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  • Il culto dell’Io
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • Il culto dell’Io

      “ADORARE me stesso? Ridicolo!” Per voi può essere “ridicolo”. Ma può non esserlo per un crescente numero d’altri. Anzi, la tendenza in questa direzione è così marcata che molti chiamano questa generazione la “generazione dell’io”. Ci sono molte prove a conferma di ciò.

      “Forse l’egoismo sta diventando un po’ incontrollato. Ma adorare se stessi? Non è un’esagerazione?” A prima vista può sembrare così, ma il quadro cambia se questo movimento viene esaminato con più attenzione.

      La consapevolezza è importante. Dobbiamo essere consapevoli di quello che avviene intorno a noi. Dobbiamo essere consapevoli delle persone che frequentiamo: familiari, vicini, gente del quartiere, tutti gli abitanti della terra, dato che il mondo diventa sempre più piccolo. E dobbiamo senz’altro essere consapevoli di noi stessi, dei nostri pensieri e atti, dei nostri bisogni e delle nostre responsabilità.

      Tuttavia, gli odierni psicologi-guru predicano un tipo di consapevolezza o coscienza di sé che si riduce alla dottrina: ‘Prima io; poi tu, al secondo, al sesto o in qualsiasi altro posto, purché Io sia il primo’. Non tutti i seguaci del movimento arrivano a questo punto, ma molti sì, che lo dicano esplicitamente oppure no.

      Perché questa ondata di “MEismo”?

      Ci sono delle ragioni per cui il movimento del “meismo” sta prendendo piede in questo tempo. I vecchi valori sono stati sfidati, e molte religioni convenzionali non li sostengono. I nuovi codici proposti da molti psicologi e psichiatri non soddisfano lo spirito umano, e spesso sono contraddittori. Spiritualmente, milioni di persone vanno alla deriva su mari agitati, alla ricerca di un sicuro timone e di una robusta àncora.

      Disillusi, sono suolo fertile per gli insegnamenti che pongono l’io su un piedistallo. Seguono ‘maestri i quali insegnano le cose che hanno voglia di ascoltare. Non danno più ascolto alla verità e vanno dietro alle favole’. Sono sfruttati “per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo”. — 2 Tim. 4:3, 4, Parola del Signore, Il Nuovo Testamento; Col. 2:8.

      C’è qualcuno che ha trovato le risposte?

      Tuttavia molti ritengono di avere trovato in questi movimenti le risposte che cercavano. Ritengono di avere trovato il timone e l’àncora di cui hanno bisogno per resistere sui mari in tempesta. Li hanno trovati? Sono felici e contenti, hanno smesso di brancolare e di cercare?

      C’è motivo di nutrire ragionevoli dubbi. La serie di articoli che seguono esamina a fondo i pro e i contro dei movimenti del “meismo”.

  • “Prima io”: odierno culto idolatrico
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • “Prima io”: odierno culto idolatrico

      Nella nostra generazione molti hanno perso la fede in istituzioni umane quali governo, legge, scienza, religione e matrimonio, anche nelle persone. Dove volgersi per riempire il vuoto? Molti si rivolgono a se stessi, guardando dentro di sé. Non è una cosa nuova. È solo una cosa vecchia che è tornata di moda.

      IL CREDO di quelli che oggi seguono la filosofia del “prima io” è relativamente nuovo nel XX secolo. Esso rifiuta la considerazione per gli altri che era più comune nella prima parte di questo secolo. Quel codice etico insegnava a pensare agli altri, a far loro del bene, a incoraggiarli, a trovare il proprio posto in mezzo agli altri. Tutto questo è tabù con il nuovo culto di se stessi. Sebbene questo estremismo sia una cosa nuova per questo secolo, in realtà non è nulla di nuovo, è solo una cosa vecchia tornata di moda. È storia antichissima che si ripete.

      Ecco un saggio del nuovo codice etico, racimolato dalla gran quantità di libri scritti di recente sul soggetto:

      “Cercare d’essere il numero uno”.

      “Vincere per mezzo dell’intimidazione”.

      “Pochi imparano a usare il mondo, invece d’esserne usati”.

      “Anche se è possibile agire per il bene altrui, la cosa importante da capire è che questo non sarà mai il tuo principale obiettivo”.

      “La moralità ha pochissimo a che fare col successo”.

      “Hai diritto di giudicare il tuo comportamento”.

      “Sii deciso a vivere secondo un codice etico autodeterminato, non imposto da altri”.

      “Il senso di colpa è una droga che genera assuefazione e così forte e deleteria come l’eroina”.

      “Ti lasci calpestare?”

      “Nuove tecniche rivoluzionarie per fare a modo tuo”.

      Quando nelle pagine dei libri compaiono dichiarazioni simili, si trovano in un contesto che ne addolcisce l’asprezza. Spesso vengono presentati sani principi che risultano utili, e non è nostra intenzione classificarne l’intero contenuto come puro egoismo. Tuttavia, il tono di questi libri è illustrato dalla domanda e dai consigli citati sopra. Queste sono le idee scelte per la pubblicità e le sovraccoperte dei libri, per adescare i lettori. Sono le opinioni espresse nei titoli. Sono le impressioni date ai lettori. Lo spirito che pervade i seguaci del nuovo movimento li spinge a esaltare l’individuo anziché la società in generale. Lo stesso egocentrismo è evidente in pellicole cinematografiche, televisione, atletica, giornali e riviste.

      Com’è nato il movimento

      Uno dei primi gruppi del movimento fu costituito in California nel 1962. Ora ne sono attivi molti altri. Essi studiano cosa c’è dentro l’individuo e cercano di portarlo allo scoperto. Fa vedere ciò che sei, dicono. Lo scrittore di romanzi politici Fletcher Knebel descrive un esercizio tipico:

      “Un esercizio mi mise fuori combattimento: Muti, bendati, mani strette dietro la schiena, in 24 ci toccavamo le spalle, le braccia, le gambe e le anche, al suono di esotica musica orientale. Questo brancolare in massa, gente che annaspava alla cieca e si strofinava per comunicare con altri, mi appariva come l’epitome dell’esistenza umana. Ci cerchiamo disperatamente, eppure ci tocchiamo solo fuggevolmente e sconsolatamente. Mi lasciai cadere giù, mi sedetti per terra e piansi. Per che cosa? Per la mia solitudine e i miei dispiaceri, forse. Non ho mai dimenticato quell’esperienza”.

      Mentre il romanziere Knebel afferma di avere trovato di una certa utilità queste esperienze di gruppo, riscontra che certi aspetti sono discutibili:

      “Il movimento è contraddistinto da un linguaggio osceno quasi quanto quello dei marines americani. Alcuni capigruppo sono più prodighi di oscenità che di osservazioni profonde. . . . l’incessante ripetizione delle stesse parolacce intorpidisce proprio quella coscienza che il capo cerca di risvegliare.

      “Troppi moderni guru americani promettono la luna e ne danno solo un raggio. . . . Un fine settimana di rivelazione psicologica può durare appena quanto un pranzo cinese.

      “La pecca più seria del movimento, secondo me, è la sua limitata applicazione nel mondo . . . Provate a fare una seduta simile tra gli affamati mandriani del Mali, nelle camere della tortura dei campi militari ugandesi, o dall’altro lato della strada di fronte al quartier generale del KGB (servizio segreto) a Mosca. Lo ‘sviluppo’ personale è scarso nei paesi che sono nella stretta della povertà o della tirannide”.

      La nuova religione televisiva

      Tom Shales del Post di Washington ha scritto una rubrica sulla pubblicità televisiva. Eccone alcuni brani:

      “Forse mai nella storia tante persone sono state esortate a sentirsi così bene per così poco. Per tale motivo i pubblicitari della TV, che si sono sempre occupati di manipolare l’io, hanno scoperto un nuovo mezzo per piazzare la merce. È la pubblicità che vi dice di sentirvi bene solo perché siete voi e per qualsiasi cosa vi porti più vicino a questo obiettivo, si tratti di un deodorante, di un budino o di un nuovo tipo di pneumatici radiali. . . .

      “C’è innegabilmente un fervore religioso in questi discorsi. . . . Ma nella nuova pubblicità ciò che in effetti viene deificato è lo spettatore-consumatore. . . . il punto predominante è che l’estremismo nel culto dell’io non è un vizio, ma una virtù . . .

      “La televisione vi dice di provare tutto il piacere possibile. Non vi dà mai l’idea che il vostro piacere può calpestare il piacere di qualcun altro. Dice solo: avanti prendi, o te ne rammaricherai. . . .

      “La televisione, il più efficace strumento di vendita che sia stato inventato, potrebbe essere addirittura riuscita a venderci a noi stessi. Se ci trovassimo improvvisamente in una situazione economica veramente grave, saremmo preparati a qualcosa di così impensabile come la rinuncia”?

      I neonarcisisti

      Nella mitologia greca Narciso era il figlio del dio fluviale Cefiso e della ninfa Liriope. Il mito dice che era di eccezionale bellezza. Quando vide la sua immagine riflessa in una fonte se ne innamorò. Era incapace d’amare altri ed era così affascinato da se stesso da non mangiare neppure. Deperì lentamente e morì. Oggi la psicanalisi ortodossa usa il termine narcisismo per intendere un alto grado di amore di se stessi, fino al punto che l’individuo è indifferente agli altri, a meno che non riesca a farsi notare e ammirare da loro.

      L’odierno “MEismo” è stato più volte chiamato neonarcisismo. Nathan Fain, in un articolo di una rivista intitolato “L’èra di Narciso: Ehi, tu, guarda me!” definì la tendenza “una vera e propria ondata nazionale di narcisismo di cui non s’è mai visto l’uguale”. La definì “la più fiorente industria americana degli ultimi tempi: l’isolamento nel proprio corpo”, e aggiunse:

      “È l’ultima e forse estrema frontiera. E nonostante le campagne dei fondamentalisti per mercanteggiare la colpa, incutere timore e, in linea di massima, tenere tutto coperto, l’arte americana dell’amore di sé è entrata nel suo massimo periodo classico”.

      Ma è veramente “culto dell’Io”?

      Qualcuno ha fatto riferimento a questa esaltazione dell’Io chiamandola “nuova religione”. Altri l’hanno definita “culto di se stessi”. Per molti seguaci del movimento del “me-ismo” non arriva a questo punto; per alcuni sì.

      La Bibbia indica che l’egocentrismo può diventare adorazione. “La concupiscenza”, dice, “è idolatria”. “La cupidigia . . . è idolatria”. (Col. 3:5, Traduzione del Nuovo Mondo e la versione di F. Nardoni) La parola greca resa “concupiscenza” e “cupidigia” da queste traduzioni è pleonexia. Il commentario biblico di Barclay dice:

      “Pleonexia è in sostanza il desiderio d’avere di più. I greci stessi lo definivano desiderio insaziabile, e dicevano che si può soddisfare con la stessa facilità con cui si può riempire d’acqua un recipiente bucato. Lo definivano desiderio peccaminoso di ciò che appartiene ad altri. Lo definivano smania di possesso. È stato descritto come spietato egoismo”.

      Filippesi 3:19 dice di costoro: “Il loro dio è il loro ventre”. O, come dice la Today’s English Version: “Il loro dio sono i loro desideri fisici”. Questi insistono ostinatamente a fare a modo proprio, a idoleggiare la propria volontà. Secoli prima di Cristo questo era stato definito idolatria: “Iniquità come l’idolatria è la presunzione”. — 1 Sam. 15:23, versione a cura di B. Mariani.

      In effetti, l’egolatria risale alla prima coppia umana. Essi vollero stabilire il proprio codice di ciò ch’è bene e di ciò ch’è male. Pertanto, quando fu loro detto falsamente che potevano essere “simili a Dio, conoscendo il bene e il male”, la donna lo considerò qualcosa da desiderare. Prima lei, poi suo marito, seguirono questa condotta. Fu un errore fatale.

      Quindi oggi la filosofia del “prima io” non è una cosa nuova. È storia antichissima che si ripete. Esiste sin dai primordi dell’umanità e fu predetto che sarebbe prevalsa negli ultimi giorni: “Negli ultimi giorni . . . gli uomini saranno amanti di se stessi”. — 2 Tim. 3:1, 2.

      [Riquadro a pagina 5]

      IL CREDO DEL “ME-ISMO”

      Ama te stesso.

      Ama senza possedere.

      Da’ libero sfogo ai tuoi sentimenti.

      Fa vedere ciò che sei.

      Fatti valere.

      Non avere sentimenti di colpa.

      Decidi tu il bene e il male.

      Fa quello che ti pare.

      Io sono a posto, tu sei a posto.

      Non giudicare.

      Non fare la predica.

      Sii spavaldo.

      Vivi alla giornata.

      Tutto qui!

  • Tutti vittime del “Me-ismo”
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • Tutti vittime del “Me-ismo”

      Gli effetti della filosofia egocentrica del “prima io” sono veramente di lunga portata. Purtroppo, siamo tutti danneggiati dai frutti prodotti da questo albero marcio.

      L’AMERICA è forse una potenza in declino? Questa era la domanda posta da un settimanale di notizie negli Stati Uniti. L’articolo riassume come segue ciò che aveva suscitato la domanda: “Sul piano morale, gli ideali tradizionali di duro lavoro, padronanza di sé e sacrificio si stanno erodendo in un’atmosfera sempre più estesa di me-ismo che ha causato non solo crescente delinquenza, famiglie divise, ecc., ma norme più basse nel campo dell’istruzione e nel luogo di lavoro che compromettono la posizione competitiva degli U.S.A. nel mondo”. — U.S. News & World Report, 27 novembre 1978.

      I seguaci del me-ismo ripetono la loro dottrina preferita: ‘Fa quello che ti pare’. Un uomo di Chicago fece proprio questo — era un sodomita — e 32 ragazzi sono morti. Li uccise, ne gettò alcuni in un fiume e altri li seppellì sotto la casa e il garage. Vi furono trovati i resti di 28 di questi ragazzi. Nel 1968 era stato condannato per atti di sodomia con un ragazzo di 16 anni e avrebbe dovuto scontare 10 anni di carcere. Scontò solo 18 mesi. Se avesse scontato l’intera condanna oggi 32 ragazzi sarebbero vivi. Invece furono vittime dell’omosessualità cosiddetta innocua.

      Cinque anni fa 27 giovani furono vittime della sodomia a Houston. Furono coinvolti in una cricca di omosessuali. Tuttavia la società in generale sta assumendo idee liberali verso il modo di vivere degli omosessuali. H. L. Richardson, senatore della California, non la pensa così: “Gli omosessuali vanno in cerca di quelli che chiamano ‘polli’. I polli sono ragazzi giovani e sensibili, di solito poco più che adolescenti, i quali cadono vittime di un modo di vivere che forse altrimenti non avrebbero mai preso in considerazione. Per me questi ragazzi e i loro genitori sono senz’altro delle vittime”.

      Il modo di vivere degli omosessuali è buono o cattivo? Ecco come lo considera Dio: “Dio li ha abbandonati a vergognosi appetiti sessuali, poiché le loro femmine hanno mutato il loro uso naturale in uno contro natura; e similmente anche i maschi hanno lasciato l’uso naturale della femmina e nella loro concupiscenza si sono infiammati violentemente gli uni verso gli altri, maschi con maschi, operando ciò che è osceno e ricevendo in se stessi la piena ricompensa, dovuta al loro errore. . . . quelli che praticano tali cose sono meritevoli di morte”. — Rom. 1:26, 27, 32.

      Nel suo speciale resoconto, il senatore Richardson mostra pure come altri sono danneggiati da tale immoralità: “Ogniqualvolta la comunità guarda con indulgenza l’omosessualità, i film porno e le prostitute, l’indice della criminalità aumenta in modo vertiginoso. Hollywood ne è un esempio vivente. Una parte di quella zona è diventata una cloaca tale che i cittadini e gli uomini d’affari onesti sono costretti ad andarsene”. In simili casi le perdite finanziarie in campo patrimoniale e commerciale possono essere enormi.

      “La pornografia può causare deviazioni sessuali”, dice il dott. Victor B. Cline, professore di psicologia. Egli dichiara inoltre:

      “Quando non si appellavano alla protezione del Primo Emendamento per la pornografia, i suoi sostenitori la chiamavano un innocuo passatempo — forse terapeutico — che poteva tenere lontani dalla strada gli stupratori e i pervertiti. . . . Le pubblicazioni di psicologia e medicina sono zeppe di ricerche che dimostrano che le perversioni sessuali possono avere origine non solo essendo spettatori di tali atti nella vita reale ma anche dalla pornografia. . . . Quindi, anche se possiamo dire che in una società libera ognuno deve decidere da sé se correre il rischio di far uso della pornografia, dobbiamo pure considerare i diritti di chi forse è vittima involontaria di un pervertito e delle sue fantasie: e questo può essere accaduto semplicemente perché l’individuo ha avuto l’occasione di guardare materiale erotico.

      “Alla fine, la società ha posto alcuni limiti quando il possibile danno è considerato troppo grande per essere tollerato. Penso che nel campo della pornografia questo limite sia stato superato da un bel po’. A mio avviso, quelli che affermano che l’esposizione e la vendita di materiale pornografico sia un ‘reato senza vittime’ si sbagliano. I fatti scientifici additano il contrario in modo più che enfatico”.

      Il declino morale è come un albero che affonda le sue radici in molti campi oltre a quello del sesso. Noi tutti ne paghiamo il prezzo, in vari modi. Una conseguenza è quella delle tasse più elevate per pagare il costo della protezione offertaci dalla polizia, dei sistemi giudiziari e delle prigioni. Un altro campo dove affonda le sue radici l’albero del “me-ismo”, già menzionato dalla rivista che esprime la sua inquietudine per il declino della potenza americana, è quello delle

      ‘Norme più basse sul lavoro’

      Sappiamo tutti che i prodotti in vendita sono di qualità più scadente, e ne siamo danneggiati. Fabbricanti egoisti usano materiale più scadente. Dipendenti egoisti chiedono una paga superiore in cambio di meno lavoro eseguito in modo più scadente. Non solo; molti rubano avidamente.

      “Uno che studia i furti commessi dai dipendenti dice che il furto — non il baseball — è il passatempo nazionale degli americani”, osserva l’articolo di una rivista intitolato “Reati commessi dagli impiegati: è un peccato anche se non si è scoperti”. “Il truffatore più ingegnoso e abile d’America”, comincia dicendo l’articolo, “è l’impiegato”. E continua:

      “Nella maggioranza dei casi, è rispettabile, laborioso, assiduo alle funzioni religiose, . . . e non violento, ma pur sempre un criminale. Il reato: derubare la ditta, il cliente, il governo; uno spaventoso totale di oltre 40 miliardi di dollari all’anno in furti. Questa cifra supera di dieci volte la perdita annua complessiva causata da reati violenti contro il patrimonio”. — U.S. Catholic, gennaio 1979.

      Quasi tutti rispettano almeno a parole la Regola Aurea, ma applicarla è un’altra cosa. Inoltre, ognuno giustifica a modo suo il proprio peccato. Molti ragionano in questo modo: ‘Prendo i soldi dal registratore di cassa del negozio, tanto queste perdite sono incluse nei prezzi’. ‘Prendo materiale dal luogo di lavoro, tanto non mi pagano abbastanza’. ‘Lo fanno tutti. Perché non dovrei farlo io?’ Sia impiegati che operai li considerano benefici supplementari. Il datore di lavoro lo considera un furto, e voi e io ne paghiamo le spese. Le vittime siamo noi.

      Molti uomini d’affari fanno di peggio, e il procuratore distrettuale di New York lo fa notare, dicendo: “Truffatori del mercato azionario e aggiotatori, dirigenti di società che fanno profitti illeciti con informazioni riservate, commercianti che nascondono gli utili al fisco e un numero enorme di persone che giocano in borsa e aprono conti all’estero per non pagare le tasse sui loro utili commerciali”. Questi erano “coloro che si lamentavano per primi di una rapina o di un’aggressione nel quartiere”.

      A chi posso far causa?

      Si calcola che in un anno, negli Stati Uniti, siano state intentate oltre sette milioni di cause. Arrivano come una valanga e sommergono i tribunali. Molte sono legittime, molte sono futili, molte hanno origine dall’avidità. È una vera e propria epidemia. I pazienti citano i medici, i clienti citano gli avvocati, gli studenti citano gli insegnanti, i lavoratori citano i datori di lavoro, i compratori citano i fabbricanti, i privati citano altri privati. Anche la famiglia ne soffre: “I figli trascinano i genitori in tribunale, mentre mariti e mogli si citano a vicenda, i fratelli citano i fratelli, e gli amici citano gli amici”, leggiamo in un articolo di U.S. News & World Report del 4 dicembre 1978.

      Questo articolo elenca alcuni casi per mostrare a quali estremi arriva l’impulso di far causa. Un ex studente ha chiesto all’Università del Michigan un risarcimento di 853.000 dollari, in parte per l’angoscia provata per aver preso la sufficienza in tedesco quando si aspettava un voto alto. Un detenuto è fuggito e quando è stato ripreso ha citato lo sceriffo e le guardie chiedendo un risarcimento di un milione di dollari perché lo avevano lasciato evadere, ragion per cui gli era stata allungata la condanna. Una madre ha citato le autorità chiedendo 500.000 dollari di danni perché le avevano vietato di allattare il suo bambino nei pressi di una piscina della comunità. Un giovane ha citato i genitori chiedendo 350.000 dollari di risarcimento, dietro l’accusa che non gli hanno dato una buona educazione per cui ora non riesce a inserirsi nella società. I genitori di una ragazza hanno fatto causa quando la figlia si è rotta un dito cercando di acchiappare il pallone in una partita di softball a scuola, asserendo che l’istruttore non l’aveva addestrata bene.

      Gli esperti affermano che “lo spettro dei processi mina la produttività, la creatività e la fiducia umana, creando ‘un timore d’agire’ in molti settori della società”. Inoltre, si pensa che queste cause rovineranno ulteriormente le relazioni personali e le istituzioni che contribuivano a tenere unita la società.

      Pertanto, la gente vuol fare come le pare, ma vuole che siano gli altri a subirne le conseguenze. Vuole seminare stoltezza e condurre una vita dissipata, ma vuole che siano gli altri a pagarne il prezzo. Questo è il motto del “me-ismo”. Ne sono tutti vittime.

  • Peccato? Cos’è?
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • Peccato? Cos’è?

      “Soffoca i sentimenti di colpa”, ha detto un fautore del MEismo. Il fatto è che chi non ha sentimenti di colpa è malato.

      SI PUÒ porre fine al peccato con una dichiarazione del genere? Sarebbe come cercare di far cessare la febbre rompendo il termometro, di porre fine alla delinquenza togliendo di mezzo ogni legge. Non si elimina il peccato mettendo da parte il Libro che lo definisce. Il peccato esiste e ne siamo consapevoli anche senza la Bibbia. Parlando di coloro che non conoscono le leggi di Dio, la Bibbia dice:

      “Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono”. — Rom. 2:14, 15, versione della C.E.I.

      Indipendentemente da quello che dice, la persona serve chiunque o qualunque cosa segua: “Siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia”. — Rom. 6:16, C.E.I.

      Peccato e colpa sono presenti nella vita imperfetta di tutti noi. Chi agisce come la donna di Proverbi 30:20 non cambia questa realtà: “Ecco la via di una donna adultera: ella ha mangiato e s’è pulita la bocca e ha detto: ‘Non ho commesso nessun torto’”. L’odierna generazione dell’Io imita il suo rifiuto di vedere il peccato e la colpa. La copertina del libro Whatever Became of Sin? del dott. Karl Menninger dice: “La parola ‘peccato’ è quasi scomparsa dal nostro vocabolario, ma nel nostro cuore e nella nostra mente resta il senso di colpa”.

      L’utilità della colpa

      “Alcuni”, dice lo psicanalista Willard Gaylin, “non hanno mai provato il senso di colpa. Essi, comunque, non sono i più fortunati, né è una fortuna averli tra noi. L’incapacità di sentire la colpa è il principale difetto della persona psicopatica o antisociale”. Egli non è d’accordo con i guru del “me-ismo” i quali dicono che la colpa sia un sentimento inutile. “Il senso di colpa”, dice Gaylin, “non è solo un’esperienza tipicamente umana; essa, insieme alla vergogna, serve a sviluppare i tratti del carattere più nobili, più generosi e più umani che distinguono la nostra specie”.

      Nel nostro intimo ci formiamo un’identità o modello di noi stessi. Ci identifichiamo con questo modello interno. Diventa una norma o ideale con cui ci misuriamo, approvando o disapprovando. Si costruisce attraverso i contatti con i genitori e con i loro insegnamenti ed esempi. Altri che rispettiamo o ammiriamo contribuiscono alla creazione di questo ideale interiore. Vi concorrono anche i principi studiati od osservati. Se studiamo la Bibbia questo modello o ideale ricalca quello di Geova Dio, poiché la Bibbia riflette i principi che Dio personifica, come giustizia, amore, sapienza, potenza, lavoro, determinazione, e molti altri. Più viviamo secondo questa norma del bene che abbiamo dentro di noi, più possiamo rispettarci e anche amarci.

      Tuttavia, quando non viviamo secondo questo ideale interiore, proviamo un senso di colpa. È utile? Su questo punto, lo psicanalista Gaylin dice:

      “Il senso di colpa non è un sentimento ‘inutile’, è piuttosto ciò che plasma in gran parte la nostra bontà e generosità. Ci avverte quando trasgrediamo norme di comportamento che personalmente vogliamo sostenere. Il senso di colpa ci informa che siamo venuti meno ai nostri ideali”.

      La coscienza distingue solo noi

      Di tutte le creature terrestri, solo l’uomo ha la coscienza. La base del suo operato sono le norme o gli ideali che abbiamo dentro di noi. Se studiamo la Bibbia e diveniamo simili a Dio, possiamo lasciarci tranquillamente guidare dalla coscienza. Se non ci comportiamo come Dio vuole, la coscienza ci rimorde e noi ci sentiamo in colpa.

      Gli animali non hanno la coscienza che faccia loro provare sentimenti di colpa. Può sembrare che i cani si sentano colpevoli quando disubbidiscono, ma è solo il timore della nostra disapprovazione. Ma a causa della coscienza la condotta delle persone è oggetto d’esame. “La loro coscienza rende testimonianza con loro e, nei loro propri pensieri [di ciò che dovrebbero essere], sono accusati o scusati”. — Rom. 2:15.

      Nel tentativo di ‘soffocare i sentimenti di colpa’, gli uomini incalliscono la propria coscienza per renderla insensibile, per metterla a tacere. Diventano “segnati nella loro coscienza come da un ferro rovente”. Anch’essi devono cercare di sostituire il loro precedente ideale interiore con un altro, un ideale con norme inferiori o assolutamente privo di norme. È un ritorno alla vecchia immoralità, ma camuffato e abbellito con il nome di “nuova moralità”. Così facendo, “la loro mente e la loro coscienza sono contaminate”. — 1 Tim. 4:2; Tito 1:15.

      Dobbiamo conservare l’utile facoltà di sentirci in colpa. Perciò siamo esortati: “Mantenete una buona coscienza”. Se una coscienza è debole, non contaminatela andando contro di essa, ma rafforzatela portando alla maturità cristiana “la persona segreta del cuore”, che si basa sulla Parola di Dio. — 1 Piet. 3:4, 16; 1 Cor. 8:7.

      Ammettere le proprie colpe

      “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”, alla cui somiglianza fu creato l’uomo. (Rom. 3:23; Gen. 1:27) Tutti, dunque, hanno motivo di sentirsi in colpa. Coloro che non hanno sentimenti di colpa tentano inutilmente di nasconderli, come il proverbiale struzzo che ficca la testa nella sabbia.

      La prima coppia umana si sentì in colpa quando ebbe peccato, e si nascose. Trovati e messi di fronte al loro peccato, fecero quello che fanno molti di noi: tentarono di scaricare la loro colpa su qualcun altro. Il racconto dice: “L’uomo proseguì, dicendo: ‘La donna che tu desti perché fosse con me, mi ha dato del frutto dell’albero e quindi io l’ho mangiato’. Allora Geova Dio disse alla donna: ‘Che cos’è questo che tu hai fatto?’ A ciò la donna rispose: ‘Il serpente, mi ha ingannata e io ho mangiato’”. — Gen. 3:12, 13.

      Si dice che la miseria ami stare in compagnia. Il senso di colpa se ne compiace ancora di più: più siamo meglio è! Il dott. Menninger ha scritto:

      “Se si può riversare su un gruppo di persone la responsabilità di ciò che sarebbe un peccato se lo facesse il singolo, il peso della colpa si solleva rapidamente dalle spalle di tutti gli interessati. Altri accuseranno, ma l’individuo si sente libero dalla colpa quando è condivisa da molti”. — Whatever Became of Sin?, pag. 95.

      A che cosa può infine condurre questo? Al “peccato della guerra”, egli dice, e aggiunge: “Tutti i comportamenti normalmente considerati criminosi e/o peccaminosi sono improvvisamente approvati: omicidio, mutilazione, incendio doloso, rapina, inganno, infrazione, sabotaggio, vandalismo e crudeltà”. — Pag. 101.

      Menninger prosegue descrivendo a tinte più vive il peccato e fa alcune domande. Egli dice:

      “L’immagine di un bambino urlante e ustionato o di una donna smembrata o sventrata ci impressiona e ci ripugna, anche se ci viene risparmiato il rumore delle grida e dei gemiti. Non siamo testimoni del dolore della madre affranta. Non conosciamo la disperazione, l’abbattimento, il senso di assoluta perdita. Non andiamo con loro negli ospedali e non osserviamo le orribili ferite, le penose ustioni, gli arti a pezzi. E tutto questo è solo un puntolino su una grande carta che ne contiene milioni. È indescrivibile. È inconcepibile. È inimmaginabile.

      “Ma chi è il responsabile di questo male? Certo è peccato, ma il peccato di chi? Nessuno ne vuole la responsabilità. Qualcuno ha detto a qualcuno di dire a qualcuno di dire a qualcuno di fare così e così. Qualcuno ha deciso di dare inizio alla cosa e qualcuno ha accettato di sovvenzionarla. Ma chi? E come ho votato? . . . A volte penso che le sole persone completamente e coerentemente morali siano quelle che rifiutano di partecipare”. — Pagg. 102, 103.

      Affrontate le vostre colpe!

      Per onestà ognuno di noi deve ammettere il proprio peccato e la propria colpa. Per conservare la salute mentale dobbiamo liberarcene. Geova ce ne provvede il modo.

      La Parola di Dio addita il solo modo adeguato per combattere il peccato. Ammetterlo: “Se facciamo la dichiarazione: ‘Non abbiamo nessun peccato’, sviamo noi stessi e la verità non è in noi”. (1 Giov. 1:8) “Chi copre le sue trasgressioni non riuscirà”. (Prov. 28:13) Confessare a Dio il proprio peccato: “Dissi: ‘Farò confessione delle mie trasgressioni a Geova’”. (Sal. 32:5) Il perdono segue la confessione: “Se confessiamo i nostri peccati [a Dio], egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati”. (1 Giov. 1:9) Quindi la colpa svanisce: Il perdono di Dio si ottiene mediante Cristo, e tale perdono “purificherà la nostra coscienza dalle opere morte”. (Col. 1:14; Ebr. 9:14) Allora la nostra coscienza non dovrà più sentire la colpa.

      Ammettete dunque il vostro peccato, riconoscetelo, confessatelo a Dio, chiedetene perdono. Qualche volta ne seguirà la punizione, ma spesse volte la confessione è seguita dal perdono e tutto finisce lì.

      La generazione dell’Io cerca di respingere la colpa negando il peccato. Peccare significa letteralmente “mancare il bersaglio”. La “nuova moralità” manca senz’altro il bersaglio, come mostrano i frutti. L’asserzione degli psicologi behavioristi, secondo cui non prendiamo nessuna decisione personale e quindi non abbiamo nessuna responsabilità, vuole ignorare la realtà del peccato. È una psicologia in cui nessuno è in fallo, nessuno è responsabile, nessuno è colpevole, nessuno pecca. È proprio il tipo di terminologia psicologica di cui approfittano e dietro cui si nascondono i neonarcisisti, chiedendo con le sopracciglia inarcate: “Peccato? Cos’è?”

      Una sana psicologia è quella di ammettere il peccato e combatterlo. La Parola di Dio è la chiave che ci permette di farlo. Mostra che dobbiamo avere il giusto rispetto per noi stessi, considerazione per altri, e, soprattutto, amare il nostro Creatore Geova Dio e accettarne i principi come guida. Il prossimo articolo tratta questi punti.

  • Bisogna tener conto di Dio, tener conto degli altri, tener conto di se stessi
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • Bisogna tener conto di Dio, tener conto degli altri, tener conto di se stessi

      “Devi amare Geova il tuo Dio . . . Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. — Mar. 12:30, 31.

      DOBBIAMO vederci come siamo, come siamo fatti, scoprire cosa rivela la storia di noi. Qual è la condotta che si è dimostrata pratica, utile?

      Siamo di carne, ma abbiamo anche un lato spirituale. Saremo come gli edonisti, soddisfacendo solo la carne? O come gli asceti, punendo la carne per esaltare lo spirito?

      Naturalmente, la Bibbia non è a favore dell’edonismo. E contrariamente agli esempi di alcune religioni, la Bibbia non è neppure a favore dell’ascetismo: “Tali cose hanno apparenza di sapienza a motivo della religiosità volontaria, della mortificazione e del trattamento severo del corpo, ma non servono contro l’indulgenza della carne”. — Col. 2:23, La Bibbia Concordata.

      La Bibbia è a favore dell’equilibrio e della ragione, non dell’estremismo. “La vostra ragionevolezza”, dice, “divenga nota a tutti gli uomini”. (Filip. 4:5) Se saziamo la carne, lo spirito è affamato. Se siamo fanatici rispetto alle cose spirituali, la carne ne soffre. Abbiate cura della carne senza divenire materialisti: “Avendo nutrimento e di che coprirci, di queste cose saremo contenti”. La carne è importante, ma lo spirito lo è molto di più: “Lo spirito di un uomo può sostenere la sua malattia, ma in quanto a uno spirito abbattuto, chi lo può sollevare?” È dunque essenziale essere consci dei bisogni dello spirito: “Felici quelli che si rendono conto del loro bisogno spirituale”. — 1 Tim. 6:8; Prov. 18:14; Matt. 5:3.

      Bisogna amare se stessi

      Amare se stessi? Non è questo il modo di parlare della generazione dell’Io? No, poiché questo non è l’amore egocentrico del mitologico Narciso, che escludeva la possibilità di amare veramente altri. Infatti, è necessario amare se stessi prima di poter amare altri. La psicologia moderna lo sa, ma questo fatto venne riconosciuto 35 secoli prima dell’odierna psicologia. Mosè scrisse in Levitico 19:18: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. Dovete amare voi stessi, e il prossimo come voi stessi.

      Dobbiamo amare noi stessi nel senso d’aver cura di noi, di rispettarci, di sentire che valiamo qualcosa. Per riuscirci dobbiamo fare ciò che sappiamo essere giusto agli occhi di Dio, ciò che la nostra coscienza sensibile e ben educata si attende da noi. Se veniamo meno, siamo scontenti di noi stessi e ci sentiamo in colpa. Infelici per questo stato di cose, cerchiamo di scaricare su altri la colpa, guastando i nostri rapporti con loro.

      Un esempio di ciò si ha nel caso di Adamo ed Eva. Essi sapevano qual era la cosa giusta da fare. Quando fecero il contrario si nascosero a Dio perché si sentirono in colpa. Quando egli li affrontò, cercarono entrambi di scaricare la colpa: Adamo sulla moglie e su Dio per avergli dato questa donna; Eva scaricò la sua colpa sul serpente. (Gen. 3:12, 13) Adamo non poteva più avere sincero amore o rispetto di sé, e rovinò la propria relazione sia con la moglie che con Dio. Pure Eva cercò di scaricarsi della colpa per potersene liberare e avere così rispetto di sé. Ma coloro la cui coscienza non è totalmente incallita non possono eliminare la colpa in questo modo. Possiamo provare, ma non riusciamo a ingannare noi stessi, e la nostra interiore disapprovazione ci impedisce di amare gli altri. Bisogna proprio amare se stessi.

      Bisogna amare gli altri

      La psicologia moderna riconosce anche questo bisogno. Lo psicanalista Willard Gaylin disse nella rivista Atlantic del gennaio 1979:

      “Non esiste la sopravvivenza individuale. L’essere umano è tale grazie all’educazione di altri esseri umani, e senza ciò non sopravvivrà. O se sono provvedute cure e amore solo in minima quantità, l’individuo può sopravvivere come entità biologica senza le qualità umane che lo elevano al di sopra del comune ospite animale. Anche dopo lo sviluppo, se in qualsiasi punto chiave l’individuo viene privato del contatto con la sua specie, può ricreare nella propria immaginazione relazioni sociali che per qualche tempo lo sostengono, ma corre il rischio d’essere ridotto a un animale”.

      Lo psicanalista Otto Kernberg, in Psychology Today del giugno 1978, dice:

      “In una situazione normale, chi ha un’intima relazione con qualcuno prova qualcosa che gli reca grande soddisfazione. . . . E se non si può ottenere, si prova un senso di vuoto e insoddisfazione cronica”.

      Abbiamo bisogno d’essere apprezzati e accettati dagli altri. Il miglior modo per ricevere è quello di dare, come mostrò Gesù: “Praticate il dare, e vi sarà dato. Vi sarà versata in grembo una misura eccellente, pigiata, scossa e traboccante. Poiché con la misura con la quale misurate, sarà rimisurato a voi”. (Luca 6:38) Vi è felicità nel ricevere, ma ce n’è di più nel dare. Dando amore lo esercitiamo e lo facciamo crescere, aumentiamo la nostra capacità di amare gli altri; e in cambio riceviamo il loro amore. Amate per primi gli altri, e così li indurrete ad amarvi. Questo è indicato dall’amore che Geova ha mostrato all’umanità riconoscente: “In quanto a noi, amiamo, perché egli per primo amò noi”. — 1 Giov. 4:19; Atti 20:35.

      I bambini piccoli devono imparare che è importante amare gli altri. È utile che giochino con i coetanei perché imparano che non possono sempre averla vinta, che non possono sempre fare come gli pare, che non possono sempre essere i primi. La tendenza dei bambini è di voler fare a modo proprio, ma imparano presto che il prezzo della compagnia è che anche per gli altri viene il momento d’essere i primi. Chi vuole sempre essere il primo finisce per rimanere solo.

      Bisogna amare Dio

      Siamo una piccola nullità in paragone con la grandezza della terra, che è piccola in paragone con il sole, che è una piccola stella tra i miliardi di stelle della Via Lattea. La Via Lattea è solo una fra i miliardi di galassie nell’universo. Nella sua immensità siamo microscopici e del tutto insignificanti, tranne per il fatto che l’Iddio che fece l’universo ha fatto pure noi, ha cura di noi e ha un proposito per noi. Solo per questa ragione la nostra vita può avere uno scopo e un senso. Egli ci ama; noi dobbiamo amarlo. Questo è un punto ripetutamente messo in rilievo nella Bibbia. Il redattore religioso Leslie K. Tarr fa un contrasto tra la filosofia del “me-ismo” e il cristianesimo, dicendo:

      “Il vangelo dell’interesse personale colpisce alla radice tutto ciò che vi è di nobile nella nostra cultura ed è diametralmente opposto al vangelo cristiano. ‘Cercare d’essere il numero uno’ è il grido di battaglia di una nuova barbarie. Il vangelo chiama in un’altra direzione. Esso invita a rinnegare se stessi, a prendere la croce, . . . a porgere l’altra guancia, e a fare il secondo miglio. Al contrario, l’invito a ‘cercare d’essere il numero uno’ suona meschino. . . . Il vangelo egocentrico, nelle sue forme secolari e religiose, è lungi dal messaggio che indirizza il nostro sguardo prima verso Dio e poi verso gli altri”. — Star di Toronto, 25 novembre 1978.

      L’illustre storico Arnold Toynbee parlò del grave abisso morale cui ci troviamo di fronte, e della scienza disse:

      “Non ha aiutato [l’uomo] a evadere dalla prigione del suo innato egocentrismo per stabilire una comunione o un’unione con qualche realtà più grande, più importante, più preziosa e più duratura dell’individuo stesso”. — Surviving the Future, di Arnold Toynbee.

      I moderni guru del “me-ismo” inseguono avidamente il mito dell’Io con valanghe di libri sul soggetto e cercano di far fortuna. Ma millenni di storia umana hanno rivelato che le filosofie umane non recano nessun beneficio duraturo. “Che la sapienza sia giusta è provato dalle sue opere”, e la sapienza umana non ha tale prova. (Matt. 11:19) Gli uomini possono schernire e dire che la sapienza della Bibbia non è pratica, ma resta il fatto che il mondo non l’ha mai provata, non ha provato l’amore di Dio, l’amore del prossimo, neppure il giusto amore di se stessi. E certo non ha provato a seguire la Regola Aurea che Gesù proclamò: “Tutte le cose dunque che volete che gli uomini vi facciano, anche voi dovete similmente farle loro”. — Matt. 7:12.

      Lo psichiatra Karl Menninger, nel suo libro Whatever Became of Sin?, dichiara: “Trascendere il proprio egocentrismo non è una virtù; è una necessità redentrice”.

      Dobbiamo tener conto di noi stessi, degli altri e soprattutto dobbiamo tener conto di Geova Dio. Gesù mise queste necessità nella giusta prospettiva quando gli fu chiesto: “Maestro, qual è il più grande comandamento della Legge?” Egli rispose: “‘Devi amare Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’. Questo è il più grande e il primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è questo: ‘Devi amare il tuo prossimo come te stesso’. Da questi due comandamenti dipendono l’intera Legge e i Profeti”. — Matt. 22:36-40.

  • Una filosofia che rovina le famiglie
    Svegliatevi! 1979 | 8 ottobre
    • Una filosofia che rovina le famiglie

      “Pensa che la cosiddetta società dell’‘Io’ accresca il numero dei matrimoni falliti?” fu chiesto al dott. Robert Taylor, autore di libri sul soggetto. “Sì”, rispose, “credo che la filosofia dell’‘Io’ contribuisca all’alto indice di divorzi che abbiamo ora”.

      L’odierna mania di appagare se stessi induce “interi quartieri”, diceva un articolo di fondo in “U.S. News & World Report”, “a subordinare o abbandonare lavoro, politica, servizio civile e responsabilità familiari a favore di lezioni per realizzarsi, esercizi esotici, il farsi accarezzare con penne di pavone e guanti di pelliccia, bagni caldi in comune, sensazioni extraconiugali e altre cose che si suppone diano pura felicità”.

      “Il moderno genitore è lontano dal figlio”. Perché? Una notizia di “Newsweek” spiega: “Pensa di avere poco da ‘trasmettere e, in ogni caso, ora dà la precedenza al proprio diritto di appagare se stesso’”.

      “In un’epoca che dà risalto alla massima espressione e soddisfazione personale, molti genitori non vogliono affatto sacrificarsi per i figli, che sono considerati un peso. O non vogliono affatto i figli, o vogliono che i loro ragazzi se ne stiano tranquilli e non diano fastidio. . . . La gente è più egocentrica di 20 anni fa”. — “Homemaker’s Magazine”, giugno/luglio/agosto 1976.

      Uno speciale programma televisivo della CBS trasmesso lo scorso dicembre faceva vedere una famiglia in cui i genitori erano divorziati e i cattivi effetti che questo aveva sui figli. La madre faceva parte del movimento di liberazione della donna, ciò che aveva portato al divorzio. I figli espressero la loro tristezza perché il lavoro della madre la teneva per troppo tempo lontana da casa, e il padre non viveva con loro.

      Riguardo alla psichiatria “U.S. News & World Report” ha detto: “La società nel suo insieme può essere stata danneggiata da certi sistemi psichiatrici. C’è la diffusa opinione, giusta o sbagliata, che le ansie dell’America moderna siano state accresciute dal consiglio psichiatrico che spesso incoraggia l’individuo a ‘fare quello che gli pare’ anche se rovina delle famiglie”.

      Sotto l’intestazione “Io, Io, Io”, la rivista “Newsweek” pubblicò la recensione del libro “The Culture of Narcissism” di Christopher Lasch, un professore di storia. L’attuale tendenza dei genitori di dare ‘la precedenza al proprio diritto di appagare se stessi’ danneggia emotivamente i figli e li lascia privi di un codice morale. Egli afferma che il nuovo movimento “offre soluzioni controproducenti, consigliando di non investire troppo in amore e amicizia”.

      In principio, le riviste femminili parlavano della casa, della cucina e dei figli. Poi uscirono riviste per la ragazza che lavora. In seguito uscirono riviste par il movimento femminista. L’ultima novità è una rivista intitolata “Self”. L’articolo di fondo di “The Wall Street Journal” che parlava di questa rivista concludeva dicendo che, secondo gli editori, i lettori “vogliono pensare soprattutto al proprio indipendente io, non ai figli o al sesso o alla politica. Un messaggio non molto incoraggiante per la fine del decennio”.

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