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  • Che cosa si può fare riguardo all’insufficienza di proteine?
    Svegliatevi! 1973 | 8 giugno
    • famiglia, dipende in non piccola misura dal conoscere quali sono le disponibili fonti di proteine.

      Benché la nostra bella terra abbia la possibilità di produrre ampiamente per soddisfare i bisogni di tutti quelli che sono ora viventi e di molti altri, in questo sistema di cose non possiamo attenderci un’equa distribuzione degli alimenti. Perché no? A causa della sua egoistica natura commerciale. La Bibbia mostra che questo sistema continuerà a seguire le sue ingiuste vie finché perverrà alla fine. E, come abbiamo notato prima, il nuovo ordine di Dio provvederà cibo in abbondanza a tutto il genere umano. Il profeta di Dio ne parlò in anticipo, dicendo: “Geova degli eserciti per certo farà per tutti i popoli . . . un banchetto di piatti ben oliati, un banchetto di vini chiariti, di piatti ben oliati pieni di midollo . . . Geova stesso ha parlato”. — Isa. 25:6-8.

  • Le lingue dell’uomo
    Svegliatevi! 1973 | 8 giugno
    • Le lingue dell’uomo

      Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nel Laos

      QUANTO è diviso il genere umano dalle diverse lingue parlate! Gli studiosi hanno contato circa 3.000 lingue parlate.a Aggiungendo alla suddetta cifra tutti i dialetti (forme locali di una lingua), probabilmente sarebbe molto più alta. Ma poi anche gli esperti sono discordi in alcuni casi su ciò che è una lingua separata e ciò che è semplicemente un dialetto. Perché? Perché, anche quando le persone parlano quelli che son chiamati dialetti della stessa lingua, forse non riescono a capirsi fra loro.

      Tuttavia un tempo tutti gli uomini parlavano la stessa lingua. Geova Dio, Creatore dell’uomo, diede egli stesso origine a diverse lingue allo scopo di limitare la cooperazione umana per uno scopo errato. La sua azione pose fine alla costruzione della Torre di Babele che disonorava Dio e ne obbligò i costruttori a disperdersi in tutta la terra. — Gen. 11:1-9.

      La maggioranza delle lingue si possono raggruppare insieme in solo dieci famiglie di lingue circa (anche in questo caso, diversi esperti danno diverse cifre). Tutte le lingue della stessa famiglia derivano da un’antica lingua madre, e, in molti casi, quella lingua madre si è estinta.

      Molti sanno che francese, italiano, spagnolo, portoghese e parecchie altre lingue sono tutte moderne varietà del latino che hanno subìto notevoli cambiamenti. Non sono altrettanti quelli che sono a conoscenza del fatto che anche il latino è classificato solo come membro di una famiglia di lingue. Si dice che, insieme a molte altre lingue dell’Europa e dell’India, avesse origine da un perduto antenato detto indoeuropeo.

      Non sappiamo quante lingue madri Geova portasse all’esistenza a Babele perché sembra che alcuni idiomi, come il giapponese e il basco, non si possano includere in nessuna famiglia conosciuta e molte altre lingue si sono estinte. È possibile che ci fossero relativamente poche lingue madri. Col tempo, le persone che parlavano la stessa lingua si separarono e per secoli non ebbero nessun contatto le une con le altre, per cui le loro abitudini di parlare si differenziarono e cominciarono a essere usate due o più lingue dove ce n’era stata solo una.

      Qualsiasi lingua viva cambia di continuo; dovete solo leggere La Sacra Bibbia di Giovanni Diodati per vedere quanto è cambiato l’italiano in poco più di 350 anni nonostante l’influenza stabilizzatrice della stampa e delle buone comunicazioni. Così, gradualmente, i gruppi separati cessarono di capirsi. Anche così, le lingue che ne derivarono contengono alcune caratteristiche comuni che ne rendono ovvia la parentela.

      La famiglia indoeuropea

      Esaminiamo più particolareggiatamente una famiglia di lingue. Circa metà della popolazione mondiale parla una lingua classificata tra quelle appartenenti alla famiglia indoeuropea. Non è per caso che la parola tre, ad esempio, è così simile in russo (tri), tedesco (drei), francese (trois), danese (tre), olandese (drie), irlandese (trí), greco (treīs), lituano (trys), sanscrito (trí), albanese (tre), ecc. Si dice che tutte queste lingue derivino dal perduto indoeuropeo.

      Molte di esse somigliano meno a figli di quell’antico idioma che non a nipoti, perché si dice che molte derivino da lingue perdute originate esse stesse dall’indoeuropeo. Per esempio, il gallese, il bretone, il gaelico, ecc., sono elencati fra i discendenti di un antico idioma celtico derivato dall’indoeuropeo. Russo, polacco, serbo, ceco, ecc., fanno risalire la loro linea di discendenza attraverso un antico genitore slavo. Inglese, olandese, tedesco, ecc., ebbero un comune genitore germanico.

      Classificazione delle lingue

      Solo in un tempo comparativamente recente, verso la fine del diciottesimo secolo, i linguisti cominciarono ad analizzare la storia e la relazione fra le lingue vive. Prima di ciò tendevano semplicemente a paragonare le forme scritte delle parole in diverse lingue, ma le relazioni tra le famiglie vanno molto oltre ciò. Anche quando due lingue hanno poche parole simili, possono collegare i periodi in modo tale da rivelare affinità tra loro.

      Prendete per esempio il laotiano e il cinese. Sarebbe difficile trovare molte parole simili in queste due lingue, eppure hanno in comune tre altre importanti caratteristiche. Prima, in entrambe le lingue una parola può avere parecchi diversi significati secondo il tono di voce con cui è pronunciata. Per esempio, la parola laotiana mu, detta con un basso tono di voce, significa amico, mentre se si alza il tono significa maiale.

      In secondo luogo, la maggioranza delle parole ha solo una sillaba o è fatta di parecchie parole di una sillaba unite insieme.

      In terzo luogo, parlando di un certo numero di cose si deve sempre usare una parola che serve a classificare per identificare la classe di oggetti a cui appartengono. Pertanto un Laotiano non può dire solo ‘Tre ragazze’, ma deve dire: ‘Ragazza tre persone’, per indicare che le ragazze appartengono alla classe delle ‘persone’. Queste tre caratteristiche fanno pensare che il cinese e il laotiano sono affini e appartengono alla stessa famiglia di lingue.

      D’altra parte, non è attribuita grande importanza al modo in cui si scrive una lingua. Inglese e annamita fanno ambedue uso dell’alfabeto romano, che i Vietnamiti adottarono deliberatamente nel diciassettesimo secolo, ma le lingue sono molto diverse. Giapponese e cinese usano una scrittura simile, per cui alcuni li associano insieme. Tuttavia sono classificati in famiglie di lingue totalmente diverse. Al contrario, inglese e russo, elencati come lontani parenti entro la stessa famiglia, usano una scrittura diversa.

      Difficoltà per impararle

      Forse ora capite perché è molto più facile imparare alcune lingue che non altre. Una lingua straniera appartenente alla stessa famiglia della nostra avrà di solito molti suoni, parole o forme di frasi che ci sono noti. Meno un’altra lingua è imparentata con la nostra più strana sembrerà. Dapprima possiamo anche non riuscire a pronunciare i suoni, e l’ordine in cui le parole si susseguono ci sembrerà bizzarro.

      Paragonate i numeri francesi da uno a dieci con quelli italiani: un, deux, trois, quatre, cinq, six, sept, huit, neuf, dix. Potete subito vedere quanto sono simili. Ora osservate i numeri laotiani: neung, sohng, sahm, si, ha, hok, chet, bpaat, gow, sip. Non c’è un solo suono in comune con l’italiano. Quanto sembrerebbero meno simili se si potesse mostrare per iscritto che ciascun numero laotiano si deve pronunciare con un certo tono di voce che si impara a memoria insieme alla parola!

      Date uno sguardo all’ordine delle parole. In italiano potreste chiedere: “Quante figlie ha?” In francese si direbbe: “Combien de filles avez-vous?” In questo caso la costruzione è, parola per parola, la stessa che in italiano. Ma in laotiano si dice: “Chow mi luk sow chag kon?” Letteralmente questo significa: “Tu hai figlia femmina quante persone?” La costruzione è del tutto diversa dall’italiano.

      Spesso le parole che si trovano in una lingua non hanno semplicemente nessun equivalente nelle lingue di altre famiglie. Di conseguenza è molto più difficile tradurre in una lingua appartenente a una diversa famiglia. Per esempio, la rivista Torre di Guardia nella lingua thai usa la stessa parola per dire ciò che si intende con le parole italiane simpatia, empatia e considerazione. Non esistono parole separate in thai (né in laotiano, suo stretto parente) per rendere queste sottili distinzioni. D’altra parte, l’italiano deve accontentarsi della sola parola portare mentre il laotiano e il thai hanno parole distinte che significano “portare in mano”, “portare sulla spalla”, “portare su un palo”, “portare in braccio” o “portare sul dorso”.

      Per aiutare gli allievi a ovviare alla mancanza di familiarità con alcune lingue, sono stati ideati nuovi metodi di insegnamento. Uno è talvolta chiamato metodo diretto. Lo studente impara sin dal principio le frasi fondamentali e la forma delle frasi. Impara la grammatica che ha relazione con le frasi che già conosce invece d’avere problemi con essa all’inizio e imparare lunghe liste di parole senza poter pronunciare o capire la frase più semplice.

      Nel primo secolo della nostra èra volgare Dio diede ad alcuni uomini la miracolosa capacità di parlare lingue che non avevano mai imparate. Nessuno possiede oggi tale dono da Dio. Ma, dopo tutto, non è necessario. Coloro che vogliono partecipare all’opera di recare la buona notizia del regno di Dio in una nuova località devono diligentemente imparare le lingue che vi si parlano. Comunque, man mano che le persone di cuore retto l’accettano, il peso maggiore dell’opera di predicazione è rapidamente assunto da uomini e donne locali, che parlano ogni famiglia di lingue sulla terra. Così, al di sopra della disunione e della confusione delle lingue, trionfa l’unificatrice parola di verità fra quelli che desiderano cooperare per lodare Geova, Colui che diede all’uomo il dono del linguaggio.

      [Nota in calce]

      a World Book Encyclopedia, ediz. del 1970, Vol. 12, pag. 62.

      [Diagramma a pagina 13]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      INDOEUROPEO

      INDÙ SANSCRITO

      PERSIANO

      PERSIANO ANTICO

      ARIO

      ARMENO

      ALBANESE

      BALTOSLAVO

      BALTICO LITUANO

      SLOVACCO

      SLAVO

      POLACCO

      BULGARO

      RUSSO

      GERMANICO

      GRECO

      GRECO MODERNO

      OSCO

      LATINO ITALICO

      ROMENO

      ITALIANO

      PORTOGHESE

      SPAGNOLO

      FRANCESE

      CELTICO

      BRITANNICO

      BRETONE

      GALLESE

      SCOZZESE

      IRLANDESE

      GOTICO

      TEDESCO ANTICO

      NORVEGESE ANTICO

      ISLANDESE

      DANESE

      NORVEGESE

      SVEDESE

      ANGLOSASSONE

      INGLESE

      TEDESCO

      OLANDESE

  • Servivo un dio fatto con mani
    Svegliatevi! 1973 | 8 giugno
    • Servivo un dio fatto con mani

      Narrato al corrispondente di “Svegliatevi!” in India

      VICINO alla casa di mio zio c’era un tempietto del dio Birappa. Era trascurato, poiché nessuno si curava del dio. E così pensai: “Se comincio a servire nel tempio e ho cura del dio forse troverò quella felicità e quella pace che ho sempre desiderate”.

      Cominciò così un nuovo capitolo della mia vita. Ogni giorno dopo il mio bagno personale attingevo acqua dal pozzo e facevo il bagno al dio. Almeno una volta la settimana percorrevo a piedi i quasi otto chilometri che mi separavano dal fiume per prendere acqua fresca corrente per il mio bagno, quindi portavo l’acqua nel secchio per il dio Birappa. Era un lungo tragitto, ma avevo la soddisfazione di sapere che servivo il mio dio.

      Ogni giorno gli abitanti del villaggio venivano con il loro Prasad (dono) per Birappa; talvolta era una noce di cocco e talvolta erano fiori. Applicavo il Bandkar (immergendo le dita nelle ceneri e applicandole sulla fronte degli abitanti del villaggio con tre righe orizzontali) e quindi restituivo loro il Prasad. Pertanto, dai doni offerti a Birappa, erano restituiti doni agli adoratori, sia del loro che di quelli d’altri. Il mio dio Birappa non aveva una forma speciale rappresentata dalla figura di uomo o di donna o nemmeno di qualche animale, come avviene per la maggioranza degli dèi o delle dee indù. Birappa era rappresentato in un monticello simile a una grande pietra rotonda. A volte, mentre rendevo i miei servizi a Birappa, mi chiedevo segretamente: “Sono adorati tanti dèi. Può darsi che ci sia un solo vero Dio? C’è qualcuno che realmente lo sa?” Non avevo ancora trovato la felicità e la pace che desideravo, per cui mi chiedevo: “C’è qualcuno in questo mondo che ha felicità e pace?”

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