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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • anche all’acquisto della primogenitura da parte di Giacobbe, diritto che comportava il privilegio di appartenere alla discendenza dalla quale sarebbe venuto il “seme” abraamico. (Gen. 27:29; 28:13, 14) In questo modo Geova Dio rese chiaro che la sua scelta di certi individui per determinati scopi non è vincolata da consuetudini o procedure conformi alle aspettative umane. Né i privilegi divinamente accordati vengono accordati unicamente in base alle opere, così che uno possa ritenere di ‘avere diritto’ a tali privilegi e che questi gli siano ‘dovuti’. L’apostolo Paolo mise in risalto questo punto spiegando perché Dio, per immeritata benignità, poté concedere alle nazioni gentili privilegi un tempo riservati a Israele. — Rom. 9:1-6, 10-13, 30-32.

      Le parole citate da Paolo a proposito ‘dell’amore di Geova per Giacobbe [Israele] e del suo odio per Esaù [Edom]’ sono tratte da Malachia 1:2, 3, scritto in epoca molto posteriore a quella di Giacobbe e Esaù. La Bibbia quindi non dice necessariamente che Geova avesse tale opinione dei gemelli prima della loro nascita. È scientificamente provato che la tendenza generale e il temperamento di un bambino sono determinati al momento del concepimento, a motivo dei caratteri genetici ereditati da ciascun genitore. Va da sé che Dio può vedere questi caratteri; Davide dice che Geova aveva visto ‘il suo stesso embrione’. (Sal. 139:14-16; vedi anche Ecclesiaste 11:5). Non si può dire fino a che punto tale capacità di penetrazione abbia influito su ciò che Geova preordinò circa i due ragazzi, ma, ad ogni modo, la sua scelta di Giacobbe a preferenza di Esaù non condannò di per sé Esaù o i suoi discendenti, gli edomiti, alla distruzione. Persino alcuni singoli individui di fra i maledetti cananei ebbero il privilegio di unirsi al popolo del patto e furono benedetti da Dio. (Gen. 9:25-27; Gios. 9:27) Il “mutamento di mente” che Esaù cercò ansiosamente con lacrime fu tuttavia solo un tentativo infruttuoso di modificare la decisione di suo padre Isacco che la speciale benedizione del primogenito spettava interamente a Giacobbe. Perciò questo non indicava che Esaù fosse pentito di fronte a Dio per la sua tendenza materialistica. — Gen. 27:32-34; Ebr. 12:16, 17.

      La profezia di Geova relativa a Giosia richiedeva che un discendente di Davide si chiamasse così, e prediceva che sarebbe intervenuto contro la falsa adorazione nella città di Betel. (I Re 13:1, 2) Più di tre secoli dopo un re che aveva quel nome adempì questa profezia. (II Re 22:1; 23:15, 16) Egli però non prestò ascolto alle “parole di Neco dalla bocca di Dio”, e per questo venne ucciso. (II Cron. 35:20-24) Quindi, pur essendo stato preconosciuto da Dio e preordinato a svolgere un’opera particolare, Giosia era libero di decidere se prestare ascolto o ignorare il consiglio.

      Similmente Geova predisse con quasi due secoli di anticipo che si sarebbe servito di un conquistatore di nome Ciro per liberare gli ebrei da Babilonia. (Isa. 44:26-28; 45:1-6) Ma la Bibbia non dice che il persiano a cui a suo tempo venne dato quel nome adempiendo la divina profezia sia diventato un sincero adoratore di Geova, e la storia secolare indica che continuò a adorare dèi pagani.

      Questi casi di preconoscenza anteriori alla nascita dei singoli individui non sono in conflitto con le rivelate qualità di Dio e le sue norme dichiarate. Né vi è alcuna indicazione che Dio li costringesse ad agire contro la loro volontà. Nel caso del faraone, di Giuda Iscariota, e dello stesso Figlio di Dio, non c’è alcuna prova che la preconoscenza di Geova fosse stata esercitata prima che venissero all’esistenza.

      Quello che dice l’apostolo Paolo di Geova e del faraone viene spesso erroneamente inteso nel senso che Dio indurisca arbitrariamente il cuore di alcuni secondo il suo preordinato proposito, senza riguardo per la precedente tendenza o inclinazione del cuore dell’individuo. (Rom. 9:14-18) Similmente, secondo molte traduzioni, Dio avvertì Mosè che avrebbe ‘indurito il cuore di Faraone’. (Eso. 4:21; confronta Esodo 9:12; 10:1, 27). Tuttavia alcune traduzioni rendono il testo ebraico: “Lascerò imbaldanzire il cuore [di Faraone]” (Rotherham); “lascerò che il suo cuore divenga ostinato”. (NM) A sostegno di tale lezione, l’Appendice alla traduzione di Rotherham spiega che in ebraico l’occasione o il permesso che un avvenimento si verifichi è spesso espresso come se fosse la causa dell’avvenimento, e che “anche comandi positivi a volte vanno intesi come un semplice permesso”. Infatti in Esodo 1:17 il testo ebraico originale dice letteralmente che le levatrici “fecero vivere i bambini maschi”, mentre in realtà permisero loro di vivere evitando di metterli a morte. Dopo aver citato a sostegno di ciò gli ebraicisti M. M. Kalish, H. F. W. Gesenius e B. Davies, Rotherham dichiara che in ebraico il senso dei versetti che riguardano il faraone è che “Dio permise a Faraone di indurire il proprio cuore — lo risparmiò — gli diede l’opportunità, l’occasione, di mettere in atto la malvagità che era in lui. Questo è tutto”. — J. B. Rotherham, The Emphasised Bible, Appendice, p. 919; confronta Isaia 10:5-7.

      Questa tesi è corroborata dal fatto che la Bibbia indica chiaramente che il faraone stesso “rese inflessibile il proprio cuore”. (Eso. 8:32, Ga; “rese il suo cuore insensibile”, NM). Egli fece quindi una libera scelta e seguì la propria tendenza ostinata; furono i risultati di questa tendenza che Geova previde e predisse accuratamente. Le ripetute opportunità dategli da Geova costrinsero il faraone a prendere decisioni e così facendo egli si ostinò nel proprio atteggiamento. (Confronta Ecclesiaste 8:11, 12). Come mostra l’apostolo Paolo citando Esodo 9:16, Geova permise che le cose andassero in questo modo per tutta la durata delle dieci piaghe al fine di rendere manifesta la propria potenza e far sì che il suo nome fosse conosciuto in tutta la terra. — Rom. 9:17, 18.

      Il tradimento di Giuda Iscariota adempì una profezia divina e dimostrò la preconoscenza di Geova, e anche del Figlio suo. (Sal. 41:9; 55:12, 13; 109:8; Atti 1:16-20) Ma non si può dire che Dio abbia preordinato o predestinato Giuda a comportarsi così. Le profezie avevano predetto che un amico intimo di Gesù sarebbe stato il suo traditore, ma non avevano specificato quale sarebbe stato dei suoi amici.

      Sembra dunque evidente che quando venne scelto come apostolo, il cuore di Giuda non dimostrava di essere incline a tradire. Egli lasciò che ‘una radice velenosa spuntasse’ e lo contaminasse, facendolo sviare e seguire non la direttiva di Dio, ma quella suggerita dal Diavolo, diventando ladro e traditore. (Ebr. 12:14, 15; Giov. 13:2; Atti 1:24, 25; Giac. 1:14, 15) A un certo punto Gesù stesso poté leggere nel cuore di Giuda e predire il suo tradimento. — Giov. 13:10, 11.

      È vero che in Giovanni 6:64, a proposito dell’occasione in cui alcuni discepoli inciamparono a motivo di certi insegnamenti di Gesù, leggiamo che “dal principio (gr. arkhè) Gesù sapeva chi erano quelli che non credevano e chi era quello che l’avrebbe tradito”. Benché il termine greco arkhè (principio) sia usato in II Pietro 3:4 a proposito dell’inizio della creazione, può riferirsi anche a tempi diversi. (Luca 1:2; Giov. 15:27) Per esempio, quando l’apostolo Pietro disse che lo spirito santo era sceso sui gentili “come su noi in principio”, ovviamente non si riferiva al principio della sua carriera di discepolo o apostolo, ma a un momento importante del suo ministero, il giorno di Pentecoste del 33 E.V., il “principio” del versamento dello spirito santo per un certo scopo. (Atti 11:15; 2:1-4) È perciò interessante notare questo commento su Giovanni 6:64: “[‘Principio’] significa, non metafisicamente dal principio di tutte le cose . . ., e neanche dal principio della Sua [di Gesù] conoscenza di ciascuno . . ., né dal principio del Suo raccogliere i discepoli intorno a sé, o dal principio del Suo ministero messianico . . ., ma dai primi germi segreti di incredulità [che fecero inciampare alcuni discepoli]. Così pure conosceva il Suo traditore dal principio”. — Schaff-Lange, Critical, Doctrinal, and Homiletical Commentary; confronta I Giovanni 3:8, 11, 12.

      Preordinato il Messia

      L’affermazione dell’apostolo Pietro che Cristo, l’Agnello di Dio destinato al sacrificio, fu “preconosciuto prima della fondazione [gr. gen. di katabolè] del mondo [gen. di kòsmos]” secondo l’interpretazione di alcuni sostenitori del predestinazionismo vuol dire che Dio esercitò tale preconoscenza prima della creazione del genere umano. (I Piet. 1:19, 20) Il termine greco katabolè, tradotto “fondazione”, significa letteralmente “un gettare o deporre” e si può riferire al “concepire seme”, come in Ebrei 11:11. Anche se la “fondazione” di un mondo del genere umano avvenne quando Dio creò la prima coppia umana, com’è indicato in Ebrei 4:3, 4, quella coppia in seguito abbandonò la propria posizione di figli di Dio. (Gen. 3:22-24; Rom. 5:12) Ma, per immeritata benignità di Dio, essi poterono concepire e avere figli, uno dei quali, Abele, come è specificato nella Bibbia, ebbe il favore di Dio e la possibilità di ottenere redenzione e salvezza. (Gen. 4:1, 2; Ebr. 11:4) Si noti che in Luca 11:49-51 Gesù menziona “il sangue di tutti i profeti versato dalla fondazione del mondo” (NW), quindi fa un parallelo dicendo “dal sangue di Abele al sangue di Zaccaria”. Gesù mette dunque in relazione Abele con la “fondazione del mondo”.

      Il Messia o Cristo doveva essere il Seme promesso per mezzo del quale tutti i giusti di tutte le famiglie della terra sarebbero stati benedetti. (Gal. 3:8, 14) La prima menzione di questo “seme” si ebbe dopo che la ribellione in Eden era già iniziata, ma prima della nascita di Abele (Gen. 3:15), cioè più di quattromila anni prima che venisse fatta la rivelazione del “sacro segreto” dell’amministrazione affidata al Messia; quindi fu davvero ‘taciuto per tempi di lunga durata’. — Rom. 16:25-27; Efes. 1:8-10; 3:4-11.

      A suo tempo Geova Dio incaricò il suo stesso Figlio primogenito di assumere il profetizzato ruolo di “seme” e diventare il Messia. Nulla indica che questo Figlio sia stato “predestinato” a tale ruolo ancor prima della sua creazione o prima della ribellione in Eden. La scelta che Dio fece di Gesù per adempiere le profezie non venne similmente fatta senza un buon fondamento. Il periodo di intima relazione fra Dio e il Figlio suo prima che questi venisse inviato sulla terra senza dubbio permise a Geova di ‘conoscere’ il Figlio al punto di poter essere certo che avrebbe adempiuto fedelmente le promesse e i quadri profetici. — Confronta Romani 15:5; Filippesi 2:5-8; Matteo 11:27; Giovanni 10:14, 15.

      Preordinati i ‘chiamati ed eletti’

      Rimangono i versetti che parlano dei cristiani “chiamati” o “eletti”. (Giuda 1; Matt. 24:24) Di loro viene detto che sono stati “eletti secondo la prescienza di Dio” (I Piet. 1:1, 2), ‘eletti prima della fondazione del mondo’, ‘preordinati all’adozione come figli di Dio’ (Efes. 1:3-5, 11), ‘scelti dal principio per la salvezza e chiamati a questo stesso destino’. (II Tess. 2:13, 14) Per capire questi versetti bisogna determinare se contengono l’idea di preordinare certi singoli individui, o se descrivono la preordinazione di una classe di persone, cioè la congregazione cristiana, il “solo corpo” (I Cor. 10:17) di coloro che saranno coeredi di Cristo Gesù nel suo regno celeste. — Efes. 1:22, 23; 2:19-22; Ebr. 3:1, 5, 6.

      Se queste parole si riferissero a particolari individui preordinati a salvezza eterna, ne conseguirebbe che costoro non potrebbero mai diventare infedeli o venir meno alla loro chiamata, poiché la preconoscenza che Dio ebbe di loro non poteva risultare inaccurata e il fatto di averli preordinati a un certo destino non poteva fallire o essere vano. Eppure gli stessi apostoli che furono ispirati a scrivere le suddette parole mostrarono che alcuni i quali erano stati “comprati” e ‘santificati’ dal sangue del sacrificio di riscatto di Cristo e che avevano “gustato il gratuito dono celeste”, che erano “divenuti partecipi dello spirito santo, e che [avevano] gustato . . . le potenze del sistema di cose avvenire” si sarebbero sviati senza possibilità di pentimento e avrebbero recato su di sé la distruzione. (II Piet. 2:1, 2, 20-22; Ebr. 6:4-6; 10:26-29) Gli apostoli, concordi, esortarono quelli a cui scrivevano: “Fate tutto il possibile per rendere sicura la vostra chiamata ed elezione; poiché se continuate a fare queste cose non verrete mai meno”; e anche: “Continuate a operare la vostra salvezza con timore e tremore”. (II Piet. 1:10, 11; Filip. 2:12-16) Paolo, che era stato “chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo” (I Cor. 1:1) certo non si riteneva individualmente predestinato a salvezza eterna, poiché parla dei suoi strenui sforzi per raggiungere “la mèta per il premio della superna chiamata di Dio” (Filip. 3:8-15), e della sua preoccupazione di essere “in qualche modo disapprovato”. — I Cor. 9:27.

      Riferiti a una classe, la congregazione cristiana o la “nazione santa” dei chiamati nel suo insieme (I Piet. 2:9), i versetti succitati indicherebbero che Dio preconobbe e preordinò la costituzione di tale classe (ma non dei singoli individui che l’avrebbero formata). Inoltre questi versetti indicherebbero che prescrisse o preordinò il ‘modello’ al quale dovevano conformarsi tutti quelli che a suo tempo sarebbero stati chiamati a farne parte, tutto questo secondo il suo proposito. (Rom. 8:28-30; Efes. 1:3-12; II Tim. 1:9, 10) Dio preordinò anche le opere che essi avrebbero dovuto compiere e che sarebbero stati provati a motivo delle sofferenze che il mondo avrebbe procurato loro. — Efes. 2:10; I Tess. 3:3, 4.

      Per i versetti in cui si parla di ‘nomi scritti nel libro della vita’, vedi NOME.

  • Precursore
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    • Precursore

      Nella Bibbia, colui che precede onde fare i preparativi per la venuta di un altro. Questi potrebbe dover esplorare, preparare la strada, annunciare e comunicare l’arrivo di un altro, o indicare la via che altri devono seguire. Il precursore di solito, ma non sempre, ha meno importanza di colui che lo segue. — Vedi CORRERE, CORRIDORI.

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