BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • Guadagno di ricchezza per il nuovo Re della terra
    La Torre di Guardia 1974 | 15 giugno
    • imperiale fosse chiamato loro Re. Trentatré anni dopo quando essi stessi si ribellarono contro Roma, la loro rivolta non fu a favore di Gesù come loro Messia e Re, ma a favore delle loro proprie ambizioni messianiche. Nel quinto anno della loro rivolta contro Roma, ci fu il terribile massacro predetto da Gesù. Durante l’assedio e la distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani, persero la vita un milione e centomila ribelli Giudei e solo 97.000 sopravvissero e furono portati via schiavi.

      4. (a) Di che cosa fu un tipo o una figura quel massacro a Gerusalemme? (b) Facendo ora che cosa possiamo evitare quel massacro?

      4 Comunque, dopo quella distruzione di Gerusalemme e del suo tempio per opera dei Romani nell’anno 70 E.V., Gesù Cristo non impose forzatamente il suo regno ai Giudei superstiti né nel paese di Palestina né nel resto della terra abitata. L’Impero Romano continuò quindi a tenere il territorio di Palestina per secoli. Evidentemente, dunque, il massacro degli anticristiani Giudei a Gerusalemme da parte dei pagani Romani nel 70 E.V. fu solo una figura o un tipo del massacro di proporzioni maggiori, di proporzioni mondiali, di tutti quelli che sulla terra non hanno voluto Gesù Cristo come nuovo re della terra alla sua seconda venuta. Quindi deve ancora venire il tempo — ma è molto vicino — in cui, in adempimento della sua parabola, il risuscitato, glorificato Gesù Cristo comanderà ai suoi celesti angeli di portare dinanzi a lui i suoi nemici sulla terra e di scannarli come irreconciliabili nemici del suo regno. Ciò significa che oggi viviamo in un tempo pericoloso e che dobbiamo scoprire se siamo nemici del suo regno o no. Prendendo ora la giusta determinazione potremo salvarci dal massacro avvenire.

      LA PARABOLA ILLUSTRATIVA

      5, 6. Che cosa si aspettavano i discepoli che Gesù facesse a Gerusalemme, e quindi perché disse loro la parabola?

      5 Come ausilio per essere guidati a prendere ora la giusta decisione, facciamo bene a esaminare e capire il significato dell’intera parabola detta da Gesù Cristo lì a Gerico all’inizio della primavera del 33 E.V. Come risultato della visita di Gesù alla casa del capo esattore di tasse di Gerico, questo disprezzato Zaccheo era divenuto credente in Gesù quale giudeo Messia o Cristo. (Luca 19:1-10) Siccome la faccia di Gesù era volta per salire a Gerusalemme, i suoi discepoli pensarono che andasse a Gerusalemme per dichiararsi come Messia e per ristabilire il regno nella nazione d’Israele, portando via il dominio dalle mani dei Romani imperiali. Per togliere dalla mente dei suoi discepoli questa idea sbagliata, Gesù Cristo disse la parabola indicante che il suo regno era molto lontano.

      6 A questo riguardo, leggiamo: “Mentre ascoltavano queste cose egli disse in aggiunta un’illustrazione, perché era vicino a Gerusalemme ed essi immaginavano che il regno di Dio stesse per manifestarsi istantaneamente. Perciò disse: ‘Un uomo di nobile nascita andò in un paese lontano per assicurarsi il potere reale e tornare’”. — Luca 19:11, 12.

      7. (a) Nella parabola, come indicò Gesù che per assicurarsi ed esercitare il potere reale ci sarebbe voluto molto tempo da allora? (b) In che modo Gesù era veramente un “uomo di nobile nascita”?

      7 In questo modo Gesù indicò di non avere ancora il potere reale, ma di dover fare un lungo viaggio per assicurarselo. Data la relativa lentezza dei viaggi millenovecento anni fa, un viaggio per andare in un luogo lontano e poi il viaggio di ritorno indicavano che sarebbe passato un lungo periodo di tempo. Gesù non avrebbe fatto un viaggio in un luogo così vicino come Gerusalemme, distante ventidue chilometri da Gerico, per assicurarsi il potere reale a cui aveva diritto per la sua nobile nascita. (Luca 19:12, Versione a cura di mons. S. Garofalo; Versione di F. Nardoni; La Bibbia Concordata). Sebbene Gesù fosse stato un modesto falegname nella città di Nazaret, tuttavia era veramente un “uomo di nobile nascita”. Era un discendente naturale del re Davide, la cui città capitale era stata Gerusalemme. Come tale, aveva diritto a ereditare il regno di Davide su tutto Israele, con Gerusalemme quale capitale. Gesù aveva compiuto molti miracoli mediante la potenza di Dio, e ora i suoi discepoli pensavano che il messianico “regno di Dio” si manifestasse in maniera miracolosa facendo di Gesù l’effettivo Re d’Israele malgrado l’occupazione romana del paese. Così il messianico regno di Dio si sarebbe potuto stabilire istantaneamente. Ma Gesù sapeva che il regno non era ancora così vicino come il tempo che gli ci voleva per andare a Gerusalemme. — Luca 3:23-31; Matt. 1:1-17.

      8, 9. (a) Era il tempo richiesto la quantità di tempo necessaria per fare il viaggio di andata e ritorno da Roma, e perché no? (b) In che modo Geova, con le parole che disse al re Sedechia di Gerusalemme, indicò d’essere Colui che avrebbe conferito il potere reale?

      8 Né il tempo richiesto era la quantità di tempo necessario per fare il viaggio dalla Palestina alla Roma imperiale in Italia e quindi tornare a Gerusalemme. Roma non era il luogo in cui Gesù Cristo avrebbe ottenuto il suo potere reale. La fonte del suo potere reale non era Cesare o il Senato romano. Questo fatto fu penosamente dimostrato quando i soldati romani lo misero al palo il giorno di Pasqua come sedizioso pretendente al regno. Il luogo lontano in cui Gesù doveva fare il viaggio per ottenere il potere reale era il luogo di Colui che aveva stabilito il regno messianico di Davide, antenato di Gesù. Questi era Geova Dio, e il suo luogo era in cielo. Geova indicò d’essere Colui che avrebbe conferito il potere reale al legittimo discendente del re Davide, quando disse al re Sedechia di Gerusalemme, poco prima della sua detronizzazione nell’anno 607 a.E.V.:

      9 “Rimuovi il turbante [reale], e togli la corona. Questa non sarà la stessa. Innalza pure ciò che è basso, e abbassa pure l’alto. Una rovina, una rovina, una rovina ne farò. Anche in quanto a questo, per certo non diverrà di nessuno finché venga colui che ha il diritto legale, e a lui lo devo dare”. — Ezec. 21:26, 27.

      10. Perché Gesù non fu arrogante o presuntuoso imitando l’uomo nobile e intraprendendo un lungo viaggio per ottenere il potere reale?

      10 Gesù Cristo non fu arrogante o presuntuoso quando determinò di imitare l’uomo nobile della parabola e intraprendere quello che sarebbe stato un viaggio di lunga durata al fine di assicurarsi il regno. Prima d’essere concepito nel seno della madre terrena Maria della casa reale di Davide, l’angelo Gabriele disse riguardo al figlio che ella doveva chiamare Gesù: “Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e Geova Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre e del suo regno non vi sarà fine”. (Luca 1:31-33) Ora ci voleva un miracolo divino perché la vita di questo Figlio dell’Altissimo fosse trasferita dal cielo alla terra. Or dunque, come avrebbe fatto Gesù Cristo a tornare in cielo per assicurarsi il regno davidico dal suo Padre celeste?

      11, 12. (a) Con quale miracolo poté Gesù fare il viaggio nel luogo dove avrebbe ricevuto il potere reale? (b) Perché tale risurrezione di Gesù non è una nostra teoria a questo riguardo?

      11 È stabilita l’inalterabile norma divina: “Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio”. (1 Cor. 15:50) È quindi evidente che ci sarebbe voluto un altro miracolo perché Gesù Cristo facesse il viaggio di ritorno in cielo fino all’Autorità suprema che poteva conferirgli il Regno. Ovviamente Gesù doveva deporre la sua “carne e sangue”. Ciò avrebbe richiesto che deponesse innocentemente la sua perfetta vita umana in sacrificio umano. Ma questa morte di sacrificio non l’avrebbe posto in cielo. Dio doveva riportare alla vita il suo Figlio sacrificato, ma non di nuovo come Figlio di “carne e sangue”. Doveva essere un Figlio spirituale con un corpo spirituale, invisibile agli occhi umani ma visibile agli occhi celesti. Questo richiedeva dunque che l’Onnipotente Dio Geova non solo compisse il miracolo di risuscitare il suo Figlio sacrificato ma anche che lo risuscitasse come essere spirituale, con la promessa ricompensa dell’immortalità e dell’incorruttibilità. Ciò è esattamente quello che Geova fece. Non è la nostra teoria, ma l’apostolo Pietro scrive:

      12 “Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il Giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio, messo a morte quanto alla carne, ma reso alla vita quanto allo spirito, in cui egli è andato a predicare agli spiriti in carcere”. — 1 Piet. 3:18, 19, Versione di F. Nardoni del 1960.

      13, 14. (a) Alla sua morte come uomo di “carne e sangue”, dove fu Gesù? (b) Come sappiamo se dopo la sua risurrezione Gesù iniziò immediatamente il viaggio per il “paese lontano” della parabola o no?

      13 Naturalmente, quando Gesù morì come uomo di “carne e sangue”, non andò nel “paese lontano” della parabola, cioè alla celeste presenza del Padre suo. Fu realmente morto, e il suo corpo fu messo in una tomba, così che, per parti di tre giorni, Gesù fu in ciò che i Giudei chiamavano Sceol e i Greci chiamavano Ades. Risuscitato il terzo giorno come persona spirituale, Gesù ebbe con sé il valore o merito della sua sacrificata vita umana, ma non iniziò subito il viaggio per il “paese lontano”. Quello stesso giorno apparve a Maria Maddalena nel giardino della tomba e le disse:

      14 “Smetti di stringerti a me. Perché non sono ancora asceso al Padre. Ma va dai miei fratelli e di’ loro: ‘Io ascendo al Padre mio e Padre vostro e all’Iddio mio e Iddio vostro’”. (Giov. 20:17) Per quaranta giorni rimase invisibilmente nelle vicinanze della terra, materializzandosi a volte in forma umana e apparendo ai suoi discepoli per provare loro che era di nuovo in vita, risuscitato dai morti. — Atti 1:1-5.

      15, 16. (a) Quando il risuscitato Gesù cominciò il viaggio per quel “paese lontano” e dinanzi a quali testimoni? (b) Per quale tempo dovette raggiungere quel “paese lontano”, e come lo conferma Pietro?

      15 Quando il risuscitato Gesù Cristo ascese effettivamente al suo celeste Padre fu il tempo in cui cominciò il viaggio per il “paese lontano”. Questo avvenne il quarantesimo giorno dopo la sua risurrezione dai morti. Mentre parecchi discepoli sul monte degli Ulivi vedevano il corpo materializzato in cui Gesù era apparso ascendere in cielo e scomparire, due angeli stettero accanto a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare in cielo? Questo Gesù che di fra voi è stato ricevuto in cielo verrà nella stessa maniera in cui l’avete visto andare in cielo”. (Atti 1:11) Quanto tempo occorresse a Gesù Cristo nel reame spirituale per giungere al “paese lontano” della parabola non lo sappiamo, ma fu entro dieci giorni, o prima del giorno della festa di Pentecoste di quell’anno del 33 E.V. Quel giorno lo spirito santo fu versato sui discepoli di Cristo in Gerusalemme e l’apostolo Pietro parlò sotto ispirazione e disse alle migliaia di Giudei in ascolto:

      16 “Effettivamente Davide non ascese ai cieli, ma egli stesso dice: ‘Geova ha detto al mio Signore: “Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”’. Perciò sappia per certo tutta la casa d’Israele che Dio l’ha fatto Signore e Cristo, questo Gesù che voi avete messo al palo”. — Atti 2:34-36.

      “NEGOZIATE FINCHÉ IO VENGA”

      17. Come indica la parabola di Gesù ciò che i suoi discepoli dovevano fare sulla terra durante la sua lunga assenza?

      17 Gesù Cristo doveva dunque tornare, ma questa volta col “potere reale”. La parabola che Gesù fece perché i suoi discepoli “immaginavano che il regno di Dio stesse per manifestarsi istantaneamente”, indicò che Gesù Cristo, come l’“uomo di nobile nascita”, sarebbe stato assente per lungo tempo. (Luca 19:11, 12) Or bene, che cosa dovevano fare nel frattempo i suoi discepoli, mentre aspettavano il suo ritorno col “potere reale”? Gesù non li lasciò senza istruzioni specifiche in quanto a ciò che dovevano fare. La parabola di Gesù illustrò che avrebbe fatto questo. Rispetto alla partenza dell’uomo nobile leggiamo: “Chiamati dieci dei suoi schiavi, diede loro dieci mine e disse loro: ‘Negoziate finché io venga’”. — Luca 19:13.

      18. (a) Quale valore attribuiscono varie traduzioni della Bibbia e l’Ausiliario per capire la Bibbia alle dieci mine d’argento? (b) Che cosa dovevano fare gli schiavi con le mine d’argento?

      18 An American Translation attribuisce un valore monetario all’antica mina e traduce questo versetto: “Ed egli chiamò dieci suoi schiavi e diede a ciascuno di loro venti dollari e disse loro di trafficarvi mentre era assente”. La traduzione della Bibbia di Moffatt attribuisce alla mina un valore britannico e dice: “Prima egli chiamò i suoi dieci servitori, dando a ciascuno di loro un biglietto da cinque sterline, e dicendo loro ‘Trafficatevi finché io ritorni’”. The New English Bible dell’anno 1970 attribuisce alla mina il valore di una sola “sterlina”. The New American Bible è indefinita e dice che l’uomo di nobile nascita diede ai suoi servitori “somme di dieci unità”. La pubblicazione (inglese) del 1971 intitolata “Ausiliario per capire la Bibbia” calcola che la mina d’argento del primo secolo E.V. valesse L. 8.245. Questo era molto denaro nel giorno di Gesù, essendo l’equivalente di 100 dramme, benché valesse solo un sessantesimo del talento d’argento che ammontava a L. 494.699. Qualunque sia oggi il valore della mina d’argento, i dieci schiavi dell’uomo di nobile nascita dovevano negoziare con le mine d’argento facendo operazioni di scambio e guadagnando così ricchezza per il futuro re.

      19. Chi raffigurarono i “dieci schiavi”, e che cosa raffigurarono le “dieci mine”?

      19 I dieci schiavi della parabola di Gesù raffigurarono i discepoli del Signore Gesù. Dopo la sua risurrezione dai morti, che cosa affidò ai suoi discepoli prima di ascendere al cielo dieci giorni avanti il giorno della festa di Pentecoste del 33 E.V.? Alla sua morte sul palo al Calvario, Gesù era stato completamente spogliato di ogni cosa materiale di qualche valore sulla terra. Alla sua risurrezione dai morti il terzo giorno, furono lasciate nella tomba perfino le bende funebri e il panno per la testa. (Giov. 20:6, 7) Che cosa possedeva dunque Gesù da affidare ai suoi discepoli prima di ascendere al celeste “paese lontano”? Qualche cosa che, come le dieci mine d’argento, aveva un valore che poteva servire da base o capitale per portare un aumento di valore al futuro Re, il Messia. Poiché non era qualche cosa di materiale, era qualche cosa di intangibile, eppure era lì, esisteva. Che cosa? Il campo di interesse che Gesù aveva coltivato rispetto al messianico regno di Dio mediante il suo ministero pubblico di circa tre anni e mezzo in Israele.

      20. (a) Quale utile qualità era stata impartita al campo d’attività che i discepoli di Gesù potevano rendere profittevole come se negoziassero con dieci mine? (b) Come uno schiavo e Gesù stesso indicarono tale prezioso valore a un campo d’attività?

      20 Sì, quelle dieci simboliche “mine” d’argento rappresentavano gli effetti che l’intensa opera di predicazione e insegnamento di Gesù aveva prodotto nel mondo giudaico o israelita così che l’eletto popolo di Geova fosse incline ad accettare Gesù come promesso Messia. Pertanto i discepoli di Gesù avevano un campo preparato dove potevano operare per edificare e incoraggiare i Giudei, rendendoli del tutto pronti a credere o a persuadersi che Gesù era l’Unto di Geova a motivo di ciò che Gesù aveva insegnato e fatto in adempimento della profezia biblica. Era un campo che i discepoli potevano rendere molto produttivo occupandosi di ciò che Gesù aveva detto loro di fare. Nella parabola uno dei dieci schiavi lo paragonò a un campo o terreno agricolo quando questo schiavo disse al re ritornato: “Raccogli ciò che non hai seminato”. (Luca 19:21) Gesù l’aveva anche illustrato in precedenza dicendo ai suoi discepoli mentre era in Samaria: “È vera la parola: Uno è il seminatore e un altro il mietitore. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato. Altri hanno faticato, e voi siete entrati nel beneficio della loro fatica”. — Giov. 4:37, 38.

      21. (a) Che cos’era che Gesù desiderava in maggior quantità? (b) Se il campo giudaico non fosse stato abbastanza produttivo, che cosa dovevano fare i discepoli?

      21 I discepoli di Gesù ebbero così qualche cosa di utile, qualche cosa di valore, qualche cosa di adattabile, di efficace, con cui cominciare a lavorare o a ‘negoziare’ guadagnando l’aumento. Non era altro argento o oro che Gesù desiderava guadagnare per mezzo dei suoi schiavi e discepoli. Egli desiderava una maggior quantità di discepoli che seguissero le sue orme e fossero a suo favore quale Re messianico. E se il già coltivato campo giudaico non li avesse prodotti tutti, specialmente i 144.000 eredi del Regno con Gesù, allora i discepoli potevano allargare il campo delle loro attività nel reame gentile o non giudaico. In tal modo avrebbero aumentato il campo coltivato che avrebbe prodotto un’area cinque o dieci volte maggiore di quella già coltivata per produrre aderenti al regno di Cristo.

      22. Chi raffigurano gli “schiavi” essendo dieci di numero, nel completo adempimento della parabola?

      22 I “suoi dieci schiavi” della parabola di Gesù non trovarono il loro completo adempimento negli apostoli e nei discepoli del primo secolo della nostra Èra Volgare. Appropriatamente, il numero di “schiavi” fu stabilito a “dieci”, in quanto dieci è usato nelle illustrazioni bibliche per rappresentare interezza o completezza, in particolar modo rispetto alle cose terrene. Così, i ‘dieci schiavi’ della parabola raffigurerebbero molto bene tutti gli unti schiavi di Gesù Cristo che sono probabili eredi con lui del regno celeste e che sono stati suscitati in tutti questi passati diciannove secoli fino alla venuta di Cristo nel potere reale al termine dei Tempi dei Gentili nell’anno 1914 E.V. e finora. Dev’essere così, perché gli apostoli e gli altri discepoli del primo secolo E.V. non sono sopravvissuti nella carne fino all’invisibile ritorno di Cristo col potere del Regno in questo ventesimo secolo.

      23. (a) Gli aspetti culminanti della parabola trovano le loro controparti nei discepoli di Cristo di quale periodo? (b) In vista del sovrastante massacro dei nemici del Re, che cos’è nel nostro interesse fare riguardo alla parabola?

      23 Perciò, i finali aspetti culminanti della parabola di Gesù sui ‘dieci schiavi’ con dieci mine devono trovare le loro controparti nei battezzati, unti discepoli di Gesù Cristo generati dallo spirito che sono in vita sulla terra in questo ventesimo secolo. L’investigazione rivela che sulla terra c’è ancora un rimanente di circa diecimila che ‘negoziano’ con le dieci simboliche mine per aumentare la ricchezza del nuovo Re della terra. Questi diecimila in realtà non sono che un piccolo rimanente in paragone con l’intero numero dei 144.000 discepoli che saranno uniti a Gesù Cristo regnando con lui per mille anni alla gloria di Dio e per l’eterna benedizione di tutto il genere umano. Come tutti questi figurativi dieci schiavi abbiano negoziato o fatto scambi con le “dieci mine” del futuro Re costituisce una storia interessante. In vista del sovrastante massacro di tutti i nemici del giusto messianico Re della terra, sarà nel nostro interesse seguire la storia sino alla fine per vedere quale giusta parte possiamo avere nel moderno adempimento della parabola di Gesù.

  • Risparmiati dal massacro dei nemici del Re
    La Torre di Guardia 1974 | 15 giugno
    • Risparmiati dal massacro dei nemici del Re

      1. Se ora rifiutiamo il nuovo Re della terra quali conseguenze possiamo subire, secondo quale esempio ammonitore di molto tempo fa?

      POICHÉ viviamo nel “tempo della fine” del presente “sistema di cose”, possiamo subire le più gravi conseguenze se rifiutiamo il nuovo Re della terra. (Dan. 12:4; Matt. 24:3) Millenovecento anni fa ci furono conseguenze molto serie per gli Israeliti viventi alla fine del giudaico sistema di cose che gravitava intorno a Gerusalemme e al suo tempio. (Ebr. 9:26) Quello fu un esempio ammonitore per noi d’oggi. Questo avvenimento ci è messo in risalto nella parabola di Gesù sull’uomo di nobile nascita che affidò dieci mine d’argento a dieci suoi schiavi.

      2. Quando fu che Gesù come futuro Re partì, e chi erano i suoi ‘concittadini’ che dovevano mandare una delegazione dietro a lui per opporsi al suo regno?

      2 Nella parabola Gesù continua a dire: “Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un corpo di ambasciatori, dicendo: ‘Non vogliamo che quest’uomo divenga re su di noi’”. (Luca 19:14) Fu dopo la sua risurrezione dai morti che Gesù, unto dallo spirito santo di Dio per divenire il Re messianico, ascese dalla terra al cielo, esattamente dieci giorni prima del giorno della festa di Pentecoste del 33 E.V. Secondo la nazionalità carnale di Gesù, “i suoi cittadini” erano Israeliti o Giudei. Conforme a questo fatto, è scritto: “Quando arrivò il pieno limite del tempo, Dio mandò il suo Figlio, che nacque da una donna e che nacque sotto la legge, affinché liberasse mediante acquisto quelli che erano sotto la legge, acciocché noi, a nostra volta, ricevessimo l’adozione di figli”. (Gal. 4:4, 5) “Egli è venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno fatto entrare”. (Giov. 1:11) Or bene, dopo l’ascensione di Gesù al cielo, in che modo i suoi concittadini giudei mandarono una delegazione o deputazione dietro a lui per esprimere le loro obiezioni all’esercizio del potere reale su di loro da parte di Gesù?

      3. Essendo i suoi ‘concittadini’ di carne e sangue, come potevano mandargli “dietro” una delegazione per far obiezione al suo regno?

      3 Essendo di carne e sangue, nessun corpo di ambasciatori giudei poteva andare in cielo e comparire alla santa presenza di Dio e dirgli di non dare il regno messianico al suo risuscitato Figlio Gesù. Ma non ce ne fu bisogno. Lo fecero sapere a Dio altrettanto efficacemente. Come? Fu dal giorno della festa di Pentecoste in poi, poiché allora i discepoli cristiani che avevano agito “clandestinamente” si mostrarono all’aperto. Allora l’apostolo Pietro, agendo da portavoce di circa 120 discepoli, disse a più di tremila Giudei riuniti a Gerusalemme in assemblea: “Sappia per certo tutta la casa d’Israele che Dio l’ha fatto Signore e Cristo, questo Gesù che voi avete messo al palo”. (Atti 2:36) Ma furono le autorità religiose a Gerusalemme d’accordo con quell’annuncio di Gesù come Messia? No, se la loro successiva opposizione e persecuzione contro i discepoli di Gesù indicano qualche cosa. Facendo ufficialmente obiezione alla testimonianza data dai discepoli che Gesù era il promesso Messia di Dio, essi fecero dunque sapere a Dio in cielo che non volevano il suo risuscitato Figlio come re messianico. — Atti 5:34-39.

      4. (a) Rifiutando Gesù come re messianico, a che cosa si esposero i “cittadini” giudei? (b) A quale conseguenza ciò condusse tali “cittadini” in seguito, ma come si trovarono i Giudei divenuti cristiani?

      4 I concittadini di Gesù avevano le proprie idee su chi doveva divenire loro re con il ruolo di Messia. Si esposero così a essere ingannati da falsi Messia, da falsi Cristi. Fu con falsi ideali messianici che i nazionalisti Giudei si rivoltarono nell’anno 66 E.V. non volendo più Cesare come loro re. (Giov. 19:15) I pochi anni di indipendenza che ottennero dall’Impero Romano finirono quando Gerusalemme e il suo tempio furono ridotti in rovina nell’anno 70 E.V. Le migliaia di Giudei divenuti cristiani furono grati di non essere stati indotti con l’inganno a unirsi alla messianica rivolta giudaica, e continuarono a ‘negoziare’ con le figurative mine d’argento date loro da Gesù Cristo prima di partire per il celeste “paese lontano”. Essi non persero nulla spiritualmente a causa dell’orribile distruzione di Gerusalemme e della crudele dispersione dei Giudei increduli.

      NEGOZIARONO CON LE COSE DI VALORE DEL RE

      5. Allorché nella parabola, l’uomo nobile ritornato fece la resa dei conti con i suoi schiavi, che cosa disse il primo che si presentò?

      5 Nella parabola di Gesù, solo dopo che “l’uomo di nobile nascita” fu tornato dal suo lungo viaggio all’estero, apprendiamo ciò che avevano fatto i suoi dieci schiavi con le mine d’argento loro affidate. Leggiamo: “Infine, quando fu tornato, dopo essersi assicurato il potere reale [o il regno], comandò che fossero chiamati a sé quegli schiavi ai quali aveva dato il denaro d’argento, per accertare ciò che avevano guadagnato mediante la loro attività. Quindi si presentò il primo, dicendo: ‘Signore, la tua mina ha guadagnato dieci mine’”. (Luca 19:15, 16) Secondo An American Translation questo schiavo disse: “I tuoi venti dollari ne hanno fatto duecento, Signore!” Secondo la traduzione di Moffatt, egli disse: “Le tue cinque sterline ne han fatte altre cinquanta, Signore”. Aveva guadagnato dieci volte più di quanto gli era stato dato.

      6. (a) Che cosa raffigurò questo primo schiavo? (b) Come si negoziò con la “mina” d’argento del Signore dalla Pentecoste in poi?

      6 Poiché i ‘dieci schiavi’ della parabola raffigurarono tutti gli unti discepoli di Gesù Cristo generati dallo spirito dalla Pentecoste del 33 E.V. sino a ora, questo primo schiavo raffigurò una classe o gruppo di tali discepoli cristiani. Senza dubbio, i dodici fedeli apostoli e l’apostolo Paolo appartennero a questa classe. Essendo apostoli o “mandati”, allargarono senz’altro il campo coltivato che il loro Signore Gesù Cristo aveva lasciato come qualche cosa di valore e di produttivo con cui iniziare l’opera o negoziare. Come negoziassero con la simbolica mina d’argento è mostrato dal libro degli Atti degli Apostoli. Dal giorno della festa di Pentecoste in poi leggiamo che i credenti cristiani si dedicarono all’“insegnamento degli apostoli”, e che “molti portenti e segni avvenivano per mezzo degli apostoli”, e che “nello stesso tempo Geova continuava a unire loro ogni giorno quelli che eran salvati”. — Atti 2:42, 43, 47.

      7. Nella persecuzione, che cosa fecero gli apostoli, come, ad esempio, dopo la loro esperienza con il Sinedrio di Gerusalemme?

      7 Gli apostoli continuarono la loro opera di predicazione e insegnamento, nonostante fossero ingiustamente puniti perché facevano questo. Ad esempio, ecco ciò che accadde dopo che gli apostoli ebbero avuto la loro udienza dinanzi al Sinedrio di Gerusalemme: “Chiamarono gli apostoli, li fustigarono e ordinarono loro di smetter di parlare basandosi sul nome di Gesù, e li lasciarono andare. Questi [gli apostoli] se ne andarono perciò dalla presenza del Sinedrio, rallegrandosi perché erano stati ritenuti degni d’esser disonorati a favore del suo nome. E ogni giorno nel tempio e di casa in casa, continuavano senza posa a insegnare e a dichiarare la buona notizia intorno al Cristo, Gesù [o Gesù il Messia]”. — Atti 5:40-42, Traduzione del Nuovo Mondo; si vedano anche Versione Riveduta, Versione di F. Nardoni; Versione a cura di mons. S. Garofalo.

      8. Poiché gli apostoli si attennero strettamente all’opera di predicare e insegnare, che cosa accadde riguardo al numero dei credenti?

      8 Attenendosi strettamente al loro ministero, i dodici apostoli dissero alla congregazione di Gerusalemme: “Noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola”. (Atti 6:4) Non c’è da meravigliarsi se in seguito leggiamo: “Quindi la parola di Dio cresceva [mediante la predicazione e l’insegnamento], e il numero dei discepoli si moltiplicava moltissimo in Gerusalemme; e una gran folla di sacerdoti ubbidiva alla fede”. Il numero dei credenti doveva ora esser salito al di sopra di cinquemila, poiché qualche tempo prima leggiamo: “Molti di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero, e il numero degli uomini crebbe a circa cinquemila”. — Atti 6:7; 4:4.

      9, 10. (a) Come fu ampliato il campo coltivato, secondo Atti, capitoli da otto a dieci? (b) Quale spiegazione dà l’apostolo Paolo sul modo in cui aveva negoziato con la simbolica mina d’argento?

      9 In seguito, da Gerusalemme quale base di operazioni, il campo delle attività si estese ai circoncisi Samaritani e a un circonciso proselito etiope, e poi, nel tempo fissato da Dio, a tutti gli incirconcisi non Giudei o Gentili. (Atti capitoli 8–10) Al concilio del cristiano corpo direttivo a Gerusalemme, il discepolo Giacomo commentò l’estensione del campo coltivato al mondo dei Gentili, dicendo: “Simeone [Pietro] ha narrato completamente come Dio rivolse la prima volta l’attenzione alle nazioni per trarne un popolo per il suo nome. E con questo sono concordi le parole dei profeti”. (Atti 15:14, 15) Dopo ciò l’apostolo Paolo intraprese il suo secondo viaggio missionario e penetrò in Europa. Riguardo a sé, Paolo disse: “Dal momento che sono, in realtà, apostolo delle nazioni, io glorifico il mio ministero”. (Rom. 11:13) Nel viaggio di ritorno dal suo terzo giro missionario, Paolo spiegò come aveva negoziato con la simbolica mina d’argento affidatagli dal Signore Gesù Cristo, dicendo agli anziani della congregazione di Efeso, in Asia Minore:

      10 “Non mi sono trattenuto dal dirvi alcuna delle cose che erano profittevoli né dall’insegnarvi pubblicamente e di casa in casa [o in pubblico o nelle vostre case, AT, New English Bible, Rotherham; in pubblico o in privato, New American Bible]. Ma ho completamente reso testimonianza a Giudei e Greci intorno al pentimento verso Dio e alla fede nel nostro Signore Gesù”. — Atti 20:20, 21.

      11. Poiché gli schiavi cristiani negoziarono con la simbolica mina, quanta testimonianza era stata data circa dieci anni prima della distruzione di Gerusalemme?

      11 Or dunque, aumentarono gli apostoli e i loro unti condiscepoli in quel tempo del primo secolo le simboliche mine affidate loro dal Signore Gesù Cristo quali suoi schiavi cristiani? Sì. Abbiamo la testimonianza scritta dell’apostolo Paolo, nella lettera che scrisse ai Colossesi dalla sua casa di prigionia a Roma circa dieci anni prima della distruzione di Gerusalemme nell’anno 70 E.V., in cui parla della divulgazione della buona notizia: “Quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo . . . quella buona notizia che avete udita, e che è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”. (Col. 1:5, 6, 23) Così, anni prima della fine del giudaico sistema di cose che gravitava intorno a Gerusalemme, si era compiuta una testimonianza mondiale.

      TRAFFICANO CON LE “MINE” NEL VENTESIMO SECOLO

      12. (a) Perché non si deve dare alla cristianità il credito d’aver fatto ‘crescere in tutto il mondo’ “quella buona notizia”? (b) A chi si deve dare il credito, e perché?

      12 Si può dire anche oggi, dopo millenovecento anni, che la buona notizia sta “crescendo in tutto il mondo” e che è stata “predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”? Sì, assai più che nel primo secolo E.V. Non se ne deve dare il credito alla cristianità che ha ora più di sedici secoli. Essa e le sue centinaia di milioni di aderenti delle chiese non proclamano che il Signore Gesù Cristo si assicurò il “potere reale” al termine dei Tempi dei Gentili nel 1914, l’anno della prima guerra mondiale. Non proclamano la buona notizia che il messianico regno nelle mani del Signore Gesù nacque nei cieli quando i Tempi dei Gentili finirono nel 1914 e che il suo regno celeste non ha nulla a che fare con la Lega delle Nazioni o con le Nazioni Unite, da cui la cristianità dipende per mantenere la pace e la sicurezza del mondo. Non alla cristianità, ma all’unto rimanente dei cristiani testimoni di Geova si deve dare il credito per la predicazione a tutta la creazione della buona notizia di tale regno messianico ora istituito nei cieli dal 1914 per liberare tutta la creazione terrestre da ogni ingiustizia e per benedire il genere umano con un perfetto governo divino.

      13. (a) Quando l’unto rimanente fu uscito dalla prima guerra mondiale, quanto erano numerosi gli aderenti di quel neonato Regno, e perché? (b) Come questo rimanente venne in possesso delle simboliche “mine”, e come vi negoziarono?

      13 Quando l’unto rimanente uscì dalla prima guerra mondiale e dalle sue persecuzioni nell’anno 1918, fu oggetto di odio da parte di tutte le nazioni e ebbe religiosamente una cattiva reputazione. (Matt. 24:9) Il coltivato campo che rimaneva loro per produrre altri aderenti al neonato regno messianico di Dio era molto piccolo. Essi erano come gli apostoli e condiscepoli di Cristo dalla risurrezione del Signore Gesù dall’ignominiosa morte al giorno della festa di Pentecoste. Ciò che accadde fu dunque come affidare di nuovo nell’anno 1919 le simboliche mine d’argento all’unto rimanente dei cristiani testimoni di Geova. Quell’anno, il 1919, ci fu la prima assemblea generale dell’unto rimanente nel dopoguerra, a Cedar Point, nell’Ohio, e, con un rinnovo dello spirito di Geova Dio, l’unto rimanente si accinse ancora a negoziare o trafficare con le simboliche mine d’argento appena ricevute dal Signore Gesù Cristo ora investito del potere reale. Col modo in cui negoziarono e trafficarono con quelle “mine”, imitarono l’esempio apostolico del primo secolo, predicando e insegnando “questa buona notizia del regno”. — Matt. 24:14.

      14, 15. (a) Chi è ora chiamato a rendere conto di come ha impiegato le “mine”? (b) Nella parabola, quale fu la ricompensa per gli schiavi che guadagnarono ricchezza per il loro Signore?

      14 Ora i membri dell’unto rimanente sono chiamati a rendere conto di come si sono serviti delle simboliche mine. Sanno che il Signore si attende da loro l’aumento. Qual è la ricompensa per aver accresciuto il numero delle simboliche mine? La parabola di Gesù, dopo aver narrato della resa dei conti fatta dallo schiavo che aveva guadagnato altre dieci mine, prosegue rispondendo a questa domanda:

      15 “Ed egli [il Signore ritornato] disse a lui: ‘Ben fatto, schiavo buono! Siccome ti sei mostrato fedele in una cosa piccolissima, prendi autorità su dieci città’. Ora venne il secondo [schiavo], dicendo: ‘La tua mina, Signore, ha fatto cinque mine’. Anche a questo disse: ‘Tu pure sii sopra cinque città’”. — Luca 19:17-19.

      16. (a) Il fatto che l’“uomo di nobile nascita” poté dare a due soli dei dieci schiavi il governo sopra quindici città, che cosa indica? (b) In quanto ai membri del rimanente che ora guadagnano ricchezza per il ritornato Signore Gesù Cristo, che si può dire del fatto che ottengano ora sulla terra il governo su varie città?

      16 Il fatto che l’“uomo di nobile nascita” ritornato poté affidare il governo delle città agli schiavi buoni e fedeli che avevano portato l’aumento, uno schiavo su dieci città e l’altro su cinque, prova che egli si era assicurato il potere reale e ora lo esercitava. Che l’uomo nobile fosse in grado di costituire schiavi su quindici città, nel caso dei primi due, mostra che il suo potere reale era abbastanza esteso. Siccome si erano mostrati fedeli con una somma di denaro relativamente piccola come una mina d’argento, si poteva affidare loro una responsabilità più grande, il governo di città. Nell’attuale adempimento della parabola, quelli dell’unto rimanente che aumentano le cose di valore del Signore Gesù Cristo ora regnante hanno al presente la sua approvazione e il suo favore. Mantengono la loro speranza di regnare con lui nel regno celeste. Ma al presente, durante il loro attivo servizio sulla terra, non viene dato loro nessun letterale governo su varie città terrene. L’approvazione del loro Signore non li autorizza tuttavia a immischiarsi nella politica del mondo e a ottenere il governo politico sulla terra. Devono continuare a non far parte di questo mondo fino alla morte per regnare di sopra con Cristo.

      LO “SCHIAVO MALVAGIO”

      17. Quale domanda sorge in quanto a risentirsi perché il Signore richiede che gli si porti aumento, e quale esempio di risentimento contiene la parabola?

      17 Si risente e si offende qualcuno di noi per il fatto che il Signore Gesù Cristo, ora rivestito del potere reale, richiede un aumento di ciò che ha affidato ai suoi schiavi? Se siamo scusabili per sentirci così al riguardo è mostrato nel caso dello schiavo che agì diversamente da quelli che si erano tenuti occupati con le loro mine. Leggiamo: “Ma venne un altro, dicendo: ‘Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un panno. Ecco, avevo timore di te, perché sei un uomo severo; prendi ciò che non hai depositato e raccogli ciò che non hai seminato’”. — Luca 19:20, 21.

      18. Perché questo schiavo inutile non doveva essere scusato in base alla coscienza?

      18 Doveva quest’altro schiavo essere scusato in base alla coscienza? No; poiché non gli era stato chiesto di fare una cosa sbagliata, cioè di usare la mina del suo Signore per trarre un profitto disonesto. Qualunque fosse la veduta che aveva del suo padrone, egli era un semplice schiavo e avrebbe dovuto fare la cosa onesta che il padrone gli aveva chiesto di fare. Se era troppo pigro per lavorare, avrebbe dovuto depositare la mina nella banca e far lavorare in sua vece i banchieri. La sua era dunque una futile scusa.

      19. Secondo che cosa il padrone rispose a questo schiavo, e come?

      19 Il padrone gli rispose e lo giudicò secondo la sua propria scusa, poiché leggiamo: “Egli disse a lui: ‘Dalla tua stessa bocca ti giudico, schiavo malvagio. Tu sapevi che sono un uomo severo, che prendo ciò che non ho depositato e raccolgo ciò che non ho seminato, non è vero? Quindi, perché non hai messo il mio denaro d’argento in una banca? Così al mio arrivo l’avrei riscosso con l’interesse’”. — Luca 19:22, 23.

      20, 21. (a) Fu una cosa scorretta, severa e priva di considerazione che il padrone chiamasse “malvagio” lo schiavo? (b) Che cosa mostra la parabola in quanto al fatto che lo “schiavo malvagio” meritasse un’altra opportunità?

      20 Che questo schiavo indegno fosse chiamato “malvagio” non fu una cosa scorretta, severa, priva di considerazione, poiché questo schiavo che aveva avuto timore di lavorare con la preziosa mina del suo signore aveva deliberatamente causato una perdita al suo signore. Vi erano implicati prezioso tempo e denaro e lo schiavo non ne aveva fatto uso con lealtà verso il suo signore o col desiderio di promuovere la prosperità e l’aumento degli averi del suo signore. Che lo schiavo riconsegnasse semplicemente ciò che aveva ricevuto molto tempo prima non era il modo appropriato in cui uno schiavo doveva accogliere il ritorno di un re alla propria dimora! Com’era meschino! Com’era irrispettoso! Com’era indegno! Com’era privo di gioia e di entusiasmo per la recente istituzione del regno del suo signore! Questa era stata un’assoluta mancanza di rendere servizio al suo signore quando aveva avuto il tempo e i mezzi per farlo. Al tempo della resa dei conti, meritò egli ulteriore opportunità? Notate:

      21 “Allora [il signore] disse agli astanti: ‘Toglietegli la mina e datela a colui che ha le dieci mine’. Ma gli dissero: ‘Signore, egli ha dieci mine!’ ‘Vi dico: A chiunque ha sarà dato dell’altro; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. Inoltre, questi nemici miei che non vogliono che io sia re su di loro conduceteli qui e scannateli dinanzi a me’”. — Luca 19:24-27.

      22. (a) Quale regale opportunità perse dunque quello schiavo inutile? (b) Da che parte si mise realmente quello schiavo, e come le parole del suo padrone prospettano una cattiva situazione per quello schiavo?

      22 Che allo schiavo inutile fosse tolta la mina significò che aveva perduto la sua opportunità di dimostrarsi degno di avere “autorità su dieci città” o di essere “sopra cinque città”, partecipando così al regno del suo padrone ora re. (Luca 19:17, 19) Non gli si poteva affidare nessuna responsabilità nel Regno. Benché avesse un’attitudine negativa verso il regno del suo signore, si schierò dalla parte di quelli che avevano un’attitudine positiva contro il dominio reale di quest’uomo su di loro. La parabola non dice o non mostra se fu scannato con i nemici del signore che non lo avevano voluto come re su di loro. Ma la parabola mostra effettivamente che subito dopo che il padrone ha detto allo schiavo senza zelo e interesse verso il regno del suo signore che gli sarà tolta qualsiasi opportunità abbia, il signore dice ai suoi regali sudditi di scannare i suoi nemici dinanzi a lui.

      23. (a) Per quali cattive azioni quello schiavo non fu stigmatizzato come “malvagio”? (b) Alla luce della mancanza di quello schiavo, che cos’hanno l’obbligo di fare i battezzati, unti ‘schiavi” di Cristo dalla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914?

      23 Si deve notare che questo schiavo inutile non fu stigmatizzato come “malvagio” per aver maltrattato i suoi compagni di schiavitù o per aver commesso immoralità come fornicazione, adulterio od omosessualità. No, ma fu giudicato malvagio perché non aveva sostenuto le prospettive regali del suo signore, perché non aveva operato per aumentare la ricchezza del regno del suo signore. Non essendo per il suo signore come re, era contro di lui. (Matt. 12:30; Luca 11:23) Così, anche dalla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, è una cosa seria se i battezzati, unti “schiavi” dell’ora dominante Re Gesù Cristo trascurano il loro compito di aumentare la pubblica conoscenza, il sostegno e la leale adesione nei riguardi del suo regno. Sono ritenuti responsabili di ‘negoziare’ con le simboliche mine loro affidate perché le usino finché egli li chiami a rendere conto.

      24. (a) Quale privilegio questi “schiavi” cristiani non vogliono sia trasferito a qualcun altro? (b) Perdere la ricompensa regale significherebbe per loro perdere che cosa?

      24 Non devono desiderare che i loro privilegi riguardo al regno di Cristo siano loro tolti e dati a uno zelante predicatore e insegnante del Regno come lo schiavo che guadagnò dieci mine. Che fosse tolta loro la simbolica mina significherebbe non guadagnare un posto nel Regno celeste, onde avere, per così dire, il governo su “dieci città” o su “cinque città”. Perdere questo significherebbe per loro perdere tutto. Significherebbe la loro distruzione insieme ai diretti nemici del messianico governo di Dio che non vogliono sia esercitato da Gesù Cristo il potere reale su di loro per mille anni. (Riv. 20:4, 6) Si avvicina sempre più il tempo in cui i santi angeli che accompagnano Gesù Cristo alla sua venuta eseguiranno la vendetta divina su tutti quelli che si oppongono e che non sostengono il regno messianico. Comincerà prima della battaglia di Har-Maghedon.

      25. (a) Perché l’esecuzione della vendetta divina comincerà prima della battaglia di Har-Maghedon? (b) Che cosa significherà per noi se, come professanti cristiani, saremo trovati simili a quello “schiavo malvagio”?

      25 Comincerà con la distruzione della religiosa Babilonia la Grande allo scoppio della “grande tribolazione” raffigurata dall’assedio e dalla distruzione di Gerusalemme nel remoto 70 E.V. (Riv. 17:1-16; Matt. 24:15-22) Guai si abbatteranno allora su di noi se apparteniamo a quella classe di professanti cristiani raffigurata dallo “schiavo malvagio” che conservò la sua mina in un panno solo per perderla alla fine! Significherà per noi la distruzione eterna nella “grande tribolazione” insieme ai “nemici” del Re.

      26. Quali due classi saranno risparmiate dal massacro dei nemici del Re? E perché?

      26 Gli unti “schiavi” cristiani che portano guadagno spirituale al celeste Signore, il Re Gesù Cristo, saranno risparmiati dal massacro dei nemici del Re. Pure risparmiata sarà la “grande folla” che risponde alle attività dei fedeli, utili “schiavi” e si schiera lealmente dinanzi al trono di Geova Dio e del suo Agnello Gesù Cristo e grida con entusiasmo per essere udita da tutti: “Vittoria al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello!” — Riv. 7:9, 10, 14, 15, NE.

Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
Disconnetti
Accedi
  • Italiano
  • Condividi
  • Impostazioni
  • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
  • Condizioni d’uso
  • Informativa sulla privacy
  • Impostazioni privacy
  • JW.ORG
  • Accedi
Condividi