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  • Trono
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Come era stato predetto nel Salmo 45:6, e applicato da Paolo in Ebrei 1:8, il trono di Gesù, il suo incarico o la sua autorità di sovrano, deriva da Geova: “Dio è il tuo trono per sempre”. Dal canto suo, anche il Diavolo provvede una base o autorità di governare alle sue organizzazioni, come viene sottolineato in Rivelazione 13:1, 2, a proposito della ‘bestia selvaggia che ascende dal mare’: “Il dragone diede alla bestia la sua potenza e il suo trono e grande autorità”. Quando Satana offrì simile autorità e potenza a Gesù Cristo, il suo prezzo era: “Se . . . fai un atto di adorazione dinanzi a me, sarà tutta tua”. (Luca 4:5-7) In modo corrispondente il trono o l’autorità della “bestia selvaggia” deve esserle stata concessa a condizione che servisse Satana.

      Parlando della posizione di Gesù quale principale Artefice di Dio, Paolo menziona che per mezzo di Cristo furono creati dei “troni”. Questo termine sembra riferirsi a posizioni di autorità, sia visibili che invisibili, all’interno della disposizione amministrativa di Dio. — Col. 1:16.

  • Tummim
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    • Tummim

      Vedi URIM E TUMMIM.

  • Tuono
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    • Tuono

      Fragore che accompagna i lampi. Il tuono è provocato dall’improvvisa espansione dell’aria surriscaldata dalla scarica elettrica, aria che viene allontanata con violenza dal percorso del lampo e poi torna indietro. — Giob. 28:26; 38:25.

      Il verbo ebraico ra‘àm significa “essere infuriato, ruggire, tuonare” e a volte ricorre in relazione a Geova (I Sam. 2:10; II Sam. 22:14; Sal. 18:13), Colui che a volte ha impiegato il tuono per compiere la sua volontà. Per esempio, al tempo di Salomone, Geova per mezzo del tuono causò confusione fra i filistei. (I Sam. 7:10; confronta Isaia 29:6). Un altro termine ebraico, qohl, a volte tradotto “tuono” (I Sam. 12:17, 18), fondamentalmente significa “chiamare” o “far risuonare, dire”. Questo termine, secondo il contesto, può essere reso anche “suono” (Eso. 28:34, 35; I Sam. 15:14; II Sam. 6:15) o “voce”. — Deut. 21:18; I Re 19:12.

      Il pauroso fragore del tuono viene associato con la voce di Geova. (Giob. 37:4, 5; 40:9; Sal. 29:3-9) Quando alcuni ebrei udirono Geova parlare dal cielo a Gesù, non erano d’accordo se fosse un tuono o la voce di un angelo. (Giov. 12:28, 29; confronta Rivelazione 6:1; 14:2; 19:6). Poiché il fragore del tuono spesso è il segno premonitore di un prossimo temporale, “tuoni” possono indicare avvertimenti divini, come in Rivelazione 8:5; 10:3, 4; 16:18.

      Per gli ebrei ai piedi del monte Sinai, il tuono che udirono fu una manifestazione della presenza di Dio. (Eso. 19:16; confronta Rivelazione 4:5; 11:19). Le parole del salmista, “[Io, Geova,] ti rispondevo nel nascondiglio del tuono”, possono riferirsi a quell’avvenimento o al fatto che Dio guidava Israele mediante una “colonna di nuvola” (di dove proviene il tuono). — Sal. 81:7.

  • Turbante
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    • Turbante

      Vedi COPRICAPO.

  • Turchese
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    • Turchese

      Pietra dura opaca, porosa, di colore azzurro pallido più o meno tendente al verde. È un fosfato idrato di alluminio con tracce di rame (da cui deriva il colore azzurro) e ferro (da cui deriva il colore verde). Quando le pietre azzurre sono surriscaldate o esposte alle intemperie, diventano verdi; questo a volte accade quando col passare del tempo le pietre perdono la loro umidità naturale. Ciò può spiegare l’apparente popolarità dei turchesi verdi nell’antichità. Gli antichi egizi usavano turchesi in gioielleria, e questi sono presenti nella Penisola Sinaitica sotto forma di noduli di un calcare rosso. Il nome “turchese” deriva da un termine francese antico che significa “pietra turca”, segno che un tempo la Turchia riforniva il mercato europeo.

      Il turchese è facile da incidere perché è una pietra relativamente tenera. Nel “pettorale del giudizio” indossato dal sommo sacerdote Aaronne era incastonato un turchese su cui era inciso il nome di una delle dodici tribù di Israele; e questa era la prima pietra della seconda fila di pietre preziose del pettorale. (Eso. 28:2, 15, 18, 21; 39:11) Il re di Tiro era figurativamente ‘coperto’ di ogni sorta di pietre preziose fra cui turchesi. (Ezec. 28:12, 13) Edom era il “commerciante” che procurava turchesi a Tiro, in cambio delle sue mercanzie. — Ezec. 27:2, 16.

  • Tutore
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    • Tutore

      [gr. paìdagogòs, servitore che accompagnava il ragazzo a scuola, istitutore o guida del ragazzo].

      In tempi biblici il tutore generalmente non era l’effettivo insegnante, ma colui che accompagnava il ragazzo quando andava e tornava da scuola e forse anche in altre attività. Egli affidava il ragazzo al maestro. Questo continuava dall’infanzia forse fino alla pubertà o più a lungo. Doveva tener lontano il ragazzo da pericoli morali o fisici. (Anche l’antico termine francese tuteur e il latino tutor significano letteralmente protettore o custode). Tuttavia i doveri del pedagogo includevano anche la disciplina, e poteva avere l’incarico di insegnare al ragazzo come comportarsi. I tutori a volte erano schiavi, o erano pagati per questo, e la loro disciplina poteva essere severa.

      Perciò Galati 3:24, 25 fa notare che “la Legge è divenuta il nostro tutore che conduce a Cristo, affinché fossimo dichiarati giusti a motivo della fede. Ma ora che la fede è arrivata, non siamo più sotto il tutore”. La Legge era rigida. Rivelava che gli ebrei erano trasgressori e li condannava. (Gal. 3:10, 11, 19) In effetti consegnò gli ebrei dovutamente disciplinati al loro Maestro, Gesù Cristo. L’apostolo Paolo dice: “Prima che arrivasse la fede, eravamo custoditi sotto la legge, tenuti insieme sotto custodia, aspettando la fede che era destinata ad essere rivelata”. — Gal. 3:23, NW.

      E ai corinti disse: “Sebbene abbiate diecimila tutori in Cristo, certamente non avete molti padri; poiché in Cristo Gesù io vi ho generati per mezzo della buona notizia”. (I Cor. 4:14, 15) Paolo per primo aveva portato il messaggio di vita a Corinto e quindi era come un padre per quella congregazione di cristiani credenti. Anche se in seguito altri poterono occuparsi dei loro interessi, come tutori a cui sono affidati i figli, questo non cambiava il rapporto di Paolo con i corinti. I “tutori”, come Apollo, potevano interessarsi sinceramente della congregazione, ma l’interessamento di Paolo era diverso poiché aveva provato nei loro confronti il travaglio della paternità spirituale. — Confronta Galati 4:11, 19, 20.

  • Ubbidienza
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    • Ubbidienza

      Il sottomettersi all’autorità; fare ciò che viene comandato; attenersi a ciò che è richiesto o astenersi da ciò che è proibito.

      Nelle Scritture Ebraiche l’idea di ubbidienza è espressa dal verbo shamà’, che fondamentalmente significa “udire o ascoltare”. Quindi a volte shamà’ signIfica semplicemente udire, percepire qualche cosa mediante gli organi dell’udito. (Gen. 3:10; 21:26; 34:5) Ma quando ciò che viene detto esprime volontà, desiderio, istruzioni o comandi, allora il senso del termine ebraico è prestare attenzione o ubbidire a colui che parla. Adamo ‘ascoltò’ la voce della moglie, vale a dire acconsentì al suo desiderio mangiando con lei il frutto proibito. (Gen. 3:17; confronta 21:12). Giuseppe rifiutò di ‘ascoltare’ le insistenti proposte della moglie di Potifar. (Gen. 39:10, NW) Il re Saul temette il popolo e ‘ubbidì alla [ascoltò la] loro voce’, trasgredendo così all’ordine di Dio. (I Sam. 15:24) La promessa relativa a un seme fatta da Geova ad Abraamo si adempì perché Abraamo ‘ascoltò’ o ubbidì alla voce di Geova, osservando i suoi comandi. — Gen. 22:18; 26:4, 5; confronta Ebrei 11:8; vedi ORECCHIO.

      Lo stesso termine ebraico è usato per indicare che Dio ‘ode’ o ‘ascolta’ gli uomini. In questi casi il termine italiano “ubbidienza” non è appropriato, perché esseri umani non possono dare ordini a Dio ma possono solo invocarlo o supplicarlo. Perciò, quando Dio disse ad Abraamo “riguardo a Ismaele ti ho udito”, voleva dire che aveva preso in considerazione la sua richiesta e avrebbe agito di conseguenza. (Gen. 17:20) Similmente Dio ha ‘udito’ o risposto alle invocazioni di persone afflitte o in difficoltà, esaudendole quando ha ritenuto opportuno mostrare misericordia. — Gen. 16:11; 29:33; 21:17; Eso. 3:7-9; confronta Deuteronomio 1:45.

      Come shamà‘, un verbo greco che esprime l’idea di ubbidire è hypakoùo (sostantivo hypakoè) composto da hupò, “sotto” e akoùo, “udire”. Uno dei significati particolari di questo verbo è: “di portinaio, rispondere a chi bussa”, e in questo senso è usato in Atti 12:13. Un altro verbo usato nel senso di ubbidire è pèitho, che significa persuadere, convincere. Al medio e al passivo significa non solo essere persuaso (Luca 16:31), confidare (Matt. 27:43), credere (Atti 17:4), ma anche prestare ascolto (Atti 5:40), ubbidire. (Atti 5:36, 37) Da questo verbo derivano la forma negativa apeithèo (che significa non credere [Atti 14:2; 19:9] o disubbidire [Giov. 3:36]) e anche altri termini affini.

      Da quanto sopra è evidente che l’ubbidienza, come è intesa nelle lingue originali delle Scritture, dipende prima di tutto dall’udire, cioè dal percepire determinate informazioni o nozioni (confronta Luca 12:47, 48; I Timoteo 1:13), e quindi dall’acconsentire alla volontà o al desiderio di chi parla o esprime altrimenti tale volontà o desiderio. La sottomissione a sua volta dipende dal riconoscerne l’autorità o il diritto di chiedere o esigere la reazione voluta, e anche dal desiderio o volontà di adeguarsi al suo volere. Com’è indicato dai verbi greci pèitho e apeithèo, è implicita l’idea di credere, fidarsi e confidare.

      L’UBBIDIENZA A DIO, INDISPENSABILE PER LA VITA

      Dio ha prima di ogni altro diritto all’ubbidienza di tutte le creature. Esse giustamente devono ubbidienza assoluta a lui, loro Fattore e Fonte da cui la vita deriva e dipende. (Sal. 95:6-8) Siccome è l’Onnisapiente e Onnipotente Dio, ciò che dice merita il massimo rispetto e attenzione. Un padre umano si aspetta giustamente che i figli eseguano la sua parola, e se un figlio tarda a rispondere il genitore può dire energicamente: “Mi hai sentito?” Tanto più il Padre celeste richiede giustamente attenzione ricettiva e risposta pronta alle sue parole. — Confronta Deuteronomio 21:18-21; Proverbi 4:1; Isaia 64:8; I Pietro 1:14.

      L’ubbidienza è insostituibile: senza di essa non si può avere il favore di Dio. Samuele disse al re Saul: “Ha Geova tanto diletto negli olocausti e nei sacrifici quanto nell’ubbidienza [forma di shamà’] alla voce di Geova? Ecco, ubbidire [lett. ascoltare] è meglio del sacrificio e prestare attenzione più del grasso di montoni”. (I Sam. 15:22) Disubbidire significa rigettare la parola di Geova, dimostrare di non credere, confidare o avere veramente fede in quella parola e nella sua Fonte. Quindi chi disubbidisce non è diverso da chi pratica la divinazione o ricorre a idoli. (I Sam. 15:23; confronta Romani 6:16). Le espressioni verbali di assenso non significano nulla se non sono accompagnate dall’azione richiesta; la mancanza di reazione rivela mancanza di fede o rispetto per la fonte delle istruzioni. (Matt. 21:28-32) Chi si accontenta di udire e accettare a livello mentale la verità di Dio, ma non fa ciò che richiede, inganna se stesso con falsi ragionamenti e non è benedetto. (Giac. 1:22-25) Il Figlio di Dio spiegò chiaramente che anche coloro che fanno cose simili a quelle comandate, ma evidentemente in modo sbagliato o per un motivo sbagliato, non potranno mai entrare nel Regno, ma saranno assolutamente esclusi. — Matt. 7:15-23.

  • Ubriachezza
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Ubriachezza

      Condizione dovuta a eccessiva ingestione di bevande alcoliche. Ubriacone è chi eccede abitualmente nel bere alcolici al punto di ubriacarsi.

      Alcune bevande inebrianti usate anticamente nei paesi biblici erano vino di uva (Deut. 32:14), e bevande alcoliche a base di altra frutta come melegrane (Cant. 8:2), o di cereali. (Isa. 1:22) L’uso moderato di vino e altre bevande alcoliche è consentito da Geova, che provvede il “vino che fa rallegrare il cuore dell’uomo mortale”. — Sal. 104:14, 15.

      CONDANNATA DALLA BIBBIA

      L’ingestione di bevande alcoliche al punto di ubriacarsi è chiaramente disapprovata dalla Bibbia. Il saggio scrittore di Proverbi fa un quadro vivido e scientificamente accurato degli effetti dell’eccedere nel bere alcolici, e avverte: “Chi ha guai? Chi ha difficoltà? Chi ha contese? Chi ha preoccupazioni? Chi ha ferite senza ragione? Chi ha occhi offuscati? Quelli che stanno lungo tempo col vino, quelli che vengono a cercar vino mischiato. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel calice [quando il vino di qualsiasi colore fa vedere rosso; quando tutto sembra rosso], quando va giù diritto [quando scende in gola con gran facilità]. Alla fine morde proprio come un serpente, e secerne veleno proprio come una vipera [può fare ammalare fisicamente (per esempio, causare cirrosi epatica) e mentalmente (provocare delirium tremens), e anche uccidere]. I tuoi propri occhi vedranno cose strane [l’alcool agisce sui centri di controllo del cervello, inibendoli; sentimenti normalmente repressi affiorano; si hanno allucinazioni; i vuoti di memoria sono colmati raccontando esperienze fantastiche nel modo più plausibile; il comportamento personale è privo di inibizioni], e il tuo proprio cuore pronuncerà cose perverse [cattivi motivi avranno il sopravvento; confronta Osea 4:11]”.

      Quindi lo scrittore descrive l’esperienza personale dell’ubriacone: “E per certo diverrai come uno che giace nel cuore del mare [provando lo stato di confusione di chi annega e cade nell’incoscienza], pure come uno che giace in cima all’albero di una nave [dove il rullio della nave è molto più forte e la vita dell’ubriacone è in pericolo: può avere un incidente, venirgli un colpo, essere coinvolto in una lite, ecc.]. ‘Mi hanno colpito, ma non mi sono ammalato; mi hanno percosso, ma non l’ho conosciuto [dice l’ubriacone, come se parlasse tra sé; insensibile a ciò che accadeva realmente e alle sofferenze che il suo stato

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