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Prova di umiltàLa Torre di Guardia 1972 | 15 settembre
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Ci vuole anche umiltà da parte di tutti gli altri membri della congregazione per cooperare con gli anziani, sostenendo le loro decisioni e assistendoli nel compimento della loro importante opera. Questo è in armonia con l’ammonimento biblico: “Siate ubbidienti a quelli che prendono la direttiva fra voi e siate sottomessi, poiché essi vigilano sulle vostre anime come coloro che renderanno conto; affinché facciano questo con gioia e non sospirando, poiché questo sarebbe dannoso per voi”. — Ebr. 13:17.
È vero che gli anziani sono uomini imperfetti. Fanno sbagli. Ma se i perfetti, angelici figli di Dio sono disposti a servire i loro bisogni e i nostri, certo noi tutti dovremmo volerci umilmente sottomettere alla disposizione di Geova. Cooperando con questi uomini possiamo contribuire molto alla nostra felicità e al nostro benessere. Pertanto, facciamo tutti ogni sforzo per superare con successo la prova dell’umiltà, alla gloria del nostro umile celeste Padre, Geova Dio.
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“Sforzatevi con vigore”!La Torre di Guardia 1972 | 15 settembre
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“Sforzatevi con vigore”!
“Sforzatevi con vigore per entrare dalla porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare ma non potranno”. — Luca 13:24.
1. Quale pratico consiglio ricevette una classe di diplomandi di Galaad?
IL PRINCIPALE oratore alla cerimonia per il conferimento dei diplomi della Scuola Biblica Torre di Guardia di Galaad consigliò non molto tempo fa a quelli che sarebbero stati presto missionari: “Ogni giorno della nostra vita, dovremmo poter andare a letto la sera essendo lieti, felici, di quel giorno di vita, perché dovremmo poter vedere il bene che abbiamo fatto a motivo del nostro duro lavoro . . . Lavorate duramente e poi vi rallegrerete per le cose che fate”. Il consiglio del presidente della Società Torre di Guardia era sia pratico che ben fondato nelle Scritture. Il duro lavoro è essenziale per avere la felicità, specialmente per chi è impegnato a proclamare l’imminente nuovo sistema di cose di Geova.
2. Descrivete l’atteggiamento verso il lavoro che prevale nel mondo odierno.
2 Se vi sei impegnato, come consideri il tuo lavoro nel ministero cristiano? Sei disposto a dedicartici con diligenza? È la principale fonte di felicità nella tua vita? Provi vera gioia nell’opera di predicazione e di insegnamento che compi, sforzandoti di divenire abile in essa e condividendone liberalmente con altri i vantaggi? Ciò è ottimo, poiché chi vuole ricadere nell’atteggiamento così prevalente oggi nel mondo verso il lavoro? Da ogni parte le persone sembrano veramente riluttanti a dedicarsi al lavoro e molti che le assumono si lamentano che diventano sempre più lente, fiacche e indifferenti. “Va piano; l’impiego che risparmi può essere il tuo”, si dice sia il motto di molti rappresentanti sindacali di officine. Si afferma che gli scioperi siano il flagello della società in molti paesi, dove l’agitazione dei lavoratori diventa sempre più preoccupante per i datori di lavoro. I mutevoli atteggiamenti verso il lavoro furono messi in risalto da un ragazzo: “Non ditemi come devo lavorare. Sono di una generazione diversa e noi non lavoriamo proprio così duramente”.
3. Qual è un altro aspetto del problema del non lavorare?
3 Non solo lo strenuo lavoro diventa sempre più impopolare ma evidentemente molti sono favorevoli ai mezzi per evitare interamente il lavoro. Questo aspetto del problema del non lavorare è presentato nel numero di U.S. News & World Report dell’8 febbraio 1971 sotto il tema “Incontrollata l’assistenza pubblica”, che deplorava la prevalente situazione di cui quella della città di New York è un esempio, dove una persona su sei si affermava fosse a carico dell’assistenza pubblica, principalmente a causa di “abbandono finanziario” da parte di padri che si rifiutano di lavorare, e si sottraggono alla responsabilità di sostenere i loro figli e le madri di quei figli. Nel suo messaggio allo Stato dell’Unione pronunciato il 22 gennaio 1971, il presidente degli Stati Uniti, proponendo soluzioni per il grave problema, dichiarò: “Stabiliamo anche un efficace incentivo a lavorare e un’efficace esigenza di lavorare”.
4. (a) Devono i cristiani essere costretti a lavorare? (b) Perché l’uomo dovrebbe provare gioia nel lavoro che fa?
4 I veri cristiani non devono essere costretti a lavorare. Tale pigrizia è condannata dalla Bibbia, che dà questo comando: “[Abbiate] la mira di vivere quietamente e di pensare ai fatti vostri e a lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato”. (1 Tess. 4:11) Dio fece l’uomo in modo che provasse piena gioia nel lavoro che fa, traendone profonda soddisfazione e contentezza. Tale provvedimento è davvero un meraviglioso dono e una benedizione di Geova. “Ogni uomo mangi e in realtà beva e veda il bene per tutto il suo duro lavoro. È il dono di Dio. E ho visto che non c’è nulla di meglio se non che l’uomo si rallegri nelle sue opere, poiché questa è la sua porzione”. — Eccl. 3:13, 22; 2:10, 24; 5:18.
5. Spiegate perché il popolo di Dio deve evitare gli atteggiamenti mondani verso il lavoro.
5 Conformemente, il popolo di Dio deve evitare gli atteggiamenti mondani verso il lavoro. È essenziale che lavorino per sostenere se stessi e i loro cari ‘facendo onesta provvisione non solo dinanzi a Geova, ma anche dinanzi agli uomini’. (2 Cor. 8:21; 2 Tess. 3:10; 1 Tim. 5:8) Essi sanno bene che la pigrizia condurrà alla povertà e alla rovina non solo riguardo al sostentamento materiale ma specialmente riguardo alle cose spirituali. (Prov. 10:4; 24:33, 34; 21:25) Considerare che tali cose facciano semplicemente parte della vita sarebbe disastroso, specialmente se la pigrizia contagiasse le proprie opere spirituali e colpisse la propria spiritualità. Veramente, “la pigrizia fa cadere nel profondo sonno, e l’anima pigra si affama”. — Prov. 19:15.
PERCHÉ I TESTIMONI DI GEOVA SI TENGONO OCCUPATI
6. (a) Perché i testimoni di Geova sono persone molto occupate? (b) In che modo tenendosi occupati si proteggono e hanno felicità?
6 Come potevate aspettarvi, i testimoni di Geova sono persone molto occupate, ma sono forse da compatire perché si
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