-
NoèAusiliario per capire la Bibbia
-
-
SOPRAVVIVE AL DILUVIO
Il resoconto ispirato, in Genesi 2:5, indica che è possibile che fino a quel momento gli uomini non avessero mai visto piovere. E neanche credevano che Dio sarebbe intervenuto per distruggere un mondo malvagio. Fu dunque per la sua forte fede che Noè, con assoluta ubbidienza, fece “secondo tutto ciò che Dio gli aveva comandato. Egli fece proprio così”. — Gen. 6:22.
Sette giorni prima che cominciassero a cadere le acque del Diluvio, Geova ordinò a Noè di radunare gli animali nell’arca. Il settimo giorno di quella settimana “entrò dunque Noè, e i suoi figli e sua moglie e le mogli dei suoi figli con lui, nell’arca innanzi alle acque del diluvio. Poi Geova chiuse la porta dietro a lui”. Quello stesso giorno “giunse il diluvio e li distrusse tutti” — Gen. 7:1-16; Luca 17:27; vedi DILUVIO.
Con gli abitanti dell’arca fu assicurata la continuità della vita umana e animale. Sopravvisse anche la vera adorazione, e per mezzo di Noè e della sua famiglia Dio preservò la storia della creazione, il modo di calcolare il tempo risalendo fino alla creazione dell’uomo, e la lingua originale (chiamata poi ebraico). Mentre era nell’arca Noè prese accuratamente nota di tutti gli avvenimenti importanti. — Gen. 7:11, 12, 24; 8:2-6, 10, 12-14.
BENEDIZIONE DI GEOVA, LEGGI E PATTO DELL’ARCOBALENO
Trascorso circa un anno nell’arca, Noè e la sua famiglia uscirono su una terra completamente ripulita. L’arca si era fermata sulla catena montuosa dell’Ararat. Riconoscente per l’amorevole benignità, la misericordia e la protezione di Geova, Noè costruì un altare e immolò “alcune di tutte le bestie pure e di tutte le creature volatili pure” in sacrificio a Geova. Geova Dio ne fu compiaciuto e rivelò a Noè che mai più la terra sarebbe stata maledetta e che egli non avrebbe mai più distrutto ogni cosa come aveva fatto. Ci sarebbero sempre stati “sementa e mietitura, e freddo e caldo, ed estate e inverno, e giorno e notte”. — Gen. 8:18-22.
Geova benedisse i superstiti del Diluvio ordinando loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite la terra”. Quindi emanò nuovi decreti per il loro bene: (1) Permise benignamente loro di aggiungere la carne di animali alla loro dieta; (2) ma poiché l’anima è nel sangue, non si doveva mangiare sangue; (3) fu istituita la pena capitale inflitta dall’autorità debitamente costituita. Queste leggi dovevano essere rispettate da tutto il genere umano, poiché tutti sarebbero discesi dai tre figli di Noè. — Gen. 1:28; 9:1-7; 10:32.
Dopo aver dato questi ordini, Geova proseguì: “E in quanto a me, ecco, io stabilisco il mio patto con voi e con la vostra progenie dopo di voi, e con ogni anima vivente che è con voi, fra i volatili, fra le bestie e fra tutte le creature viventi della terra con voi... Sì, io stabilisco in effetti il mio patto con voi: Ogni carne non sarà più stroncata dalle acque del diluvio, e non vi sarà più diluvio che riduca la terra in rovina”. L’arcobaleno è tuttora un “segno” o rammemoratore di questo patto. — Gen. 9:8-17; Isa. 54:9.
SI UBRIACA
Noè visse 350 anni dopo il Diluvio. La Bibbia, con candore e onestà, riferisce: “Ora Noè cominciò come agricoltore e piantava una vigna. E beveva del vino e s’inebriò, e quindi si scoprì nel mezzo della sua tenda”. (Gen. 9:20, 21) Questo non vuol dire che Noè avesse l’abitudine di ubriacarsi. L’episodio viene riportato per spiegare l’incidente che seguì, dati gli importanti risvolti per la storia mondiale. Prima del Diluvio Noè non indulgeva nel ‘bere’ come la società malvagia di quel tempo, che senza dubbio andava agli estremi nel gozzovigliare. Cose del genere intorpidirono la loro sensibilità e senza dubbio contribuirono a far loro ignorare l’avvertimento di Dio, dato che non si avvidero di nulla “finché venne il diluvio e li spazzò via tutti” — Matt. 24:38. 39; Luca 17:27.
Mentre Noè dormiva nella sua tenda, Cam, forse insieme a suo figlio Canaan, in qualche modo gli mancò di rispetto. — Gen. 9:20-27, vedi CANAAN. CANANEO n. I
LA RIBELLIONE DI NIMROD
Noè fu il primo patriarca della società postdiluviana. (Gen. 10:1-32) Tuttavia durante la sua vita la falsa religione si affermò di nuovo fra coloro che seguivano Nimrod, come è evidente dal ribelle tentativo di costruire “una torre con la sua cima nei cieli” per non essere dispersi “su tutta la superficie della terra” Questo era in diretta opposizione al comando di Dio di ‘riempire la terra’, ed era una ribellione anche contro Noè, profeta di Dio. Noè morì circa due anni prima della nascita di Abraamo. Perciò vide il giudizio di Geova sui costruttori della torre di Babele, e la dispersione dei ribelli sulla faccia della terra. Noè e, a quanto pare, anche Sem non ebbero a che fare con la costruzione della torre e di conseguenza la loro lingua non sarebbe stata confusa, ma avrebbero continuato a parlare la lingua originale dell’uomo, che Dio aveva data ad Adamo. — Gen. 9:28, 29; 11:1-9.
MODELLO PROFETICO
I profeti Isaia e Ezechiele, Gesù Cristo e gli apostoli Pietro e Paolo parlarono tutti del servitore di Dio, Noè. Gesù e Pietro spiegarono che i giorni di Noè erano un modello profetico della “presenza del Figlio dell’uomo” e di un futuro “giorno del giudizio e della distruzione degli uomini empi”. Risparmiando Noè e la sua famiglia quando distrusse quel mondo empio, Geova stabilì “per gli empi un modello di cose avvenire”. — II Piet. 3:5-7; 2:5, 6; Isa. 54:9; Ezec. 14:14, 20, Matt. 24:37-39; Ebr. 11:7; I Piet. 3:20, 21.
-
-
NofAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Nof
Nome dato di solito nelle Scritture Ebraiche a Menfi, importante città dell’antico Egitto. — Isa. 19:13; Ger. 2:16; 44:1; 46:14, 19, Ezec. 30:13, 16; vedi MENFI
-
-
NomeAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Nome
“Ogni famiglia in cielo e sulla terra deve il proprio nome” a Geova Dio. (Efes. 3:14, 15) Egli costituì la prima famiglia umana e permise ad Adamo ed Eva di avere figli. Perciò ogni stirpe terrena deve il proprio nome a Lui. Dio è inoltre il Padre della sua famiglia celeste; e come chiama per nome tutte le innumerevoli stelle (Sal. 147:4), così ha dato senza dubbio un nome a ciascun angelo. — Giud. 13:18.
Un interessante esempio di come si diede un nome a qualcosa di completamente nuovo è quello della manna miracolosamente provveduta. Quando la videro per la prima volta, gli israeliti chiesero: “Che cos’è?” (Man hu’?) (Eso. 16:15) Per questa ragione la chiamarono “manna”, che probabilmente significa “che cos’è?” — Eso. 16:31.
NOMI DI ANIMALI E PIANTE
Geova Dio diede al primo uomo Adamo il privilegio di dare nome alle creature inferiori. (Gen. 2:19) Tali nomi erano senza dubbio descrittivi, come fa pensare il nome ebraico di alcuni animali e anche di alcune piante. “Tosatore” o “tagliatore” sembra sia il nome del bruco; “scavabuche” quello della volpe e “saltatore” quello dell’antilope. In ebraico, come anche in italiano, il nome della tortora imita evidentemente il verso lamentoso dell’uccello. “Vigilante” è il nome del mandorlo, forse perché è uno degli alberi che fioriscono per primi.
NOMI GEOGRAFICI
Alcuni hanno dato il proprio nome o il nome di un figlio o di un antenato a qualche località. L’omicida Caino costruì una città e le diede il nome di suo figlio Enoc. (Gen. 4:17) Noba conquistò la città di Chenat e da allora la chiamò col proprio nome. (Num. 32:42) I daniti, dopo aver conquistato Lesem, chiamarono la città Dan, nome del loro capostipite. — Gios. 19:47; vedi anche Deuteronomio 3:14.
Altari (Eso. 17:14-16), pozzi (Gen. 26:19-22), sorgenti (Giud. 15:19) e località erano spesso chiamati secondo gli avvenimenti accadutivi. Ne sono un esempio Babele (Gen. 11:9), Geova-Gire (Gen. 22:13, 14), Beer-Seba (Gen. 26:29-33), Betel (Gen. 28:10-19), Galeed (Gen. 31:44-47), Succot (Gen. 33:17), Abel-Mizraim (Gen. 50:11), Massa, Meriba (Eso. 17:7), Tabera (Num. 11:3), Chibrot-Attaava (Num. 11:34), Orma (Num. 21:3), Ghilgal (Gios. 5:9), Bassopiano di Acor (Gios. 7:26) e Baal-Perazim. — II Sam. 5:20.
A volte aspetti fisici erano alla base del nome di località, monti e fiumi. Le città di Gheba e Ghibea (nomi che significano “colle, collina”) devono senza dubbio il loro nome al fatto che sorgevano in collina. Il Libano (“bianco”) forse fu così chiamato per il colore chiaro delle sue vette e rupi calcaree o per il fatto che i suoi monti più alti sono coperti di neve per buona parte dell’anno. Il Giordano (“che discende”) scende rapidamente e a questo deve probabilmente il suo nome. Poiché sorgevano presso pozzi, sorgenti e prati, il nome di villaggi e città era spesso preceduto da prefissi come “en” (“sorgente”), “beer” (“pozzo”) e “abel” (“prato”).
Altri nomi sono derivati da caratteristiche come la grandezza, l’occupazione e i prodotti. Alcuni esempi sono Betleem (“casa del pane”), Betsaida (“casa o luogo di pesca”), Gat (“torchio del vino”) e Bezer (“fortezza”).
Il nome di molte località derivava da nomi di animali e piante, e spesso erano nomi composti. Fra questi, Aialon (“posto di daini o cervi”), En-Ghedi (“sorgente del capretto”), En-Eglaim (“sorgente dei due vitelli”), Bet-Ogla (“casa o posto della pernice”), Acrabbim (“scorpioni”), Baal-Tamar (“signore della palma”) ed En-Tappua (“sorgente presso i meli”).
“Bet” (“casa”), “baal” (“padrone”, “proprietario”) e “chiriat (“città”) costituivano spesso la parte iniziale di nomi composti.
NOMI DI PERSONA
All’inizio della storia biblica ai figli si dava nome alla nascita. In seguito però ai bambini ebrei il nome veniva dato quando erano circoncisi l’ottavo giorno. (Luca 1:59; 2:21) Di solito il nome veniva scelto dal padre o dalla madre. (Gen. 4:25; 5:29; 16:15; 19:37, 38; 29:32) Una notevole eccezione fu tuttavia quella del figlio di Boaz e Rut. Le vicine di Naomi, suocera di Rut, chiamarono il bambino Obed (“servitore” o “colui che serve”). (Rut 4:13-17) E a volte i genitori furono guidati da Dio nella scelta del nome da dare a un figlio. Fra coloro a cui fu dato il nome in tal modo ci furono Ismaele (“Dio ode”) (Gen. 16:11), Isacco (“risata”) (Gen. 17:19), Salomone (“pacifico”) (I Cron. 22:9) e Giovanni (“Geova è stato benigno”). — Luca 1:13.
Il nome dato a un figlio spesso rifletteva le circostanze relative alla sua nascita o i sentimenti del padre o della madre. (Gen. 29:32-30:13, 17-20, 22-24; 35:18; 41:51, 52; Eso. 2:22; I Sam. 1:20; 4:20-22) Eva chiamò il suo primo figlio Caino (“acquisizione” o “acquisto”), poiché, essa disse, “ho acquistato un uomo con l’aiuto di Geova”. (Gen. 4:1) Al figlio nato dopo l’assassinio di Abele, Eva diede nome Set (“costituito, sostituito”), perché prendeva il posto di Abele. (Gen. 4:25) Isacco chiamò il minore dei gemelli Giacobbe (“soppiantatore”; “che afferra il calcagno”) perché alla nascita il bambino teneva stretto il calcagno del fratello Esaù. — Gen. 25:26; confronta il caso di Perez in Genesi 38:28, 29.
A volte l’aspetto che il bambino aveva alla nascita era all’origine del suo nome. Il figlio primogenito di Isacco fu chiamato Esaù (“peloso”) proprio perché alla nascita era insolitamente peloso. — Gen. 25:25.
Spesso alla nascita venivano dati ai figli nomi composti di El (Dio) o di un’abbreviazione del nome divino Geova. Nomi del genere potevano esprimere la speranza dei genitori, riflettere la loro gratitudine per essere stati benedetti avendo un figlio, o rendere grazie a Dio. Alcuni esempi sono Iedeia (“Iah dia gioia”), Elnatan (“Dio ha dato”), Ieberechia (“Iah benedice”), Gionatan (“Geova ha dato”), Iozabad (“Geova ha concesso”), Eldad (“Dio ha amato”), Abdiel (“servitore di Dio”), Daniele (“Dio è [mio] giudice”), Iozadac (“Geova è giusto”) e Pelatia (“Iah ha provveduto scampo”).
“Ab” (“padre”), “ah(i)” (“fratello”), “ammi” (“parente”) e “ben” (“figlio”) facevano parte di nomi composti, come Abida (“padre di conoscenza”), Abia (“mio padre è Iah”), Ahiezer (“mio fratello è d’aiuto”), Ammiud (“mio parente è maestà”), Amminadab (“mio parente è generoso”) e Ben-Ail (“figlio di forza”). “Melec” (“re”), “adoni” (“signore”) e “baal” (“padrone, proprietario”) pure facevano parte di nomi composti come Ahimelec (“fratello del re”, o, “mio fratello è re”), Adonia (“Iah è mio Signore”) e Merib-Baal (“colui che contende con Baal”. o, “Baal contende”).
Altri nomi di persona derivavano da nomi di animali e piante, come Debora (“ape”), Tabita (“gazzella”), Giona (“colomba”), Rachele (“pecora”), Safan (“procavia”), Tamar (“palma”) e Susanna (“giglio”).
La ripetizione di certi nomi nelle genealogie indica che era entrato nell’uso comune dare ai figli il nome di un parente. (Vedi I Cronache 6:9-14, 34-36). Per questa ragione parenti e conoscenti si opposero al desiderio di Elisabetta di chiamare il figlio appena nato Giovanni. — Luca 1:57-61; vedi GENEALOGIA (Ripetizione di nomi o nomi diversi di una stessa persona).
Nel I secolo E.V. non era insolito che gli ebrei, specie quelli che vivevano lontano dalla Palestina o in città con popolazione mista di ebrei e gentili, avessero sia un nome ebraico o aramaico che un nome latino o greco. Per questo Gazzella (gr. Dorkàs) era chiamata anche Tabita e l’apostolo Paolo era chiamato anche Saulo.
A volte si finiva per pensare che i nomi riflettessero la personalità o le tendenze caratteristiche di ciascuno. Esaù osservò a proposito di suo fratello: “Non è per questo che si chiama... Giacobbe [soppiantatore], in quanto mi avrebbe soppiantato queste due volte? Ha già preso la mia primogenitura, ed ecco, questa volta, ha preso la mia benedizione!” (Gen. 27:36) Abigail disse a proposito del marito: “Come è il suo nome, così è lui. Il suo nome è Nabal [ insensato], e presso di lui è l’insensatezza”. (I Sam. 25:25) Ritenendo che il suo nome non fosse più appropriato date le disgrazie che le erano accadute, Naomi disse: “Non mi chiamate Naomi [mia piacevolezza]. Chiamatemi Mara [amara], poiché l’Onnipotente me l’ha reso molto amaro”. — Rut 1:20.
Cambiamento di nome o nome nuovo
A volte per un motivo particolare a una persona veniva cambiato nome o gliene veniva dato un altro. In punto di morte Rachele chiamò il figlio appena nato Ben-Oni (“figlio del mio dolore”), ma il marito Giacobbe sconsolato decise di chiamarlo Beniamino (“figlio della destra”). (Gen. 35:16-18) Geova cambiò il nome di Abramo (“padre di esaltazione [o altezza]”) in Abraamo (“padre di una moltitudine”) e quello di Sarai (“litigiosa”) in Sara (“principessa”); tali nuovi nomi erano entrambi profetici. (Gen. 17:5, 6, 15, 16) Per la sua perseveranza nel lottare con un angelo, fu detto a Giacobbe: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe ma Israele [“Dio contende” o “colui che contende (persevera) con Dio”], poiché hai conteso con Dio e con gli uomini così che alla fine hai prevalso”. (Gen. 32:28) Tale cambiamento di nome, che in seguito venne confermato, era garanzia della benedizione di Dio. (Gen. 35:10) Perciò quando le Scritture parlano profeticamente di un “nuovo nome”, si riferiscono evidentemente a un nome che rappresenti in modo appropriato chi lo porta. — Isa. 62:2; 65:15; Riv. 3:12.
A volte venivano dati nomi nuovi a personaggi elevati ad alti incarichi governativi o a cui venivano conferiti speciali privilegi. Poiché tali nomi venivano dati dai superiori, il cambiamento di nome poteva indicare che chi riceveva il nome nuovo si sottometteva a chi glielo dava. Dopo esser diventato amministratore annonario d’Egitto, Giuseppe venne chiamato Zafenat-Panea. (Gen. 41:44, 45) Il faraone Neco, quando rese suo vassallo Eliachim re di Giuda, gli cambiò il nome chiamandolo Ioiachim. (II Re 23:34) Anche Nabucodonosor, nel rendere Mattania suo vassallo, lo chiamò Sedechia. (II Re 24:17) A Daniele e ai suoi tre compagni ebrei, Hanania, Misael e Azaria, dopo esser stati scelti per ricevere uno speciale addestramento a Babilonia, furono dati nomi babilonesi. — Dan. 1:3-7.
NOMI DI ANGELI
La Bibbia contiene il nome personale solo di due angeli: Gabriele (“robusto di Dio”) e Michele (“chi è simile a Dio?”). Forse per non essere oggetto di indebito onore o venerazione, a volte angeli non rivelarono il proprio nome a coloro a cui erano apparsi. — Gen. 32:29; Giud. 13:17, 18.
IL NOME DI DIO
Conoscere il nome di Dio significa più che avere una semplice cognizione del termine. (II Cron. 6:33) Vuol dire in realtà conoscere la Persona, i suoi obiettivi, le sue attività e qualità, come sono rivelati nella sua Parola. (Confronta I Re 8:41-43; 9:3, 7; Neemia 9:10). Questo è illustrato nel caso di Mosè, uomo che Geova ‘conosceva per nome’, cioè conosceva intimamente. (Eso. 33:12) Mosè ebbe il privilegio di vedere una manifestazione della gloria di Geova e anche di ‘sentir dichiarare il nome di Geova’. Questa dichiarazione non era semplicemente la ripetizione del nome “Geova”, ma un’affermazione delle qualità e attività di Dio. (Eso. 34:6, 7) Anche il cantico di Mosè, in cui si leggono le parole “poiché dichiarerò il nome di Geova”, descrive ciò che Dio fece per Israele e la Sua personalità. — Deut. 32:3-44.
Quando era sulla terra, Gesù Cristo ‘rese manifesto il nome del Padre suo’ ai discepoli. (Giov. 17:6, 26) Benché conoscessero già quel nome e fossero al corrente delle attività di Dio descritte nelle Scritture Ebraiche, quei discepoli vennero a conoscere Geova in modo ben più ampio e completo grazie a Colui “che è nella posizione del seno presso il Padre”. (Giov. 1:18) Cristo Gesù rappresentava in modo perfetto il Padre suo, facendo le opere del Padre e dicendo non quello che gli veniva in mente, ma le parole del Padre suo. (Giov. 10:37, 38; 12:50; 14:10, 11, 24) Perciò poté dire: “Chi ha visto me ha visto anche il Padre”. — Giov. 14:9.
Questo indica chiaramente che solo i suoi servitori ubbidienti conoscono veramente il nome di Dio. (Confronta I Giovanni 4:8; 5:2, 3). A loro si riferisce la solenne promessa di Dio nel Salmo 91:14: “Lo proteggerò perché ha conosciuto il mio nome”. Il nome non è in se stesso una formula magica, ma Chi porta quel nome può proteggere il suo popolo devoto. Perciò il nome rappresenta Dio stesso. Per questo il proverbio dice: “Il nome di Geova è una forte torre. Il giusto vi corre e gli è data protezione”. (Prov. 18:10) Questo è ciò che fanno coloro che gettano il loro peso su Geova. (Sal. 55:22) Similmente amare (Sal. 5:11), lodare (Sal. 7:17), invocare quel nome (Gen. 12:8), rendergli grazie (I Cron. 16:35), giurare per esso (Deut. 6:13), ricordarlo (Sal. 119:55), temerlo (Sal. 61:5), ricercarlo (Sal. 83:16), esaltarlo (Sal. 34:3), confidare e sperare in tale nome (Sal. 33:21; 52:9) significa farlo nei confronti di Geova stesso. Offendere il nome di Dio significa bestemmiare Dio. — Lev. 24:11, 15, 16.
Geova è geloso del suo nome, non tollera rivalità o infedeltà in fatto di adorazione. (Eso. 34:14; Ezec. 5:13) Gli israeliti avevano ordine di non menzionare neanche il nome di altri dèi. (Eso. 23:13) Ma dato che vari nomi di falsi dèi ricorrono nelle Scritture, evidentemente era vietato menzionare il nome di falsi dèi con venerazione. — Vedi GEOVA.
IL NOME DEL FIGLIO DI DIO
Poiché rimase fedele fino alla morte, Gesù Cristo fu premiato dal Padre suo, ricevendo una posizione superiore e “il nome ch’è al di sopra d’ogni altro nome”. (Filip. 2:5-11) Tutti coloro che desiderano la vita devono riconoscere cosa rappresenta quel nome (Atti 4:12), inclusa la posizione di Gesù quale Giudice (Giov. 5:22), Re (Riv. 19:16), Sommo Sacerdote (Ebr. 6:20), Mediatore (I Tim. 2:5) e principale Agente di salvezza. — Ebr. 2:10; vedi GESÙ CRISTO.
Cristo Gesù, il “Re dei re e Signore dei signori”, deve inoltre guidare gli eserciti celesti a guerreggiare con giustizia. Quale esecutore della vendetta di Dio manifesterà poteri e qualità completamente sconosciuti a coloro che combattono contro di lui. Appropriatamente perciò “ha un nome scritto che nessuno conosce se non lui solo”. — Riv. 19:11-16.
VARI USI DEL TERMINE “NOME”
Un particolare nome potrebbe essere “invocato” su una persona, una città o un edificio. Giacobbe, nell’adottare i figli di Giuseppe come figli suoi, dichiarò: “Sia invocato su di loro il mio nome e il nome dei miei padri, Abraamo e Isacco”. (Gen. 48:16; vedi anche Isaia 4:1; 44:5). Il nome di Geova invocato sugli israeliti indicava che erano il suo popolo. (Deut. 28:10; II Cron. 7:14; Isa. 43:7; 63:19; Dan. 9:19) Geova pose il suo nome anche su Gerusalemme e sul tempio, riconoscendoli in tal modo come legittimo centro della sua adorazione. (II Re 21:4, 7) Gioab preferì non completare la conquista di Rabba affinché il suo nome non fosse pronunciato sulla città, vale a dire affinché la conquista non fosse attribuita a lui. — II Sam. 12:28.
Se uno moriva senza lasciare figli maschi, era come se il suo nome gli venisse “tolto”. (Num. 27:4; II Sam. 18:18) Perciò la disposizione del matrimonio del cognato stabilita dalla legge mosaica serviva a preservare il nome del defunto. (Deut. 25:5, 6) Viceversa la distruzione di una nazione, un popolo o una famiglia equivaleva a cancellarne il nome. — Deut. 7:24, 9:14; Gios. 7:9; I Sam. 24:21; Sal. 9:5.
Parlare o agire ‘in nome di’ qualcun altro significava farlo quale suo rappresentante. (Eso. 5:23; Deut. 10:8; 18:5, 7, 19-22, I Sam. 17:45; Est. 3:12; 8:8, 10) Similmente accogliere una persona nel nome di qualcuno significherebbe riconoscere quest’ultimo. Perciò ‘ricevere un profeta nel nome di un profeta’ significa accogliere un profeta come tale. (Matt. 10:41, Di, NM) E battezzare “nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo” significa riconoscere il Padre, il Figlio e lo spirito santo. — Matt. 28:19.
REPUTAZIONE O FAMA
Nell’uso scritturale “nome” spesso significa fama o reputazione. Far avere un cattivo nome a qualcuno voleva dire muovergli una falsa accusa, macchiare la sua reputazione. (Deut. 22:19) Che il proprio nome fosse ‘ripudiato come malvagio’ significava perdere la buona reputazione. (Luca 6:22) Per farsi un “nome celebre” sfidando Geova, dopo il Diluvio gli uomini cominciarono a costruire una torre e una città. (Gen. 11:3, 4) Invece Geova promise di rendere grande il nome di Abramo (Abraamo) se avesse lasciato il suo paese e i parenti per trasferirsi altrove. (Gen. 12:1, 2) L’adempimento di questa promessa è attestato dal fatto che fino a questo giorno pochi nomi dell’antichità sono famosi come quello di Abraamo, specie come esempio di straordinaria fede. Milioni di persone sostengono tuttora di essere eredi della benedizione abraamica per discendenza carnale. Similmente Geova rese grande il nome di Davide benedicendolo e concedendogli vittorie sui nemici di Israele. — I Sam. 18:30; II Sam. 7:9.
Alla nascita uno non ha alcuna reputazione e perciò il suo nome non è altro che un’etichetta. Per questo Ecclesiaste 7:1 dice: “Un nome è meglio che il buon olio, e il giorno della morte che il giorno della nascita”. Non alla nascita, ma nel corso di tutta una vita il “nome” di una persona assume vero significato nei senso che può identificarlo con uno che pratica la giustizia o con uno che pratica la malvagità. (Prov. 22:1) Per la sua fedeltà fino alla morte il nome di Gesù diventò l’unico nome “dato fra gli uomini mediante cui dobbiamo esser salvati”, ed egli “ha ereditato un nome più eccellente” di quello degli angeli. (Atti 4:12; Ebr. 1:3, 4) Viceversa Salomone, il cui nome si era sperato potesse diventare “più splendido” di quello di Davide, morì essendosi fatto il nome di essersi sviato dalla vera adorazione. (I Re 1:47; 11:6, 9-11) Di coloro che si fanno un nome essendo leali fino alla fine, il salmista dice: “Preziosa agli occhi di Geova è la morte dei suoi leali”. (Sal. 116:15; confronta Filippesi 4:3; Rivelazione 3:4, 5, 12, 13). Invece “il nome medesimo dei malvagi marcirà” o diventerà di un fetore ripugnante. (Prov. 10:7) Per questa ragione un buon nome “è da scegliere più delle abbondanti ricchezze”. — Prov. 22:1.
NOMI SCRITTI NEL “LIBRO DELLA VITA”
Sembra che Geova Dio, figurativamente parlando, abbia scritto dei nomi nel libro della vita dalla “fondazione del mondo”. (Riv. 17:8) Poiché Cristo Gesù disse che Abele era vissuto alla “fondazione del mondo”, ciò si riferirebbe al mondo del genere umano redimibile venuto all’esistenza dopo che ad Adamo ed Eva erano nati figli. (Luca 11:48-51) Evidentemente il nome di Abele fu il primo scritto su quel simbolico rotolo.
I nomi che compaiono sul rotolo della vita non sono tuttavia nomi di persone predestinate ad avere l’approvazione di Dio e la vita. Questo è reso evidente dal fatto che le Scritture parlano di nomi ‘cancellati’ dal “libro della vita”. Quindi il nome viene scritto nel “libro della vita” solo quando si diventa servitori di Geova, e solo se si continua a essere fedeli il proprio nome rimane nel libro. — Riv. 3:5; 17:8; confronta Esodo 32:32, 33; Luca 10:20; Filippesi 4:3.
NOMI SCRITTI NEL ROTOLO DELL’AGNELLO
I nomi di coloro che adorano la simbolica bestia selvaggia non sono stati scritti nel rotolo dell’Agnello. (Riv. 13:8) Tale bestia selvaggia ha ricevuto autorità, potenza e sovranità dal dragone, Satana il Diavolo. Quelli che adorano la bestia selvaggia fanno dunque parte del ‘seme del serpente’. (Riv. 13:2; confronta Giovanni 8:44; Rivelazione 12:9). Ancor prima che Adamo ed Eva avessero figli, Geova Dio aveva dichiarato che ci sarebbe stata inimicizia fra il ‘seme della donna’ e il ‘seme del serpente’. (Gen. 3:15) Quindi dalla fondazione del mondo era già stato deciso che nessun adoratore della bestia selvaggia avrebbe avuto il nome scritto nel rotolo dell’Agnello. Solo persone che Dio considera ‘sacre’ dovevano avere questo privilegio. — Riv. 21:27.
Dato che il rotolo appartiene all’Agnello, è logico che vi compaiano i nomi di coloro che gli sono stati dati da Dio. (Riv. 13:8; Giov. 17:9, 24) È perciò degno di nota che il successivo riferimento all’Agnello nel libro di Rivelazione lo descriva in piedi sul monte Sion insieme a 144.000 comprati di fra il genere umano. — Riv. 14:1-5.
-
-
NonniAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Nonni
I termini “nonno” e “nonna” di rado si trovano nelle traduzioni della Bibbia. In I Re 15:10, 13 “nonna” è la traduzione dello stesso termine reso altrove “madre”, ed è una traduzione corretta dato che Maaca era nonna di Asa e non sua madre. (I Re 15:1, 2, 8) Sembra che durante il regno di Asa Maaca abbia continuato a essere la regina madre finché non fu allontanata per la sua idolatria. (I Re 15:13) Parimenti “padre” a volte indicava un nonno o antenato. (Gen. 28:13) I nonni sono pure identificati con espressioni come “padre di tua madre” o “di sua madre”. — Gen. 28:2; Giud. 9:1.
“Figli o nipoti”, dice l’apostolo, dovrebbero “rendere dovuto compenso ai loro genitori e nonni [gr. progònois, dat. pl. di prògonos]”. (I Tim. 5:4) Un’altra forma dello stesso vocabolo (gen. pl. progònon) è resa “antenati” in II Timoteo 1:3. Loide, nonna (gr. màmme) di Timoteo, è lodata per la sua ‘fede senza ipocrisia’, e a quanto pare contribuì allo sviluppo della fede di Timoteo e alla sua crescita spirituale. — II Tim. 1:5; 3:14, 15.
-
-
NordAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Nord
Nell’uso scritturale “nord” o “settentrione” possono indicare una parte della terra (Sal. 107:3; Isa. 43:6; Luca 13:29), la direzione N (Eso. 26:20; I Re 7:25; Riv. 21:13), il cielo settentrionale (Giob. 26:7) e vari paesi o regni (fra cui l’Assiria [Sof. 2:13] e la Caldea o Babilonia [Ger. 46:10]) che si trovavano più o meno a N e a E del paese abitato dagli israeliti. Anche se Babilonia
-