezza”

      Qual è la vostra opinione delle persone molto religiose? Avete notato la tendenza di alcuni di dare eccessivo risalto al valore di adempiere i precetti religiosi o di compiere opere caritatevoli? Non sembra che certe persone credano che le generose offerte caritatevoli, o altre opere filantropiche o religiose, giustifichino atteggiamenti dannosi o perfino un modo di vivere immorale? Sotto un’apparenza di pietà tali individui possono essere molto egoisti e causare molta infelicità.

      Come accade a quasi tutti gli uomini, molti Ebrei ai giorni di Gesù avevano la tendenza di pensare che osservando i precetti religiosi o compiendo opere di carità avrebbero controbilanciato agli occhi di Dio le trasgressioni della sua Legge. I Farisei (che significa “Separàti”) erano in particolar modo inclini ad assumere quest’attitudine. Fra i “7 tipi di Farisei”, il Talmud Palestinese elenca “chi controbilancia”, spiegando: “Dice fra sé: Adempirò una prescrizione religiosa, e quindi ne violerò un’altra, e annulla l’una con l’altra”. Un altro tipo di Fariseo, “che si rende conto dei suoi doveri, cerca di cancellare i suoi peccati con la sua buona condotta”. (Trattato Berakhoth [“Benedizioni”], capitolo 9) La dichiarazione che segue mostra fino a qual punto arrivarono alcuni per controbilanciare gli atti peccaminosi con le opere buone:

      “I nostri rabbini hanno insegnato: L’uomo dovrebbe sempre considerarsi mezzo colpevole e mezzo meritevole: se adempie un precetto, felice lui per essersi pesato sulla bilancia del merito; se commette una trasgressione, guai a lui per essersi pesato sulla bilancia della colpa”. — Talmud Babilonese, trattato Kiddushin (“Fidanzamenti”), pagine in folio 40a, 40b.

      Riguardo a questo atteggiamento Montefiore osserva: “Sembra che i rabbini giudichino troppo dalle azioni. . . . E questa enfasi conduce a una strana superficialità.

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