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  • L’“Inferno” adoperato come uno spauracchio

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  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1950
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1950
w50 1/2 pp. 35-37

L’“Inferno” adoperato come uno spauracchio

“E il mare diede i suoi morti, e la morte e l’inferno diedero i loro morti, . . . Poi l’inferno e la morte furon gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda”. — Apoc. 20:13, 14, Tintori.

GEOVA Dio distruggerà completamente, un bel giorno, questa cosa chiamata “inferno”. Questa grande benedizione a favore dell’umanità ha affidato al suo regno mediante il suo Messia perchè l’adempia. Egli l’adempirà, non con la distruzione del luogo insieme a quelli che vi si trovano, ma vuotando il luogo di quelli che si trovano. Il primo passo in vista di tale svuotamento lo fece diciannove secoli or sono. Accadde quando trasse fuori da quel luogo uno di coloro che lo occupavano. Con quell’atto dimostrò di poter sgombrare il luogo di tutti quelli che lo occupano quando sarà giunta l’ora da lui fissata sotto il suo regno. Tale avvenimento potrà non essere la cosa più piacevole allo sguardo degli impresari di pompe funebri, delle agenzie d’affari che trattano di tombe e sepolcreti, dei preti che percepiscono onorari in denaro per pronunziare un sermone funebre, o di coloro che accettano “donazioni” per pregare e celebrare dei riti religiosi per quelli che sono in quel luogo. È peraltro un grande conforto e sollievo per le persone che conoscono la verità circa “l’inferno” e credono nell’onnipotenza di Geova per eseguire il suo proposito dichiarato a tale riguardo. Questo elimina una grande dose di paura, sia per noi stessi, sia per altre persone alle quali c’interessiamo, e richiama il nostro amore verso Geova Dio.

2 Il nostro speciale interessamento per quel luogo fu stimolato dall’azione del principale religionista della cosiddetta cristianità come fu riportata dappertutto dai giornali. Questo lo fa un soggetto di pubblico commento e discussione, non importa in quale alta considerazione il capo religioso possa essere tenuto. Nella sua edizione del 23 marzo 1949 il Sun di New York uscì col titolo a caratteri cubitali: “Papa Pio sollecita la predicazione dell’inferno per salvare l’umanità”. Quindi, sotto la data “Città del Vaticano, 23 marzo” citava un dispaccio dell’Associated Press che, fra l’altro diceva: “Papa Pio ha sollecitato oggi la predicazione dell’inferno per ricondurre gli uomini a Dio. Rivolgendosi ai pastori nella sua annua udienza Quaresimale, egli ha detto: ‘È doloroso vedere quanta gente oggi — e fra essa molti Cattolici — vive come se l’unica sua mira sia di formare il cielo sulla terra, senza darsi il minimo pensiero dell’al di là e dell’eternità. . . . Predicare delle primizie della fede . . . è urgente quanto mai . . . e così lo è la predicazione dell’inferno. Senza dubbio un tale soggetto dev’essere trattato con dignità e prudenza. È vero che il desiderio di andare in cielo è in se stesso più perfetto della paura, ma da questo non ne consegue che sia per tutti gli uomini il mezzo più efficace per tenerli lontani dal peccato e convertirli a Dio”. Il giorno dopo il Times di New York citò lo stesso dispaccio e disse: “Papa Pio ha invitato oggi a . . . usare maggiore enfasi nella predicazione sulle fiamme dell’inferno nella Chiesa”. Resterà di vedere fino a qual punto gli ecclesiastici cattolici romani in tutta la terra si uniformeranno a queste esortazioni, specialmente durante “l’anno santo” stabilito dal papa per il 1950. Ma dato che essi sono sollecitati a predicarlo con maggiore enfasi, possiamo essere scusati se intraprendiamo qui una candida discussione su questo soggetto così vitale per l’afflitto genere umano.

3 Non ci accingiamo a trattare questo argomento col minimo desiderio di unirci ai religionisti per instillare nella mente di qualsiasi persona, sia essa cattolica, protestante, ebrea o altra un morboso terrore o paura di quello che può essere loro riservato al momento della morte. Il nostro scopo è quello di magnificare la giustizia di Dio ed anche il suo grande amore, mettendo a nudo le volgari calunnie e diffamazioni che sono state accumulate su di lui dalla cristianità. Così facendo potremo liberare la gente onesta dalle infondate paure causate dall’errata intelligenza dei suoi propositi e provvedimenti. E possiamo solo farlo esponendo intrepidamente e schiettamente la verità, esponendola, cioè in accordo con la Parola di Dio. Il Figliuolo di Dio disse: “La tua parola è verità”. È scritto: “Dinanzi a lui l’inferno è nudo”. Così vediamo che Iddio conosce il luogo e qual’è la condizione di quelli che vi si trovano. (Giob. 26:6, vers. catt. di Tintori) L’apostolo Paolo dichiarò qual’è la base su cui si deve fondare ogni studio e indagine scrivendo: “Dio è verace; gli uomini poi tutti menzogneri, conforme sta scritto: Onde tu sii giustificato nelle tue parole, e riporti vittoria quando sei chiamato in giudizio”. (Rom. 3:4, Martini) Noi vogliamo che Iddio sia verace, e lo riconosciamo verace, lasciando ch’egli parli per se stesso e accettando la sua parola come definitiva, anche se tutti gli uomini e le religioni di questo mondo sono contrarie alla Parola di Dio, alle Sacre Scritture. Quando ragionano in contrasto con quanto dice la Parola di Dio gli uomini richiamano l’attenzione sulla loro alta erudizione mondana, sui loro altisonanti titoli, ma nella fine, che è vicinissima, le loro tradizioni religiose saranno dimostrate false, essi saranno smascherati come bugiardi, e Geova Dio sarà rivendicato come verace.

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4 Il primo nella storia che si riferì al nostro soggetto di studio fu Giacobbe quando gli comunicarono la falsa notizia che il suo prediletto figliuolo Giuseppe era stato divorato da una belva. Leggiamo: “Ed essendosi raunati tutti i suoi figliuoli per alleggerire il dolore del padre, non volle egli ammettere consolazione, ma disse: Scenderò piangendo a trovare il mio figliuolo nell’inferno”. Allo stesso modo si espresse alcuni anni più tardi quando i suoi figliuoli volevano condurre il giovane fratello di Giuseppe in Egitto. Allora Giacobbe disse: Il mio figliuolo non verrà con voi: il suo fratello è morto, ed egli è rimasto solo; se gli accadrà qualche disgrazia nella terra dove andate, farete scendere con dolore la mia canizie nell’inferno”. (Gen. 37:35, Martini; Gen. 42:38, Douay) Il commento cattolico nella edizione Murphy della Douay Version sulle parole di Giacobbe, “nell’inferno,” dice: “Vale a dire nel limbo, il luogo dove le anime dei giusti erano accolte prima della morte del nostro Redentore. perché ammettendo che la parola inferno è qualche volta presa come sepolcro, non può essere così in questo caso; poiché Giacobbe non credeva che suo figlio fosse nel sepolcro (il quale supponeva fosse stato divorato da una belva), e quindi non poteva voler dire ch’egli sarebbe andato a lui in quel luogo: ma certamente intese parlare del luogo di riposo dove credeva fosse la sua anima”.

5 La falsità di questo modo di ragionare si manifesta allorchè consideriamo quanto segue: mentre il profeta Giona si trovava per tre giorni e tre notti nel ventre di un grosso pesce, pregò: “Io gridai dal ventre dell’inferno”. (Giona 2:1-3, Douay) Se Giona trovandosi nel ventre di un pesce poteva essere in inferno, dove si sarebbe potuto trovare Giuseppe se fosse stato nel ventre di una belva? E se per Giuseppe l’inferno non significava il sepolcro ma qualche luogo invisibile chiamato “limbo” dove si sarebbe supposto che fosse l’anima immateriale di Giuseppe, separata dal corpo, perchè dunque disse Giacobbe che la sua “canizie” che è quanto dire i suoi capelli bianchi, sarebbe scesa con dolore nell’inferno? Come poteva quella canizie materiale che faceva parte del suo corpo scendere in un supposto mondo spirituale chiamato “limbo”? E perchè avrebbe dovuto Giacobbe affliggersi e scendere nel limbo con dolore se questo significasse incontrarvi Giuseppe in una condizione paradisiaca di beatitudine e riposo?

6 Mettendo avanti un supposto “limbo” per trarsi d’impaccio in questa difficoltà religiosa, non si risolve pertanto nulla. Se, come ammette il commentatore cattolico romano, inferno significa sepolcro in un luogo, perchè non avrebbe lo stesso significato in tutti gli altri luoghi? Quelli che non desiderano che i “terrori dell’inferno” siano eliminati dalle loro dottrine religiose faranno opposizione a questo ragionamento. Ma lo studio di tutti i casi dove la Bibbia adopera la parola pronunziata da Giacobbe dimostra ch’essa significa dappertutto la stessa cosa, il comune sepolcro nel quale va il genere umano. Quelli che hanno cercato per più di sedici secoli di forzare il genere umano ad unirsi ai loro sistemi religiosi terrorizzandolo con immaginarie teorie diffamatrici di Dio sullo stato dopo la morte non sono riusciti a farlo venire a Dio con amore per lui e a fargli esprimere questo amore osservando i suoi comandamenti. È ormai giunto il tempo per questi falsi maestri di religione di togliersi di mezzo e lasciare che la verità sia detta, affinché il popolo possa liberarsi dal suo opprimente terrore di Dio e possa apprendere a rispettarlo per la sua giustizia e benignità. “Iddio è amore”. Quello che è diabolico ripugna, ma l’amore attrae. Non dobbiamo mai temere che l’amore di Dio non trionfi.

7 La lingua parlata da Giacobbe era l’antico ebraico, e la parola da lui adoperata per indicare il luogo dove si aspettava di essere unito a Giuseppe nella morte era “Sceol”. Questo può essere dimostrato se consultiamo la più recente traduzione cattolica romana del libro della Genesi fatta da distinti membri dell’Associazione Biblica Cattolica in America, nel 1948. In Genesi 37:35 questa versione trascrive letteralmente la parola Sceol dall’ebraico senza tradurla in inglese e dice: “Quantunque tutti i suoi figliuoli e figliuole tentassero di consolarlo, egli rifiutò di essere consolato, e disse: ‘Io scenderò con cordoglio al mio figliuolo nello Sceol”. Vi sono altri tre passi nella Genesi nei quali Giacobbe e i suoi figliuoli adoperano la parola Sceol. Questa Catholic Confraternity Version non trasferisce letteralmente in tali passi la parola Sceol nell’inglese, ma dà un’interpretazione del suo significato traducendola sepolcro, come segue: “Se gli accade qualche disgrazia durante il viaggio che dovete fare, fareste scendere con dolore la mia canizie nel sepolcro”. (Gen. 42:38) “Se togliete anche questo da me, e qualche disgrazia gli accade, voi farete scendere con dolore la mia canizie nel sepolcro”. (Gen. 44:29 “E i tuoi servi faranno scendere la canizie del tuo servo, nostro padre, con dolore nel sepolcro”. (Gen. 44:31) Il fatto che la versione cattolica romana rende la stessa parola ebraica tre volte sepolcro e una volta Sceol dà peso all’interpretazione della parola “Sceol” con cui le si riconosce il significato di “sepolcro” in tutti i casi.

8 Nelle Scritture Ebraiche ispirate la parola Sceol ricorre 65 volte. La versione cattolica di Martini traduce questa parola: “inferno” 50 volte, “sepolcro” 13 volte e “morte” 2 volte. L’American Catholic Confraternity ha solo pubblicato finora la sua traduzione della Genesi, perciò non sappiamo come si comporterà in quanto alla parola Sceol nel rimanente delle Scritture Ebraiche. Ma possiamo ricorrere alle traduzioni più recenti dei dotti cattolici romani in altre lingue. È molto istruttivo sia per i Cattolici che per i Protestanti e i Giudei confrontare le traduzioni dei riconosciuti dotti cattolici romani del nostro secolo. Nel 1904 apparve in lingua francese la traduzione Crampon dell’intera Bibbia dagli originali ebraico e greco. Questa versione incomincia col far dire a Giacobbe e ai suoi figliuoli “soggiorno dei morti”,a e in dodici casi fino a Giobbe 14:13 compreso la traduzione Crampon rende la parola “soggiorno dei morti”. Ma in tutti gli altri 53 casi ove ricorre la parola, Crampon la rende schèol, per farla corrispondere con l’ebraico. Che cosa concluderà qualsiasi persona intelligente da tutto questo? Correttamente, una sola cosa, e cioè che la parola Sceol significa “soggiorno dei morti” o “sepolcro”, dove non è indicato che vi sia qualsiasi pena o delizia.

9 Nel 1942 fu pubblicata una traduzione in lingua spagnuola di Torres Amat dal cardinale Copello di Buenos Aires, Argentina. In 41 casi questa edizione spagnuola rende Sceol con “inferno”,b 16 volte con “tomba” e le altre 8 volte con “sepoltura, morte o, morire; o, l’abisso”. Ma questa traduzione di Torres Amat ammette nettamente qual’è il significato della parola “inferno” quando dice nel testo di quattro versetti “inferno o sepolcro”c e in un versetto “inferno o morte”.d Da questo qualsiasi persona che voglia servirsi del dono della ragione ricevuto da Dio concluderà che l’inferno non è altro che il sepolcro o lo stato di morte. E ne abbiamo una conferma ancora più recente. Nel 1944 la traduzione spagnuola dell’intera Bibbia di Nácar e Colunga, ecclesiastici cattolici romani, fu pubblicata a Madrid, Spagna. In Isaia 28:18 questa traduzione di Nácar-Colunga mostra che la parola originaria ebraica trasferita alla lettera è “Seol”. In altri tre casi la rende “inferno” ma in altri 49 casi la rende “il sepolcro”; negli altri 12 casi la rende “abisso, soggiorno dei morti, Averno, o seno”. Solo le loro tradizioni religiose potevano impedire a questi traduttori di tradurre la stessa parola ebraica in tutti i 65 casi o “Seol” o “il sepolcro”.

10 Più recentemente ancora, nel 1947, fu pubblicata in Madrid, Spagna, la traduzione spagnuola dell’intera Bibbia dal Gesuita, J. M. Bover e dal dott. F. Cantera. Questa traduzione è più uniforme, poiché trasferisce letteralmente la parola ebraica 63 volte “seol”, e le altre due voltee traduce “infierno”. Dove la parola “seol” ricorre per la prima volta (Gen. 37:35) ha una nota in calce in cui spiega che la parola significa “regione dei morti”.f Ad eccezione di questi due versetti, la detta traduzione spagnuola Bover-Cantera corrisponde all’American Standard Version la quale in tutti i 65 luoghi trasferisce letteralmente Sceol dall’ebraico all’inglese, affinché il lettore possa attribuire un unico significato alla parola.

11 Confrontando tutte le suddette autorità cattoliche romane, Douay, Catholic Confraternity, Crampon, Torres Amat-Copello, Nácar-Colunga e Bover-Cantera, si ha la prova più evidente e che dovrebbe convincere chiunque che “inferno” com’è tradotto dalla parola ebraica Sceol, significa il comune sepolcro del genere umano. Questo spiega perchè troviamo molti casig nei quali una o più traduzioni adoperano “Sceol” mentre altre scrivono “inferno”, “sepolcro”, “morte” o “soggiorno dei morti”. Ma quando gli ecclesiastici cattolici romani ubbidiscono a un ordine del papa e predicano sull’“inferno” segnalano essi dei fatti come questi alla popolazione cattolica? No! ma essi continueranno ad usare dei termini non veritieri in quanto all’“inferno” come uno spauracchio per fare dei “buoni Cattolici” o un più gran numero di Cattolici.

[Note in calce]

a In francese, le sejour des morts.

b In ispagnuolo, infierno.

c In ispagnuolo, infierno o sepulcro, in Salmi 29:4; 114:3; Ezech. 31:15; 32:27. Salmi 30:3 e 116:3 nella Versione Riveduta, Italiana.

d Infierno o . . . la muerte (spagnuolo), nel Sal. 88:49. Ma Salmo 89:48 nella Versione Riveduta Italiana.

e Salmi 48:16 e 54:16. Ma Salmi 49:15 e 55:15 nella Versione Riveduta Italiana.

f In ispagnuolo, Región de los muertos.

g Giobbe 24:19; Salmi 6:5; 9:17; 17:5; 29:3; 48:15; 54:15; 88:47; 114:3; Proverbi 5:5; 7:27; 15:11, 24; 23:14; 27:20; 30:16; Cantico de’ Cantici 8:6; Isaia 5:14, ecc. Secondo la Versione Martini.

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