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  • Pietro, lettere di
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • B. Bisogna prestare attenzione alla parola profetica, prodotta dallo spirito di Dio e resa più sicura da visione della trasfigurazione (1:16-21)

      C. Guardarsi da falsi insegnanti e altre persone corrotte (2:1-22)

      1. Falsi insegnanti sarebbero sorti fra i cristiani; non sfuggiranno alla condanna, come dimostrato da ciò che accadde a angeli disubbidienti, mondo dei giorni di Noè, Sodoma e Gomorra (2:1-10)

      2. Descrizione di coloro che desiderano contaminare la carne e disprezzare l’autorità (2:10-19)

      3. Chi si allontana dal sentiero della giustizia è simile a cane che torna al proprio vomito e a scrofa lavata che si rotola nel fango (2:20-22)

      D. Bisogna avere in mente giorno di Geova e promessa di nuovi cieli e nuova terra (3:1-18)

      1. Sicura venuta del giorno di Geova; schernitori ignorano avvenuta distruzione degli empi ai giorni di Noè (3:1-7)

      2. Geova non è lento ma paziente, dà opportunità di pentirsi ed evitare distruzione (3:8-10)

      3. Bisogna mantenere buona condotta e non lasciarsi sviare, in vista della prossima distruzione e dell’introduzione di nuovi cieli e nuova terra (3:11-18)

      Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 247-251.

  • Pigrizia
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    • Pigrizia

      Riluttanza o avversione a compiere sforzi o a lavorare; inerzia, indolenza, ignavia, lentezza. La radice verbale ebraica ʽatsàl può significare “piegarsi, chinarsi o riposare”, e sembra dare principalmente l’idea di rilassatezza, apatia. Alcune forme derivate da questo verbo vengono tradotte “pigro”, “pigrizia”. Il termine greco okneròs, riferito a persone significa “lento, tardo, esitante, indolente o pigro”. Un altro termine, nothròs, significa “lento, pigro, torpido”.

      Geova e suo Figlio, i due massimi Lavoratori, odiano la pigrizia. Gesù disse: “Il Padre mio ha continuato a operare fino ad ora, e io continuo a operare”. (Giov. 5:17) Nella Parola di Dio il pigro è sempre ammonito e la pigrizia condannata. La persona pigra non è come colui che l’apostolo Paolo definisce ‘autosufficiente’, cioè che si accontenta di avere ‘nutrimento e di che coprirsi’. (I Tim. 6:6-8) Anzi di solito desidera molto più che semplice cibo e vestiario. “Il pigro si mostra desideroso, ma la sua anima non ha nulla”. (Prov. 13:4) Inoltre non ha considerazione né rispetto per il prossimo, ma preferisce lasciare che qualcun altro faccia il suo lavoro, persino gli provveda le cose che desidera. — Prov. 20:4.

      MENTALITÀ DEL PIGRO

      Nel libro di Proverbi troviamo una descrizione dell’uomo pigro. Prima di tutto erige barriere nella propria mente per giustificare il fatto di non mettersi all’opera. “La via del pigro è come una siepe di pruni”. (Prov. 15:19) Vede il compito che gli sta davanti come una strada irta di rovi, molto difficile da attraversare. Quindi accampa ridicole scuse per la sua indolenza, dicendo: “Fuori c’è un leone! Sarò assassinato in mezzo alle pubbliche piazze!” come se il lavoro comportasse un pericolo che in realtà non esiste. (Prov. 22:13) Spesso la pigrizia è accompagnata da codardia, da timorosa esitazione. (Matt. 25:26, NW, nota in calce; II Tim. 1:7) Anche se viene consigliato e incoraggiato da altri, si rivolta nel letto ‘come una porta sui cardini’, quasi non potesse alzarsi. È troppo pigro anche per nutrirsi. “Ha nascosto la sua mano nella scodella da banchetto; è divenuto troppo stanco per portarsela alla bocca”. (Prov. 26:14, 15; 19:24) Ma inganna se stesso pensando in cuor suo di aver ragione.

      Un individuo del genere si lascia andare a ragionamenti capziosi e immaginari. Può pensare che il lavoro gli nuocerà alla salute o di essere troppo stanco. Secondo lui ‘il mondo è tenuto a mantenerlo’. Oppure rimanda tutto a domani. (Prov. 20:4) Qualsiasi piccola cosa abbia fatto ritiene di aver fatto la sua parte, quanto chiunque altro. Mentre tutte le persone diligenti potrebbero dare una risposta sensata a simili argomenti, lui è ‘più saggio ai suoi propri occhi’, ritenendo che siano sciocchi a darsi tanto da fare e cercare di incoraggiarlo a fare la stessa cosa. — Prov. 26:13-16.

      RETRIBUZIONE DELLA PIGRIZIA

      Anche se il pigro può pensare che più tardi si metterà a lavorare, la retribuzione della sua pigrizia improvvisamente lo raggiunge ed è troppo tardi; infatti gli viene detto: “Dormire ancora un po’, sonnecchiare ancora un po’, piegare ancora un po’ le mani nel giacere, e certo la tua povertà verrà proprio come un vagabondo e la tua indigenza come un uomo armato”. — Prov. 6:9-11; vedi anche Proverbi 24:30, 31; Ecclesiaste 10:18.

      Chi dà lavoro a un pigro o si fa rappresentare da lui sarà deluso e contrariato e ci rimetterà, poiché “come l’aceto ai denti e come il fumo agli occhi, così è il pigro a quelli che lo mandano”. — Prov. 10:26.

      La pigrizia dell’indolente finirà per avere terribili conseguenze, infatti “la medesima brama del pigro lo metterà a morte”. Egli vuole cose che non gli spettano, o errate in se stesse. Può rovinarsi cercando di ottenerle. Ad ogni modo la sua brama unita alla pigrizia lo allontana da Dio, la Fonte di vita. — Prov. 21:25.

      Il cristiano pigro non coltiva i frutti dello spirito, che animano e rendono attivi (Atti 18:25), ma in realtà si mette nei guai. Accarezza i desideri della carne. Ben presto finirà per ‘camminare disordinatamente’, “non lavorando affatto ma intromettendosi in ciò che non [lo] riguarda”. — II Tess. 3:11.

      COM’È VISTA NELLA CONGREGAZIONE CRISTIANA

      Nella primitiva congregazione cristiana esisteva una disposizione per dare aiuto materiale ai bisognosi, specie alle vedove. Sembra che alcune vedove più giovani esprimessero il desiderio di usare la propria libertà in quanto vedove per impegnarsi con zelo nel ministero cristiano. (Confronta I Corinti 7:34). Evidentemente ad alcune di queste veniva dato aiuto materiale. Ma invece di usare nel modo corretto la maggiore libertà e il tempo libero che avevano diventavano pigre, sfaccendate, oziose. Cominciavano a pettegolare e ficcare il naso negli affari altrui, parlando di cose di cui non dovevano parlare. Per questa ragione l’apostolo Paolo ordinò al sorvegliante Timoteo di non includere persone del genere fra coloro che ricevevano aiuto, ma di lasciare che si sposassero e sfruttassero le loro energie e attitudini organizzative nel badare ai figli e alla casa. — I Tim. 5:9-16.

      In quanto all’assistenza materiale nella congregazione cristiana, la regola biblica è: “Se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi”. (II Tess. 3:10) Il capofamiglia deve provvedere per i suoi familiari, e la moglie non deve mangiare “il pane di pigrizia”. — Prov. 31:27; I Tim. 5:8.

      EVITARE LA PIGRIZIA NELLO STUDIO E NEL MINISTERO

      Viene dato il consiglio di non essere pigri in quanto a studiare, acquistare più profondo intendimento dei propositi di Dio e impegnarsi nel ministero cristiano. L’apostolo Paolo riprese alcuni cristiani ebrei che non facevano progressi: “Siete divenuti di udito torpido [pigro]. Poiché, in realtà, mentre dovreste essere maestri a causa del tempo, avete ancora bisogno che qualcuno v’insegni dal principio le cose elementari dei sacri oracoli di Dio; e siete divenuti tali che avete bisogno di latte, non di cibo solido”. (Ebr. 5:11, 12) Inoltre esorta: “Non vi attardate [non siate indolenti] nelle vostre faccende. Siate ferventi nello spirito”. — Rom. 12:11.

      Gesù predisse che ci sarebbe stata una classe di persone che avrebbero asserito di essere suoi servitori i quali sarebbero diventati pigri e malvagi, non facendo nulla per accrescere gli interessi del Signore sulla terra. Il Signore, al suo ritorno, avrebbe tolto ciò che era stato loro affidato e li avrebbe gettati come uno “schiavo buono a nulla nelle tenebre di fuori”. — Matt. 25:18, 24-30.

  • Pilato
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    • Pilato

      Procuratore romano della Giudea durante il ministero terreno di Gesù. (Luca 3:1) Dopo la deposizione di Archelao, figlio di Erode il Grande, re della Giudea, l’imperatore affidò il governo della provincia a dei procuratori. Il quinto di questi fu Pilato, nominato da Tiberio nel 26 E.V., che rimase in carica per dieci anni.

      Poco si sa della storia personale di Ponzio Pilato. Secondo alcuni il nome Ponzio farebbe pensare a una parentela con Ponzio Telesino, famoso generale dei sanniti, popolazione stanziatasi nella parte montuosa dell’Italia meridionale. Il cognomen, nome della famiglia, Pilato potrebbe indicare la discendenza da un militare, ammesso che derivi da pilum, latino per “giavellotto”. Oppure potrebbe identificarlo con uno schiavo affrancato o un suo discendente, ammesso che derivi dal latino pileus, berretto che di solito veniva indossato dagli schiavi quando venivano affrancati. Il solo periodo della sua vita che abbia qualche importanza storica è quello del suo mandato in Giudea. L’unica iscrizione conosciuta che porti il suo nome (e quello di Tiberio) è stata scoperta nel 1961 a Cesarea, sede del governo romano della Giudea.

      Poiché rappresentava l’imperatore, il procuratore era la massima autorità della provincia e poteva far eseguire la pena di morte. Secondo quanti sostengono che il Sinedrio poteva condannare a morte, per essere valida la condanna emessa dalla corte ebraica doveva essere ratificata dal procuratore. (Confronta Matteo 26:65, 66; Giovanni 18:31). Dato che Cesarea era la residenza ufficiale del procuratore romano (confronta Atti 23:23, 24), vi era stanziato il grosso delle truppe romane, mentre un contingente più piccolo presidiava Gerusalemme. Abitualmente però durante le feste (come la Pasqua) il procuratore si trasferiva a Gerusalemme e portava con sé rinforzi militari. Il fatto che la moglie di Pilato fosse con lui in Giudea (Matt. 27:19) era reso possibile da un precedente mutamento della politica romana nei confronti dei procuratori in zone pericolose.

      Il mandato di Pilato non fu pacifico. Secondo lo storico ebreo Giuseppe Flavio, i suoi rapporti con i sudditi ebrei erano iniziati male. Pilato aveva mandato di notte a Gerusalemme soldati romani che portavano stendardi con l’effigie dell’imperatore. Questo provocò grande risentimento; una delegazione di ebrei si recò a Cesarea per protestare contro la presenza degli stendardi e chiedere che venissero ritirati. Dopo cinque giorni di discussione, Pilato cercò di spaventare i delegati minacciandoli di morte, ma il loro deciso rifiuto di cedere lo indusse ad accogliere la loro richiesta. — Antichità giudaiche, Libro XVIII, cap. III, 1.

      Filone, scrittore ebreo di Alessandria d’Egitto del I secolo E.V., descrive un’analoga azione di Pilato che suscitò proteste: questa volta si trattava di scudi d’oro con i nomi di Pilato e di Tiberio, che Pilato fece portare nella sua residenza a Gerusalemme. Gli ebrei fecero ricorso all’imperatore a Roma, e Pilato ricevette l’ordine di riportare gli scudi a Cesarea. — De Legatione ad Gaium, XXXVIII.

      Giuseppe Flavio cita ancora un altro incidente. Per costruire un acquedotto e portare l’acqua a Gerusalemme da una distanza di circa 40 km, Pilato attinse denaro dal tesoro del tempio di Gerusalemme. Grandi folle protestarono contro questa azione durante una visita di Pilato alla città. Pilato mandò soldati in abiti civili a mescolarsi tra la folla e, a un segnale convenuto, attaccarla facendo morti e feriti fra gli ebrei. (Antichità giudaiche, Libro XVIII, cap. III, 2; Guerra giudaica, Libro II, cap. IX, 4) L’impresa a quanto pare fu portata a termine. Spesso è stata avanzata l’ipotesi che in occasione di quest’ultimo conflitto Pilato avesse ‘mischiato il sangue dei galilei coi loro sacrifici’, com’è riportato in Luca 13:1. Questa espressione sembra indicare che quei galilei siano stati uccisi proprio nell’area del tempio. Non è possibile stabilire se si trattava dello stesso incidente descritto da Giuseppe Flavio o di un’altra occasione. Comunque, dato che i galilei erano sudditi di Erode Antipa, tetrarca della Galilea, quell’eccidio può avere almeno contribuito all’inimicizia esistente fra Pilato ed Erode fino all’epoca del processo di Gesù. — Luca 23:6-12.

      PROCESSO DI GESÙ

      Il 14 nisan del 33 E.V., all’alba, le autorità ebraiche portarono Gesù da Pilato. Poiché non potevano entrare in casa di un governante gentile, Pilato uscì da loro e chiese quale accusa muovessero contro Gesù. Fra le accuse c’erano attività sovversiva, incitamento a non pagare le tasse e il fatto che Gesù si era dichiarato re, quindi rivale di Cesare. Quando fu detto di prendere Gesù e giudicarlo loro stessi, gli accusatori risposero che la legge non consentiva loro di eseguire una condanna a morte. Pilato allora portò Gesù all’interno del palazzo e lo interrogò circa queste accuse. Tornato dagli accusatori, Pilato annunciò di non aver trovato colpa alcuna

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