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L’apostolo prediletto scrive il quarto VangeloLa Torre di Guardia 1962 | 1° settembre
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luogo d’origine, si porrebbe la data della composizione così vicina alla data tradizionale nell’ultimo decennio del primo secolo, che non v’è più alcune ragione di mettere in dubbio la validità della tradizione”.
Il fatto che il Vangelo di Giovanni dia tanta importanza all’amore non significherebbe necessariamente che non fosse scritto da lui, anche se Gesù lo chiamò ‘figlio del tuono’. Il fatto che fosse così chiamato quando era giovane, non starebbe a dimostrare che non si fosse addolcito un po’, diciamo a novant’anni. Molto probabilmente Giovanni era il più giovane dei dodici, e può ben esser stato il più idealista. Stando così le cose, si verrebbe a spiegare la grande devozione ch’egli aveva per il suo Maestro e anche il particolare affetto di Gesù per Giovanni. È assolutamente privo di fondamento sostenere che, poiché Gesù aveva questo speciale affetto per Giovanni, quest’ultimo dev’essere stato insolitamente mite, debole o addirittura effeminato.
Al contrario, come Gesù aveva un ardente zelo per la giustizia, il che è testimoniato dalle purificazioni che fece nel tempio, dalle sue condanne del clero dei suoi giorni, lo avevano pure Giovanni e suo fratello Giacomo. Per questo fu loro dato il titolo di Boanerges, “figli del tuono”. Poiché i Samaritani di una certa città non vollero lasciar passare il loro Maestro per la città perché stava andando a Gerusalemme, essi furono ripieni di una tale giusta indignazione che volevano far scendere il fuoco dal cielo; si noti, fra parentesi, che questa fu anche una prova della loro fede! — Mar. 3:17; Luca 9:54, Na.
Il Vangelo di Giovanni rivela la stessa ardente lealtà, lo stesso intenso amore, la stessa giusta indignazione. Giovanni non risparmia Nicodemo, ma ci dice apertamente che Nicodemo andò da Gesù col favore della notte, perché temeva ciò che gli altri pensavano. E si può dire la stessa cosa di un altro membro del Sinedrio, Giuseppe di Arimatea. L’esattore di tasse Matteo, sempre conscio dei valori monetari, non poteva fare a meno di dire che Giuseppe era un uomo ricco e un discepolo di Gesù. Marco, che scrive per i Romani, ci dice che Giuseppe era un consigliere con buona reputazione e che aspettava il regno di Dio. Luca ci dà altri particolari: Giuseppe era membro del Sinedrio, era un uomo giusto e buono, che non aveva votato a favore del loro disegno e delle loro azioni contro Gesù, e aspettava il regno di Dio. Ma la lealtà di Giovanni verso Gesù, il suo sviluppato senso della giustizia, il suo innato idealismo, non gli avrebbero permesso di trascurare un grave difetto di Giuseppe di Arimatea, più di quanto non gli permisero di trascurare lo stesso difetto in Nicodemo: “Discepolo di Gesù, ma occulto, per timore dei Giudei”. Pensate! — Matt. 27:57; Mar. 15:43; Luca 23:50, 51; Giov. 19:38, Na.
Giovanni non poteva proprio tollerare che qualcuno professasse di essere un discepolo del suo Maestro e nello stesso tempo si vergognasse di manifestarlo! Per questo non dovremmo sorprenderci nel notare che egli si oppone al traditore Giuda in modo più energico di tutti gli altri scrittori dei Vangeli. Giovanni dice che molto tempo prima che Giuda tradisse il suo Maestro, “Gesù infatti, fin da principio, sapeva chi erano i non credenti e chi l’avrebbe tradito”. “Gesù rispose loro: ‘Non sono stato io che ho eletto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo’. Egli alludeva a Giuda, figlio di Simone Iscariote. Giuda, infatti, lo avrebbe tradito, lui, uno dei Dodici!” Sì, lo avrebbe tradito, lui, uno dei dodici! — Giov. 6:64, 70, 71, Na.
Comprendiamo così come mai, benché gli altri scrittori dei Vangeli accennino alla lamentela fatta a causa del costoso unguento con cui Maria unse Gesù poco tempo prima della sua morte, solo Giovanni ci dica chi si lamentò e perché: “Giuda Iscariote, uno dei suoi discepoli, quello che stava per tradirlo”, si lamentò. “Disse questo, non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, portava via quel che ci veniva messo dentro”. Di nuovo il ‘figlio del tuono’ esprime la sua giusta indignazione. E si potrebbe osservare che, se non fosse per ciò che Giovanni ci dice di Giuda, la condotta di quel traditore sarebbe rimasta in gran parte un enigma. — Giov. 12:4-6, Na.
ALTRI ASPETTI CARATTERISTICI
Lo stile stesso del quarto Vangelo è una prova indiretta che lo scrittore dev’essere stato un uomo ‘illetterato e ordinario’, come Giovanni. (Atti 4:13, Na) Lo stile di Giovanni è molto semplice: parole semplici, frasi semplici, e con un vocabolario molto più limitato di quello della maggioranza degli altri scrittori delle Scritture Greche Cristiane. Nel medesimo tempo il suo Vangelo è sul piano più elevato. Come si espresse Westcott, noto studioso della Bibbia di un secolo fa: “Il Vangelo di Giovanni è l’arte più perfetta nata dalla semplicità più perfetta. . . . Nessuno scritto . . . esprime con maggiore semplicità verità più profonde”. Non sorprende perciò sapere che Giovanni da 7:53 a 8:11, che si dubita sia stato scritto da Giovanni, “non è nello stile facilmente riconoscibile di Giovanni”. — The Four Gospels di Dom J. Chapman.
A indicare in modo ancora più conclusivo che Giovanni è lo scrittore del quarto Vangelo è l’uso ch’egli fa dei nomi. In esso compaiono più nomi che in qualsiasi altro Vangelo. Egli solo ci dice che furono Filippo e Andrea, fratello di Pietro, a parlare con Gesù circa il dar da mangiare ai cinquemila uomini; che a Malco fu staccato un orecchio da Pietro. Tuttavia, benché menzioni Pietro trentatré volte, questo Vangelo non nomina una sola volta né Giovanni né suo fratello Giacomo, chiamandoli in un’occasione soltanto i ‘figli di Zebedeo’. A parte ciò, Giovanni preferisce rimanere anonimo, dandosi l’appellativo che era più caro al suo cuore: ‘Il discepolo che Gesù amava’. — Giov. 6:5-8; 18:10; 13:23, VR.
Né questo è tutto. La prova più convincente che Giovanni scrisse questo Vangelo è che il nome “Giovanni” compare ripetutamente nel suo Vangelo, ma non si riferisce mai all’apostolo Giovanni, bensì a Giovanni Battista. Sì, Giovanni, più propenso degli altri scrittori dei Vangeli a indicare il nome delle persone per intero, quando parla di Giovanni Battista non si preoccupa mai di chiamarlo con il suo nome intero, bensì lo chiama solo “Giovanni”, anche se vi è un altro Giovanni, lui stesso. Gli altri fanno questa distinzione, perché come si potrebbe sapere di quale Giovanni si parla, Giovanni Battista o Giovanni apostolo? Ma l’apostolo Giovanni non ritenne necessario fare questa distinzione, perché dopo tutto, quando egli parlava di “Giovanni” non si riferiva a se stesso, ma parlava del Battista! Sicuramente nessun altro, all’infuori dell’apostolo Giovanni, avrebbe tralasciato di specificare di quale Giovanni si stava parlando.
L’APOSTOLO PREDILETTO
Giustamente, in tempo di difficoltà il prediletto apostolo Giovanni fu quello che rimase più vicino a Gesù Cristo, il suo Maestro. Durante l’ultima pasqua egli stava appoggiato al petto di Gesù. Seguì Gesù nel cortile del sommo sacerdote, che lo conosceva, ed è l’apostolo che troviamo insieme a Gesù al Calvario, dove gli fu affidata la madre di Gesù. — Giov. 13:23; 18:15; 19:27.
Dal quarto Vangelo si comprende che lo scrittore ebbe il più profondo apprezzamento per l’esistenza preumana di Gesù. “In principio la Parola era, . . . Tutto è stato fatto per mezzo di lei”. Egli solo cita i numerosi riferimenti di Gesù alla sua esistenza preumana, come quello ch’egli era “disceso dal cielo”. “Io sono il pane disceso dal cielo”. “Prima che Abramo fosse, io sono”. “Padre, glorifica me, nel tuo cospetto, con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse”. — Giov. 1:1-3; 3:13; 6:41; 8:58; 17:5, Na.
Il Vangelo di Giovanni raggiunge le più sublimi altezze di verità divina. Egli mostra il massimo apprezzamento per Gesù quale Logos, il buon Pastore, la Luce del mondo, il Pane di vita, la Via, la Verità e la Vita. Egli parla dell’amore più estesamente degli altri tre scrittori dei Vangeli messi insieme. Potremmo immaginarci che uno che non fosse un intimo discepolo di Gesù sapesse farci un simile ritratto di Gesù?
Tra i dodici, Gesù scelse tre apostoli che sarebbero stati in speciale intimità con lui: Pietro, Giacomo e Giovanni. Questi solo entrarono in casa con Gesù per vedere quando risuscitava dai morti la giovane figlia dell’uomo che presiedeva alla sinagoga; questi solo lo accompagnarono sul monte della trasfigurazione, e nella parte più interna del giardino del Getsemani. È logico che fosse uno di questi tre a farci la più sublime descrizione di Gesù. Pietro e Giacomo morirono molto tempo prima che fosse scritto il quarto Vangelo. Colui che Gesù amò in modo speciale dev’essere stato uno di questi tre e perciò Giovanni.
Alcuni sostengono che il ventunesimo capitolo del Vangelo di Giovanni, che dice che Gesù affidò a Pietro, ripetendolo tre volte, l’incarico di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle, fosse scritto da una mano diversa da quella che scrisse il resto del Vangelo, perché l’ultimo versetto del capitolo precedente (20) è in forma di conclusione; ma non è così. Lo stile del ventunesimo capitolo è lo stile di Giovanni e senza dubbio egli stesso lo aggiunse in seguito.
Che tesoro contiene il quarto Vangelo! Serve giustamente al suo scopo: “Questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio d’Iddio e affinché credendo, abbiate la vita nel suo Nome”. — Giov. 20:31, Na.
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La durevole qualità della BibbiaLa Torre di Guardia 1962 | 1° settembre
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La durevole qualità della Bibbia
● Il prof. Oscar Paret, nel suo libro The Bible, Its Preservation in Print and in Writing, attribuisce la preservazione della Bibbia all’adempimento della promessa di Dio: “La parola del Signore [Geova] dura in eterno”. — 1 Piet. 1:24, Na.
“In breve, i risultati della nostra considerazione sono questi: La Bibbia è il libro dell’antichità meglio preservato. È vero che le Scritture della Bibbia furono scritte da uomini e tramandate per mezzo di uomini e che perciò hanno sentito l’influenza delle imperfezioni e degli errori umani. Ma, come cristiani, scorgiamo la guida della mano di Dio dietro i destini umani della Bibbia, poiché malgrado tutti gli assalti degli uomini, essa ha preservato la Bibbia per duemila anni, in un periodo di severissima persecuzione. Innumerevoli e preziose creazioni della mente umana sono state perdute e dimenticate. La Bibbia tuttavia, che ancora oggi guida una vittoriosa marcia mondiale, che è ancora stampata e distribuita annualmente a milioni di copie, tradotta in tutto o in parte in millecento lingue, non sarà mai né perduta né dimenticata, perché, come testimonianza della rivelazione di Dio, è compresa nella promessa: La Parola del Signore dura per sempre. Poiché la Parola di Dio ospita, per così dire, bei tesori in vasi di terra, il che spiega perché essa ha avuto sull’umana civiltà un’influenza molto più grande ed estesa di qualsiasi altro libro della letteratura mondiale, poiché si esprime mediante la poesia (canti di Lutero e Paul Gerhardt, lingua dei classici), o mediante l’arte pittorica (Grünewald, Dürer, Riemenschneider) e anche mediante la musica (Johann Sebastian Bach), la Bibbia è sempre rimasta e sempre rimarrà IL LIBRO DEI LIBRI!”
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