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Perché servire Geova?La Torre di Guardia 1970 | 1° settembre
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il più amorevole Padrone che sia possibile servire. Nell’antico Israele, quando uno schiavo aveva il vantaggio d’avere un padrone insolitamente benigno, amorevole e comprensivo, poteva desiderare di non esser messo in libertà alla fine del suo periodo di schiavitù. In tal caso, poteva chiedere di restare schiavo per tutto il resto della sua vita per amore verso il benevolo padrone. Geova Dio è un così amorevole, benigno e comprensivo Padrone che per amore verso di lui ogni sua creatura dovrebbe voler continuare ad essere sua schiava per sempre. — Deut. 15:12-17.
Sì, per pura amorevole gratitudine dovremmo voler servire Geova Dio. Egli è il Datore di ogni dono buono e di ogni regalo perfetto. (Giac. 1:17) Egli stesso è amore, la personificazione medesima dell’affetto altruistico basato sul principio. (1 Giov. 4:8) Egli amò tanto il mondo del genere umano da mandare sulla terra suo Figlio a morire per il genere umano, perché fosse l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Come scrisse l’apostolo: “L’amore è in questo, non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli amò noi e mandò il suo Figlio [a morire] per i nostri peccati”. — 1 Giov. 4:10; Giov. 1:29; 3:16.
Non solo l’amore verso Geova Dio ma anche l’amore per il prossimo dovrebbe spingerci a voler servir Geova. Il massimo bene che possiamo fare per il prossimo è di aiutarlo ad acquistare conoscenza di Geova Dio e di Gesù Cristo. Perché? Perché, come disse Gesù stesso: “Questo significa vita eterna” — e quale maggiore benedizione si può ricevere della prospettiva della vita eterna? — “che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”. — Giov. 17:3.
Veramente, servire Geova Dio è la cosa saggia da fare, poiché offre molte ricompense sia ora che in futuro. Una ragione migliore per servire Geova è che è la cosa giusta da fare. E la miglior ragione per servire Geova è l’amore, per amorevole apprezzamento verso chi Egli è e ciò che ha fatto e farà ancora per noi. Queste tre basilari ragioni possono essere veramente una corda a tre capi, sia per spingere a servire Geova che per continuare incessantemente a servire Geova indipendentemente dal tempo che rimane per questo sistema di cose.
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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1970 | 1° settembre
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Domande dai lettori
● Che cosa significa la preghiera a Dio: “Non ci condurre in tentazione”? — E. D., U.S.A.
Questo fa parte della nota ‘preghiera modello’ di Gesù. Dopo aver esortato i suoi discepoli a pregare per ottenere il perdono, Cristo terminò la preghiera: “E non ci condurre in tentazione, ma liberaci dal malvagio”. — Matt. 6:12, 13; Luca 11:4.
Alcuni si sono chiesti se questo non significhi che se non si domanda a Dio di fare altrimenti Dio tenterà la persona a peccare. Ma questo non può essere assolutamente, poiché Geova ispirò Giacomo, fratellastro di Gesù, a scrivere: “Quando è nella prova, nessuno dica: ‘Son provato da Dio’. No; poiché coi mali Dio non può esser provato né egli stesso prova alcuno”. (Giac. 1:13) Le parole di Gesù si devono comprendere in base a questo versetto e in armonia con esso.
L’esperienza di Adamo ed Eva fa luce su ciò che volle dire Cristo. Dio permise loro di mangiare a sazietà di “ogni albero desiderabile a vedersi e buono da cibo”. Comunque, non dovevano mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. — Gen. 2:9, 16, 17.
Quella fu una prova per loro, è vero. Tuttavia non fu una prova cattiva che avesse lo scopo di danneggiarli. Dio non era come i nemici religiosi di Cristo che complottarono di metterlo alla prova per intrappolarlo e avere così la scusa per farlo uccidere. (Matt. 22:15-18; Mar. 11:18; 12:13; Giov. 11:53) Con questa semplice prova di Adamo ed Eva, Geova poteva rendere chiaro ciò che realmente erano, se come persone dotate di libero arbitrio volevano veramente ubbidire al loro Creatore e servirlo.
Ma notate quale cosa eccellente fece Dio: Per aiutare Adamo ed Eva a evitare l’errore, in effetti, per ‘non condurli in tentazione’, spiegò che disubbidire sarebbe stato male e avrebbe condotto alla morte. Certo avvertendo qualcuno contro il male non lo si tenta con esso. Non fu il Diavolo a tentare la prima coppia? Egli vide l’opportunità di tentarli a superare i confini che Dio aveva stabiliti per loro. La sua falsa descrizione di ciò che sarebbe risultato dal mangiare dell’albero creò un errato desiderio, che a sua volta condusse al peccato. — Gen. 3:1-6; Giac. 1:14, 15.
Come fece con Adamo ed Eva, oggi Dio ‘non conduce in tentazione’ i cristiani avvertendoci contro i mali e consigliandoci su ciò che sarà il risultato se pratichiamo tali cose. Siamo così aiutati a evitare le tentazioni di fare il male.
Per esempio, Geova ci dice chiaramente che l’adulterio è peccato e che si deve evitare. (Eso. 20:14; Rom. 13:9, 10) Questo è un avvertimento affinché non ignoriamo ciò che è sbagliato. Inoltre, Egli dichiara quali sarebbero i risultati se il cristiano praticasse tale cosa cattiva; contaminerebbe il letto matrimoniale, sarebbe giudicato avversamente e non erediterebbe il Regno. (Ebr. 13:4; 1 Cor. 6:9, 10) È chiaro che Geova non tenta i cristiani a commettere adulterio. Al contrario, osservate il magnifico consiglio dato in I Corinti 7:5. Alle coppie di sposi che, per mutuo consenso, potrebbero astenersi dalle relazioni coniugali per un certo tempo, fu dato il consiglio che poi dovevano ‘unirsi di nuovo, onde Satana non continui a tentarvi’ a commettere adulterio. La tentazione non sarebbe da Dio, che li aveva messi in guardia e preavvertiti, ma da Satana per mezzo dell’opera del cattivo desiderio.
Similmente, in I Timoteo 6:9, 10 Geova avverte che l’amore del denaro è pericoloso e che può condurre a ogni sorta di cose dannose. E dichiara che come risultato di questo amore e della determinazione d’arricchire si può essere sviati dalla fede e soffrire molte pene. Siamo dunque avvisati di ciò che è male e resi consapevoli del danno che può derivare se cediamo a questa tentazione. — 2 Cor. 2:11.
Chi prega di non essere condotto in tentazione si obbliga a fare del suo meglio per evitare le tentazioni. Questo includerebbe l’evitare i pensieri che suscitano cattivi desideri nonché le situazioni dove è probabile che nascano tentazioni. Inoltre si deve permettere a Geova di rafforzarci studiando la Parola di Dio per poter discernere il bene dal male.
Di conseguenza, le parole di Gesù: “Non ci condurre in tentazione” non implicano che Dio ci tenti o ci metta in situazioni che ci tentano col male, e di qui la necessità di supplicarLo di fare altrimenti. Piuttosto, sono la richiesta che Dio non ci lasci all’oscuro delle cose cattive che potrebbero essere una tentazione, ma che ci avverta e ci rafforzi affinché possiamo evitare la tentazione o sopportarla.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1970 | 1° settembre
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Domande dai lettori
● Perché la Traduzione del Nuovo Mondo ha la parola “più presto” in Filippesi 3:11? Non la trovo in nessuna traduzione. — M. C., Stati Uniti.
Filippesi 3:11, secondo la Traduzione del Nuovo Mondo, dice: “Per vedere se in qualche modo possa conseguire la risurrezione dei morti che ha luogo più presto”. Il Diaglott, nell’interlineare, dice: “Se mi sarà possibile conseguire la risurrezione fuori dai morti”. L’Interlinear Greek-English New Testament di Marshall, che si basa sul testo di Nestle, nell’interlineare rende l’espressione in questione: “la fuori risurrezione”. E l’Emphasized Bible di J. Rotherham dice: “Se in qualche modo possa avanzare verso la risurrezione che ha luogo più presto, che è di fra i morti”. La nota in calce su di ciò dice: “Più letteralmente: ‘la fuori risurrezione’”.
La parola greca usata lì non è anástasis, la parola che ricorre quasi invariabilmente nel greco quando una traduzione italiana dice “risurrezione”, e che ricorre circa quaranta volte nelle Scritture Greche Cristiane. È invece la parola exanástasis, parola che, tra parentesi, ricorre solo in questo versetto. Basilarmente, in greco exanástasis significa alzarsi presto la mattina, per cui fa pensare a un tempo precoce e perciò al destarsi dai morti più presto. Senza dubbio Paolo lì aveva in mente la “prima risurrezione”, menzionata anni dopo da Giovanni in Rivelazione 20:6: “Felice e santo è chiunque prende parte alla prima risurrezione”.
Facendo una distinzione fra anástasis e
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