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Lavoro, operaAusiliario per capire la Bibbia
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relazione a cose spirituali non sarebbe mancato il necessario per vivere. (Luca 10:7) Però, come l’apostolo Paolo fece notare ai tessalonicesi, il pigro che rifiuta di lavorare non merita di mangiare a spese degli altri, ma deve imparare a lavorare con le sue mani per soddisfare le proprie necessità. (I Tess. 4:11; II Tess. 3:10, 12) Similmente viene detto: “Il ladro non rubi più, ma piuttosto fatichi”. — Efes. 4:28.
QUALITÀ DEL LAVORO
Qualsiasi lavoro svolga, il servitore di Geova deve ricordarsi della sua relazione con Dio, facendo ogni cosa “con tutta l’anima come a Geova, e non agli uomini”. (Col. 3:23) Questo vuol dire essere industriosi (Prov. 10:4; 13:4; 18:9), onesti e fedeli. Così facendo si rende gloria a Dio, com’è evidente dall’esortazione rivolta agli schiavi cristiani: “Gli schiavi siano sottoposti ai loro proprietari in ogni cosa, e facciano loro piacere, non contraddicendo, non commettendo furto, ma mostrando appieno buona fedeltà, onde adornino in ogni cosa l’insegnamento del nostro Salvatore, Dio”. — Tito 2:9, 10; Efes. 6:5-8; Ebr. 13:18.
GIUSTA VALUTAZIONE DEL FRUTTO DEL PROPRIO LAVORO
I cristiani dovrebbero attendere che Dio benedica il loro lavoro e non essere eccessivamente ansiosi per i loro bisogni materiali. Gesù consigliò ai suoi seguaci di cercare prima il Regno (Matt. 6:11, 25-33) e li esortò a operare “non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per la vita eterna”. (Giov. 6:27) Perciò i servitori di Dio amministrano saggiamente il denaro e le cose materiali che si procurano col lavoro, considerandoli subordinati alla molto più importante ricchezza spirituale. Inoltre impiegano le risorse materiali ottenute con duro lavoro per promuovere gli interessi spirituali, e così ‘si fanno amici’ Dio e Cristo. — Eccl. 7:12; Luca 12:15-21; 16:9.
OPERE DA EVITARE
Geova determina quali opere sono corrette e quali scorrette. Egli “porterà ogni sorta di opera in giudizio relativamente a ogni cosa nascosta, in quanto a se è buona o cattiva”. (Eccl. 12:13, 14) Inoltre Dio tratterà ciascuno secondo la sua opera. (Sal. 62:12) Questa, e specialmente l’amore per Geova Dio, è una buona ragione per evitare ciò che è scorretto e per fare ciò che è piacevole ai suoi occhi. — I Giov. 5:3; Sal. 34:14; 97:10; Amos 5:14, 15.
Per avere il favore di Dio i cristiani devono evitare le “opere della carne”, cioè cose come fornicazione, condotta dissoluta, idolatria, pratica di spiritismo, odio, accessi d’ira e ubriachezza. Pratiche del genere impediscono di ereditare il regno di Dio e sono evidentemente incluse fra le “infruttuose opere che appartengono alle tenebre”, opere che non sono di nessun beneficio. — Gal. 5:19-21; Efes. 5:3-14; I Piet. 4:3; confronta Giovanni 3:20, 21.
OPERE GIUSTE
Perché la propria opera abbia successo è indispensabile confidare in Geova Dio. (Sal. 127:1; Prov. 16:3) È Dio che sostiene e rafforza chi opera per fare la sua volontà. (II Cor. 4:7; Filip. 4:13) Mentre la vita umana abbonda di opere vane (Eccl. 2:10, 11; vedi ECCLESIASTE), le opere che hanno relazione con la vera adorazione non sono mai vane. Gli ebrei cristiani furono rassicurati: “Dio non è ingiusto da dimenticare la vostra opera e l’amore che avete mostrato per il suo nome, in quanto avete servito e continuate a servire i santi”. (Ebr. 6:10) Tale opera includeva senz’altro il dare aiuto materiale o mostrare in altri modi benignità a chi era nel bisogno o a chi soffriva o era perseguitato. (Confronta Efesini 4:28; Filippesi 4:14-19; I Timoteo 6:17, 18; Giacomo 1:27). Altre opere eccellenti sono quella di fare discepoli (Matt. 28:19, 20; I Cor. 3:9-15) e, per gli uomini, di prestare servizio come sorvegliante in una congregazione cristiana e ammaestrare i compagni di fede. — I Tess. 5:12, 13; I Tim. 3:1; 5:17.
FEDE E OPERE
Le opere della legge mosaica, che includevano la circoncisione, i sacrifici e le cerimonie di purificazione, non potevano far dichiarare giusta una persona. (Rom. 3:20; 4:1-10; Gal. 3:2) Eppure il discepolo Giacomo — che non parlava delle opere della legge mosaica — dice che “l’uomo è dichiarato giusto dalle opere e non dalla fede soltanto” (Giac. 2:24), poiché ci vogliono azioni pratiche che dimostrino la sua fede, ne diano prova. (Confronta Matteo 7:21-27; Efesini 2:8-10; Giacomo 1:27; 2:14-17; 4:4). Per esempio, Abraamo compì opere che dimostravano la sua fede, infatti fu pronto a sacrificare Isacco. Anche Raab manifestò la sua fede con le opere nascondendo gli esploratori israeliti. — Ebr. 11:17-19; Giac. 2:21-25.
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LazzaroAusiliario per capire la Bibbia
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Lazzaro
(Làzzaro) [forma contratta del nome ebraico Eleazaro, che significa Dio ha aiutato].
1. Fratello di Marta e Maria; la sua risurrezione fu uno dei più notevoli miracoli di Gesù Cristo. (Giov. 11:1, 2) Gesù amava profondamente questa famiglia che abitava a Betania, sulla strada per Gerico a “circa tre chilometri” da Gerusalemme (Giov. 11:5, 18), ed era stato loro ospite, forse abituale. — Luca 10:38-42.
Le due sorelle mandarono a dire a Gesù, in quei giorni al di là del Giordano, che il loro fratello Lazzaro era molto malato. Senza dubbio nutrivano la speranza che Gesù l’avrebbe guarito. (Giov. 11:3, 21, 32) Tuttavia, invece di recarsi immediatamente a Betania, o di guarire Lazzaro a distanza, come era avvenuto nel caso del servo di un ufficiale dell’esercito (Matt. 8:5-13), Gesù rimase dov’era per altri due giorni. Quando giunse nelle vicinanze di Betania gli andarono incontro prima Marta e poi Maria. Lazzaro era spirato e ormai era morto da quattro giorni. — Giov. 11:6, 17, 20, 30-32.
Parlando con Marta, Gesù colse l’occasione per dar risalto alla risurrezione. (Giov. 11:23-27) Presto le sue parole avrebbero assunto maggior significato. Giunto alla tomba o caverna dove Lazzaro era sepolto, Cristo ordinò che fosse tolta la pietra che ne chiudeva l’entrata. Poi, in preghiera al Padre celeste, dimostrò che uno degli obiettivi del miracolo che stava per fare era quello di far capire alla folla dei presenti che era stato mandato da Dio. (Giov. 11:38-42) Quindi chiamò il defunto Lazzaro fuori dalla tomba, ed egli uscì, senza dubbio tra lo stupore e la gioia dei presenti. — Giov. 11:43, 44.
Questo miracolo indusse molti a riporre fede in Gesù, ma spinse i capi sacerdoti e i farisei a tramare la sua morte. La collera dei capi sacerdoti aumentò quando una gran folla di ebrei venne a vedere non solo Gesù, ma anche il risuscitato Lazzaro. A motivo di Lazzaro molti ebrei riponevano fede in Gesù, e perciò i capi sacerdoti risolsero di uccidere anche lui. (Giov. 11:45-53; 12:1-11) Tuttavia non c’è alcuna prova biblica che quei nemici religiosi abbiano attuato il loro malvagio piano contro Lazzaro.
La descrizione che fa Giovanni della risurrezione di Lazzaro è stata contestata da alcuni critici della Bibbia. Essi fanno notare che gli altri Vangeli non menzionano l’episodio. Un esame di questi rivela però che neanche gli scrittori dei Vangeli sinottici riferirono ogni azione compiuta da Gesù. Per esempio, solo Luca parla della risurrezione del figlio della vedova di Nain. (Luca 7:11-15) Giovanni non era solito ripetere quello che avevano scritto altri. E la risurrezione di Lazzaro ne è un notevole esempio.
Non c’è alcuna indicazione biblica né ragione qualsiasi per collegare questo personaggio storico col mendicante della parabola di Gesù del ricco e di Lazzaro.
2. Nome dato al mendicante nell’illustrazione di Gesù nota come la parabola del ricco e di Lazzaro. (Luca 16:19-31) Nella Vulgata il termine “ricco” era tradotto con l’aggettivo latino dives, erroneamente interpretato da alcuni come un nome proprio. Comunque, il nome ebraico Lazzaro era comune nell’antichità, com’è confermato da iscrizioni mortuarie.
Nella parabola, Lazzaro, un mendicante pieno di ulcere, se ne stava alla porta del ricco per sfamarsi con ciò che cadeva dalla sua sontuosa mensa. In seguito Lazzaro morì e fu portato da angeli nella posizione del seno di Abraamo (posto paragonabile a quello occupato da chi nell’antichità, durante un pasto, stava sdraiato davanti a un altro sullo stesso divano). Abraamo ebbe una conversazione col ricco che, morto anche lui, era stato sepolto e si trovava nell’Ades, nei tormenti. Una “grande voragine” invalicabile separava il ricco da Abraamo e Lazzaro. La richiesta del ricco che Abraamo mandasse Lazzaro dai suoi cinque fratelli, ‘per dar loro una completa testimonianza’ nella speranza di risparmiare loro la stessa esperienza, fu respinta per la ragione che avevano “Mosè e i Profeti”, e se non avevano ascoltato quelli “non saranno persuasi nemmeno se qualcuno sorge dai morti”.
Il contesto e la forma stessa della narrazione indicano chiaramente che si tratta di una parabola e non di una storia vera. Non viene esaltata la povertà, né condannata la ricchezza, ma piuttosto sono messi in risalto la fede, la condotta, il premio finale e il capovolgimento della situazione o condizione spirituale di coloro che sono rappresentati da Lazzaro e dal ricco. Il fatto che i fratelli del ricco avessero rigettato Mosè e i profeti indica inoltre che l’illustrazione aveva significato e obiettivo più profondi del semplice contrasto fra povertà e ricchezza.
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LeaAusiliario per capire la Bibbia
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Lea
(Lèa) [forse, stanca; oppure, mucca selvatica].
Figlia maggiore di Labano pronipote di Abraamo; cugina di Giacobbe, essendo Labano fratello di Rebecca, madre di Giacobbe. (Gen. 22:20-23; 24:24, 29; 29:16) Lea non era bella come la sorella minore Rachele, specie perché i suoi occhi non brillavano, erano scialbi o deboli. (Gen. 29:17) Per una donna orientale, avere occhi luminosi o brillanti è segno di bellezza. — Confronta Cantico di Salomone 1:15; 4:9; 7:4.
Lea diventò la prima moglie di Giacobbe perché di notte Labano lo ingannò dandogliela in moglie invece di Rachele, che Giacobbe amava. Questi protestò di esser stato truffato, ma Labano ribatté che secondo la consuetudine locale non si doveva dare in moglie la figlia minore prima della primogenita. (Gen. 29:18-26) Lea probabilmente era velata, in osservanza dell’antico uso orientale che imponeva a una futura sposa di portare un pesante velo, e questo senza dubbio contribuì al successo dell’inganno. Giacobbe aveva lavorato sette anni pensando a Rachele, e invece gli fu data Lea. Rachele gli venne concessa dopo che ebbe celebrato per un periodo di sette giorni il matrimonio con Lea, ma per averla dovette lavorare altri sette anni. — Gen. 29:27, 28.
La Bibbia ci dice che Lea era “odiata”. (Gen. 29:31, 33) Ma riferisce pure che, dopo aver finalmente sposato Rachele, Giacobbe “espresse più amore a Rachele che a Lea”. (Gen. 29:30) Senza dubbio Giacobbe non provava rancore per Lea, ma era più affettuoso con Rachele, la moglie preferita. Continuò tuttavia a prendersi cura di Lea e ad avere rapporti sessuali con lei. Il fatto che Lea fosse “odiata” significava solo che Giacobbe l’amava meno di Rachele. — Vedi ODIO.
Lea fu la madre di sette dei figli di Giacobbe: sei maschi, Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar e Zabulon, e una femmina, Dina. (Gen. 29:32-35; 30:16-21) Perciò in Rut 4:11 Lea è menzionata insieme a Rachele poiché “edificarono entrambe la casa d’Israele”. Lea ebbe l’onore di essere la madre di Levi, il capostipite della tribù sacerdotale di Israele, e di Giuda, padre della tribù reale della nazione.
Lea e i suoi figli accompagnarono Giacobbe quando partì da Paddan-Aram per tornare in Canaan, suo paese nativo. (Gen. 31:11-18) Prima di incontrare Esaù per via, Giacobbe suddivise prudentemente i figli di Lea, di Rachele e delle loro serve, mettendo queste con i loro figli davanti, poi Lea e i suoi figli, e infine Rachele con Giuseppe. (Gen. 33:1-7) I figli di Lea andarono con Giacobbe in Egitto, ma la Bibbia non dice che ci sia andata anche lei. (Gen. 46:15) La data, il luogo e le circostanze della sua morte non sono indicati, ma può darsi che sia morta in Canaan. Comunque il patriarca fece deporre il corpo della moglie nella tomba di famiglia, la caverna nel campo di Macpela. Le istruzioni di Giacobbe per la propria sepoltura indicano che desiderava esser sepolto dove erano stati sepolti Abraamo e Sara, Isacco e Rebecca, e anche Lea. — Gen. 49:29-32.
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LealtàAusiliario per capire la Bibbia
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Lealtà
Nel senso di fedeltà a un sovrano, a un governo, a un condottiero o a una causa, indica devoto attaccamento, un sentimento di devozione a qualche cosa o a qualcuno, fedeltà a chi è dovuta.
Nelle Scritture Ebraiche l’aggettivo hhasìdh viene tradotto con i vari aggettivi italiani “leale”, “benigno”, “santo” e simili. Il sostantivo hhèsedh indica benignità, ma contiene qualcosa di più dell’idea di tenera cura o benignità che deriva da amore, anche se include questi aspetti. È una benignità che si attiene amorevolmente a un obiettivo finché non consegue lo scopo che si prefigge. Tale è la benignità che Dio manifesta verso i suoi servitori e che essi manifestano verso di lui. Perciò rientra nel campo della lealtà, una lealtà giusta, devota, santa.
Nelle Scritture Greche il sostantivo hosiòtes e l’aggettivo hòsios contengono l’idea di santità, giustizia, riverenza, devozione, pietà; rigorosa osservanza di tutti i doveri verso Dio. Sottintendono una giusta relazione con Dio.
Sembra che non esista un termine italiano che possa esprimere con esattezza il pieno significato dei termini ebraico e greco, ma “lealtà”, che esprime il concetto di devozione e fedeltà, messa in relazione con Dio e il suo servizio, rende abbastanza bene l’idea. Il modo migliore per comprendere appieno il significato dei termini biblici in questione è quello di esaminare l’uso che ne fa la Bibbia.
LEALTÀ DI GEOVA
Geova Dio, il sommamente Santo, devoto com’è
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