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  • Candelabro
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • USO FIGURATIVO

      Il profeta Zaccaria vide in visione un insolito candelabro d’oro. Come quello del tabernacolo, aveva sette lampade, ma queste lampade avevano sette tubi, che secondo alcuni studiosi si dovrebbero intendere in senso distributivo, cioè un tubo per ciascuna lampada. Inoltre in cima al candelabro c’era una coppa. Il continuo rifornimento d’olio per le lampade avveniva attraverso i tubi collegati ad esse. L’olio evidentemente proveniva dai due ulivi che il profeta vide accanto al candelabro. — Zacc. 4:2, 3, 12.

      Geova Dio, mediante il glorificato Gesù Cristo, diede all’apostolo Giovanni una visione in cui vide “sette candelabri d’oro, e in mezzo ai candelabri qualcuno simile a un figlio d’uomo”. Questi, che dalla descrizione risulta essere Gesù Cristo, spiegò a Giovanni che i candelabri significavano sette congregazioni. (Riv. 1:1, 12, 13, 20) I candelabri della visione erano probabilmente come quello che illuminava il tabernacolo affinché i sacerdoti potessero svolgervi i loro compiti. L’uso di una cosa del genere per rappresentare congregazioni è in armonia con le parole rivolte da Gesù ai dedicati servitori di Dio: “Voi siete la luce del mondo”. (Matt. 5:14) Essendo “colui che cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro”, egli ne sorveglia tutte le attività di portatori di luce. — Riv. 2:1.

      Nei consigli rivolti alla congregazione di Efeso, Cristo avvertiva che se non si pentivano avrebbe tolto il candelabro dal suo posto. Questo senza dubbio avrebbe indicato che non sarebbero più stati usati per diffondere la luce della verità in quella zona, e che la loro luce si sarebbe spenta. — Riv. 2:1-5; confronta Matteo 6:22, 23.

      L’ultima menzione di candelabri nella Bibbia ha una certa somiglianza con la visione di Zaccaria. I “due testimoni” che dovevano profetizzare vestiti di sacco erano simboleggiati “dai due ulivi e dai due candelabri”. — Riv. 11:3, 4.

  • Cane
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Cane

      Per gli israeliti quest’animale era cerimonialmente impuro, e quindi è poco probabile che pensassero ad addomesticare cani. (Lev. 11:27; Isa. 66:3) Anche se pecore e pastori sono menzionati molte volte nella Bibbia, solo Giobbe, che non era israelita, parla dei “cani del mio gregge”. — Giob. 30:1.

      I cani, come certi uccelli, si nutrivano di carogne, specie nelle città. La Legge ordinava di gettare ai cani la carne che era stata sbranata da un animale selvatico. (Eso. 22:31) A volte il giudizio di Geova contro i suoi nemici consisteva nel farli divorare o nel farne leccare il sangue dai cani. Per la condotta di grave infedeltà dei re Geroboamo, Baasa e Acab, chiunque apparteneva alle loro rispettive case, morto in città, doveva essere divorato dai cani. (I Re 14:11; 16:4; 21:24) In adempimento della parola di Geova, i cani leccarono il sangue di Acab, e la carne di sua moglie Izebel finì in pasto ai cani. (I Re 21:19; 22:38; 21:23; II Re 9:10, 35, 36) Indicando che i cani avrebbero leccato il sangue degli avversari del popolo di Geova, il salmista scriveva: “La lingua dei tuoi cani abbia la sua porzione dai nemici”. (Sal. 68:23) Era stato predetto che i cani avrebbero avuto una parte nella rovina che si doveva abbattere sulle infedeli Gerusalemme e Giuda. I cani avrebbero trascinato via i cadaveri, mutilandoli, divorandoli e leccandone il sangue. — Ger. 15:3.

      USO ILLUSTRATIVO

      Poco dopo la Pasqua del 32 E.V., una donna siro–fenicia si avvicinò a Gesù chiedendogli ripetutamente di espellere un demonio da sua figlia. Dapprima Gesù ricusò dicendo: “Non è giusto prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Paragonando i non ebrei a “cagnolini”, che si potrebbero tenere in casa e non a cani randagi e selvatici, Gesù addolcì il paragone. Comunque le parole di Gesù servirono evidentemente per mettere alla prova la donna, che riconobbe umilmente: “Sì, Signore, ma veramente i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro signori”. Le sue parole riflettevano grande fede e perciò sua figlia fu sanata. — Matt. 15:21, 28; Mar. 7:24-30.

      La disgustosa abitudine dei cani di rigurgitare il cibo già inghiottito e poi tornare a mangiarlo serve a illustrare la condotta di coloro che abbandonano la retta via e tornano nel precedente stato di contaminazione. (II Piet. 2:20-22; Prov. 26:11) Le persone moralmente impure sono chiamate cani. La legge data da Dio a Israele diceva: “Non devi portare nella casa di Geova tuo Dio la ricompensa d’una meretrice né il prezzo di un cane [“probabilmente ‘pederasta’”, NW, nota in calce] per alcun voto, perché sono qualche cosa di detestabile a Geova tuo Dio, sì, tutt’e due”. (Deut. 23:18) Tutti quelli che, come cani randagi che si nutrono di carogne, praticano cose disgustanti come sodomia, omosessualità, dissolutezza e crudeltà, sono esclusi dalla Nuova Gerusalemme. — Riv. 22:15; vedi anche Filippesi 3:2.

  • Canna
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Canna

      Questo termine spesso traduce l’ebraico qanèh e il corrispondente greco kàlamos, termini che evidentemente si riferiscono a numerose piante simili comuni in luoghi acquitrinosi. (Giob. 40:21; Sal. 68:30; Isa. 19:6; 35:7) Alcuni studiosi ritengono che in molti casi la “canna” in questione sia l’Arundo donax. Questa pianta è comune in Egitto, Palestina e Siria. I suoi culmi, che terminano con grandi infiorescenze bianche a pannocchia, alla base hanno un diametro di 5–7,5 cm e raggiungono un’altezza di 2,5 m o più, con foglie lunghe da 30 a 90 cm. Anche in tempi più recenti questa canna era usata per misurare. — Vedi Ezechiele 40:3, 5; Rivelazione 11:1; 21:15, 16.

      In segno di scherno, i soldati romani misero una canna in mano a Gesù, come se fosse stato uno scettro regale, con la quale poi lo colpirono. Fu usata una canna anche per portare alla bocca di Gesù al palo una spugna imbevuta di aceto. — Matt. 27:29, 30, 48; vedi ISSOPO.

      In senso figurativo “canna” nella Bibbia rappresenta instabilità e fragilità. (I Re 14:15; Ezec. 29:6, 7) L’Egitto fu paragonato a una canna rotta, le cui schegge taglienti e appuntite sarebbero penetrate nel palmo della mano di chiunque vi si fosse appoggiato. (II Re 18:21; Isa. 36:6) Parlando di Giovanni Battista, Gesù disse: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?” (Matt. 11:7) Queste parole forse volevano indicare che Giovanni Battista non era un uomo incerto o vacillante, ma deciso, stabile e retto. In Matteo 12:20 (Isa. 42:3), la “canna rotta” sembra rappresentare gli oppressi come l’uomo dalla mano secca che Gesù aveva guarito di sabato. — Matt. 12:10-14; vedi Matteo 23:4; Marco 6:34.

  • Canone
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Canone

      Vedi BIBBIA.

  • Cantico
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Cantico

      Circa un decimo dell’intera Bibbia consiste di cantici, e gli esempi più notevoli sono i Salmi, Il Cantico di Salomone e Lamentazioni. Le Scritture menzionano anche canzoni mondane, canzoni di scherno e canzoni d’amore, ma la maggioranza degli oltre trecento riferimenti al soggetto riguardano l’adorazione di Geova Dio. Quasi sempre il canto è associato alla gioia, infatti il discepolo Giacomo scriveva: “Vi è qualcuno in buono spirito? Canti salmi [cantici di lode a Dio]”. (Giac. 5:13) I cantici che esprimono dolore sono anche chiamati canti funebri. — Amos 8:10; vedi CANTO FUNEBRE; MUSICA.

  • Cantico di Salomone, il
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Cantico di Salomone, il

      Libro poetico delle Scritture Ebraiche che esalta l’amore inalterabile di una sulammita (una contadinella di Sunem, o Sulem) per un pastore e parla del vano tentativo del re Salomone di conquistare l’amore della ragazza. Nel testo ebraico le parole iniziali definiscono questa lirica “il cantico dei cantici”, vale a dire un “cantico superlativo”, il più bello, il più eccellente. Si tratta di un unico cantico e non di una raccolta di cantici.

      Dall’inizio Salomone ne è identificato come lo scrittore. (Cant. 1:1) L’evidenza interna lo conferma, rivelando che lo scrittore conosceva bene la creazione di Dio, come la conosceva Salomone. (I Re 4:29-33) Ripetutamente piante, animali, pietre e metalli preziosi ricorrono nelle vivaci illustrazioni del libro. (1:12-14, 17; 2:1, 3, 7, 9, 12-15; 4:8, 13, 14; 5:11-15; 7:2, 3, 7, 8, 11-13) Lo scrittore, come ci si aspetterebbe da un re quale Salomone, conosceva molto bene il paese abitato dagli israeliti: la pianura costiera, i bassopiani (2:1), le catene montuose del Libano, dell’Ermon, dell’Antilibano e del Carmelo (4:8; 7:5), le vigne di En-Ghedi (1:14) e “le piscine di Esbon, presso la porta di Bat-Rabbim”. — 7:4.

      Il poema fu composto quando Salomone aveva sessanta regine e ottanta concubine (Cant. 6:8), cioè all’inizio dei quarant’anni del suo regno (1037–997 a.E.V.), dato che alla fine Salomone aveva ben settecento mogli e trecento concubine. — I Re 11:3.

      Le espressioni d’affetto contenute nel Cantico di Salomone possono sembrare assai insolite al lettore occidentale. Ma si ricordi che questo cantico fu composto in Oriente e circa tremila anni fa.

      I PERSONAGGI

      La figura centrale del Cantico di Salomone è la Sulammita. Altri personaggi menzionati nel poema sono il pastore di cui è innamorata (Cant. 1:7), la madre e i fratelli di lei (1:6; 8:2), il re Salomone (3:11), le “figlie di Gerusalemme” (le dame di corte di Salomone) e le “figlie di Sion” (donne che abitavano a Gerusalemme). (3:5, 11) I diversi personaggi si possono riconoscere da quello che dicono personalmente o da quello che viene detto di loro. Nel testo ebraico, la forma grammaticale spesso precisa il genere (maschile o femminile) e anche il numero (singolare o plurale), facilitando l’identificazione dei personaggi.

      GLI AVVENIMENTI

      La Sulammita aveva conosciuto il pastore nel paese dove egli era nato. (Cant. 8:5b) Gelosi della castità della loro sorella, i fratelli della Sulammita cercarono di proteggerla dalla tentazione. Perciò quando voleva accettare l’invito del suo innamorato ad ammirare con lui le bellezze della primavera (2:8-14), essi si adirarono e, approfittando dei necessari lavori stagionali, la incaricarono di sorvegliare le vigne dalle scorrerie delle piccole volpi. (1:6; 2:15) Esposta ai raggi del sole, la Sulammita perse la sua carnagione chiara. — 1:5, 6.

      Più tardi, mentre era diretta al giardino dei noci, involontariamente s’imbatté nell’accampamento del re Salomone. (Cant. 6:11, 12) Sia che fosse stata vista dal re stesso o notata da qualcun altro e poi presentata a lui, la Sulammita fu introdotta nel campo di Salomone. Il re Salomone le manifestò la propria ammirazione. Ma essa non provava nessuna attrazione per lui ed espresse il vivo desiderio di vedere il pastore suo innamorato. (1:2-4, 7) Le “figlie di Gerusalemme” raccomandarono allora che lasciasse il campo e andasse a cercare il suo innamorato. (1:8) Salomone però, non volendo lasciarla andare, cominciò a lodarne la bellezza, promettendo di farle cerchietti d’oro e bottoni d’argento. (1:9-11) La Sulammita allora informò il re che un altro era oggetto del suo amore. — 1:12-14.

      Quindi il pastore innamorato della Sulammita giunse al campo di Salomone ed espresse il suo affetto per lei. Anch’essa gli confermò il suo amore. (Cant. 1:15–2:2) Nel parlare alle “figlie di Gerusalemme”, la Sulammita paragonò il suo innamorato a un albero da frutto fra gli alberi della foresta e le scongiurò solennemente per tutto ciò che era bello e grazioso di non cercare di suscitare in lei un amore indesiderato. (2:3-7) Sempre, anche durante la notte, essa continuava a desiderare ardentemente il pastore innamorato, e ricordò alle “figlie di Gerusalemme” che avevano giurato di non cercare di risvegliare in lei l’amore, finché “esso non vi sia incline”. — 2:16–3:5.

      Tornando a Gerusalemme, Salomone portò con sé la Sulammita. Vedendo il corteo che si avvicinava alla città, diverse “figlie di Sion” osservavano il seguito. (Cant. 3:6-11) A Gerusalemme, il pastore innamorato, che aveva seguito il corteo, si mise in contatto con la Sulammita e lodandone la bellezza le confermò il suo amore. (4:1-5) La Sulammita espresse il desiderio di andarsene dalla città (4:6), ed egli continuò a esprimerle la sua ammirazione. (4:7-16a) “Entri il mio caro nel suo giardino e ne mangi i frutti più scelti”, furono le parole di lei. (4:16b) La risposta di lui a questo invito fu: “Sono entrato nel mio giardino, o mia sorella, mia sposa”. (5:1a) Le donne di Gerusalemme li incoraggiarono dicendo: “Mangiate, o compagni! Bevete e inebriatevi delle espressioni di tenerezza!” — 5:1b.

      Quando la Sulammita, dopo aver fatto un brutto sogno, lo raccontò alle “figlie di Gerusalemme” e disse loro che era malata d’amore (Cant. 5:2-8), esse vollero sapere che cosa c’era di così speciale nel suo caro. Allora la Sulammita descrisse il suo innamorato con grande animazione. (5:10-16) Quando le chiesero dove fosse, le informò che pascolava il gregge fra i giardini. (6:1-3) Ancora una volta Salomone rivolse alla Sulammita espressioni di lode. (6:4-10) Saputo che lei non aveva cercato la sua compagnia (6:11, 12), Salomone la invitò a tornare. (6:13a) Ciò la spinse a chiedere che cosa vedessero in lei. (6:13b) Salomone lo prese come un invito a esprimerle di nuovo la sua ammirazione. (7:1-9) Ma la Sulammita non si lasciò smuovere e invitò le “figlie di Gerusalemme” a non risvegliare in lei un amore che non provava spontaneamente. — 7:10–8:4.

      Allora evidentemente Salomone permise alla Sulammita di tornare a casa. Vedendola arrivare, i suoi fratelli chiesero: “Chi è questa donna che sale dal deserto, appoggiandosi al suo caro?” (Cant. 8:5a) I fratelli della Sulammita non si erano resi conto che la loro sorella era così costante nel suo

  • Canna aromatica
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Canna aromatica

      Vedi CALAMO, CANNA AROMATICA.

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