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  • Lachis
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • occupata e perciò non potesse più inviare segnalazioni. Pure degno di nota è che in quasi tutte le “lettere di Lachis” leggibili compaiono espressioni come “Possa YHWH [Yahweh o Geova] far giungere in questo stesso giorno al mio signore notizie di bene!” È chiaro dunque che il nome di Geova era allora d’uso comune.

      Dopo che Giuda e Gerusalemme rimasero desolate per settant’anni, Lachis fu ripopolata da ebrei tornati dall’esilio. — Nee. 11:25, 30.

      MENZIONE PROFETICA

      In Michea 1:13 vengono rivolte a Lachis le seguenti parole profetiche: “Attacca al carro i corsieri, o abitatrice di Lachis. Essa fu il principio del peccato per la figlia di Sion, poiché in te si sono trovate le rivolte d’Israele”. Queste parole fanno pensare a una sconfitta e sembrano indicare che Lachis si preparava a fuggire. Nelle scritture non c’è altra menzione del “peccato” di Lachis.

  • Ladano
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    • Ladano

      (làdano).

      C’è qualche incertezza su ciò che si intendeva col termine ebraico nekhòʼth, uno degli articoli trasportati dalla carovana di ismaeliti a cui fu venduto Giuseppe e uno dei prodotti più eccellenti del paese che Giacobbe disse ai suoi figli di portare in dono a colui che governava l’Egitto. (Gen. 37:25; 43:11) Nekhòʼth, è stato variamente tradotto “aromi” (VR), “dragante” (PIB), “resina” (CEI) e, secondo la definizione del lessico ebraico e aramaico di Koehler e Baumgartner, “ladano” (Ga, Mar, NM). Il ladano è una tenue resina nera o marrone scuro che trasuda dalle foglie e dai ramoscelli di diverse varietà di Cistus, pianticella che cresce in cespugli su terreno roccioso, con grandi fiori a cinque petali simili a rose selvatiche. La resina ha sapore amaro ma profumo fragrante. È impiegata in profumeria e, un tempo, era largamente usata anche in medicina. A proposito di questa sostanza Erodoto, antico storico greco (Storie, Libro III, 112), scrive: “È di odore gradevolissimo pur nascendo nel luogo più fetido: si trova infatti nelle barbe dei caproni e vi si attacca, quando vengono dai boschi, a guisa di glutine. Serve per preparare il maggior numero degli unguenti, e gli Arabi lo bruciano di preferenza come profumo”.

  • Ladro
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    • Ladro

      Chi si appropria deliberatamente di ciò che appartiene a un altro senza il suo consenso, specie chi prende qualche cosa di nascosto, o mediante frode e inganno. I ladri del passato si comportavano in modo molto simile ai ladri odierni. Di solito andavano a rubare di notte (Giob. 24:14; Ger. 49:9; Matt. 24:43; Luca 12:39; Giov. 10:10; I Tess. 5:2-5; II Piet. 3:10; Riv. 3:3; 16:15), ed erano soliti entrare da una finestra. (Gioe. 2:9) Rapinatori e banditi invece tendevano agguati e piombavano sulle vittime in luoghi solitari, dov’era virtualmente impossibile ricevere aiuto. Spesso non esitavano a fare ricorso alla violenza o a minacciare e mettere in pericolo la vita dei derubati. — Giud. 9:25; Luca 10:30, 36; II Cor. 11:26.

      Nella lingua originale i termini resi “rubare” e “derubare” possono significare anche negare a qualcuno ciò che per diritto è suo, procurarsi cose in modo fraudolento o appropriarsi per proprio uso ciò che si doveva dare ad altri. Non pagando la decima per sostenere la vera adorazione presso il tempio, gli ebrei dell’epoca di Malachia ‘derubavano Dio’. (Mal. 3:8, 9) Proverbi 28:24 parla di derubare il proprio padre e la propria madre, evidentemente nel senso di privare i genitori di qualche cosa a cui avevano diritto. Gesù Cristo condannò i cambiamonete dicendo che avevano trasformato il tempio in una “spelonca di ladroni”. Questo fa pensare che chiedessero compensi esorbitanti per i loro servigi. — Matt. 21:12, 13.

      Nella seconda lettera ai corinti l’apostolo scrisse: “Derubai altre congregazioni accettando delle provvisioni per servire voi”. (II Cor. 11:8) Non c’era nulla di fraudolento nel fatto che Paolo accettasse aiuto da altri. Ma diceva di aver derubato quelle congregazioni, nel senso di aver usato quello che aveva ricevuto da loro per sopperire ai suoi bisogni mentre si adoperava non per loro, ma a favore dei corinti.

      In alcuni casi ‘rubare’ può riferirsi alla giustificata azione di prendere qualche cosa a cui si ha diritto, dando risalto al modo furtivo in cui è compiuta l’azione. Per esempio gli israeliti ‘rubarono’ il corpo di Saul dalla pubblica piazza di Bet-San. (II Sam. 21:12) La zia del piccolo Ioas gli salvò la vita ‘portandolo via [lett. ‘rubandolo’] di tra i figli del re suoi fratelli’, che furono uccisi dalla malvagia Atalia. — II Re 11:1, 2; II Cron. 22:11.

      CONDANNATO DA DIO

      Quasi tutti i riferimenti biblici al rubare riguardano tuttavia l’illecita sottrazione di ciò che appartiene a qualcun altro. La legge data da Geova a Israele diceva espressamente: “Non devi rubare”. (Eso. 20:15; Lev. 19:11, 13; Deut. 5:19; Matt. 19:18) Il ladro doveva, a titolo di risarcimento, rendere il doppio, il quadruplo e anche il quintuplo, secondo quanto stabiliva la Legge. Se non era in grado di farlo, veniva venduto schiavo, e riacquistava la libertà solo dopo aver risarcito completamente il danno. (Eso. 22:1-12) Oltre a risarcire i danni, il ladro che veniva scoperto a sua vergogna (Ger. 2:26) doveva portare un’offerta per la colpa affinché il sacerdote facesse espiazione per i suoi peccati. — Lev. 6:2-7.

      La nazione di Israele finì per trascurare queste leggi e perciò Geova permise che rapinatori e ladri affliggessero la nazione sia all’interno che dall’esterno. (Deut. 28:29, 31; Ezec. 7:22) Pratiche fraudolente, specie l’oppressione di poveri e bisognosi, divennero comuni. — Isa. 1:23; 3:14; Ger. 7:9-11; 21:12; 22:3; Ezec. 22:29; Mic. 2:2.

      Anche se il ladro che ruba per fame può non essere riprensibile come colui che, a somiglianza di Acan e di Giuda, ruba per avidità e spinto da un cuore malvagio (Gios. 7:11, 20, 21; Prov. 6:30; Matt. 15:19; Giov. 12:4-6), coloro che desiderano avere l’approvazione di Dio non possono rendersi colpevoli di furto. (Isa. 61:8; Rom. 2:21) Benché non siano sotto la legge mosaica, i cristiani hanno il comando di amare i loro simili. “L’amore non fa male al prossimo”. Perciò fra i cristiani non c’è posto per i ladri. (Rom. 13:9, 10; Matt. 22:39; Giac. 2:8) Il ladro che desideri vivere sotto il regno di Dio deve pentirsi della sua condotta d’un tempo e imparare a lavorare sodo per guadagnarsi da vivere. (I Cor. 6:10; Efes. 4:28; I Piet. 4:5) E l’ex ladro sinceramente pentito può esser certo del perdono di Geova. — Ezec. 33:14-16.

  • Lago di fuoco
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    • Lago di fuoco

      Espressione che ricorre solo nel libro di Rivelazione ed è chiaramente simbolica. La Bibbia stessa ne dà la spiegazione e definizione dicendo: “Questo significa la seconda morte, il lago di fuoco”. — Riv. 20:14; 21:8.

      Poiché il lago di fuoco rappresenta la “seconda morte” e Rivelazione 20:14 dice che “la morte e l’Ades” vi devono essere scagliati, è evidente che tale lago non può rappresentare la morte che l’uomo ha ereditato da Adamo (Rom. 5:12) e neanche si riferisce all’Ades (o Sceol), perché l’Ades, insieme alla morte, dev’essere distrutto nel lago di fuoco. Deve dunque rappresentare una distruzione eterna, a cui potrà sempre essere soggetto chiunque in qualsiasi tempo futuro meritasse di essere distrutto da Dio. È dunque simbolo di una morte che non può essere annullata, infatti la Bibbia non dice che il lago renda quelli che sono in esso, come fanno la morte adamica e l’Ades (Sceol). (Riv. 20:13) Quindi coloro che non sono scritti “nel libro della vita” vengono scagliati nel lago di fuoco o seconda morte, come Satana e la “bestia selvaggia” e il “falso profeta”. — Riv. 19:20; 20:10, 15.

      Benché questi versetti e tutto il contesto del libro di Rivelazione rendano evidente la natura simbolica del lago di fuoco, alcuni l’hanno preso per un letterale luogo infuocato, adducendo come prova Rivelazione 20:10, dove viene detto che il Diavolo, la bestia selvaggia e il falso profeta “saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli”. Il verbo “saranno tormentati” traduce una voce del verbo greco basanìzo. Il Grande Lessico del Nuovo Testamento (iniziato da Gerhard Kittel, ed. Paideia 1966, Vol. II, coll. 131, 132) dice che l’infinito significa “propriamente trattare con la pietra di paragone (ossia sfregare contro di essa), saggiare l’autenticità, mettere alla prova, analizzare e secondariamente usare strumenti di tortura per appurare la verità nell’interrogatorio e nel giudizio, ricorre nel N.T. soltanto col significato generico di tormentare, opprimere”. Come prova, sono citati versetti come Matteo 8:6, 29; Marco 5:7; Luca 8:28; II Pietro 2:8 e Rivelazione 12:2. Spiegazioni simili vengono date a proposito dei termini affini basanismòs (Riv. 9:5; 18:7) e basanistès. (Matt. 18:34) Di basanistès l’opera summenzionata dice che “ricorre nel N.T. unicamente in Mt. 18,34 col significato non di ‘inquisitore, analizzatore’, ma soltanto di carnefice”. Poiché il carcere era spesso un luogo di tormento, il carceriere era a volte chiamato “tormentatore” o “carnefice” (basanistès) come in Matteo 18:34. Coloro che vengono scagliati nel “lago di fuoco” vanno nella “seconda morte” da cui non c’è risurrezione; quindi sono ‘confinati’ o trattenuti nella morte e come affidati alla custodia di carcerieri; “tormentatori”, per così dire, per l’eternità. Che una condizione di restrizione possa essere chiamata tormento è dimostrato dai brani paralleli di Matteo 8:29 e Luca 8:31. — Vedi GEENNA.

  • Lamec
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    • Lamec

      (Làmec) [forse, giovane forte].

      1. Figlio di Metusael e discendente di Caino. (Gen. 4:17, 18) Lamec nacque mentre Adamo era ancora in vita. È il primo poligamo menzionato nella Bibbia, infatti aveva contemporaneamente due mogli, Ada e Zilla. (Gen. 4:19) Da Ada ebbe i figli Iabal, “fondatore di quelli che dimorano in tende e hanno bestiame”, e Iubal, “fondatore di tutti quelli che maneggiano l’arpa e il flauto”. (Gen. 4:20, 21) Da Zilla generò Tubal-Cain, “artefice d’ogni sorta di arnese di rame e di ferro”, e una figlia di nome Naama. — Gen. 4:22.

      I versi che Lamec compose per le mogli (Gen. 4:23, 24) riflettono lo spirito violento dell’epoca:

      “Udite la mia voce, mogli di Lamec;

      Prestate orecchio al mio dire:

      Ho ucciso un uomo perché mi ha ferito,

      Sì, un giovane perché mi ha dato un colpo.

      Se Caino dev’essere vendicato sette volte,

      Quindi Lamec settanta volte e sette”.

      Lamec sosteneva evidentemente che il suo era stato un caso di legittima difesa e si giustificava dicendo che il suo non era stato un omicidio volontario come quello di Caino. Affermava che, nel difendersi, aveva ucciso l’uomo che l’aveva colpito e ferito. Perciò la sua poesia invocava l’immunità da chiunque desiderasse vendicarsi su di lui perché aveva ucciso il suo assalitore.

      Evidentemente nessuno dei discendenti di Caino, fra cui la progenie di Lamec, sopravvisse al Diluvio.

      2. Discendente di Set; figlio di Metusela e padre di Noè. (Gen. 5:25, 28, 29; I Cron. 1:1-4) Anche questo Lamec nacque mentre Adamo era ancora in vita. Lamec aveva fede in Dio e, dopo aver dato al figlio il nome Noè (che significa “riposo, consolazione”), soggiunse: “Questo ci recherà conforto dalla nostra opera e dalla pena delle nostre mani derivante dalla terra che Geova ha maledetta”. (Gen. 5:29) Queste parole si adempirono durante la vita di Noè quando fu tolta la maledizione sulla terra. (Gen. 8:21) Lamec ebbe altri figli e figlie. Visse 777 anni e morì circa cinque anni prima del Diluvio. (Gen. 5:30, 31) Il suo nome figura nella genealogia di Gesù Cristo in Luca 3.36.

  • Lamentazioni, libro di
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    • Lamentazioni, libro di

      In tempi biblici lamentazioni o canti funebri venivano composti ed eseguiti per amici defunti (II Sam. 1:17-27), nazioni devastate (Amos 5:1, 2) e città ridotte in rovina (Ezec. 27:2, 32-36). Il libro di Lamentazioni è un esempio ispirato di questo genere di composizione. Consiste di cinque liriche (cinque capitoli) che piangono la distruzione di Gerusalemme per mano dei babilonesi avvenuta nel 607 a.E.V.

      Il libro riconosce che Geova ha punito giustamente Gerusalemme e Giuda per l’errore del Suo popolo. (Lam. 1:5, 18) Dà risalto anche all’amorevole benignità e misericordia di Geova Dio e mostra che è buono con chi spera in lui. — Lam. 3:22, 25.

      IL NOME

      In ebraico il nome di questo libro è ’Ehkhàh, che significa “come!”, dalla parola iniziale. I traduttori della Settanta l’hanno chiamato Thrènoi, che significa “canti funebri; lamenti”. Nel Talmud è identificato col nome Qinòhth, che significa “canti funebri; elegie”, e Girolamo (in latino) lo chiama Lamentationes, da cui il nome italiano “Lamentazioni”.

      COLLOCAZIONE NEL CANONE BIBLICO

      Nel canone ebraico Lamentazioni di solito fa parte dei cinque Meghillòhth (rotoli), che comprendono il Cantico di Salomone, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste ed Ester. Tuttavia in antiche copie delle Scritture Ebraiche pare che Lamentazioni seguisse il libro di Geremia, come nelle Bibbie italiane moderne.

      LO SCRITTORE

      Nella Settanta questo libro è introdotto dalle parole: “E dopo che Israele era stato fatto Prigioniero e Gerusalemme era stata devastata, Geremia si sedette piangendo e pronunciò questa lamentazione su Gerusalemme e disse”. Anche i Targum identificano in Geremia lo scrittore, introducendo il libro come segue: “Geremia il profeta e gran sacerdote disse”. La Vulgata ha la seguente introduzione: “E dopo che Israele era stato condotto in cattività e Gerusalemme era rimasta deserta, Geremia il profeta sedette piangendo e gemette con questa lamentazione su Gerusalemme; e con spirito amareggiato, sospirando e gemendo disse”.

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