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GiovanniAusiliario per capire la Bibbia
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del missionario Filippo indusse molti ad accettare la parola di Dio, il corpo direttivo mandò Pietro e Giovanni ad aiutare quei nuovi discepoli onde ricevessero lo spirito santo. (Atti 8:1-5, 14-17) Nel 49 E.V. Giovanni era presente al convegno del corpo direttivo sul problema della circoncisione dei convertiti gentili. (Atti 15:5, 6, 28, 29) Paolo disse che a Gerusalemme Giovanni era tra “quelli che sembravano essere le colonne” della congregazione. Giovanni, in qualità di membro del corpo direttivo, diede a Paolo e Barnaba “la destra di comune partecipazione” quando vennero mandati in missione a predicare alle nazioni (gentili). — Gal. 2:9.
Mentre era ancora sulla terra, Gesù Cristo aveva detto che Giovanni sarebbe sopravvissuto agli altri apostoli. (Giov. 21:20-22) Per circa settant’anni egli servì fedelmente Geova. Verso la fine della sua vita Giovanni venne imprigionato nell’isola di Patmos “per aver parlato di Dio e aver reso testimonianza a Gesù”. (Riv. 1:9) Questo dimostra che era molto attivo nel predicare la buona notizia, anche in tarda età (verso il 96 E.V.).
A Patmos Giovanni ebbe la meravigliosa visione di Rivelazione, che mise fedelmente per iscritto. (Riv. 1:1, 2) Generalmente si ritiene che sia stato esiliato dall’imperatore Domiziano e rilasciato dal suo successore, l’imperatore Nerva (96-98 E.V.). Secondo la tradizione andò poi a Efeso dove, verso il 98 E.V., scrisse il suo Vangelo e le tre lettere designate come Prima, Seconda e Terza di Giovanni. La tradizione vuole che sia morto a Efeso nel 100 E.V. all’epoca dell’imperatore Traiano.
LA SUA PERSONALITÀ
Gli studiosi hanno in genere concluso che Giovanni fosse una persona poco attiva, sentimentale e introversa, come dice un commentatore: “Giovanni, con la sua mente contemplativa, nobile, ideale, visse come un angelo”. Essi basano la loro valutazione della personalità di Giovanni sul fatto che egli parla così tanto di amore, e che negli Atti degli Apostoli non sembra avere una parte così importante come Pietro e Paolo. Inoltre notano che Giovanni sembra lasciasse a Pietro l’iniziativa nel parlare quando erano insieme.
È vero che quando Pietro e Giovanni erano insieme Pietro era sempre il primo a parlare. Questo però era naturale, perché Pietro era evidentemente il più anziano, e Giovanni lasciava che prendesse l’iniziativa nel parlare, come gli insegnava quel rispetto per i più anziani che sia le Scritture Ebraiche che quelle Greche Cristiane consigliano. (Giob. 32:4-7; I Tim. 5:17) Ma la Bibbia non dice che Giovanni stesse in silenzio. Anzi, di fronte ai governanti e agli anziani sia Pietro che Giovanni parlarono senza timore. (Atti 4:13, 19) Inoltre Giovanni parlò intrepidamente davanti al sinedrio come gli altri apostoli, anche se solo Pietro viene menzionato per nome. (Atti 5:29) E in quanto a essere un tipo attivo ed energico, non superò Pietro nell’ansia di raggiungere la tomba di Gesù? Ma mostrò cortesia e rispetto verso Pietro, un fratello cristiano più anziano, aspettando che Pietro entrasse per primo nella tomba. — Giov. 20:2-8.
All’inizio del loro ministero quali apostoli, Gesù diede il soprannome di Boanerges (“Figli del Tuono”) a Giovanni e a suo fratello Giacomo. (Mar. 3:17) Questo certo non denota debole sentimentalismo o mancanza di vigore, ma piuttosto una personalità dinamica. Quando un villaggio samaritano rifiutò di accogliere Gesù, quei “Figli del Tuono” erano pronti a invocare fuoco dal cielo per annientarne gli abitanti. In precedenza Giovanni aveva cercato di impedire a un uomo di espellere demoni nel nome di Gesù. In entrambi i casi Gesù impartì riprensione e correzione. — Luca 9:49-56.
In quelle occasioni i due fratelli erano in errore e mancavano totalmente dell’equilibrio e dello spirito misericordioso e amorevole che acquistarono in seguito. Tuttavia manifestarono uno spirito di lealtà e una personalità decisa e vigorosa che, ben indirizzata, fece di loro dei testimoni fedeli, energici e vigorosi. Giacomo subì il martirio per mano di Erode Agrippa I (Atti 12:1, 2), e Giovanni, l’apostolo che morì per ultimo, perseverò saldo come una colonna ‘nella tribolazione e nel regno e nella perseveranza in compagnia con Gesù’. — Riv. 1:9.
Quando Giacomo e Giovanni persuasero la madre a chiedere che potessero sedere vicino a Cristo nel suo regno, manifestarono uno spirito ambizioso che indignò gli altri apostoli. Ma questo diede a Gesù l’opportunità di spiegare che il più grande fra loro sarebbe stato chi serviva gli altri, e che lui stesso era venuto per servire e per dare la sua vita come riscatto per molti. (Matt. 20:20-28; Mar. 10:35-45) Per quanto il loro desiderio fosse egoistico, l’episodio rivela la loro fede nella realtà del Regno.
Certo se Giovanni fosse stato come lo dipingono i commentatori religiosi - debole, privo di senso pratico e di energia, introverso - Gesù Cristo non gli avrebbe fatto scrivere il vigoroso, stimolante libro di Rivelazione, in cui Cristo ripetutamente incoraggia i cristiani a vincere il mondo, parla della buona notizia da predicare ovunque e annuncia i tonanti giudizi di Dio.
È vero che Giovanni parla di amore più degli altri scrittori dei Vangeli. Ma questo non rivela un debole sentimentalismo. Al contrario, l’amore è una qualità forte. Sull’amore si basavano l’intera Legge e i Profeti. (Matt. 22:36-40) “L’amore non viene mai meno”. (I Cor. 13:8) L’amore “è un perfetto vincolo d’unione”. (Col. 3:14) L’amore di cui era fautore Giovanni si attiene al principio ed è capace di forte riprensione, correzione é disciplina, come anche di benignità e misericordia.
Ogni volta che compare nei tre Vangeli sinottici, e anche in tutti i suoi stessi scritti, Giovanni manifesta sempre forte amore e lealtà verso Gesù Cristo e il Padre suo Geova. La lealtà e l’odio per il male sono indicati dal fatto che nota gli aspetti o motivi sbagliati delle azioni altrui. Solo Giovanni dice che fu Giuda a trovar da ridire perché Maria aveva usato costoso unguento per ungere i piedi di Gesù e la ragione delle sue lagnanze: Giuda teneva la cassa ed era ladro. (Giov. 12:4-6) Rileva che Nicodemo andò da Gesù “di notte”. (Giov. 3:2) Nota il grave difetto di Giuseppe d’Arimatea, che era “discepolo di Gesù ma segreto per timore dei Giudei”. (Giov. 19:38) Giovanni non poteva approvare che qualcuno professasse di essere un discepolo del Maestro eppure se ne vergognasse.
Quando scrisse il suo Vangelo e le lettere, Giovanni aveva coltivato i frutti dello spirito in misura molto maggiore di quando era giovane e da poco seguiva Gesù. Certo non era la stessa persona che aveva chiesto un posto speciale nel Regno. E nei suoi scritti possiamo trovare un’espressione della sua maturità e buoni consigli che ci aiutano a imitarne la condotta fedele, leale ed energica.
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Giovanni, la buona notizia secondoAusiliario per capire la Bibbia
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Giovanni, la buona notizia secondo
Dei quattro resoconti della vita e del ministero terreno di Gesù Cristo è quello scritto per ultimo.
LO SCRITTORE
Anche se non viene menzionato per nome lo scrittore, il libro è quasi universalmente attribuito all’apostolo Giovanni. Un esame del testo rivela che:
(a) Lo scrittore era senz’altro ebreo, come è indicato dalla familiarità che aveva con le opinioni ebraiche. — Giov. 1:21; 6:14; 7:40; 12:34.
(b) Doveva essere originario della Palestina e abitarvi, come indica la profonda conoscenza del paese. I particolari relativi ai luoghi menzionati dimostrano che li conosceva personalmente. Alcuni di questi sono: “Betania, al di là del Giordano” (Giov. 1:28) e ‘Betania vicino a Gerusalemme’ (11:18); presso il luogo dove Gesù fu messo al palo c’era un orto con una tomba commemorativa nuova (19:41); Gesù parlava “nel [luogo del] tesoro mentre insegnava nel tempio” (8:20); “era inverno, e Gesù camminava nel tempio sotto il colonnato di Salomone” (10:22, 23), e molte altre descrizioni esatte.
(c) La testimonianza dello scrittore stesso e prove concrete dimostrano che era un testimone oculare. Egli menziona per nome coloro che dissero o fecero certe cose (Giov. 1:40; 6:5, 7; 12:21; 14:5, 8, 22; 18:10); indica con precisione l’orario degli avvenimenti (4:6, 52; 6:16; 13:30; 18:28; 19:14; 20:1; 21:4); nelle sue descrizioni inserisce realisticamente delle cifre, e lo fa con la massima naturalezza. — 1:35; 2:6; 4:18; 5:5; 6:9, 19; 19:23; 21:8, 11.
(d) Lo scrittore era un apostolo. Solo un apostolo avrebbe potuto essere testimone oculare di tanti episodi relativi al ministero di Gesù; per conoscere così intimamente la mentalità, i sentimenti di Gesù, le ragioni di certe sue azioni, doveva essere uno dei dodici che avevano accompagnato Gesù durante tutto il suo ministero. Per esempio, ci dice che Gesù fece una domanda a Filippo per metterlo alla prova, “poiché egli stesso sapeva che cosa stava per fare”. (Giov. 6:5, 6) Gesù sapeva “dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano” (6:61), conosceva “tutte le cose che stavano per accadergli” (18:4), “gemé nello spirito e si turbò”. (11:33; confronta 13:21; 2:24; 4:1, 2; 6:15; 7:1) Inoltre allo scrittore erano noti i pensieri e le impressioni degli apostoli, alcuni dei quali erano sbagliati e furono poi corretti. — 2:21, 22; 11:13; 12:16; 13:28; 20:9; 21:4.
Per di più lo scrittore è definito “il discepolo che Gesù amava”. (Giov. 21:20, 24) Era evidentemente uno dei tre affezionati apostoli che Gesù si tenne più vicini in diverse occasioni, come alla trasfigurazione (Mar. 9:2), e quando era angosciato nel giardino di Getsemani. (Matt. 26:36, 37) Di questi tre apostoli, è escluso che lo scrittore sia Giacomo perché fu messo a morte da Erode Agrippa I verso il 44 E.V., e non c’è alcuna prova che questo Vangelo fosse già stato messo per iscritto in quella data. Non può neanche essere Pietro perché il suo nome è menzionato insieme al “discepolo che Gesù amava”. — Giov. 21:20, 21.
AUTENTICITÀ
Il Vangelo di Giovanni era ritenuto canonico dalla congregazione cristiana primitiva. Compare in quasi tutti i cataloghi antichi, essendovi incluso come autentico. Le epistole di Ignazio di Antiochia (ca. 110 E.V.) contengono chiare impronte del Vangelo di Giovanni, come pure gli scritti di Giustino Martire di poco più tardi. Si trova in tutti i più importanti codici delle Scritture Greche Cristiane: Sinaitico, Vaticano, Alessandrino, Ephraemi, Bezae, Washingtonianus e Koridethi, e in tutte le versioni più antiche. Un frammento di questo Vangelo che contiene parte di Giovanni capitolo 18 è contenuto nel papiro Rylands 457 (P52), della prima metà del II secolo. Inoltre parti dei capitoli 10 e 11 si trovano nel papiro Chester Beatty (P45) e parte del primo capitolo nel papiro Bodmer (P66) dell’inizio del III secolo.
DOVE E QUANDO FU SCRITTO
Si ritiene generalmente che quando scrisse il suo Vangelo verso il 98 E.V. Giovanni fosse stato liberato dall’esilio nell’isola di Patmos e si trovasse a Efeso o nelle vicinanze, a un centinaio di chilometri da Patmos. L’imperatore romano Nerva, 96–98 E.V., fece tornare molti che erano stati mandati in esilio negli ultimi anni del regno del suo predecessore Domiziano. Giovanni poteva essere fra questi. Nella rivelazione che Giovanni ricevette a Patmos, quella di Efeso era una delle congregazioni a cui gli fu comandato di scrivere.
Quando scrisse il suo Vangelo Giovanni era molto anziano, aveva probabilmente da novanta a cent’anni. Senza dubbio conosceva gli altri tre resoconti della vita e del ministero terreno di Gesù, e anche Atti degli Apostoli e le lettere scritte da Paolo, Pietro, Giacomo e Giuda. Aveva avuto l’opportunità di vedere la dottrina cristiana pienamente rivelata e aveva visto l’effetto della predicazione a tutte le nazioni. Inoltre aveva visto manifestarsi “l’uomo dell’illegalità”. (II Tess. 2:3) Aveva assistito all’adempimento di molte profezie di Gesù, principalmente la distruzione di Gerusalemme e la fine del sistema di cose giudaico.
SCOPO DEL VANGELO DI GIOVANNI
Giovanni, ispirato dallo spirito santo, fece una selezione degli avvenimenti da descrivere, perché, come ebbe a dire, “Gesù compì davanti ai discepoli anche molti altri segni, che non sono scritti in questo rotolo”. “Vi sono, infatti, molte altre cose che Gesù ha fatte, le quali, se fossero scritte nei minuti particolari, suppongo che il mondo stesso non potrebbe contenere i rotoli che si scriverebbero”. — Giov. 20:30; 21:25.
Con questo in mente Giovanni dichiara lo scopo per cui descrisse determinati avvenimenti sotto ispirazione, ripetendo ben poco di ciò che era già stato scritto: “Ma questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate la vita per mezzo del suo nome”. — Giov. 20:31.
Giovanni mise in risalto il fatto che ciò che scriveva
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