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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • MISERICORDIA E BENIGNITÀ

      Altri termini che hanno stretta relazione con ràhham e èleos, e spesso sono usati insieme, sono l’ebraico hhèsedh (Sal. 25:6; 69:16; Ger. 16:5; Lam. 3:22) e il greco khàris (I Tim. 1:2; Ebr. 4:16; II Giov. 3), che significano rispettivamente amorevole benignità (o amore leale) e immeritata benignità. Hhèsedh differisce da ràhham in quanto dà risalto alla devozione o all’amorevole affetto leale per l’oggetto della benignità, mentre ràhham pone l’accento sulla tenera compassione o pietà che si prova. Similmente la principale differenza fra khàris e èleos è che khàris esprime in special modo l’idea di un dono spontaneo e immeritato, ponendo così l’accento sulla liberalità e generosità del donatore, mentre èleos dà risalto alla misericordia manifestata nel sopperire ai bisogni degli afflitti o infelici. Dio manifestò dunque khàris, immeritata benignità, al suo stesso Figlio avendogli “benignamente dato [forma di kharìzomai] il nome ch’è al di sopra d’ogni altro nome”. (Filip. 2:9) Tale benignità non era motivata da pietà ma dall’amorevole generosità di Dio. — Vedi BENIGNITÀ.

  • Misia
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    • Misia

      (Misia).

      Regione dell’Asia Minore occidentale. Nonostante gli spostamenti subiti dai suoi confini, la Misia fondamentalmente confinava da O a N col Mar Egeo, l’Ellesponto (Dardanelli) e il Propontide (Mar di Marmara), con la Bitinia a E e la Lidia a S. (Vedi ASIA). Durante il secondo viaggio missionario, Paolo, accompagnato da Sila e Timoteo, intendeva andare in Bitinia, ma “lo spirito di Gesù non lo permise loro. Ed essi passarono la Misia e scesero a Troas”. (Atti 15:40; 16:1-3, 7, 8) Dato che il porto di Troas si trovava nella Misia, evidentemente Paolo e i suoi compagni, pur attraversando la Misia, non la considerarono campo di attività missionaria. Altre città della Misia erano Adramitta (Atti 27:2), Asso (Atti 20:13, 14) e Pergamo. — Riv. 1:11; vedi TROAS.

  • Mistero
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    • Mistero

      Vedi SACRO SEGRETO.

  • Misura
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    • Misura

      Vedi PESI E MISURE.

  • Mitezza
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    • Mitezza

      In A New Testament Word Book, William Barclay dice a proposito del sostantivo greco praỳtes: “Nel greco classico . . . riferito a cose significa ‘dolce’. È usato per esempio a proposito di una dolce brezza o di una voce dolce. Riferito a persone significa ‘mite’ o ‘gentile’”. A proposito dell’aggettivo praỳs, la stessa opera osserva: “C’è dolcezza in praus ma dietro la dolcezza c’è la forza dell’acciaio, . . . non è una gentilezza sdolcinata, un affetto sentimentale, un quietismo passivo”. In An Expository Dictionary of New Testament Words, W. E. Vine dichiara: “PRAUTES... non indica ‘soltanto un comportamento esteriore; né i rapporti con i propri simili; tanto meno una semplice inclinazione naturale. Piuttosto è un’insita grazia dell’anima; e viene esercitata in primo luogo e soprattutto verso Dio. È lo stato d’animo in cui riconosciamo che il Suo operato nei nostri confronti è buono, e perciò non lo mettiamo in discussione né vi opponiamo resistenza; è strettamente legato al termine tapeinophrosune [umiltà], e ne è la diretta conseguenza’”.

      La mitezza di temperamento o di spirito non è una qualità di chi ha un carattere debole. Gesù Cristo disse: “Io sono d’indole mite e modesto di cuore”. (Matt. 11:29; II Cor. 10:1) Eppure Gesù aveva dietro di sé tutta la potenza del Padre suo, ed era risoluto nel difendere ciò che è giusto, con grande libertà di parola e azione quando era necessario. — Matt. 23:13-39; confronta 21:5.

      La persona d’indole mite è tale perché ha fede e una fonte da cui attingere forza. Non perde facilmente l’equilibrio né il suo buon senso. La mancanza di mitezza deriva da insicurezza, da frustrazione, da mancanza di fede e speranza, e anche da disperazione. Il proverbio descrive una persona del genere: “Come una città diroccata, senza mura, è l’uomo che non tiene a freno il suo spirito”. (Prov. 25:28) È vulnerabile, soggetto a ogni genere di idee sbagliate, che possono spingerlo a compiere azioni scorrette.

      UN FRUTTO DELLO SPIRITO

      La mitezza è un frutto dello spirito santo, la forza attiva di Dio. (Gal. 5:22, 23) Dio è dunque la Fonte della mitezza, e chi vuole avere un’indole veramente mite deve chiedergli il suo spirito e coltivare questo frutto dello spirito. Non si può acquistarla con la sola forza di volontà, ma deriva dall’appressarsi a Dio.

      La mancanza di mitezza provoca eccessiva eccitabilità, durezza, mancanza di padronanza di sé e liti. Viceversa viene consigliato al cristiano di preservare la pace e l’unità con “modestia di mente e mitezza”. — Efes. 4:1-3.

      Nella Bibbia la “mitezza” è spesso collegata con lo “spirito”, come nelle espressioni “mitezza di spirito” o ‘spirito mite’. La vera mitezza è quindi più che una qualità esteriore, transitoria o occasionale, ma fa parte del proprio temperamento o personalità. — I Piet. 3:3, 4.

      L’apostolo Paolo scrive: ‘Rivestitevi di mitezza’. A una lettura superficiale, potrebbe sembrare una specie di vernice per dare un certo aspetto esteriore, ma nello stesso contesto egli consiglia: “Rivestitevi della nuova personalità, che per mezzo dell’accurata conoscenza si rinnova secondo l’immagine di Colui che la creò”. (Col. 3:10, 12; Efes. 4:22-24) Questo indica che la mitezza è veramente un tratto della personalità, e soprattutto un tratto non ereditato naturalmente, ma acquisito come frutto dello spirito di Dio attraverso l’accurata conoscenza e la sua applicazione.

      ESSENZIALE PER I SORVEGLIANTI

      Dando al giovane Timoteo istruzioni circa la dovuta cura della congregazione, Paolo gli ordinò come risolvere problemi difficili: “Lo schiavo del Signore non ha bisogno di contendere, ma ha bisogno d’esser gentile verso tutti, qualificato per, insegnare, mantenendosi a freno nel male, istruendo con mitezza quelli che non sono favorevolmente disposti; se mai Dio conceda loro il pentimento”. (II Tim. 2:24, 25) Qui si vede l’analogia fra mitezza e longanimità, in quanto uno si rende conto di trovarsi di fronte a una difficoltà, che Dio ha permesso si verificasse, e che come sorvegliante deve risolvere nel migliore interesse della parte o delle parti in causa. Deve occuparsi con pazienza della cosa finché è risolta, senza stancarsi. — Vedi anche Tito 3:1-7.

      In un’altra occasione Paolo si rivolge a coloro che sono spiritualmente maturi nella congregazione, spiegando qual è la loro responsabilità: “Anche se un uomo fa qualche passo falso prima che se ne renda conto, voi che siete spiritualmente qualificati cercate di ristabilire tale uomo con uno spirito di mitezza, badando a te stesso, perché anche tu non sia tentato”. (Gal. 6:1) Dovrebbero sempre ricordare come Dio è stato longanime con loro. Perciò non dovrebbero rimproverare aspramente chi sbaglia, ma dovrebbero cercare di ristabilirlo con spirito di mitezza. Questo sarà ben più efficace e utile per tutti.

      PLACA L’IRA

      In situazioni difficili o quando si ha a che fare con persone adirate, la mitezza riuscirà ad appianare la difficoltà, mentre l’asprezza peggiorerebbe la situazione. Il proverbio dice: “La risposta, quando è mite, allontana il furore, ma la parola che causa pena fa sorgere l’ira”. (Prov. 15:1) La mitezza può avere molta forza. “Mediante la pazienza il comandante è lusingato, e la stessa lingua mite può rompere un osso”. — Prov. 25:15.

      INDISPENSABILE QUANDO SI È DISCIPLINATI

      Un altro ottimo principio che riguarda la calma o mitezza viene enunciato da Salomone. Riguarda la possibile tendenza a manifestare uno spirito ribelle quando veniamo corretti o puniti da chi ha autorità. Potremmo essere indignati al punto di non rimanere al nostro posto, sottomessi. Ma Salomone consiglia: “Se lo spirito del governante si inalberasse contro di te, non lasciare il tuo proprio luogo, poiché la calma stessa allevia grandi peccati”. (Eccl. 10:4; confronta Tito 3:2). Il giusto atteggiamento calmo e mite quando si è disciplinati non solo evita ulteriore collera da parte dell’autorità, ma ci permette di migliorare la nostra personalità padroneggiandoci, rimanendo al nostro posto e accettando la disciplina.

      Questo è specialmente vero quando il sovrano è Geova Dio e quando la disciplina viene da chi ha ricevuto da lui l’autorità. (Ebr. 12:7-11; 13:17) Si applica pure ai nostri rapporti con le autorità governative mondane permesse da Dio. (Rom. 13:1-7) Anche se una persona del genere può chiedergli con asprezza la ragione della sua speranza, il cristiano, pur mettendo decisamente al primo posto l’ubbidienza a Dio, dovrebbe rispondere “con mitezza e profondo rispetto”. — I Piet. 3:15.

  • Mitilene
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    • Mitilene

      (Mitilène).

      Capoluogo di Lesbo, isola dell’Egeo a O della costa dell’Asia Minore. Mentre si recava a Gerusalemme nella primavera del 56 E.V., l’apostolo Paolo, da Asso, porto dell’Asia Minore, raggiunse Mitilene circa 45 km a S-SE. (Atti 20:14) Il fatto che non venga detto che Paolo scendesse a terra può significare che la nave gettò semplicemente l’ancora presso Mitilene, forse perché era calato il necessario vento da N. L’indomani la nave proseguì la sua rotta in direzione S-SO verso Chio. — Atti 20:15.

      Si pensa che in origine Mitilene sorgesse su un isolotto poco distante dalla costa orientale di Lesbo. Poi quando la città si estese, venne forse collegata con Lesbo mediante un molo e si espanse lungo la costa. Questo può aver creato un porto a N del molo e un altro a S. La città era famosa come centro di studi letterari e per la bellezza architettonica dei suoi edifici.

  • Mizpa
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    • Mizpa

      (Mizpa) [torre di guardia].

      Città del territorio di Beniamino. (Gios. 18:26, 28) Nabi Samwil (ca. 8 km a N-NO di Gerusalemme) e Tell en-Nasbeh (ca. 13 km a N di Gerusalemme) sono le località spesso indicate come possibile ubicazione dell’antica città.

      A Mizpa tutti i combattenti di Israele si radunarono e decisero di agire contro il gruppo di responsabili di un crimine di natura sessuale commesso a Ghibea di Beniamino. Quando i beniaminiti rifiutarono di consegnare i colpevoli di quella città, scoppiò un aperto conflitto. La tribù di Beniamino fu quasi sterminata, dato che scamparono solo seicento uomini validi. (Giud. 20:1-48) Precedentemente, a Mizpa, gli israeliti avevano giurato di non far sposare le loro figlie con beniaminiti. (Giud. 21:1) Dopo il combattimento si dovettero perciò prendere provvedimenti per preservare la tribù di Beniamino. Uno fu quello di dare ai beniaminiti quattrocento vergini di Iabes-Galaad. Il resto della popolazione di quella città era stato sterminato, perché nessuno dei suoi abitanti era venuto a Mizpa e aveva preso parte al combattimento contro Beniamino. — Giud. 21:5-12.

      In seguito il profeta Samuele congregò tutto Israele a Mizpa e pregò per loro. In quell’occasione gli israeliti digiunarono e confessarono i loro peccati. Quando ebbero notizia dell’assemblea di Mizpa, i filistei ne approfittarono per sferrare un attacco. Ma Geova gettò il nemico nella confusione, permettendo agli israeliti di sconfiggerlo. Evidentemente per commemorare la vittoria data loro da Dio, Samuele eresse una pietra fra Mizpa e Iesana, e la chiamò Ebenezer (“pietra dell’aiuto”). Dopo di che Samuele continuò a giudicare Israele e, per far questo, si recava ogni anno a Betel, Ghilgal e Mizpa. (I Sam. 7:5-16) Poi, nel 1117 a.E.V., durante un’altra assemblea tenuta a Mizpa, Samuele presentò pubblicamente Saul, il primo re di Israele. — I Sam. 10:17-25.

      Nel X secolo a.E.V. Mizpa fu ampliata da Asa re di Giuda con materiali presi da Rama, città che Baasa re di Israele era stato costretto ad abbandonare. (I Re 15:2022; II Cron. 16:4-6) Circa tre secoli più tardi, nel 607 a.E.V., il vittorioso Nabucodonosor, re di Babilonia, nominò Ghedalia governatore della popolazione rimasta nel paese di Giuda. Ghedalia amministrava la cosa pubblica da Mizpa. Ivi si stabilì il profeta Geremia. Anche i superstiti capi dell’esercito e altri ebrei che erano stati dispersi convennero a Mizpa. Il governatore Ghedalia, benché preavvertito, non prese precauzioni e fu assassinato in quella città. Anche i caldei e gli ebrei che erano con lui vennero uccisi. Furono poi messi a morte anche sessanta uomini che erano lì in visita. Il drappello di sicari capeggiato da Ismaele figlio di Netania prese prigionieri gli altri abitanti. Sopraffatto da Ioanan figlio di Carea, Ismaele fuggì con otto uomini, i prigionieri furono liberati, per essere poi portati in Egitto. — II Re 25:23-26; Ger. 40:5-41:18.

      Dopo l’esilio in Babilonia, uomini di Mizpa e i principi Sallum e Ezer parteciparono ai lavori per riparare le mura di Gerusalemme. — Nee. 3:7, 15, 19.

  • Mizraim
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    • Mizraim

      (Mizràim).

      Figlio di Cani menzionato per secondo. (Gen. 10:6) Progenitore delle tribù egiziane (e anche di alcune tribù non egiziane). Il nome Mizraim diventò sinonimo di Egitto. (Gen. 10:13, 14; 50:11) Infatti il termine “Egitto” che compare nelle versioni italiane è in realtà la traduzione del termine ebraico Mitsràyim (o in qualche caso di Matsòhr, II Re 19:24; Isa. 19:6; 37:25; Mic. 7:12). Nelle lettere di Tell el-Amarna della fine del secondo millennio l’Egitto è chiamato Misri, nome simile a quello arabo moderno (Misr).

      I nomi dei discendenti di Mizraim sono evidentemente al plurale: Ludim, Anamim, Leabim, Naftuim, Patrusim, Casluim e Caftorim. (Gen. 10:13, 14; I Cron. 1:11, 12) Perciò è stata spesso avanzata l’ipotesi che si tratti di nomi di tribù anziché dei singoli figli. Questo è possibile, ma si noti che altri nomi sembrano in forma duale o plurale, come per esempio Efraim, Appaim, Diblaim e Mesillemot (Gen. 41:52; I Cron. 2:30, 31; Osea 1:3; II Cron. 28:12), ma si riferiscono chiaramente a singoli individui.

  • Moab
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    • Moab

      (Mòab o Moàb) [forse, dal (di lei) padre], MOABITI (moabìti).

      1. Il figlio che Lot ebbe dalla figlia maggiore. Come il fratellastro Ammon, Moab fu concepito dopo che Lot e le figlie ebbero lasciato Zoar per stabilirsi in una caverna della vicina regione montuosa. Da Moab discesero i moabiti. — Gen. 19:30-38.

Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
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