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  • Mandragola
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Palestina più o meno all’epoca della mietitura del grano. (Gen. 30:14) La sua fragranza dolce e fresca è stata paragonata a quella di una mela. (Vedi Cantico di Salomone 7:13). La grossa radice principale della mandragola, spesso biforcata, può avere una certa somiglianza con gli arti inferiori umani. Questo ha dato origine a molte credenze superstiziose e ha fatto attribuire alla pianta poteri magici.

      Nell’antichità il frutto della mandragola era usato in medicina come narcotico e antispastico. Inoltre era, ed è tuttora in alcune regioni dell’Oriente, ritenuto un afrodisiaco, capace di accrescere la fecondità umana o favorire il concepimento. In Genesi si legge che Rachele acconsentì a dare a sua sorella Lea l’opportunità di avere rapporti coniugali con Giacobbe in cambio di alcune mandragole. (Gen. 30:14, 15) Anche se la Bibbia non rivela perché lo fece, poteva darsi che Rachele pensasse che l’avrebbero aiutata a concepire, ponendo così fine alla vergogna della sua sterilità. Tuttavia essa rimase incinta solo alcuni anni dopo quell’episodio. — Gen. 30:22-24.

  • Mangiatoia, stalla
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    • Mangiatoia, stalla

      Il neonato Gesù fu deposto in una mangiatoia e là lo videro i pastori che ricevettero l’annuncio angelico della sua nascita. (Luca 2:7, 12, 16) Qui il termine greco tradotto “mangiatoia” è phàtne, che può anche indicare la stalla in cui sono tenuti gli animali. (Confronta Luca 13:15). Il termine ebraico ʼevùs, che in genere si ritiene significhi “mangiatoia”, è tradotto phàtne nella Settanta greca, come altri due termini ebraici tradotti anche “scuderie” (II Cron. 32:28) e “recinti”. — Abac. 3:17.

      In Palestina gli archeologi hanno rinvenuto grandi trogoli scavati in un unico pezzo di calcare, lunghi 90 cm, larghi 45 e profondi 60, che si pensa servissero come mangiatoie. Può anche darsi che mangiatoie fossero scavate nelle pareti di roccia delle caverne dove, anche in tempi più recenti, erano tenuti al coperto gli animali.

  • Manifestazione
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    • Manifestazione

      [gr. epiphàneia, manifestazione, apparizione, visibilità].

      Termine usato nelle Scritture in relazione ai giorni in cui Gesù Cristo era sulla terra e specialmente a proposito dei diversi avvenimenti che si verificano durante la sua presenza.

      IL FIGLIO DI DIO MANIFESTATO NELLA CARNE

      A proposito della “manifestazione del nostro Salvatore, Cristo Gesù”, nella carne, l’apostolo Paolo scrisse le parole di II Timoteo 1:9-11. L’invio del Figlio di Dio dal cielo doveva servire alla rivendicazione del nome e della sovranità di Geova. Doveva anche ‘abolire la morte’ ereditata da Adamo e offrire ad alcuni esseri umani la prospettiva della vita e incorruzione in cielo. Un aspetto del “sacro segreto di questa santa devozione” è che Gesù fu “reso manifesto nella carne”. (I Tim. 3:16) Inoltre Paolo definì l’atto di Dio nel mandare suo Figlio una ‘manifestazione’ dell’immeritata benignità di Dio “che porta la salvezza a ogni sorta di uomini, insegnandoci a ripudiare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sanità di mente e giustizia e santa devozione in questo presente sistema di cose, mentre aspettiamo la felice speranza e la gloriosa manifestazione del grande Dio e del nostro Salvatore Cristo Gesù”. (Tito 2:11-13) Anche la manifestazione di Cristo nella gloria, una volta avvenuta, avrebbe manifestato la gloria di Dio, che l’aveva mandato.

      CRISTO MANIFESTO NELLA GLORIA CELESTE

      Durante la sua presenza, Gesù Cristo avrebbe rivolto l’attenzione ai suoi fratelli spirituali che dormivano nella morte. Di loro Paolo disse che, come lui stesso, “hanno amato la sua manifestazione” e avrebbero ricevuto ‘come ricompensa la corona della giustizia’. (II Tim. 4:8) Quando il Signore sarebbe sceso “dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio”, i morti in unione con Cristo sarebbero risorti per primi, e Cristo li avrebbe accolti ‘a casa presso di sé’. In tal modo si sarebbe potentemente manifestato loro nella sua gloria. Quindi avrebbe reso manifesta la sua presenza ai suoi fratelli ancora sulla terra, che avrebbe portato ‘a casa presso di sé’ al momento della loro morte. — I Tess. 4:15, 16; Giov. 14:3; Riv. 14:13.

      Quale re e giudice

      Quando era davanti a Ponzio Pilato, Cristo, pur non negando di essere re, disse che il suo regno non era parte di questo mondo. (Giov. 18:36, 37) Allora non si manifestò come potentato, dato che non era ancora tempo che assumesse l’autorità regale. Comunque doveva venire il momento in cui la “manifestazione del nostro Signore Gesù Cristo” sarebbe stata chiaramente riconosciuta, quando avrebbe avuto autorità quale “felice e solo Potentato”, “Re di quelli che regnano da re” e “Signore di quelli che governano da signori”. — I Tim. 6:13-16; Dan. 2:44; 7:13, 14.

      Pensando al Regno futuro e alla manifestazione di Cristo, Paolo disse a Timoteo: “Ti ordino solennemente dinanzi a Dio e a Cristo Gesù, che è destinato a giudicare i vivi e i morti, e per la sua manifestazione e per il suo regno: predica la parola”. (II Tim. 4:1, 2) L’apostolo indicava così il tempo in cui la gloriosa posizione di Cristo in cielo sarebbe stata inequivocabilmente manifesta, quando egli avrebbe reso evidenti sulla terra i giudizi di Dio.

      Nel distruggere “l’uomo dell’illegalità”

      Scrivendo ai cristiani di Tessalonica “rispetto alla presenza del nostro Signore Gesù Cristo”, Paolo li esortò a non lasciare che la loro ragione venisse scossa e a non eccitarsi per qualsiasi messaggio “secondo cui il giorno di Geova sia [già] venuto”. Il simbolico “uomo dell’illegalità”, che ha agito per secoli in opposizione a Dio e a Cristo, sarebbe stato ridotto a nulla “mediante la manifestazione della sua presenza”. Questo “illegale” avrebbe riconosciuto la presenza di Cristo, non mediante la fede come i cristiani che hanno amato la sua manifestazione, ma mediante la potenza di Gesù manifestata nell’annientare quelli che fanno parte di quell’“uomo” composito. — II Tess. 2:1-8; vedi UOMO DELL’ILLEGALITÀ.

  • Manna
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    • Manna

      Principale alimento degli israeliti durante i quarant’anni di peregrinazione nel deserto. (Eso. 16:35) La manna fu provveduta per la prima volta da Geova nel deserto di Sin nella seconda metà del secondo mese dopo la partenza di Israele dall’Egitto nel 1513 a.E.V. (Eso. 16:1-4) Fu il loro cibo finché non entrarono in Canaan nel 1473 a.E.V. e poterono mangiare del prodotto della Terra Promessa. — Gios. 5:10-12.

      La manna compariva sul terreno dopo l’evaporazione di uno strato di rugiada formatasi la mattina, così che “sulla superficie del deserto c’era una cosa fine a fiocchi, fine come la brina sulla terra”. Vedendola per la prima volta, gli israeliti dissero: “Che cos’è?” o, letteralmente: “Man hu’”? (Eso. 16:13-15; Num. 11:9) Questa è probabilmente l’origine del nome: gli israeliti stessi cominciarono a chiamarla “manna”. — Eso. 16:31.

      DESCRIZIONE

      La manna era “bianca come seme di coriandolo” e aveva “l’aspetto” della gomma di bdellio, sostanza trasparente simile alla cera che si presenta in grosse gocce. Il suo sapore era simile a “quello di focacce al miele” o di “pane dolce all’olio”. Dopo averla macinata in una macina a mano o pestata in un mortaio, la manna veniva bollita o impastata e cotta al forno. — Eso. 16:23, 31, NW; Num. 11:7, 8.

      Nessuna sostanza naturale oggi conosciuta corrisponde in ogni particolare alla descrizione biblica della manna e perciò non è possibile identificarla con un prodotto conosciuto. E questo specialmente per gli aspetti miracolosi della manna che Geova provvide agli israeliti. La presenza della manna non dipendeva dalla stagione dell’anno né da una particolare località del deserto. Benché tutti gli altri giorni facesse i vermi e cominciasse a puzzare se veniva conservata fino all’indomani, l’omer di manna in più raccolto nel sesto giorno, da mangiare il sabato, non andava a male. Il sabato non si trovava manna, e questo contribuì a far osservare il sabato agli israeliti. — Eso. 16:19-30.

      Probabilmente il capofamiglia raccoglieva la manna per tutta la famiglia. Dato che la manna si scioglieva quando il sole diventava caldo, senza dubbio egli raccoglieva in fretta più o meno la quantità necessaria alla famiglia e poi la misurava. Sia che ne fosse raccolta poca o molta, secondo la grandezza della famiglia, la quantità raccolta risultava sempre un omer per persona. (Eso. 16:16-18) L’apostolo Paolo alluse a ciò nell’incoraggiare i cristiani di Corinto a usare ciò che avevano in eccedenza per sopperire ai bisogni materiali dei loro fratelli. — II Cor. 8:13-15.

      SCOPO

      Geova lasciò che gli israeliti provassero la fame nel deserto e poi provvide la manna per insegnare loro che l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni espressione della bocca di Geova. E fece questo ‘per umiliarli e per metterli alla prova onde far loro del bene nei giorni di poi’. (Deut. 8:3, 16) Quando gli israeliti si stancarono della manna e cominciarono a chiamarla “pane spregevole”, Geova punì tale ribellione mandando fra loro serpenti velenosi, che provocarono la morte di molti. — Num. 21:5, 6.

      Il salmista chiamò la manna “grano del cielo” (Sal. 78:24), “pane dal cielo” (Sal. 105:40) e “pane dei potenti”. (Sal. 78:25) Degli angeli viene detto che sono “possenti in potenza” (Sal. 103:20) e quindi si potevano ben definire “potenti”. Questo però non significa che gli angeli mangino effettivamente la manna, ma piuttosto che Dio può essersi servito di mezzi angelici per provvederla agli israeliti. (Confronta Galati 3:19). Oppure, dato che il cielo è la dimora dei “potenti”, l’espressione “pane dei potenti” può semplicemente indicarne l’origine celeste.

      “MANNA NASCOSTA”

      Affinché le future generazioni potessero vedere la manna, Aaronne doveva deporre davanti a Geova una giara contenente un omer (l 2,2) di manna. Quando fu completata l’arca d’oro del patto, dentro di essa fu riposta una “giara d’oro” piena di manna. (Eso. 16:32-34; Ebr. 9:4) Quella era letteralmente “manna nascosta”. Ma cinque secoli più tardi, quando l’Arca fu trasferita dalla tenda eretta da Davide al tempio costruito da Salomone, la giara d’oro non c’era più. (II Sam. 6:17; I Re 8:9; II Cron. 5:10) Era ormai servita al suo scopo.

      Benché fosse un provvedimento divino (Nee. 9:20), la manna non sostenne per sempre la vita degli israeliti. Cristo Gesù fece notare questo particolare, e poi aggiunse: “Io sono il pane vivo che scese dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà per sempre; e infatti il pane che darò è la mia carne a favore della vita del mondo”. (Giov. 6.30-33, 48-51, 58, NW) I fedeli unti seguaci di Cristo si avvalgono di questa manna celeste o “pane della vita”. Cristo si riferì simbolicamente alla giara di manna nell’assicurare ai ‘vincitori’ che avrebbero ricevuto la “manna nascosta”, un alimento imperituro oppure ciò che risulta da tale alimento, nel loro caso l’immortalità e incorruttibilità in cielo. — Riv. 2:17; I Cor. 15:53.

  • Mano
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Mano

      [ebr. yadh (il termine più usato); kaph, che significa anche “palma” (o “pianta” del piede); yamìn, “destra”; semòʼl, “sinistra”. Gr. khèir, “mano”; dexià, “destra”; aristerà, “sinistra”].

      Il termine “mano”, com’è usato nelle Scritture, include a volte anche il polso, infatti in Genesi 24:22, 30, 47 ed Ezechiele 16:11 si legge che si portavano braccialetti alle “mani”, e in Giudici 15:14 è menzionato che Sansone aveva le “mani” nei ceppi. La mano impiega la forza del braccio e la dirige, perciò spesso, quando ricorre in un contesto figurativo, al termine “mano” si può associare l’idea di “forza applicata”. (Eso. 7:4; 13:3; Deut. 2:15) Poiché la mano è la parte del corpo umano più agile e versatile, e quella con cui si lavora, in molti versetti biblici è usata simbolicamente per indicare le azioni più svariate.

      GESTI DELLE MANI E LORO SIGNIFICATO

      Le mani erano usate per fare gesti che esprimevano vari sentimenti. Venivano alzate in preghiera, di solito con le palme rivolte verso il cielo come in una supplica (II Cron. 6:12; Nee. 8:6); alzate in giuramento (Gen. 14:22); portate alla bocca in una forma di saluto (Giob. 31:27); battute per la gioia o per applaudire (II Re 11:12), oppure con ira o scherno (Num. 24:10; Giob. 27:23; Naum 3:19); agitate minacciosamente (Isa. 10:32); messe sulla sommità del capo o sui fianchi in segno di tristezza o afflizione (II Sam. 13:19; Ger. 30:5, 6); lavate con acqua per indicare purezza cerimoniale, innocenza, o per sottrarsi a una responsabilità. (Matt. 15:1, 2; 27:24; paragona Salmo 26:5, 6; 51:1, 2). Geova assicurò a Giacobbe che suo figlio Giuseppe gli avrebbe ‘posto la mano sugli occhi’, cioè gli avrebbe chiuso gli occhi dopo morto. (Gen. 46:4) Questo privilegio spettava normalmente al primogenito. Tali parole dunque non solo rassicuravano Giacobbe che il suo diletto figlio Giuseppe gli sarebbe stato vicino negli ultimi anni della sua vecchiaia, ma evidentemente predicevano anche che la primogenitura, persa da Ruben, sarebbe passata a Giuseppe. Durante la loro investitura, Mosè mise i sacrifici nelle mani dei sacerdoti come parte della cerimonia che simbolicamente li preparava per il sacerdozio, ‘riempiendo loro le mani’ di autorità e potere. — Lev. 8:25-27.

      USI FIGURATIVI E SIMBOLICI

      ‘In mano o sotto la mano di’ significa essere in potere o sotto l’autorità di qualcuno (Gen. 9:2; 41:35; Giob. 2:6; I Piet. 5:6; confronta Genesi 37:21), oppure può significare ‘a sua disposizione’ o ‘affidato a qualcuno’ (Gen. 16:6, confronta Nardoni; 42:37, confronta Con; Luca 23:46; Giov. 10:28, 29); “con mano levata” è segno di vigore, vittoria (Eso. 14:8); ‘rafforzare le mani’ significa autorizzare o equipaggiare e provvedere (Esd. 1:6); ‘indebolire le mani’, abbattere il morale (Ger. 38:4); ‘mettere la vita nella

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