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  • Giovanni, la buona notizia secondo
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    • questo mondo”; Pilato propone di liberarlo, ma la folla chiede il ladrone Barabba (18:33-40)

      2. Dopo che Gesù è flagellato, poi beffeggiato e maltrattato dai soldati, Pilato lo presenta come “l’uomo”, ma gli ebrei gridano: “Al palo” (19:1-7)

      3. Pilato cerca di liberare Gesù, ma gli ebrei urlano: “Non sei amico di Cesare”, “Noi non abbiamo nessun re eccetto Cesare” (19:8-16)

      D. Gesù porta palo di tortura fino al “Luogo del Teschio” e viene messo al palo con altri; sul palo viene scritto: “Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei” (19:17-42)

      1. Soldati si dividono abiti di Gesù; tirano a sorte veste (19:23, 24)

      2. Gesù affida la madre all’apostolo Giovanni (19:25-27)

      3. Soldati spezzano gambe a condannati, ma Gesù è già morto, perciò non gli spezzano gambe (Sal. 34:20); soldato gli trafigge fianco con la lancia; escono sangue e acqua (Zacc. 12:10) (19:27-37)

      4. Giuseppe di Arimatea e Nicodemo preparano corpo, seppelliscono Gesù in tomba nuova lì vicino (19:38-42)

      VI Apparizioni di Cristo risorto (20:1–21:25)

      A. Maria Maddalena va alla tomba aperta; torna con Pietro e Giovanni; il corpo di Gesù è scomparso (20:1-10)

      B. Cristo appare a Maria, che dapprima pensa sia l’ortolano; egli rivela propria identità e la manda dai discepoli (20:11-18)

      C. Cristo appare ai discepoli attraversando porte sbarrate, mostra mani e fianco; Tommaso, che non era presente, dubita (20:19-25)

      D. Otto giorni dopo appare ai discepoli, incluso Tommaso, che crede dopo aver visto segni di chiodi e lancia (20:26-29)

      E. Scopo per cui Giovanni scrive: affinché altri possano credere che Gesù è il Figlio di Dio e avere vita (20:30, 31)

      F. Gesù si manifesta a sette discepoli causando pesca miracolosa nel Mar di Galilea; prepara loro colazione a riva (21:1-25)

      1. Esorta tre volte Pietro a ‘pascere gli agnelli’ (21:1-17)

      2. Dice a Pietro di che morte morirà; allude al fatto che Giovanni sopravvivrà a Pietro (21:18-25)

      Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 191-196.

  • Giovanni, lettere di
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Giovanni, lettere di

      Anche se in queste lettere non compare mai il nome dell’apostolo Giovanni, gli studiosi accettano in genere l’idea tradizionale che La buona notizia secondo Giovanni e le tre lettere intitolate Prima, Seconda e Terza di Giovanni siano opera dello stesso scrittore. Fra queste e il quarto Vangelo ci sono molte analogie.

      L’autenticità di queste lettere è riconosciuta. Il loro contenuto stesso conferma che sono in armonia col resto delle Scritture. Anche molti scrittori primitivi ne attestano la veracità. Policarpo sembra citare I Giovanni 4:3; Eusebio dice che Papia di Gerapoli ha reso testimonianza alla prima lettera; lo stesso hanno fatto Tertulliano e Cipriano, ed è stata inclusa nella versione siriaca Pescitta. Pare che Clemente di Alessandria fosse a conoscenza delle altre due lettere; Ireneo evidentemente cita II Giovanni 10, 11; a detta di Eusebio, anche Dionisio di Alessandria accenna a tali lettere. Questi ultimi scrittori attestano inoltre l’autenticità della prima lettera di Giovanni.

      Molto probabilmente Giovanni scrisse le lettere da Efeso verso il 98 E.V., più o meno quando scrisse il suo Vangelo. Il ripetersi delle espressioni “figliuoletti” o “fanciullini” sembra indicare che le scrisse in tarda età.

      PRIMA LETTERA

      Questa “lettera” è più che altro una dissertazione, infatti non ha un destinatario né saluti conclusivi. Nel secondo capitolo Giovanni si rivolge a padri, fanciulli e giovani, indicando che non si trattava di una lettera personale scritta a un singolo. Molto probabilmente era diretta a una o più congregazioni e infatti era rivolta all’intera associazione di coloro che erano in unione con Cristo. — I Giov. 2:13, 14.

      Giovanni era l’ultimo apostolo ancora in vita. Erano trascorsi più di trent’anni da quando era stata scritta l’ultima delle altre lettere delle Scritture Greche Cristiane. Presto sarebbe scomparso anche l’ultimo apostolo. Anni prima Paolo aveva scritto a Timoteo che non sarebbe stato ancora a lungo con lui. (II Tim. 4:6) Aveva esortato Timoteo a seguire il modello delle sane parole e ad affidare a uomini fedeli le cose udite da Paolo, affinché potessero a loro volta insegnare ad altri. — II Tim. 1:13; 2:2.

      L’apostolo Pietro aveva avvertito che falsi insegnanti sarebbero sorti nella congregazione, introducendo distruttive sette. (II Piet. 2:1-3) E Paolo aveva detto ai sorveglianti della congregazione di Efeso (dove in seguito furono scritte le lettere di Giovanni) che “oppressivi lupi” si sarebbero insinuati fra loro e non avrebbero trattato il gregge con tenerezza. (Atti 20:29, 30) Aveva predetto la grande apostasia col suo ‘uomo d’illegalità’. (II Tess. 2:3-12) Nel 98 E.V. era proprio come disse Giovanni: “Fanciullini, è l’ultima ora, e, come avete udito che viene l’anticristo, così ora vi sono molti anticristi; da cui acquistiamo la conoscenza che è l’ultima ora”. (I Giov. 2:18) Quindi la lettera era davvero tempestiva e d’importanza vitale per rafforzare i cristiani fedeli, come un baluardo contro l’apostasia.

      SCOPO

      Tuttavia Giovanni non scrisse solo per confutare falsi insegnamenti. Il suo scopo principale era piuttosto quello di rafforzare la fede dei primi cristiani nelle verità che avevano ricevuto; spesso egli metteva a confronto queste verità con i falsi insegnamenti. Può darsi che la prima lettera di Giovanni fosse una lettera circolare inviata a tutte le congregazioni della zona. Quest’opinione è avvalorata dal fatto che lo scrittore usa di frequente la forma plurale greca corrispondente a “voi”.

      Il suo argomentare è ordinato e vigoroso, come dimostrerà un esame della lettera stessa. La lettera fa appello ai sentimenti, ed è chiaro che Giovanni scriveva spinto dal grande amore per la verità e dall’avversione per l’errore, dal suo amore per la luce e odio per le tenebre.

      Tre temi principali

      Nella prima lettera Giovanni tratta estesamente tre temi in particolare: l’anticristo, peccato e amore.

      A proposito dell’anticristo, Giovanni è molto chiaro: “Vi scrivo queste cose riguardo a quelli che cercano di sviarvi”. (I Giov. 2:26) Costoro negavano che Gesù fosse il Figlio di Dio venuto nella carne. Spiega che un tempo facevano parte della congregazione, ma ne erano usciti affinché fosse evidente che non erano “della nostra sorta”. (I Giov. 2:19) Non erano cristiani leali, amorevoli, di quelli che “hanno fede per conservare in vita l’anima”, ma piuttosto di quelli “che tornano indietro alla distruzione”. — Ebr. 10:39.

      In quanto al peccato, vengono trattati i seguenti punti: (1) tutti pecchiamo, e quelli che dicono di non peccare non hanno la verità in loro e fanno passare Dio per bugiardo (I Giov. 1:8-10); (2) tutti dobbiamo sforzarci di non peccare (I Giov. 2:1); (3) Dio ha provveduto un sacrificio propiziatorio per i peccati mediante Gesù Cristo, che abbiamo come soccorritore presso il Padre (I Giov. 2:1; 4:10); (4) i veri cristiani non fanno una pratica del peccato; non persistono nel peccato, anche se a volte possono commettere un’azione peccaminosa (I Giov. 2:1; 3:4-10; 5:18); (5) ci sono due tipi di peccato, quello che può essere perdonato, e quello volontario, premeditato, che non è perdonabile. — I Giov. 5:16, 17.

      Sull’argomento dell’amore, Giovanni scrive più liberamente. Egli dichiara: (1) Dio è amore (I Giov. 4:8, 16); (2) Dio ha manifestato il suo amore facendo morire suo Figlio come sacrificio propiziatorio per i nostri peccati; e anche provvedendo mediante Cristo che gli unti diventassero figli di Dio (I Giov. 3:1; 4:10); (3) l’amore di Dio e di Cristo ci obbliga a mostrare amore ai nostri fratelli (I Giov. 3:16; 4:11); (4) l’amore di Dio significa osservare i suoi comandamenti (I Giov. 5:2, 3); (5) l’amore perfetto scaccia il timore, elimina ciò che impedisce di parlare liberamente a Dio (I Giov. 4:17, 18); (6) l’amore per i fratelli non si dimostra a parole ma coi fatti, dando loro quello che abbiamo se sono nel bisogno (I Giov. 3:17, 18); (7) chiunque odia suo fratello è omicida (I Giov. 3:15); e (8) i cristiani non devono amare il mondo né le cose del mondo. — I Giov. 2:15.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Introduzione: realtà fisica della manifestazione di Cristo nella carne quale “parola della vita” (I Giov. 1:1, 2)

      II Scopo della lettera: che i lettori abbiano “parte con noi” e col Padre e il Figlio, “affinché la nostra gioia sia in piena misura” (I Giov. 1:3, 4)

      III Camminare nella luce, non nelle tenebre (I Giov. 1:5–2:29)

      A. Dio è luce e in unione con lui non vi sono tenebre (I Giov. 1:5, 6)

      B. Se camminiamo nella luce, il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato (I Giov. 1:7)

      C. Bisogna riconoscere e confessare i peccati (I Giov. 1:8–2:2)

      1. Chi non riconosce i suoi peccati è bugiardo (I Giov. 1:8-10)

      2. Gesù Cristo è il soccorritore e il sacrificio propiziatorio per i peccati “nostri” e anche del mondo intero (I Giov. 2:1, 2)

      D. Chi conosce Cristo osserva i suoi comandamenti; in lui l’amore di Dio è stato reso perfetto (I Giov. 2:3-6)

      E. Chi odia il proprio fratello non è nella luce (I Giov. 2:7-11)

      F. Lodati vari componenti della congregazione cristiana: figli, giovani e padri (I Giov. 2:12-14)

      G. L’amore del mondo non è amore del Padre; il mondo passa (I Giov. 2:15-17)

      H. Presenza di anticristi dimostra che è l’ultima ora (confronta II Tessalonicesi 2:6-10); questi sono usciti, dimostrando che “non tutti sono della nostra sorta” (I Giov. 2:18-29)

      IV Figli di Dio non praticano peccato (I Giov. 3:1-24)

      A. Unti sono ora figli di Dio; a suo tempo vedranno Dio e saranno simili a lui (I Giov. 3:1-3)

      B. Identificati figli di Dio e figli del Diavolo (I Giov. 3:4-18)

      1. Figlio del Diavolo persiste nel peccato; peccatori hanno origine dal Diavolo; Figlio di Dio manifestato per distruggere opere del Diavolo (I Giov. 3:4-8)

      2. Ogni figlio di Dio persiste nella giustizia, e ama il prossimo, non come Caino che uccise suo fratello; “il Suo seme riproduttivo” gli impedisce di praticare il peccato (I Giov. 3:9-12)

      3. Conflitto col mondo, che odia i cristiani (I Giov. 3:13, 14)

      4. Cristiani devono amare propri fratelli; odiarli è omicidio (I Giov. 3:15-18)

      C. Dobbiamo avere fede nel nome di Gesù Cristo e libertà di parola di fronte a Dio, che conosce nostro cuore (I Giov. 3:19-24)

      V Amore reciproco in unione con Dio (I Giov. 4:1-21)

      A. Provare le espressioni ispirate (I Giov. 4:1-3)

      1. Chi confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne ha origine da Dio (I Giov. 4:2)

      2. Chi non lo confessa è anticristo (I Giov. 4:3)

      B. Chi è da Dio ascolta i suoi servitori; quelli del mondo, la mondana espressione ispirata dell’errore (I Giov. 4:4-6)

      C. Dio è amore; chi conosce Dio ama Lui e propri fratelli (I Giov. 4:7-21)

      VI Amore di Dio significa osservare comandamenti (I Giov. 5:1-21)

      A. Comandamenti di Dio non sono gravosi; seguendoli si vince il mondo (I Giov. 5:1-4)

      B. Fede in Gesù Cristo rende vincitori (I Giov. 5:5-13)

      1. Tre cose, spirito, acqua e sangue, attestano che Gesù Cristo è il Figlio di Dio (I Giov. 5:5-8)

      2. La testimonianza che Dio dà è che il dono della vita eterna agli unti è nel Figlio suo; perciò è indispensabile la fede nel Figlio (I Giov. 5:9-13)

      C. Dobbiamo aver fiducia che qualunque cosa chiediamo secondo la volontà di Dio egli ce la darà (I Giov. 5:14, 15)

      D. Possiamo pregare per un fratello che pecca, se non è un peccato che incorre nella morte (I Giov. 5:16, 17)

      E. Chi è generato da Dio non praticherà il peccato; il mondo invece giace nella potenza del malvagio (I Giov. 5:18, 19)

      F. Il Figlio di Dio ha dato ai fedeli la capacità intellettuale di acquistare conoscenza di Dio (I Giov. 5:20)

      G. Quelli in unione con Dio, “figliuoletti”, devono guardarsi da idolatria (I Giov. 5:21)

      SECONDA LETTERA

      La seconda lettera di Giovanni inizia con le parole: “L’anziano alla signora eletta e ai suoi figli”. Così, con tatto, Giovanni rivela di esserne lo scrittore. Ormai era senz’altro “anziano”, poiché in quel tempo aveva circa 100 anni. Era anziano anche in quanto a maturità cristiana, ed era una ‘colonna’ della congregazione. (Gal. 2:9) Pietro usò un’espressione simile in I Pietro 5:1 parlando di se stesso come di un “anziano”.

      Alcuni ritengono che questa lettera alla “signora eletta” sia indirizzata a una congregazione cristiana, che i figli siano figli spirituali e i figli della “sorella” (II Giov. v. 13) siano i componenti di un’altra congregazione. Viceversa alcuni sostengono che sia effettivamente indirizzata a una singola persona, forse di nome Kyrìa (gr. per “signora”).

      Molti dei punti trattati da Giovanni nella seconda lettera sono una sintesi dei pensieri della prima lettera. Parla della verità che rimane in coloro che la conoscono veramente e dell’immeritata benignità e pace da Dio. Si rallegra che alcuni continuino a ‘camminare nella verità’. Essi manifestano amore reciproco e osservano i comandamenti di Dio. Tuttavia ingannatori sono usciti nel mondo, l’anticristo che nega la venuta del Figlio di Dio nella carne. (Confronta II Giovanni 7 con I Giovanni 4:3). Nei versetti 10 e 11 amplia le istruzioni date nella prima lettera, indicando l’azione che i componenti della congregazione devono prendere nei confronti di chi va oltre l’insegnamento del Cristo, e presenta un insegnamento proprio o di uomini. Giovanni ordina a ogni cristiano di non salutare né accogliere in casa persone del genere.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Introduzione: l’“anziano” esprime l’amore di tutti i credenti per la “signora eletta” e i suoi figli (II Giov. 1-3)

      II Camminare nella verità, manifestando amore con l’ubbidienza ai comandamenti di Dio (II Giov. 4-11)

      A. Giovanni si rallegra che alcuni figli della signora eletta camminino nella verità e incoraggia a mostrare amore reciproco (II Giov. 4-6)

      B. Badare a ingannatori, che vanno oltre, non rimanendo nell’insegnamento del Cristo (II Giov. 7-9)

      C. Tale ingannatore non deve essere salutato né accolto in casa, per evitare di partecipare alle sue opere malvage (II Giov. 10, 11)

      III Conclusione: lo scrittore spera di visitarli personalmente, e invia saluti da parte dei figli di una “sorella” della “signora” (II Giov. 12, 13)

      TERZA LETTERA

      La terza lettera dell’“anziano”, scritta a Gaio, contiene i saluti anche per altri della congregazione. È scritta in forma di lettera ed essendo così simile alla prima e alla seconda lettera nello stile e nel contenuto senz’altro è stata scritta dalla stessa persona, cioè dall’apostolo Giovanni. Chi fosse Gaio non si sa con certezza. Diverse persone con questo nome sono menzionate nelle Scritture, ma questo potrebbe essere un altro Gaio, dal momento che la lettera è stata scritta trent’anni o più dopo le lettere di Paolo, Pietro, Giacomo e Giuda.

      Giovanni incoraggia l’ospitalità cristiana, e dice che un certo Diotrefe, che voleva primeggiare nella congregazione, non aveva ricevuto con rispetto i messaggi suoi o di altri responsabili, né aveva manifestato rispetto per altri rappresentanti viaggianti della primitiva congregazione cristiana. Voleva persino allontanare dalla congregazione quelli che accoglievano in modo ospitale quei fratelli. Perciò Giovanni dice che se fosse venuto di persona come sperava avrebbe messo le cose a posto. (III Giov. Vv. 9, 10) Raccomanda a Gaio un fratello fedele di nome Demetrio, forse il latore della lettera, ed esorta Gaio ad accogliere con ospitalità quelli inviati a rafforzare le congregazioni cristiane.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Introduzione: l’anziano a Gaio, che cammina nella verità (III Giov. 1-4)

      II Gaio lodato per l’ospitalità mostrata a fratelli che visitano la congregazione compiendo missione cristiana (III Giov. 5-8)

      A. Viene consigliato di congedarli con la stessa ospitalità (III Giov. 6, 7)

      B. Tale ospitalità è un’esigenza cristiana (III Giov. 8)

      III Diotrefe, essendo ambizioso, non rispetta autorità teocratica e cerca di allontanare chi accoglie con rispetto fratelli viaggianti; lo scrittore spera di sistemare le cose con una visita personale (III Giov. 9, 10)

      IV A Gaio viene consigliato di imitare il bene; buona testimonianza resa a Demetrio (III Giov. 11, 12)

      V Parole conclusive di pace e saluti (III Giov. 13, 14)

      In tutt’e tre le lettere viene dato risalto all’unità cristiana, all’amore che si mostra a Dio osservando i suoi comandamenti, evitando le tenebre e camminando nella luce, avendo amore per i fratelli e continuando a camminare nella verità. Anche in tarda età “l’anziano” Giovanni era quindi fonte di grande incoraggiamento e forza per le congregazioni dell’Asia Minore, e per tutti i cristiani che leggono le sue lettere. — Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 252-256.

  • Giovenca
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Giovenca

      Vacca giovane che non ha ancora avuto un vitello. Una giovenca era fra gli animali che Abraamo tagliò in due, e in mezzo ai quali vide poi passare “una fornace fumante e una torcia ardente”. Ciò avvenne in relazione a un patto che Dio concluse con lui. — Gen. 15:9-18.

      In Israele chi toccava un cadavere, una tomba o un osso umano, oppure chi entrava in una tenda dove giaceva un cadavere, era impuro. Doveva seguire un preciso procedimento di purificazione per non essere ‘stroncato di mezzo alla congregazione’. Per questo ci volevano le ceneri di una vacca rossa, sana, che non era mai stata aggiogata. Acqua con dentro un po’ di queste ceneri veniva spruzzata sull’impuro. Paolo si riferiva a questo procedimento spiegando che aveva unicamente l’effetto di purificare in quanto alla purezza della carne, ma che tipificava tuttavia la vera purificazione della coscienza mediante il sacrificio di Gesù Cristo. — Num. 19:1-22; Ebr. 9:13, 14.

      Si prendeva una giovane vacca anche quando la colpa del sangue ricadeva su una città a motivo di un omicidio in cui l’omicida era sconosciuto. Gli anziani della città più vicina al luogo dove era stato trovato il morto, accompagnati da alcuni sacerdoti figli di Levi, dovevano prendere la giovane vacca che non aveva ancora lavorato e spezzarle il collo in una valle incolta in cui scorreva un torrente. Poi gli anziani di quella città dovevano lavarsi le mani sulla giovenca e invocare Dio di non imputare alla città la colpa del sangue sparso. Dio avrebbe udito la supplica e prosciolto la città dalla colpa per il sangue innocente sparso. Evidentemente il fatto che alla giovenca veniva spezzato il collo, invece di ucciderla come un’offerta per il peccato, indicava che, simbolicamente, la giovenca subiva la punizione che avrebbe dovuto essere inflitta allo sconosciuto omicida, e questo non serviva affatto all’omicida come espiazione del suo crimine. A Geova Dio, che vede ogni cosa, era lasciato il giudizio del vero omicida. Naturalmente se poi veniva scoperto, sarebbe stato messo a morte come richiedeva la Legge. La cerimonia relativa alla giovenca avrebbe reso la cosa di pubblico dominio e avrebbe contribuito a smascherare l’omicida. — Deut. 21:1-9; Num. 35:30-33.

      Il profeta Geremia parla in senso figurativo dell’Egitto,

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