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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • in quel tempo servirono per un certo scopo. (Eso. 1:7) Anche Giacobbe, che con l’inganno fu indotto alla poligamia da suo suocero, fu benedetto poiché ebbe dodici figli e alcune figlie dalle due mogli e dalle loro schiave, diventate sue concubine. — Gen. 29:23-29; 46:7-25.

      MATRIMONIO CRISTIANO

      Gesù Cristo dimostrò di approvare il matrimonio assistendo a una festa nuziale a Cana in Galilea. (Giov. 2:1, 2) Come si è già detto, la monogamia è la norma originale di Dio, riaffermata da Gesù Cristo nella congregazione cristiana. (Gen. 2:24; Matt. 19:4-8; Mar. 10:2-9) Poiché l’uomo e la donna vennero dotati fin dall’inizio della capacità di esprimere amore e affetto, la loro unione doveva essere felice, benedetta e pacifica. L’apostolo Paolo fa l’esempio di Cristo, marito e capo della congregazione, la sua sposa. Questo è un ottimo esempio dell’amorevole benignità e della tenera cura che il marito dovrebbe avere per la moglie, amandola come il proprio corpo. Inoltre fa notare che la moglie, da parte sua, dovrebbe avere profondo rispetto per il marito. (Efes. 5:21-33) L’apostolo Pietro consiglia alle mogli di essere sottomesse al marito, rendendosi attraenti con la loro condotta casta, il profondo rispetto e uno spirito quieto e mite. Come esempio da imitare, cita Sara, che chiamava “signore” il marito Abraamo. — I Piet. 3:1-6.

      Nelle Scritture Greche Cristiane è ripetutamente messa in risalto l’importanza della purezza e della lealtà nel matrimonio. Paolo dice: “Il matrimonio sia onorevole fra tutti, e il letto matrimoniale sia senza contaminazione, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri”. (Ebr. 13:4) Consiglia che fra marito e moglie ci sia rispetto reciproco e che venga reso il debito coniugale.

      ‘Sposatevi solo nel Signore’ è l’esortazione dell’apostolo, in armonia con la consuetudine degli antichi adoratori di Dio di sposare solo altri veri adoratori. (I Cor. 7:39) Tuttavia consiglia a quelli che non sono sposati di servire il Signore senza distrazione rimanendo come sono. Dice che a motivo del tempo quelli che si sposano dovrebbero vivere ‘come se non avessero moglie’, in altre parole non dovrebbero lasciarsi interamente assorbire dai privilegi e dalle responsabilità coniugali, come se fossero tutto nella vita, come fanno molti, ma dovrebbero cercare e servire gli interessi del Regno, pur senza trascurare le responsabilità coniugali. (I Cor. 7:29-38) Alle vedove più giovani della congregazione, Paolo dice che per loro è meglio risposarsi anziché farsi mettere nell’elenco di quelle da assistere con la scusa che intendono dedicarsi interamente alle attività del ministero cristiano. Questo perché, egli dice, i loro impulsi sessuali possono indurle ad agire in contrasto con la loro espressione di fede accettando l’aiuto finanziario della congregazione come se lavorassero duramente, mentre allo stesso tempo cercano marito e sono disoccupate e intriganti. Così potrebbero incorrere nel giudizio sfavorevole. Se si sposano, hanno figli e si occupano della casa, pur conservando la fede cristiana, saranno effettivamente occupate, e protette dal pettegolare e dal parlare di quello che non dovrebbero. Questo permetterebbe alla congregazione di aiutare quelle che sono effettivamente vedove e che hanno diritto a tale aiuto. — I Tim. 5:9-16; 2:15.

      CELIBATO

      L’apostolo Paolo avverte che uno degli aspetti che avrebbero caratterizzato l’apostasia che stava per manifestarsi sarebbe stato quello di imporre il celibato ‘proibendo di sposarsi’. (I Tim. 4:1, 3) Alcuni degli apostoli erano sposati. (I Cor. 9:5; Luca 4:38) Paolo, indicando i requisiti dei sorveglianti e dei servitori di ministero nella congregazione cristiana, dice che tali uomini (se sposati) dovrebbero avere una sola moglie. — I Tim. 3:1, 2, 12; Tito 1:5, 6.

      MATRIMONIO E RISURREZIONE

      Un gruppo di oppositori che non credevano nella risurrezione fece una domanda a Gesù per metterlo in imbarazzo. Rispondendo loro Gesù rivelò che “quelli che sono stati considerati degni di guadagnare quel sistema di cose e la risurrezione dai morti non si sposano e non sono dati in matrimonio”. — Luca 20:34, 35; Matt. 22:30.

      USI SIMBOLICI

      Più volte nelle Scritture Geova parla di se stesso come di un marito. Si considerava sposato alla nazione di Israele. (Isa. 54:1, 5, 6; 62:4) Quando Israele si ribellava a Dio praticando l’idolatria o qualche altra forma di peccato contro di lui, ciò equivaleva a commettere prostituzione come una moglie infedele, motivo per divorziare da lei. — Isa. 1:21; Ger. 3:1-20; Osea cap. 2.

      In Galati capitolo 4 l’apostolo Paolo paragona la nazione di Israele alla schiava Agar, concubina di Abraamo, e il popolo ebraico a Ismaele figlio di Agar. Come Ismaele era figlio della moglie secondaria di Abraamo, così gli ebrei erano figli della “moglie” secondaria di Geova. Il patto della Legge era il vincolo che legava Israele a Geova. Paolo paragona la “Gerusalemme di sopra”, la “donna” di Geova, a Sara, moglie libera di Abraamo. I cristiani sono i liberi figli spirituali di questa donna libera, la “Gerusalemme di sopra”. — Gal. 4:21-31; confronta Isaia 54:1-6.

      Quale più grande Padre, Geova Dio, come Abraamo, sorveglia la scelta di una sposa per suo figlio Gesù Cristo: non una donna terrena, ma la congregazione cristiana. (Gen. 24:1-4; II Tess. 2:13; I Piet. 2:5) I primi componenti della sua congregazione furono presentati a Gesù da Giovanni il Battezzatore, “l’amico dello sposo”, che Geova aveva mandato avanti a suo Figlio. (Giov. 3:28, 29) Questa sposa o congregazione è “un solo spirito” con Cristo, essendo il suo corpo. (I Cor. 6:17; Efes. 1:22, 23; 5:22, 23) Come in Israele la sposa faceva il bagno e si adornava, così Gesù Cristo fa sì che in preparazione per il matrimonio, “col bagno dell’acqua per mezzo della parola”, la sua sposa sia perfettamente pura e senza macchia. (Efes. 5:25-27) In Salmo 45 e Rivelazione 21 viene descritta splendidamente adorna per le nozze.

      Nel libro di Rivelazione Geova predice inoltre il tempo in cui il matrimonio di suo Figlio sarebbe stato imminente e la sposa sarebbe stata pronta, adorna di lino luminoso, puro e fino, e descrive la felicità degli invitati al pasto serale del matrimonio dell’Agnello. (Riv. 19:7-9; 21:2, 9-21) La sera prima di morire Gesù istituì il Pasto Serale del Signore, in ricordo della sua morte, e ordinò ai discepoli di continuare a celebrarlo. (Luca 22:19) Tale celebrazione si deve tenere “finché egli arrivi”. (I Cor. 11:26) Come nell’antichità lo sposo andava a prendere la sposa a casa dei suoi genitori per portarla nella dimora che aveva preparata per lei in casa di suo padre, così Gesù Cristo viene a prendere i suoi unti seguaci dalla loro precedente dimora terrena, per portarli con sé affinché dove è lui siano anche loro, nella casa del Padre suo, in cielo. — Giov. 14:1-3.

  • Matrimonio del cognato
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    • Matrimonio del cognato

      (detto anche levirato, dal latino levir, cognato, fratello del marito). La legge relativa, in Deuteronomio 25:5, 6 (NVB), dice: “Se i fratelli abitano assieme e uno di loro muore senza figli, la moglie del defunto non sposerà uno di fuori, un estraneo; suo cognato andrà da lei e la sposerà, compiendo verso di lei il dovere di cognato; il primogenito che genererà andrà col nome del fratello defunto: così il suo nome non sarà cancellato da Israele”. Questo valeva senza dubbio sia che il fratello in vita fosse sposato o no. (Per un esempio di matrimonio del cognato in tempi patriarcali, vedi Genesi 38).

      “Ogni famiglia in cielo e sulla terra deve il proprio nome” a Geova (Efes. 3:15), il quale vuole che la famiglia preservi il proprio nome e la propria discendenza. Questo principio era seguito in tempi patriarcali e fu poi incorporato nel patto della Legge con Israele. La donna non doveva sposare un estraneo, cioè non doveva sposare qualcuno al di fuori della famiglia. Quando la sposava il cognato, il primogenito non avrebbe portato il nome di lui, ma quello del deceduto. Questo non significa necessariamente che il figlio avrebbe avuto lo stesso nome, ma che la discendenza della famiglia non sarebbe stata interrotta e la proprietà ereditaria sarebbe rimasta nella casa paterna.

      La frase “se i fratelli abitano assieme” non voleva dire evidentemente che abitassero nella stessa casa, ma nel vicinato. Se abitavano a grande distanza sarebbe stato difficile per il fratello aver cura della propria eredità e di quella di suo fratello finché non poteva occuparsene un erede. Comunque il Talmud dice che non si doveva intendere nella stessa comunità ma nello stesso tempo.

      Secondo la Legge, se un cognato non voleva fare il suo dovere, la vedova doveva presentare la cosa agli anziani della città e informarli del fatto. Egli doveva presentarsi agli anziani e dichiarare che non voleva sposarla. Allora la vedova doveva togliergli un sandalo dal piede e sputargli in faccia; dopo di che “in Israele gli si [doveva] dar nome ‘La casa di colui al quale fu tolto il sandalo’”, un disonore per la sua famiglia. — Deut. 25:7-10.

      L’usanza di togliersi il sandalo può derivare dal fatto che chiunque entrava in possesso di una proprietà terriera lo faceva calpestando il terreno e affermando il suo diritto di proprietà camminandoci coi sandali. Togliendosi un sandalo e dandolo a qualcun altro, rinunciava alla sua posizione e proprietà davanti ai testimoni anziani alla porta della città.

      La cosa è chiarita ulteriormente nel libro di Rut. Un giudeo di nome Elimelec era morto, come pure i suoi due figli, lasciando vedove sua moglie Naomi e le due nuore. C’era un parente stretto di Elimelec, forse un fratello, chiamato nella Bibbia “Tal dei tali”. Questi, essendo il parente più prossimo, era il cosiddetto go’èl o ricompratore. Egli rifiutò di fare il proprio dovere, togliendosi un sandalo e lasciando a Boaz, il prossimo parente più stretto, il diritto di ricompra. Boaz allora acquistò la terra di Elimelec e prese quindi Naomi ma, poiché era troppo vecchia per avere figli, la nuora Rut, pure vedova, divenne la moglie di Boaz per suscitare un figlio al nome di Elimelec. Quando nacque Obed, le donne del vicinato dissero: “È nato un figlio a Naomi”, considerando il piccino figlio di Elimelec e Naomi. Quello di Boaz e Rut fu un servizio reso a Geova, infatti il nome che diedero al figlio significava “servitore”. Geova benedisse questa disposizione, infatti Obed divenne antenato di Davide facendo così parte della discendenza diretta di Gesù Cristo. — Rut cap. 4.

      Il diritto del levirato andava evidentemente al parente più prossimo, com’è spiegato nella legge relativa all’eredità della proprietà, cioè al fratello maggiore, ad altri fratelli in ordine d’età, poi allo zio paterno, e così via. (Num. 27:5-11) Nel riferimento al matrimonio del cognato in Matteo 22:23-28 e Luca 20:27-33, è indicato che il dovere di sposare la vedova di un uomo senza figli sarebbe passato da un fratello all’altro in caso di successivi decessi. Un altro fratello evidentemente non poteva prendere il posto del fratello maggiore, che aveva la priorità, a meno che non rifiutasse di esercitare il proprio diritto.

      I sadducei ritenevano che il matrimonio del cognato si applicasse solo alle vergini promesse spose, ma i farisei sostenevano si applicasse alle vedove. Secondo il libro di Rut, Naomi era effettivamente una vedova che aveva avuto due figli. Questi erano morti entrambi senza lasciare un erede.

  • Matteo
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    • Matteo

      (Mattèo) [gr. Maththàios o Matthàios, derivato dal nome proprio ebr. Mattithyàh, che significa dono di Geova].

      Ebreo, chiamato anche Levi, apostolo di Gesù Cristo e scrittore del Vangelo che porta il suo nome. Era figlio di un certo Alfeo e prima di diventare discepolo di Gesù faceva l’esattore di tasse. (Matt. 10:3; Mar. 2:14; vedi ESATTORE DI TASSE). Le Scritture non rivelano se Levi si chiamasse Matteo anche prima di diventare discepolo di Gesù, se tale nome gli sia stato dato allora o se glielo abbia dato Gesù nel nominarlo apostolo.

      All’inizio del ministero in Galilea (30 E.V.) Gesù Cristo chiamò Matteo dall’ufficio delle tasse a Capernaum o dintorni (Matt. 9:1, 9; Mar. 2:1, 13, 14), “ed egli, lasciandosi dietro ogni cosa, si alzò e lo seguì”. (Luca 5:27, 28) Forse per festeggiare il fatto che era stato invitato a seguire Cristo, Matteo ‘imbandì un gran convito’, a cui parteciparono Gesù e i discepoli e anche molti esattori di tasse e peccatori. Ciò infastidì i farisei e gli scribi che protestarono perché Gesù mangiava e beveva con esattori di tasse e peccatori. — Luca 5:29, 30; Matt. 9:10, 11; Mar. 2:15, 16.

      Poi, dopo la Pasqua del 31 E.V., Gesù scelse i dodici apostoli, e Matteo era fra questi. (Mar. 3:13-19; Luca 6:12-16) Anche se ci sono diversi riferimenti agli apostoli come gruppo, la Bibbia non menziona più per nome Matteo fin dopo l’ascensione di Cristo al cielo. Matteo vide il risuscitato Gesù Cristo (I Cor. 15:3-6), ricevette da lui istruzioni finali e lo vide ascendere al cielo. Dopo di che lui e gli altri apostoli tornarono a Gerusalemme. Là gli apostoli stavano in una stanza superiore, e fra loro è menzionato anche Matteo. Perciò doveva essere uno dei circa 120 discepoli che ricevettero lo spirito santo il giorno di Pentecoste del 33 E.V. — Atti 1:4-15; 2:1-4.

  • Matteo, la buona notizia secondo
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    • Matteo, la buona notizia secondo

      Resoconto ispirato della vita di Gesù Cristo scritto, senza dubbio in Palestina, dall’ex esattore di tasse Matteo o Levi. È il primo libro delle Scritture Greche Cristiane e sin dall’antichità è stato considerato il primo Vangelo. Inizia con la nascita di Gesù e termina con l’incarico di ‘andare e fare discepoli delle persone di tutte le nazioni’ dato ai seguaci dopo la sua risurrezione. (Matt. 28:19, 20) Quindi va dalla nascita di Gesù nel 2 a.E.V. fino al suo incontro coi discepoli poco prima dell’ascensione nel 33 E.V.

      QUANDO FU SCRITTO

      Le sottoscritte che compaiono alla fine del Vangelo di Matteo in numerosi manoscritti (tutti posteriori al X secolo E.V.) dicono che fu scritto circa otto anni dopo l’ascensione di Cristo (ca. 41 E.V.) e questo non sarebbe in disaccordo col contenuto. Il fatto che non si faccia menzione dell’adempimento della profezia di Gesù circa

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