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  • Malvagità
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • si riferiscono a ciò che è malvagio. (Gen. 18:23; II Sam. 22:22; II Cron. 20:35; Giob. 34:8; Sal. 37:10; Isa. 26:10) L’aggettivo poneròs (come il sostantivo ponerìa) spesso significa cattivo o malvagio in senso morale (Luca 6:45), ma si può riferire anche a qualche cosa di cattivo o spregevole in senso fisico, come quando Gesù Cristo parlava di “frutti spregevoli”. (Matt. 7:17, 18) Questo termine può descrivere anche qualcosa di dannoso e, in Rivelazione 16:2, è stato reso ‘doloroso’ (Co, VR) e ‘maligno’. — NM, PS.

      PERCHÈ È STATA PERMESSA LA MALVAGITÀ

      Satana il Diavolo, che indusse il primo uomo e la prima donna, Adamo ed Eva, a ribellarsi contro Dio, è in netta opposizione alle giuste norme di Dio ed è appropriatamente definito “il malvagio”. (Matt. 6:13; 13:19, 38; I Giov. 2:13, 14; 5:19) La ribellione iniziata da Satana ha messo in dubbio la legittimità e giustizia della sovranità di Dio, cioè che il dominio di Dio sulle sue creature sia esercitato in modo giusto e nel loro migliore interesse. Il fatto che Adamo ed Eva si ribellarono pose anche un altro interrogativo: Tutte le altre creature intelligenti sarebbero state infedeli e sleali a Dio se l’ubbidienza non sembrava recare alcun beneficio materiale? L’asserzione di Satana rispetto al fedele Giobbe lo dava ad intendere. Satana aveva detto: “Pelle per pelle, e l’uomo darà tutto ciò che ha per la sua anima. Per cambiare, stendi la tua mano, ti prego, e tocca fino al suo osso e alla sua carne e vedi se non ti maledirà nella tua medesima faccia”. — Giob. 2:4, 5.

      Ci voleva tempo per definire la questione che era stata sollevata. Perciò Geova Dio, permettendo ai malvagi di continuare a vivere, diede agli altri la possibilità di dimostrare, col loro fedele servizio a Dio anche in circostanze sfavorevoli e penose, che l’asserzione di Satana era falsa. Permettendo la malvagità Dio ha offerto ai singoli individui l’opportunità di abbandonare una condotta errata e sottomettersi volontariamente alle giuste leggi di Dio. (Isa. 55:7; Ezec. 33:11) Quindi trattenendosi per un tempo dal distruggere i malvagi Dio risparmia chi è disposto alla giustizia dandogli il tempo di manifestare amore e devozione a Geova. — Rom. 9:17-26.

      Inoltre Geova Dio si avvale delle circostanze in modo che i malvagi stessi servano involontariamente al suo proposito. Benché si oppongano a Dio, egli è in grado di trattenerli quel tanto necessario a preservare l’integrità dei suoi servitori e a far sì che le loro azioni mettano in evidenza la sua giustizia. (Rom. 3:3-5, 23-26; 8:35-39; Sal. 76:10) Questo pensiero è espresso in Proverbi 16:4: “Geova ha fatto ogni cosa per il suo scopo, sì, pure il malvagio per il giorno cattivo”.

      Un caso pertinente è quello del faraone a cui Geova, per mezzo di Mosè e Aaronne, ordinò di liberare gli israeliti schiavi. Non era stato Dio a rendere malvagio quel sovrano egiziano, ma aveva permesso che continuasse a vivere e aveva inoltre determinato le circostanze che indussero il faraone a rivelarsi malvagio e meritevole di morte. Il proposito di Geova nel far questo è rivelato in Esodo 9:16: “Per questa causa ti ho tenuto in esistenza, per mostrarti la mia potenza e onde il mio nome sia dichiarato in tutta la terra”.

      Le dieci piaghe che si abbatterono sull’Egitto, culminate con l’annientamento del faraone e delle sue forze militari nel Mar Rosso, furono un’impressionante manifestazione della potenza di Geova. (Eso. 7:14-12:30; Sal. 78:43-51; 136:15) Anni dopo le nazioni circostanti ne parlavano ancora, e il nome di Dio era così dichiarato in tutta la terra. (Gios. 2:10, 11; I Sam. 4:8) Se Geova avesse ucciso immediatamente il faraone, non ci sarebbe stata tale grande manifestazione della potenza di Dio a Sua gloria e per la liberazione del suo popolo.

      Le Scritture assicurano che verrà il tempo in cui la malvagità non esisterà più, poiché tutti coloro che si oppongono al Creatore saranno distrutti una volta raggiunto lo scopo per cui è stata permessa la malvagità. — II Piet. 3:9-13; Riv. 18:20-24; 19:11-20:3, 7-10.

  • Mamre
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    • Mamre

      (Màmre) [forza, vigoroso].

      Località che viene generalmente identificata con Ramet el-Khalil, poco meno di 3 km a N di Ebron, ma che secondo alcuni si trovava più a O, in armonia con Genesi 23:17. Fu la principale residenza di Abraamo e, almeno per qualche tempo, di Isacco. Nella vicina caverna di Macpela furono sepolti loro, le loro mogli, e anche Giacobbe e Lea. (Gen. 13:18; 35:27; 49:29-33; 50:13) La zona è ben irrigata da numerose sorgenti. All’epoca di Abraamo, a Mamre c’erano alcuni grossi alberi, e là egli eresse un altare a Geova. (Gen. 13:18) Sotto uno di quegli alberi si intrattenne con gli angeli prima della distruzione di Sodoma e Gomorra. (Gen. 18:1-8) Là Geova gli promise che avrebbe avuto un figlio da Sara. (Gen. 18:9-19) Da un punto nei pressi di Mamre Abraamo poté spingere lo sguardo fino a Sodoma e vedere il denso fumo che saliva dopo la distruzione della zona nel fuoco. — Gen. 19:27-29.

  • Manasse
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    • Manasse

      (Manàsse) [che fa dimenticare o che dimentica].

      1. Figlio primogenito di Giuseppe e nipote di Giacobbe. Dopo che Giuseppe era diventato amministratore annonario dell’Egitto, il faraone gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera il sacerdote di On, dalla quale ebbe due figli: Manasse ed Efraim. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse perché, egli disse, “Dio mi ha fatto dimenticare tutto il mio affanno e tutta la casa di mio padre”. (Gen. 41:45, 50-52) Quando benedisse Manasse ed Efraim, Giacobbe insisté nel porre la mano destra sulla testa di Efraim e la sinistra su quella di Manasse, preponendo in tal modo a Manasse il minore Efraim. (Gen. 48:13-20) Questo indicava che Efraim sarebbe diventato più grande di Manasse.

      Manasse ebbe figli da una concubina sira (I Cron. 7:14), e Giuseppe visse abbastanza a lungo da vedere i figli di Machir figlio di Manasse. — Gen. 50:22, 23.

      2. Tribù di Israele che discendeva da Manasse figlio di Giuseppe e comprendeva sette famiglie patriarcali. Circa un anno dopo che gli israeliti avevano lasciato l’Egitto, gli uomini validi di Manasse dai vent’anni in su erano 32.200. (Num. 1:34, 35) In questo numero era senza dubbio incluso Gaddi, uno dei dieci uomini che dopo aver esplorato la Terra Promessa fecero una relazione sfavorevole. (Num. 13:1, 2, 11, 25-33) Quando circa quarant’anni dopo si fece un secondo censimento, gli uomini della tribù erano saliti a 52.700, 20.200 più di Efraim. (Num. 26:28-34, 37) Fu senz’altro a proposito dell’inferiore ruolo futuro di Manasse che Mosè parlò di “decine di migliaia di Efraim”, ma di “migliaia di Manasse”. — Deut. 33:17.

      PARTECIPA ALLA CONQUISTA DA ENTRAMBE LE PARTI DEL GIORDANO

      Quando gli israeliti sconfissero Sihon e Og re degli amorrei, Mosè concesse ai rubeniti, ai gaditi e a metà della tribù di Manasse le terre che avevano conquistate, a condizione che partecipassero alla conquista del paese a O del Giordano. (Num. 32:20-33; 34:14, 15; Deut. 29:7, 8) La parte settentrionale della regione a E del Giordano sembra sia stata conquistata primariamente grazie agli sforzi della tribù di Manasse, infatti fu in parte conquistata da Iair, da Noba e dai “figli di Machir”. Per questa ragione Mosè assegnò loro quella zona. — Num. 32:39-42; Deut. 3:13-15; I Cron. 2:21, 22.

      In seguito, uomini della “mezza tribù di Manasse”, che avevano già ricevuto la loro eredità, attraversarono il Giordano e parteciparono alla conquista del paese a O (Gios. 1:12-18; 4:12), ed erano fra coloro che si radunarono di fronte al monte Gherizim quando Giosuè “lesse ad alta voce tutte le parole della legge, la benedizione e la maledizione”. (Deut. 27:12; Gios. 8:33, 34) Sotto la direzione di Giosuè gli israeliti abbatterono la potenza cananea, e in sei anni circa sconfissero trentuno re. (Gios. 12:7-24) Dopo di che, anche se rimaneva ancora del territorio da conquistare, Giosuè, con l’aiuto del sommo sacerdote Eleazaro e di rappresentanti delle dieci tribù divinamente nominati (fra cui il manassita Anniel figlio di Efod), suddivise il paese in possedimenti ereditari. — Num. 34:17, 23; Gios. 13:1-7.

      EREDITÀ TERRIERA

      Metà della tribù di Manasse, naturalmente, aveva già la sua eredità a E del Giordano, che includeva Basan (vedi BASAN) e parte di Galaad. (Gios. 13:29-31) A S c’era Gad, la cui città di confine era Maanaim. (Gios. 13:24-26, 30) La regione era in gran parte un altopiano con un’altitudine media di 610 m. Vi sorgevano Golan, una delle sei città di rifugio, e Beestera (Astarot), un’altra città levitica. — Gios. 20:8, 9; 21:27; I Cron. 6:71.

      L’altra metà dei manassiti ricevettero la loro eredità a O del Giordano. (Gios. 17:2, 5) Il loro territorio confinava a S con Efraim, a NO con Aser, a NE con Issacar e a O col Mediterraneo. Da Micmetat il confine fra Efraim e Manasse raggiungeva Tappua, proseguiva lungo la valle del torrente Kana e terminava al Mediterraneo. (Confronta Giosuè 16:5-8; 17:7-10). Mentre alcune città di Efraim erano enclavi nel territorio di Manasse, i manassiti avevano enclavi (Bet-Sean, Ibleam, Dor, En-Dor, Taanac, Meghiddo e le rispettive borgate dipendenti) sia nel territorio di Issacar che in quello di Aser. (Gios. 16:9; 17:11) I manassiti però non scacciarono i cananei da queste città, ma col tempo li assoggettarono ai lavori forzati. (Gios. 17:11-13; Giud. 1:27, 28; confronta I Cronache 7:29). Due di queste enclavi, le città di Taanac (Aner?) e Ibleam (Bileam o Gat-Rimmon?), furono assegnate ai leviti discendenti di Cheat. — Gios. 21:25, 26; I Cron. 6:70.

      STORIA

      Ultimata la suddivisione del paese, Giosuè benedisse gli uomini di Ruben, di Gad e della “mezza tribù di Manasse” a E, e li incoraggiò a continuare a servire Geova. (Gios. 22:1-8) Essi partirono da Silo, attraversarono il Giordano, e poi vicino al fiume costruirono un altare. Questo quasi provocò una guerra civile, perché le altre tribù lo considerarono un atto di infedeltà e ribellione. Comunque la questione venne risolta pacificamente quando fu spiegato che l’altare non era stato eretto per immolarvi sacrifici, ma come testimonianza di fedeltà a Geova. — Gios. 22:9-31.

      In seguito il giudice Gedeone, manassita, fu impiegato da Geova per liberare gli israeliti dall’oppressione madianita. (Giud. 6:11-16, 33-35; 7:23; 8:22) Un altro giudice, Iefte, evidentemente della tribù di Manasse, liberò Israele dai continui attacchi ammoniti. — Giud. 11:1, 32, 33.

      Durante il regno di Saul, primo re di Israele, i rubeniti, i gaditi e la “mezza tribù di Manasse” orientale riportarono una netta vittoria sugli agareni e i loro alleati. (I Cron. 5:10, 18-22) In quello stesso periodo di tempo alcuni manassiti, fra cui uomini di notevole valore, abbandonarono Saul per passare a Davide. (I Cron. 12:19-21) Dopo la morte di Saul e del suo successore Is-Boset, 18.000 manassiti della regione a O del Giordano e altre migliaia della regione a E del Giordano si radunarono a Ebron per acclamare Davide re di tutto Israele (1070 a.E.V.). — I Cron. 12:31, 37, 38.

      Anni dopo, le estese riforme religiose intraprese da Asa re di Giuda indussero molti manassiti ad abbandonare il regno settentrionale “visto che Geova suo Dio era con lui”. (II Cron. 15:8, 9) In occasione di una grande assemblea tenuta nel quindicesimo anno del regno di Asa (963-962 a.E.V.), anch’essi insieme agli altri fecero un patto per cercare Geova. (II Cron. 15:10, 12) Similmente, durante il regno di Ezechia re di Giuda (745-716 a.E.V.), anche se molti schernirono i messaggeri latori del suo invito a venire a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, altri manassiti furono pronti a umiliarsi e accettarono l’invito, dopo di che parteciparono alla distruzione di tutto ciò che era appartenuto all’idolatria. — II Cron. 30:1, 10, 11, 18; 31:1.

      Qualche tempo prima (ca. 760 a.E.V.), Tiglat-Pileser (Tilgat-Pilneser) III aveva portato in esilio i manassiti residenti a E del Giordano. (I Cron. 5:23-26) Sembra che in quell’epoca ci fossero dei conflitti fra le tribù di Efraim e Manasse, ma entrambe le tribù erano unite nell’opposizione a Giuda. — Isa. 9:20, 21.

      Quasi un secolo dopo la fine del regno delle dieci tribù (dal 648 a.E.V. in poi) Giosia re di Giuda estese la distruzione di altari, banchi dell’incenso, pali sacri e immagini della falsa adorazione anche ai luoghi devastati di Manasse e ad altre zone fuori di Giuda. Questo stesso re di Giuda fece restaurare il tempio, lavoro che fu finanziato dalle contribuzioni di israeliti di varie tribù, fra cui Manasse. — II Cron. 34:1-11.

      Dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia (537 a.E.V.) alcuni manassiti si stabilirono a Gerusalemme. — I Cron. 9:1-3.

      Nella visione di Ezechiele, la parte assegnata a Manasse si trovava fra quella di Neftali e quella di Efraim. (Ezec. 48:4, 5) Manasse compare anche fra le tribù dell’Israele spirituale. — Riv. 7:6.

      3. Re di Giuda, figlio e successore del re Ezechia. (I Re 20:21; II Cron. 32:33) Sua madre si chiamava Efziba. Manasse, quattordicesimo re di Giuda dopo Davide, salì al trono quando aveva dodici anni e regnò per cinquantacinque anni (716-661 a.E.V.) in Gerusalemme. (II Re 21:1) Fece ciò che era male agli occhi di Geova, ricostruì gli alti luoghi che suo padre aveva abbattuti, eresse altari a Baal, adorò “tutto l’esercito dei cieli” e costruì altari per la falsa religione in due cortili del tempio. Fece passare i suoi figli per il fuoco, praticò la magia, ricorse alla divinazione e promosse pratiche spiritiche. Inoltre mise nella casa di Geova l’immagine scolpita del palo sacro che aveva fatta. Indusse Giuda e Gerusalemme a “fare ciò che era male più delle nazioni che Geova aveva annientate d’innanzi ai figli d’Israele”. (II Re 21:2-9; II Cron. 33:2-9) Geova inviò dei profeti, ma non fu dato loro ascolto. Manasse fu pure colpevole di spargere sangue innocente in gran quantità (II Re 21:10-16), incluso, secondo scritti rabbinici, quello di Isaia che, essi

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