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OcchioAusiliario per capire la Bibbia
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VISTA SPIRITUALE
Come l’occhio fisico così l’occhio spirituale è un dono di Dio. (Prov. 20:12) Egli promette di sanare sia gli occhi spirituali che gli occhi fisici, e di eliminare ogni causa di lacrime. (Isa. 35:5; Riv. 21:4) Non si possono comprendere i propositi di Dio senza il dono della vista spirituale. D’altra parte Geova nasconde la verità agli occhi di coloro che sono ostinati o ribelli, lasciando che “i loro occhi siano ottenebrati”. (Rom. 11:8-10; Luca 19:42) “Hanno occhi [letterali], ma non possono vedere [spiritualmente]”. — Ger. 5:21, NW; Isa. 59:10.
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OdioAusiliario per capire la Bibbia
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Odio
Nelle Scritture la parola “odio” viene usata con diverse sfumature. Può indicare intensa ostilità, persistente malanimo spesso accompagnato da rancore. Tale odio può diventare un sentimento struggente inteso a nuocere a chi ne è l’oggetto. “Odio” può anche significare forte avversione per qualcosa o qualcuno senza però alcuna intenzione di nuocere, ma cercando invece di evitarlo per un senso di ripugnanza. Nella Bibbia il termine “odio” è usato anche per indicare minor amore. (Gen. 29:31, 33; Deut. 21:15, 16) Per esempio Gesù Cristo disse: “Se alcuno viene a me e non odia suo padre e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle, sì, e la sua stessa anima, non può essere mio discepolo”. (Luca 14:26) Gesù non intendeva certo dire che i suoi seguaci dovevano provare ostilità o avversione nei confronti della famiglia o di se stessi, dal momento che questo non sarebbe in armonia col resto delle Scritture. — Confronta Marco 12:29-31; Efesini 5:28, 29, 33.
La legge data da Dio a Israele diceva: “Non devi odiare nel tuo cuore il tuo fratello”. (Lev. 19:17) Una delle esigenze per poter essere giudicato omicida involontario e poter trovare protezione nelle città di rifugio era di non aver covato odio per l’ucciso. — Deut. 19:4, 11-13.
ODIARE I PROPRI NEMICI?
Il consiglio di Gesù di amare i propri nemici è in piena armonia con lo spirito delle Scritture Ebraiche. (Matt. 5:44) Il fedele Giobbe riconobbe che non sarebbe stato corretto gioire malignamente per la calamità di chi lo odiava intensamente. (Giob. 31:29) La legge mosaica ingiungeva agli israeliti di venire in aiuto di altri israeliti che potevano considerare loro nemici. (Eso. 23:4, 5) Anziché rallegrarsi per la sventura di un nemico, ai servitori di Dio viene comandato: “Se chi ti odia ha fame, dagli pane da mangiare; e se ha sete, dagli acqua da bere”. — Prov. 24:17, 18; 25:21.
L’idea che si dovessero odiare i nemici era una delle cose aggiunte alla legge di Dio dall’insegnamento tradizionale ebraico. Dato che la Legge ordinava agli israeliti di amare il prossimo (Lev. 19:18), questi insegnanti avevano dedotto che l’odio verso i nemici fosse implicito. “Amico” e “prossimo” era ritenuto solo chi era di razza ebraica, mentre tutti gli altri erano considerati nemici naturali. Alla luce del loro intendimento tradizionale del termine “prossimo” e visto il ben noto odio e l’ostilità che provavano per i gentili, si può facilmente capire perché alla dichiarata legge di Dio avessero aggiunto senza alcuna autorizzazione le parole “e odiare il tuo nemico”. — Matt. 5:43.
Il cristiano invece ha l’obbligo di amare i suoi nemici, vale a dire quelli che si rendono suoi nemici personali. Tale amore (gr. agàpe) non è sentimentalismo dovuto a semplice attaccamento personale, come si pensa di solito, ma è un amore etico, sociale, fondato sul consenso volontario, per principio, dovere e correttezza, che cerca sinceramente il bene altrui secondo giustizia. L’agàpe (amore) trascende le inimicizie personali, non permette mai che facciano abbandonare i giusti principi o ricambiare l’offesa. Anzi il servitore di Dio pregherà per coloro che, per ignoranza, si oppongono alla sua condotta cristiana e lo perseguitano, nella speranza che i loro occhi si aprano e vedano la verità di Dio e i suoi propositi. — Matt. 5:44.
GIUSTO ODIO
Tuttavia in certe condizioni e in certe occasioni è giusto odiare. “C’è . . . un tempo per amare e un tempo per odiare”. (Eccl. 3:1, 8) Di Geova stesso viene detto che odiava Esaù. (Mal. 1:2, 3) Ma questo non era un odio arbitrario. Esaù si era dimostrato indegno dell’amore di Geova disprezzando la primogenitura e vendendola, e quindi disprezzando anche le benedizioni e promesse divine che l’accompagnavano. Inoltre si proponeva di uccidere suo fratello Giacobbe. (Gen. 25:32-34; 27:41-43; Ebr. 12:14-16) Dio odia anche gli occhi alteri, la lingua falsa, le mani che spargono sangue innocente, il cuore che architetta disegni nocivi, i piedi che corrono in fretta al male, il falso testimone, chi provoca contese tra fratelli, vale a dire chiunque e qualunque cosa sia in completa opposizione a Geova e alle sue giuste leggi. — Prov. 6:16-19; Deut. 16:22; Isa. 61:8; Zacc. 8:17; Mal. 2:16.
Perciò, per lealtà a Geova, i suoi servitori odiano ogni persona o cosa che egli odia. (II Cron. 19:2; Sal. 139:21, 22) Ma questo odio non cerca di nuocere ad altri e non è sinonimo di disprezzo o rancore. Piuttosto si esprime con l’assoluta avversione per ciò che è malvagio, evitando il male e quelli che odiano intensamente Geova. (Rom. 12:9, 17, 19) I cristiani giustamente odiano gli inveterati nemici di Dio, come il Diavolo e i suoi demoni, e anche gli uomini che volontariamente e consapevolmente si oppongono a Geova.
Anche se non provano alcun amore per coloro che trasformano l’immeritata benignità di Dio in una scusa per tenere una condotta dissoluta, i cristiani non odiano quelli che sono caduti in trasgressione ma meritano che sia mostrata loro misericordia. Invece di odiare il trasgressore pentito, odiano la cattiva azione, anzi “perfino la veste macchiata dalla carne”. (Giuda 4, 23) Inoltre, quando diventano cristiani, coloro che prima si odiavano non si odiano più. (Tito 3:3) Chi odia suo fratello cammina ancora nelle tenebre, e se affermasse di amare Dio direbbe una menzogna. L’odio verso il proprio fratello equivale a omicidio. — I Giov. 2:9, 11; 4:20; 3:15.
Il sentimentalismo può far avere un’idea squilibrata dell’amore e dell’odio, come avvenne evidentemente a Davide nei confronti del figlio Absalom. (II Sam. 18:33; 19:1-6) Infatti anche “chi trattiene la sua verga odia suo figlio, ma chi lo ama è colui che lo cerca in effetti con la disciplina”. — Prov. 13:24.
Rispettando la vita privata degli altri e mostrando amorevole considerazione si può evitare di divenire oggetto di odio. Perciò viene consigliato: “Metti di rado il piede in casa del tuo vicino, perché non si stanchi di te e ti prenda in odio”. — Prov. 25:17, CEI.
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OfelAusiliario per capire la Bibbia
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Ofel
(Òfel) [protuberanza, rigonfiamento, sporgenza, prominenza].
Il termine ebraico ‘Òphel è usato in due modi. Più comunemente è usato come termine topografico riferito a un colle o promontorio di notevoli proporzioni; in questo senso ricorre sia nella Bibbia che nella Stele Moabita (“Ho costruito . . . le mura dell’Ofel”). Una forma dello stesso termine si riferisce al gonfiore o dilatazione delle vene che si manifesta con le emorroidi. — Deut. 28:27; I Sam. 5:6, 9, 12; 6:4, 5.
A Gerusalemme o nei dintorni c’era un particolare rilievo o colle chiamato ha-‘Òphel, cioè l’Ofel. Le indicazioni scritturali come pure le osservazioni di Giuseppe Flavio pongono l’Ofel all’estremità SE del Moria. (II Cron. 27:3; 33:14; Nee. 3:26, 27; 11:21) Nel I secolo E.V. Giuseppe Flavio disse che l’Ofel si trovava dove le mura a E “si congiungevano col colonnato orientale del Tempio”. L’Ofel era evidentemente una sporgenza del terreno che si allungava verso E dall’estremità SE della collina del tempio di Gerusalemme.
Le mura e la sua posizione prospiciente la valle del Chidron rendevano l’Ofel quasi inespugnabile. Tuttavia Isaia profetizzò che l’“Ofel”, evidentemente quello di Gerusalemme, sarebbe diventato ‘campagna spoglia’. — Isa. 32:14; confronta il riferimento alla torre e alla “collina” (‘Òphel) in Michea 4:8.
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OfferteAusiliario per capire la Bibbia
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Offerte
Fin dai primissimi tempi gli uomini hanno fatto offerte a Dio. Il primo caso documentato è quello di Caino, figlio maggiore di Adamo, che offrì le primizie della terra, e del figlio minore Abele, che offrì i primi nati del gregge. Evidentemente il comportamento e i motivi dei due fratelli erano diversi, dato che Dio approvò l’offerta di Abele mentre non accolse con favore quella di Caino. (Più tardi il patto della Legge avrebbe previsto offerte sia di animali che di cereali). È chiaro che Abele aveva fede nella divina promessa di liberazione per mezzo del seme promesso (Gen. 3:15) e riconosceva la necessità di sacrificare una vita per la redenzione dal peccato. Sapendo di essere peccatore, fu spinto dalla fede a presentare un’offerta che richiedeva spargimento di sangue, prefigurando in tal modo il vero sacrificio per i peccati, quello di Gesù Cristo. — Gen. 4:1-4; Ebr. 11:4.
NELLA SOCIETÀ PATRIARCALE
Il capofamiglia Noè, appena uscito dall’arca, offrì a Geova un sacrificio di ringraziamento dall’“odore riposante” (che placava, calmava), dopo il quale Geova fece il patto dell’“arcobaleno” con Noè e la sua progenie. (Gen. 8:18-22; 9:8-16) Leggiamo che in seguito i fedeli patriarchi facevano offerte a Geova. (Gen. 8:20; 31:54) Giobbe, come capofamiglia, fungeva da sacerdote per la propria famiglia, e offriva olocausti a Dio a loro favore. (Giob. 1:5) Il più notevole e significativo degli antichi sacrifici fu quello di Abraamo che, per ordine di Geova, fu sul punto di sacrificare Isacco. Geova, vista la fede e l’ubbidienza di Abraamo, benignamente provvide un montone al posto del figlio. L’azione di Abraamo prefigurò l’offerta dell’unigenito Figlio Gesù Cristo da parte di Geova. — Gen. 22:1-14; Ebr. 11:17-19.
SOTTO LA LEGGE
I sacrifici comandati sotto il patto della Legge additavano tutti Gesù Cristo e il suo sacrificio futuro, o i benefici che ne sarebbero derivati. (Ebr. 8:3-5; 9:9; 10:5-10) Come Gesù Cristo era un uomo perfetto, così tutti i sacrifici animali dovevano essere fatti con esemplari sani, senza difetto. (Lev. 1:3, 10; 3:1) Le varie offerte venivano fatte sia per gli israeliti che per i residenti temporanei che adoravano Geova. — Num. 15:26, 29.
Olocausti
Gli olocausti (offerte completamente bruciate) erano offerti per intero a Dio; nessuna parte dell’animale era trattenuta dall’adoratore. (Confronta Giudici 11:30, 31, 39, 40). Costituivano una supplica a Geova affinché accettasse, o indicasse di gradire, l’offerta per il peccato che a volte li accompagnava. Come “olocausto” Gesù Cristo diede tutto se stesso. Alcuni aspetti di tali offerte erano:
I Venivano presentate regolarmente: Ogni mattina e sera (Eso. 29:38-42; Lev. 6:8-13; Num. 28:3-8); ogni sabato (Num. 28:9, 10); il primo giorno del mese (Num. 10:10); a Pasqua e nei sette giorni dei pani non fermentati (Lev. 23:6-8; Num. 28:16-19, 24); il giorno di espiazione (Lev. 16:3, 5, 29, 30; Num. 29:7-11); a Pentecoste (Lev. 23:16-18; Num. 28:26-31); ogni giorno della festa delle capanne. (Num. 29:12-39)
II Altre occasioni: Alla consacrazione del sacerdozio (Lev. 8:18-21; vedi INSEDIAMENTO); all’insediamento dei leviti (Num. 8:6, 11, 12); quando si stipulavano patti (Eso. 24:5; vedi PATTO); con le offerte di comunione e con certe offerte per il peccato e per la colpa (Lev. 5:6, 7, 10; 8:18; 16:3, 5); quando si facevano voti (Num. 15:3, 8); in relazione alle purificazioni. (Lev. 12:6-8; 14:2, 30, 31; 15:13-15, 30)
III Animali offerti e procedimento: Tori, montoni, capri, tortore o piccioni. (Lev. 1:3, 5, 10, 14) Se si trattava di un animale, l’offerente gli metteva la mano sulla testa (riconoscendo l’offerta come sua, fatta per lui, a suo favore). (Lev. 1:4) L’animale veniva ucciso; il sangue veniva spruzzato sull’altare dell’olocausto (Lev. 1:5, 11); l’animale veniva spellato e tagliato nelle varie parti; gli intestini (nessun rifiuto veniva bruciato sull’altare) e le zampe venivano lavati; la testa e le altre parti venivano tutte sistemate sull’altare (il sacerdote officiante riceveva la pelle [Lev. 7:8]). (Lev. 1:6-9, 12, 13) Se si trattava di un volatile, venivano tolti gozzo e penne, la testa e il resto venivano bruciati sull’altare. (Lev. 1:14-17)
Offerte di comunione (offerte di pace)
Le offerte di comunione gradite a Geova erano segno di pace con lui. L’adoratore e la sua famiglia vi prendevano parte (nel cortile del tabernacolo; secondo una tradizione, capanne erano state erette tutt’intorno all’interno della cortina che circondava il cortile; nel tempio c’erano sale da pranzo). Il sacerdote officiante riceveva una porzione, e il sacerdote in servizio un’altra porzione. A Geova Dio in effetti andava il piacevole odore del grasso bruciato, e il sangue che, rappresentando la vita, apparteneva a lui. Perciò era come se i sacerdoti, gli adoratori e Geova consumassero insieme un pasto, segno che fra loro c’erano rapporti pacifici. Chi vi avesse partecipato pur essendo impuro (per qualsiasi impurità menzionata nella Legge) o avesse mangiato la carne dopo che era stata conservata oltre il tempo prescritto (in un clima caldo cominciava ad andare a male) doveva essere stroncato dal suo popolo. (Lev. 7:20, 21) Essendo impuro lui stesso o mangiando quello che era ripugnante agli occhi di Geova Dio, contaminava o profanava il pasto e mostrava mancanza di rispetto per le cose sacre. — Lev. 7:16-19; 19:5-8; vedi PASTO SERALE DEL SIGNORE.
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