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Diamo il meglio a GeovaLa Torre di Guardia 1979 | 1° novembre
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Diamo il meglio a Geova
“‘Maledetto è chi agisce con astuzia quando esiste nel suo branco un animale maschio, e fa un voto e ne sacrifica a Geova uno rovinato. Poiché io sono un grande Re’, ha detto Geova degli eserciti, ‘e il mio nome sarà tremendo fra le nazioni’”. — Mal. 1:14.
1. Gli uomini possono veramente dare qualcosa a Geova?
NON sembra strano che uomini imperfetti possano anche solo pensare di dare qualcosa al grande Creatore, Geova? Non c’è una sola cosa in tutto l’universo che non gli appartenga già! Nella sua Parola, egli stesso dichiara: “L’argento è mio, e mio è l’oro”. (Agg. 2:8) “A me appartiene ogni animale selvaggio della foresta, le bestie su mille monti. Conosco bene ogni alata creatura dei monti, la moltitudine degli animali della campagna sono con me. Se avessi fame, non lo direi a te; poiché a me appartiene il paese produttivo e la sua pienezza. Mangerò io la carne dei potenti tori, e berrò il sangue dei capri?” (Sal. 50:10-13) Senz’altro Geova Dio non ha bisogno dei doni di nessuno, perché è completo in se stesso. È l’Autoesistente.
2. Cosa riconobbe Davide riguardo alle offerte volontarie fatte a Geova?
2 Davide, figlio del giudeo Iesse, dalla giovinezza era stato istruito nella legge mosaica e sapeva che a Geova appartiene l’intera terra. (Eso. 19:5) In anni successivi, facendo delle contribuzioni per il tempio che doveva essere costruito a Gerusalemme, Davide si rivolse in preghiera all’Altissimo con queste parole: “Chi sono io e chi è il mio popolo che dovremmo ritenere la potenza di fare offerte volontarie come questa? Poiché ogni cosa viene da te, e dalla tua propria mano noi ti abbiamo dato. O Geova nostro Dio, tutta questa abbondanza che noi abbiamo preparata per edificarti una casa per il tuo santo nome, viene dalla tua mano, e appartiene tutta a te”. — 1 Cron. 29:14, 16.
3. (a) Quali domande potrebbero sorgere sui doni fatti a Geova? (b) Qual è la risposta scritturale a tali domande?
3 Quindi Davide riconobbe che noi uomini non possiamo arricchire in alcun modo l’Onnipotente. Infatti, qualsiasi cosa potremmo dare equivarrebbe soltanto a restituire una minima parte di ciò che abbiamo ricevuto dalla Fonte di “ogni dono buono e ogni regalo perfetto”. (Giac. 1:17) Ma vuol dire questo che portare doni al nostro Creatore non abbia alcun valore? Disprezza egli le offerte dei suoi devoti servitori? La Parola Dio risponde di no. Geova Dio invita gli umili adoratori a portare i loro doni. Nel Salmo 96:8 leggiamo: “Ascrivete a Geova la gloria che appartiene al suo nome; portate un dono e venite nei suoi cortili”.
4. Che tipo di doni piacciono a Geova?
4 Naturalmente, Geova desiderava offerte eccellenti che scaturissero da cuori riconoscenti. Dovevano essere doni che implicavano abnegazione come pure devota e premurosa preparazione. Per esempio, quando la legge mosaica era in vigore, un israelita non poteva semplicemente portare qualsiasi animale alla porta del cortile del tabernacolo e aspettarsi di ricevere il favore di Dio. La Legge diceva: “Nel caso che un uomo presentasse un sacrificio di comunione a Geova per rendere un voto o come offerta volontaria, dovrebbe essere uno sano fra la mandra o il gregge, per ottenere l’approvazione. Non vi dovrebbe essere nessun difetto. Nessun caso di cecità o frattura o avente taglio o verruca o eczema o erpete, non dovete presentare nessuno di questi a Geova”. — Lev. 22:21, 22.
5. Cosa stabiliva la Legge in merito alle offerte di grano?
5 In quanto alle offerte di grano, dovevano essere di fior di farina. (Lev. 2:1, 4; 6:14, 15; Num. 15:4) Questa esigenza vietava l’impiego di farina grossolana, farina che non fosse stata ben setacciata. Sì, solo il meglio era adatto come offerta all’Altissimo, Geova.
6. Che importanza avevano i motivi del cuore sull’accettabilità dei sacrifici fatti dagli israeliti?
6 Un’altra importante esigenza perché le offerte fossero accette a Geova era quella di avere un giusto motivo di cuore. Invano l’israelita avrebbe fatto sacrifici se non avesse avuto profondo desiderio interiore di far piacere al suo Creatore. Notate come questo è ribadito nelle seguenti parole: “‘Di quale beneficio mi è la moltitudine dei vostri sacrifici?’ dice Geova. ‘Ne ho avuto abbastanza di interi olocausti di montoni e del grasso di animali ingrassati; e del sangue di giovani tori e agnelli e capri non ho provato diletto. Quando voi continuate a venire a veder la mia faccia, chi ha richiesto ciò dalla vostra mano, di calpestare i miei cortili? Smettete di portare offerte di grano senza valore. L’incenso: mi è qualche cosa di detestabile . . . Le vostre lune nuove e i vostri periodi festivi la mia anima li ha odiati. Mi son divenuti un peso; mi sono stancato a portarli. E quando stendete le palme, nascondo i miei occhi da voi. Quantunque facciate molte preghiere, io non ascolto; le vostre medesime mani son divenute piene di sangue’”. (Isa. 1:11-15) Se non c’erano sincera devozione e uno spirito di generosità, le forme esteriori di adorazione si potevano paragonare a tentativi di corruzione per ottenere il favore divino. Erano completamente inaccettabili.
IL NOSTRO DONO A GEOVA
7. Perché oggi non offriamo sacrifici animali?
7 A differenza degli israeliti, noi discepoli di Gesù Cristo non offriamo sacrifici su qualche altare materiale. Il patto della Legge che prescriveva tali offerte fu cancellato sulla base della morte di Gesù sul palo. (Col. 2:13, 14) Questo fa sorgere la domanda: Quali sacrifici possiamo offrire?
8. In Romani 12:1 cosa scrisse l’apostolo Paolo riguardo ai sacrifici, e come dobbiamo comprendere le sue parole?
8 L’apostolo Paolo incoraggiò i credenti unti con lo spirito, i quali avrebbero rinunciato al loro corpo carnale per ricevere un glorioso corpo spirituale alla risurrezione dai morti: “Quindi vi supplico per le compassioni di Dio, fratelli, di presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio, sacro servizio con la vostra facoltà di ragionare”. (Rom. 12:1) Erano quindi incoraggiati a impiegare le proprie energie e capacità nel servizio del Creatore. Le membra del corpo sono i mezzi attraverso i quali una persona può parlare e agire. Quindi, per ‘presentare il proprio corpo in sacrificio vivente’ questi cristiani dovevano essere attivi, ‘facendo ogni cosa alla lode di Dio’. (1 Cor. 10:31) Perché tale sacrificio fosse “santo”, dovevano mantenere la purezza morale e spirituale. E solo se le loro azioni fossero state motivate da un amore sincero tale presentazione del proprio corpo sarebbe stata “accettevole a Dio”. (1 Cor. 13:3) Vivendo per libera scelta una vita di completa dedizione a Dio in quanto a modo di pensare, parole e azioni, comprendendo che era giusto farlo a motivo della compassione mostrata loro da Dio, rendevano sacro servizio con la loro “facoltà di ragionare”. Sia che la nostra attuale speranza sia celeste o terrena, non possiamo anche noi servire Dio con tutta l’anima?
9. In Ebrei 13:15, 16, quale incoraggiamento ci è dato?
9 Nella lettera agli Ebrei leggiamo dell’altro sui sacrifici accettevoli. Ebrei 13:15, 16 dice: “Per mezzo di [Cristo] offriamo sempre a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che fanno pubblica dichiarazione al suo nome. Inoltre, non dimenticate di fare il bene e di condividere con altri, poiché Dio si compiace di tali sacrifici”. — Confronta Osea 14:2.
10. Cosa include il “frutto di labbra”, e quali domande potremmo farci in merito?
10 Offrire “il frutto di labbra” include partecipare all’adempimento di Matteo 24:14, dov’è detto che “questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”. Stiamo veramente dando il meglio per quanto riguarda questa importante opera di predicazione? Afferriamo prontamente le opportunità di dare testimonianza? La nostra vita di cristiani è esemplare in modo che il “frutto di labbra” costituisca un accettevole sacrificio di lode? — Rom. 2:21, 22.
11. Perché è bene esaminare il modo in cui consideriamo le adunanze cristiane?
11 Anche l’esprimersi pubblicamente alle adunanze cristiane fa parte del nostro sacrificio. Ovviamente questo richiede la nostra presenza quando i compagni di fede si riuniscono per l’adorazione. Desideriamo davvero essere insieme ad altri che hanno la nostra stessa preziosa fede? O permettiamo che altre attività e interessi occupino senza vera necessità il tempo che dovremmo trascorrere con i nostri fratelli? Facciamo bene a imitare l’esempio del salmista che paragonò il suo vivo desiderio di comunione con Dio in compagnia di altri adoratori di Geova all’intensità con cui una cerva anela ai corsi d’acqua. Senz’acqua la cerva non potrebbe affatto sopravvivere. (Sal. 42:1, 2) Ci rendiamo veramente conto che non possiamo vivere senza Geova, la “fonte d’acqua viva”? — Ger. 2:13.
12, 13. Come possiamo trarre il massimo beneficio dalle adunanze cristiane?
12 Quando siamo alle adunanze, vogliamo senz’altro trarne il massimo beneficio. Questo è possibile se cerchiamo di applicare il seguente consiglio ispirato: ‘Consideriamoci a vicenda per incitarci all’amore e alle opere eccellenti, incoraggiandoci l’un l’altro e tanto più mentre vediamo avvicinarsi il giorno’. (Ebr. 10:24, 25) Poiché il grande giorno di Geova per eseguire il suo giudizio verrà senz’altro, non abbiamo forse buone ragioni per considerare in preghiera quel che possiamo fare per rafforzare e incoraggiare i nostri fratelli? Senza dubbio non vogliamo che alcuno di loro sia trovato in una condizione disapprovata all’arrivo di quel giorno. (Luca 21:34-36) Le nostre espressioni mostrano che siamo sinceramente preoccupati del loro benessere spirituale? Stiamo promuovendo l’amore, un interesse altruistico per il benessere eterno degli altri, tramite i nostri commenti alle adunanze? Le nostre affermazioni incoraggiano tutti a continuare a compiere opere eccellenti, a essere zelanti nel proclamare la “buona notizia” e ad essere esemplari in ogni aspetto della vita quotidiana? — Confronta Tito 2:1-14.
13 Incitando gli altri “all’amore e alle opere eccellenti”, stimoliamo anche noi stessi imprimendo nella nostra mente e nel nostro cuore l’importanza di compiere opere coerenti con la fede. Questo può avere su di noi un effetto davvero benefico, spingendoci a esaminare noi stessi e a migliorare nella nostra vita e nella nostra attività cristiana. E quando ascoltiamo ciò che gli altri dicono e poi mettiamo in pratica l’incoraggiamento scritturale, proviamo la felicità che deriva dall’essere “operatori della parola”. — Giac. 1:22-25.
14, 15. A parte la generosità in senso spirituale, cos’altro includono i nostri “sacrifici”?
14 La lettera agli Ebrei incoraggia a condividere, a venire incontro ai bisogni altrui. Ai destinatari di questa lettera fu detto: “Continuate a ricordare i giorni precedenti nei quali, dopo essere stati illuminati, sosteneste una grande gara nelle sofferenze, a volte mentre eravate esposti come in un teatro sia a biasimi che a tribolazioni, e a volte mentre eravate partecipi con quelli che avevano tale esperienza. Poiché esprimeste simpatia per quelli in prigione e accettaste con gioia la rapina dei vostri averi, sapendo d’avere voi stessi un possedimento migliore e durevole”. (Ebr. 10:32-34) Partecipiamo anche noi al dolore di quelli che soffrono e andiamo in loro aiuto?
15 C’è una varietà di situazioni in cui i servitori di Dio possono trovarsi. Alcuni forse sono vittime della povertà. Altri possono essere tristi o depressi, nel disperato bisogno di conforto e compagnia. Altri ancora possono essere scoraggiati a causa di seri problemi personali. È vero che Geova Dio farà in modo che i giusti non siano completamente abbandonati. (Sal. 37:25) Ma non dovremmo sentirci personalmente responsabili di servire quali strumenti di Dio per mostrare benignità e dare aiuto? È una cosa molto seria essere negligenti sotto questo aspetto. L’apostolo Giovanni scrisse: “Chi ha i mezzi di sostentamento di questo mondo e vede il proprio fratello nel bisogno e gli chiude la porta delle sue tenere compassioni, in qual modo l’amore di Dio rimane in lui? Figliuoletti, amiamo non a parole né con la lingua, ma con opera e verità”. — 1 Giov. 3:17, 18.
PERCHÉ SIAMO INVITATI A PORTARE I NOSTRI DONI
16, 17. Perché Geova ci invita a fare “sacrifici”?
16 Per essere fedeli nell’offrire i nostri sacrifici spirituali, dobbiamo comprendere perché Geova Dio ci invita a far questo. Il nostro Padre celeste conosce già i nostri più intimi pensieri e inclinazioni. Ma vuole che esprimiamo il nostro amore per lui facendo attivamente del bene ad altri. Desidera che i suoi servitori siano simili a lui nel mostrare benignità e generosità. (Matt. 5:43-48) Questo costituisce il mezzo col quale egli attira gli uomini a lui. In che modo? Osservando il nostro lodevole modo di vivere, altri possono riconoscere che la vera felicità deriva dal fare la volontà di Dio. — Matt. 5:16.
17 Dal momento che Geova Dio ci ha fatti, sa cosa è nei nostri migliori interessi. Questa è un’altra ragione per cui ci invita a portargli i nostri doni. Uno spirito generoso contribuisce a farci godere ora pace di mente e di cuore, come pure vera felicità. La Bibbia afferma: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:35) Inoltre, possiamo essere certi che il nostro celeste Padre ci ricompenserà riccamente, sia ora che nell’eterno futuro. Il Figlio di Dio disse: “Quando fai doni di misericordia, non far sapere alla tua mano sinistra quello che fa la tua destra, affinché i tuoi doni di misericordia siano fatti in segreto; quindi il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. (Matt. 6:3, 4) “Quando tu fai una festa, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai felice, perché essi non hanno nulla per ricompensarti. Poiché tu sarai ricompensato nella risurrezione dei giusti”. — Luca 14:13, 14.
18. Cosa dovremmo dare e perché?
18 Quindi, osservando nell’insieme i nostri sacrifici, dobbiamo ammettere che, alle adunanze, quando parliamo ad altri della “buona notizia”, col nostro modo di pensare, con le nostre parole e con le nostre azioni, sì, in tutti gli aspetti della vita, dobbiamo essere pronti a dare il meglio di noi stessi. Non dobbiamo essere esitanti in simili questioni vitali. Sono in gioco l’approvazione di Geova e la possibilità di ricevere la vita eterna. Viviamo perciò in armonia con la promessa scritturale: “Dio non è ingiusto da dimenticare la vostra opera e l’amore che avete mostrato per il suo nome, in quanto avete servito e continuate a servire i santi”. — Ebr. 6:10.
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Manteniamo la purezza nel portare doniLa Torre di Guardia 1979 | 1° novembre
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Manteniamo la purezza nel portare doni
“Ascrivete a Geova la gloria che appartiene al suo nome; portate un dono e venite nei suoi cortili. Inchinatevi a Geova in ornamento santo”. — Sal. 96:8, 9.
1, 2. Perché il popolo di Dio dev’essere puro, e come questo fu fatto capire agli israeliti?
LA SANTITÀ o purezza di Geova richiede che il suo popolo si mantenga puro. (1 Piet. 1:14-16) Le disposizioni della legge mosaica facevano ben capire questo fatto agli israeliti. Dovevano rimanere separati dalle pratiche immorali e degradanti delle nazioni circonvicine ed evitare, se possibile, di toccare cadaveri o qualsiasi altra cosa che potesse contaminarli, e non mangiare animali impuri. — Lev. 11:4-8, 10-20, 24, 25; 18:3-24.
2 Quando erano impegnati in qualche impresa militare gli israeliti avevano l’obbligo di mantenere la purezza nel campo. La Legge stabiliva: “Il tuo campo deve essere santo, affinché [Geova] non veda nulla di indecente in te e per certo non si volga dall’accompagnarti”. (Deut. 23:14) Se un israelita diveniva in qualche modo contaminato, doveva ‘lavarsi le vesti ed essere impuro fino alla sera’. (Lev. 11:40) Anche l’abluzione era insufficiente. La persona non tornava in una condizione approvata da Geova fino al tramonto, quando, secondo il sistema ebraico di contare i giorni, cominciava un nuovo giorno. Durante il periodo in cui Israele vagò nel deserto, quando nel campo risiedevano milioni di persone, sostenere l’esigenza divina della purezza non era cosa da poco.
3. In questioni di purezza, che responsabilità avevano i sacerdoti aaronnici?
3 Per offrire un sacrificio accettevole l’israelita doveva essere cerimonialmente puro. (Lev. 15:31) Era compito dei sacerdoti sostenere le norme divine di purezza, mantenendosi loro stessi puri e aiutando i compagni israeliti a essere in una condizione accettevole per poter fare offerte che fossero approvate da Dio. — Mal. 2:7.
4. Come considerava Geova Dio i sacrifici degli israeliti che non rispettavano le sue esigenze?
4 Quando gli israeliti trascuravano le esigenze divine della giusta condotta, i loro sacrifici non solo perdevano significato, ma addirittura erano detestabili a Geova Dio. Le Scritture ci dicono: “Il sacrificio dei malvagi è qualche cosa di detestabile a Geova, ma la preghiera dei retti gli fa piacere”. (Prov. 15:8) “Chi scanna il toro è come chi abbatte un uomo. Chi sacrifica la pecora è come chi rompe il collo di un cane. Chi offre un dono, sangue di porco! Chi presenta un ricordo di olibano è come chi dice una benedizione con parole magiche. Essi sono anche quelli che hanno scelto le loro proprie vie, e nelle loro cose disgustanti la loro medesima anima ha provato diletto”. — Isa. 66:3
5. Perché noi oggi dovremmo preoccuparci della nostra posizione davanti a Dio?
5 I giusti principi incorporati nella legge che Dio diede a Israele non sono cambiati. Si applicano in tutti i tempi, in ogni situazione e in qualsiasi condizione. Ecco perché i cristiani testimoni di Geova oggi dovrebbero voler esaminare seriamente la propria posizione dinanzi a Dio. Ognuno potrebbe chiedersi: ‘Sto lottando per rimanere puro mentalmente, moralmente, fisicamente e spiritualmente? Contribuisco personalmente alla purezza della congregazione cristiana, una purezza che la distingue nettamente da questa generazione malvagia e impura? Il modo in cui ho cura della mia casa e di altri possedimenti, incluso il mio corpo fisico, e l’uso che ne faccio, dimostrano una stretta aderenza alla via di Geova? Può dirsi questo del mio intero modo di vivere?’ Se possiamo rispondere affermativamente a queste domande vuol dire che ci stiamo impegnando per seguire l’esortazione ispirata di guardarci da “ogni contaminazione di carne e di spirito”. — 2 Cor. 7:1.
ALTRE DISPOSIZIONI DELLA LEGGE FANNO LUCE SUI SACRIFICI ACCETTEVOLI
6. Cosa diceva la Legge circa l’olio di unzione?
6 Anche il precetto della legge mosaica riguardante l’olio di unzione fa capire l’importanza di sostenere la norma divina di purezza. Mosè, quando gli fu data la speciale formula per preparare l’olio di unzione, ricevette rigide istruzioni che regolavano l’impiego di questa sostanza. Leggiamo: “Questo deve restare per me un olio di santa unzione durante le vostre generazioni. Non si deve sfregare sulla carne del genere umano, e della sua composizione non ne dovete fare alcuno simile. È qualche cosa di santo. Deve restare qualche cosa di santo per voi. Chiunque faccia un unguento simile a esso e ne metta parte su un estraneo dev’essere stroncato di fra il suo popolo”. (Eso. 30:31-33) La mancanza di rispetto per lo scopo sacro dell’olio di unzione era un reato punibile con la morte.
7. Quali lezioni essenziali possiamo trarre dai comandi riguardanti l’olio di unzione?
7 Questo ci insegna un’importante lezione. Secondo la Bibbia l’olio rappresenta lo spirito santo di Geova. (Confronta Zaccaria 4:2-6). Il grande Re-Sacerdote Gesù Cristo fu unto non con olio di unzione, ma con spirito santo. (Matt. 3:16, 17; Luca 4:18; Ebr. 1:8, 9) Vogliamo veramente mostrare il massimo riguardo per lo spirito di Dio facendo il possibile per seguirne la direttiva. Questo include il mantenere una buona coscienza per non mancare di riguardo o ‘contristare lo spirito’. (Efes. 4:30) Per di più, dal momento che è per mezzo del suo spirito che Geova Dio edifica la congregazione cristiana, dobbiamo stare attenti a non dare a uomini il merito di ciò che viene compiuto. (1 Cor. 3:5, 6) Anche la nostra salda fede nelle profezie ispirate conferma che abbiamo il giusto atteggiamento verso lo spirito responsabile di tali profezie. (2 Piet. 1:21) Le nostre parole e le nostre azioni dimostrano che aspettiamo “nuovi cieli e nuova terra” e vogliamo che il maggior numero possibile di persone conoscano questa grandiosa speranza? — 2 Piet. 3:13, 14.
8. Cosa prescriveva la Legge in quanto all’incenso?
8 Come nel caso dell’olio di unzione, la legge che Dio diede a Israele conteneva specifiche istruzioni anche riguardo all’incenso. Dopo avere elencato gli ingredienti e il metodo di preparazione dell’incenso, la Bibbia dice: “Dovrebbe essere santissimo per voi. E non dovete fare per voi stessi l’incenso che tu farai con questa composizione. Dovrebbe restare per te qualche cosa di santo a Geova. Chiunque ne faccia di simile per sentirne l’odore dev’essere stroncato di fra il suo popolo”. (Eso. 30:34-38) Così l’uso profano dell’incenso sacro era assolutamente proibito. Cosa ci insegna questo?
9. (a) Cosa apprendiamo da Salmo 141:2 e da Rivelazione 5:8 sul significato dell’incenso? (b) Come possiamo mostrare di apprezzare il privilegio della preghiera?
9 L’incenso raffigurava le preghiere accettevoli fatte dai fedeli servitori di Dio. Questa verità è espressa nel Salmo 141:2: “Sia la mia preghiera preparata come incenso dinanzi a te, il levar delle mie palme come l’offerta di grano della sera”. Inoltre nel libro di Rivelazione (5:8), leggiamo che “l’incenso significa le preghiere dei santi”. Com’è importante stimare altamente il privilegio della preghiera! Possiamo mostrare tale apprezzamento pregando regolarmente, e facendo richieste che siano in armonia con la volontà di Dio. (1 Giov. 3:21, 22; 5:14, 15) Le preghiere egoistiche, che scaturiscono da motivi errati, si potrebbero paragonare all’errato uso dell’incenso e non sarebbero favorevolmente udite dal nostro Padre celeste. — Giac. 4:3.
10. Cosa dicono le Scritture su chi può rappresentare la congregazione in preghiera?
10 Siccome la preghiera costituisce una parte essenziale della vera adorazione, gli uomini che rappresentano in preghiera la congregazione devono essere esemplari. L’apostolo Paolo diede a Timoteo questo ispirato consiglio: “Desidero che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando mani leali, senza ira e dibattiti”. (1 Tim. 2:8) Tali uomini, non essendo contaminati da atti di slealtà verso Dio e gli uomini, e non nutrendo rancori, possono rappresentare dovutamente la congregazione. Ricordando la serietà della preghiera, cercheremo di evitare che la nostra mente si distragga mentre altri stanno supplicando Geova Dio a nostro favore.
11, 12. (a) Che cos’è un voto? (b) Secondo la Legge, era una cosa grave non adempiere un voto?
11 In stretta relazione con le disposizioni sui sacrifici era il provvedimento della legge riguardante i voti. Agli israeliti era comandato: “Dovete offrire un’offerta fatta a Geova mediante il fuoco, un olocausto o un sacrificio per adempiere uno speciale voto”. (Num. 15:3) Si facevano molti voti per implorare Dio di concedere il suo favore e il suo aiuto. Se l’Altissimo esaudiva la richiesta, chi faceva voto si impegnava volontariamente a fare qualcosa di speciale o ad astenersi da qualche attività cui avrebbe avuto altrimenti diritto di partecipare.
12 In effetti, il voto aveva lo stesso valore di un giuramento. Non adempiere un voto era una questione molto seria, come si può notare dalla seguente dichiarazione della Legge: “Nel caso che tu voti un voto a Geova tuo Dio, non devi esser lento nel renderlo, perché Geova tuo Dio senza fallo lo esigerà da te, e sarebbe davvero un peccato da parte tua. Ma nel caso che tu ti astenga dal fare voto, non sarà peccato da parte tua”. — Deut. 23:21, 22.
13. In armonia con la legge divina sui voti, cosa si dovrebbe poter dire della nostra parola come cristiani?
13 Il principio che impariamo da questo è che il nostro Padre celeste si aspetta che siamo onesti e retti in ogni aspetto della vita. Il nostro desiderio dovrebbe essere simile a quello del salmista Davide, che disse: “I detti della mia bocca e la meditazione del mio cuore divengano piacevoli dinanzi a te, o Geova mia Roccia e mio Redentore”. (Sal. 19:14) In tal caso presteremo ascolto all’ammonimento del discepolo Giacomo: “Il vostro Sì significhi Sì, e il vostro No, No, onde non cadiate sotto giudizio”. (Giac. 5:12) Sì, la nostra parola dovrebbe avere lo stesso valore di un documento firmato. Gli altri dovrebbero essere certi di poter fare affidamento sulla nostra parola, perché è degna di fiducia. Dato che Geova si aspetta che i suoi servitori ‘dicano la verità ciascuno al suo prossimo’, chi mancasse di dire la verità o di essere onesto potrebbe difficilmente aspettarsi che l’Altissimo consideri favorevolmente i suoi doni.
14, 15. (a) Cosa stabiliva la Legge riguardo alle feste? (b) Queste feste trovano un parallelo nelle odierne assemblee cristiane, e cosa rivela a questo proposito I Corinti 5:7, 8?
14 C’è ancora un altro aspetto dell’attività cristiana nel quale facciamo bene a riflettere su quanto prescriveva la Legge. Geova comandò al suo popolo Israele di osservare tre feste annuali. Ogni maschio israelita doveva assistervi. (Deut. 16:16) Per molti questo significava affrontare un lungo viaggio con gli inconvenienti che l’assenza da casa comportava. Oggi partecipiamo forse a due o tre assemblee l’anno, e la nostra presenza può richiedere un certo sacrificio. Facciamo il necessario sforzo per essere presenti alle assemblee perché desideriamo stare in compagnia dei nostri fratelli e gustare l’abbondante cibo spirituale provveduto?
15 Certo, non si tratta solo di apprezzare le assemblee del popolo di Dio. Perché? Perché noi non ci limitiamo a osservare particolari giorni e feste come facevano gli israeliti. (Col. 2:16, 17) L’apostolo Paolo scrisse: “Eliminate il vecchio lievito, affinché siate una massa nuova, secondo che siate liberi da fermento. Poiché, in realtà, Cristo, la nostra pasqua, è stato sacrificato. Quindi osserviamo la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e malvagità, ma con pani non fermentati di sincerità e verità”. (1 Cor. 5:7, 8) Gesù Cristo, la realtà prefigurata dall’agnello pasquale, fu sacrificato una volta sola. Quindi, la nostra intera vita come cristiani è paragonabile alla festa dei pani non fermentati. Siamo disposti a eliminare quanto c’è di peccaminoso per mantenere la purezza personale e della congregazione? L’osservanza delle giuste esigenze di Dio di giorno in giorno è assolutamente essenziale perché il nostro servizio gli sia accettevole.
PROFONDO INTERESSE DI GEOVA PER NOI
16. (a) Tramite chi Geova diede un serio ammonimento nel V secolo a.E.V.? (b) Qual era la situazione a quel tempo per ciò che riguarda il governo?
16 Dal momento che se Geova ci invita a portare le nostre offerte non lo fa per il proprio beneficio ma, piuttosto, per l’eterno benessere nostro, facciamo bene a prendere a cuore i suoi benigni avvertimenti riguardo a ciò che rende accettevoli i nostri doni. Nel V secolo a.E.V. Geova Dio diede a quelli che dicevano di adorarlo un serio ammonimento in merito per mezzo del profeta Malachia. A quel tempo dominava la potenza mondiale persiana. Zone che un tempo erano state governate da piccoli regni erano ora sotto l’amministrazione provinciale, con governatori che rappresentavano il monarca persiano. Per consentire ai governatori di salvaguardare il dominio imperiale e di riscuotere le tasse per il tesoro dell’impero, questi funzionari ricevevano autorità di vita e di morte sui sudditi delle rispettive province. In considerazione della notevole autorità del governatore, i sudditi, per la maggior parte, pagavano le tasse e addirittura portavano qualche regalo extra per lui. Non volevano incorrere nel suo disfavore e mettere a repentaglio la propria vita.
17. Al tempo di Malachia, in che modo il popolo di Israele e i suoi sacerdoti venivano meno riguardo al presentare doni accettevoli a Geova?
17 Tenendo presente questo, possiamo capire quanto fossero appropriate le parole di Geova per mezzo di Malachia. L’Altissimo aveva delle rimostranze da fare agli israeliti. Tramite Malachia, egli additò come grande peccato il fatto che il popolo portasse come sacrifici animali ciechi, zoppi e ammalati, e che i sacerdoti accettassero queste offerte difettose. Giunse quindi la sfida: “Presentalo [il tuo dono], suvvia, al tuo governatore. Si compiacerà egli di te, o ti riceverà benignamente?” (Mal. 1:7, 8) Gli israeliti non avevano bisogno di una grande immaginazione per capire gli spiacevoli risultati di un tale comportamento nei confronti di un governatore umano. Come potevano quindi sperare di ricevere l’approvazione del gran Re, Geova? Era impossibile. Nei loro migliori interessi avrebbero dovuto agire in armonia con l’esortazione di Malachia: “Ora, suvvia, placate la faccia di Dio, affinché ci mostri favore”. (Mal. 1:9) Solo vivendo in armonia con le esigenze di Geova potevano riottenere l’approvazione divina.
18. In che modo i cristiani possono divenire colpevoli di una mancanza simile a quella degli israeliti al tempo di Malachia?
18 Oggi dobbiamo accertarci se stiamo traendo beneficio dagli esempi istruttivi scritti nelle Sacre Scritture. (Rom. 15:4) Non possiamo permetterci di simulare offerte di doni generosi, come fecero Anania e Saffira, mentre in effetti continuiamo a perseguire i nostri interessi egoistici. (Atti 5:1-11) Non sarebbe appropriato impiegare per nostra soddisfazione personale le nostre energie, i nostri beni e le nostre capacità fino al punto che non resta praticamente nulla da dare ad altri come aiuto materiale o spirituale. Questo equivarrebbe a dire a Geova: ‘Eccoti quello che è avanzato’. Non sarebbe un insulto? Potremmo davvero aspettarci che egli consideri con favore tale servizio simbolico? Com’è evidente che il nostro intero modo di vivere, la nostra vita di giorno in giorno, il nostro atteggiamento, i nostri motivi sono collegati alle nostre offerte a Geova! Dobbiamo rimanere puri sotto tutti gli aspetti.
19. Cosa può aiutarci a determinare se stiamo dando il meglio?
19 Come per gli israeliti, così per noi, possa ‘il dono della mano di ciascuno essere in proporzione alla benedizione di Geova’. (Deut. 16:17) Ricordiamo con gratitudine tutte le benedizioni che il nostro Padre celeste ci ha date, non trascuriamone nessuna. Allora possiamo individualmente determinare se stiamo dando a Geova in proporzione ai suoi doni. Com’è meraviglioso il fatto che pur conoscendo le nostre capacità egli non indica per filo e per segno ciò che ciascuno di noi deve rendergli! Ci permette di esprimere la nostra riconoscenza di cuore. Non vogliamo forse dargli ciò che merita, cioè il meglio di noi stessi? Anche un tantino di meno non sarebbe sufficiente. Diamo quindi il meglio a colui che ci ha dato tutto ciò che possediamo!
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