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PadreAusiliario per capire la Bibbia
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(I Tess. 2:11; Osea 11:3) Perché possano camminare nella retta via li disciplina, li corregge e li riprende. (Ebr. 12:9; Prov. 3:12) Prova piacere e si rallegra particolarmente quando i figli manifestano saggezza. (Prov. 10:1) Viceversa è profondamente addolorato e contrariato se i figli si comportano stupidamente. (Prov. 17:21, 25) Deve essere compassionevole e misericordioso. (Mal. 3:17; Sal. 103:13) Deve tener conto delle loro necessità e dei loro desideri. (Matt. 7:9-11) Le numerose descrizioni dell’amore e della cura che Dio ha per il suo popolo costituiscono un modello per i padri umani.
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Padronanza di séAusiliario per capire la Bibbia
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Padronanza di sé
Diversi termini delle lingue originali hanno il senso di controllare, trattenere o dominare la propria persona, le proprie parole o azioni. (Gen. 43:31; Est. 5:10; Sal. 119:101; Prov. 10:19; Ger. 14:10; Atti 24:25) La padronanza di sé è un ‘frutto dello spirito di Dio’ (Gal. 5:22, 23) e Geova, pur avendo poteri illimitati, l’ha esercitata in ogni tempo. Invece di agire immediatamente contro i trasgressori, ha lasciato passare del tempo affinché potessero avere l’opportunità di volgersi dalle loro cattive vie e avere così il suo favore. — Ger. 18:7-10; II Piet. 3:9.
Comunque, una volta che era stato chiaramente dimostrato che coloro ai quali era stato concesso il tempo di pentirsi non si erano valsi della sua misericordia, Geova giustamente non si tratteneva più dall’eseguire il giudizio. Un caso pertinente è quello dei devastatori di Gerusalemme. Non riconoscendo che Geova aveva permesso loro di dominare gli israeliti onde disciplinarli per la loro infedeltà, i devastatori trattarono gli israeliti senza misericordia e impartirono la disciplina più di quanto richiedesse il giudizio di Dio. — Confronta Isaia 47:6, 7; Zaccaria 1:15.
Anche Cristo Gesù aveva padronanza di sé. L’apostolo Pietro, nel ricordare ai domestici la necessità di essere sottomessi ai padroni, scrisse: “Infatti, a questa condotta foste chiamati, perché anche Cristo soffrì per voi, lasciandovi un modello, onde seguiate attentamente le sue orme.... Quando era oltraggiato, non rese oltraggio. Quando soffriva, non minacciò, ma continuò ad affidarsi a colui che giudica giustamente”. — I Piet. 2:21-23.
Negli “ultimi giorni” la mancanza di padronanza di sé sarebbe stata una delle caratteristiche di coloro che non avrebbero praticato il vero cristianesimo. (II Tim. 3:1-7) Ma dato che devono imitare Dio e il Figlio suo (I Cor. 11:1; Efes. 5:1), i cristiani si sforzano di coltivare la padronanza di sé in ogni cosa. — I Cor. 9:25; II Piet. 1:5-8.
La padronanza di sé dovrebbe essere una qualità particolarmente evidente fra coloro che prestano servizio come sorveglianti nelle congregazioni cristiane. (Tito 1:8) Per risolvere efficacemente i problemi all’interno della congregazione, i sorveglianti devono conservare la padronanza di sé nel parlare e nell’agire. — II Tim. 2:23-25.
La mancanza di padronanza di sé in una data situazione può macchiare una lunga carriera di fedele servizio e trascinare in ogni sorta di difficoltà. Ne è un esempio quello che accadde al re Davide. Benché leale alla vera adorazione e pieno di amore per i giusti principi della legge di Dio (confronta Salmo 101), Davide commise adulterio con Betsabea e questo lo portò a far mandare Uria, marito di lei, in una posizione di battaglia dove quasi certamente sarebbe morto. In conseguenza di ciò per anni Davide fu afflitto da gravi difficoltà in famiglia. (II Sam. 12:8-12) Il suo caso dimostra inoltre la saggezza di evitare situazioni che possono far perdere la padronanza di sé. Davide avrebbe potuto andarsene dalla terrazza del suo palazzo, ma evidentemente continuò a guardare Betsabea mentre faceva il bagno e quindi cominciò a provare passione per lei. — II Sam. 11:2-4.
Similmente non sarebbe bene che la persona che non si padroneggia non si sposi quando potrebbe contrarre un matrimonio onorevole e così proteggersi dal commettere fornicazione. A questo proposito l’apostolo Paolo scrisse: “Se non hanno padronanza di sé, si sposino, poiché è meglio sposarsi che essere infiammati dalla passione”. — I Cor. 7:9, 32-38.
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PafoAusiliario per capire la Bibbia
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Pafo
Città sulla costa O dell’isola di Cipro. Qui Paolo, dopo aver attraversato l’isola insieme a Barnaba e Giovanni Marco, s’imbatté nello stregone Bar-Gesù (Elima), il quale voleva impedire loro di predicare al proconsole Sergio Paolo. Per questo, in modo miracoloso, lo stregone fu reso temporaneamente cieco da Paolo. Sergio Paolo, che era presente, si convertì al cristianesimo. — Atti 13:6-13.
Due città cipriote si chiamavano Pafo: Pafo Vecchia e Pafo Nuova. Quest’ultima, la città menzionata in Atti, era la capitale della provincia senatoria di Cipro quando Paolo visitò l’isola durante il primo viaggio missionario. Le sue rovine, pare, si trovano presso l’antico porto di Baffo, circa km 1,5 dall’odierna Ktima.
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Pala, palettaAusiliario per capire la Bibbia
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Pala, paletta
Comune arnese dal lungo manico fatto per scavare, usato sin dall’antichità. Palette di rame erano usate nel tabernacolo per ripulire l’altare dell’olocausto dalla cenere. (Eso. 27:1-3; 38:3; Num. 4:14) Allo stesso scopo servivano le palette di rame che l’artigiano ebreo-fenicio Hiram fece per il tempio costruito da Salomone. (I Re 7:13, 14, 40, 45) Erano fra gli utensili del tempio portati via dai babilonesi nel 607 a.E.V. — II Re 25:8, 14; Ger. 52:18.
Pale, probabilmente di legno, servivano per ventilare il grano. (Isa. 30:24) La grande pala per ventilare veniva usata sull’aia contro il vento, che soffiava via i rifiuti, come la pula, lasciando ricadere il grano sull’aia. Giovanni il Battezzatore descrisse profeticamente il Messia con in mano una simbolica pala per ventilare, con la quale avrebbe separato il “grano” dalla “pula”. — Matt. 3:1, 12; vedi VENTILARE.
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PalatoAusiliario per capire la Bibbia
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Palato
Vedi BOCCA.
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PalazzoAusiliario per capire la Bibbia
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Palazzo
Residenza di un sovrano, reggia; a volte, spaziosa e sontuosa dimora di un principe o di un uomo ricco e potente. (Dan. 4:4; Luca 11:21; vedi GOVERNATORE, PALAZZO DEL). Il termine ebraico per palazzo, hehkhàl, spesso si riferiva al tempio, dimora del Sovrano Signore Geova. (I Sam. 1:9; I Re 6:2; Esd. 5:14; Dan. 5:3) Gli antichi palazzi spesso erano simili a fortezze con mura merlate e porte massicce. (Nee. 1:1; Est. 1:2) Di solito spaziosi cortili e magnifici giardini privati conferivano regale splendore e bellezza alla residenza reale. — Est. 1:5.
La Bibbia menziona i palazzi di Assiria (Naum 1:1; 2:6), Babilonia (II Re 20:18; II Cron. 36:7; Isa. 39:7; Dan. 1:4; 5:5) e Persia. (Esd. 4:14; Est. 7:7, 8) Quelli di Babilonia sono stati descritti come “palazzi di squisito diletto”. (Isa. 13:22) Uno dei più sontuosi palazzi del mondo antico era quello costruito da Salomone, com’è dimostrato dall’impressione che fece sulla regina di Saba. — I Re 10:4, 5.
Il palazzo di Salomone, eretto sul monte Moria a S del tempio, era solo uno dei tanti edifici governativi, la cui costruzione nell’insieme richiese tredici anni. Inclusi in questo complesso di edifici regali erano la Casa della Foresta del Libano, il Portico delle Colonne e il Portico del Trono. C’era anche una casa particolare per la figlia del faraone, una delle molte mogli di Salomone, oltre al palazzo del re. — I Re 7:1-8.
La descrizione che abbiamo del palazzo di Salomone è molto sommaria in confronto ai particolari del tempio. Tuttavia la grandezza delle pietre di fondamento indica che doveva essere un edificio imponente. Le pietre erano lunghe otto cubiti (m 3,6) e dieci cubiti (m 4,4), dovevano essere larghe e spesse in proporzione e pesare parecchie tonnellate. Sia all’interno che all’esterno le mura erano fatte di pietre pregiate, tagliate con cura secondo misure precise. — I Re 7:9-11; confronta Salmo 144:12.
Può darsi che il salmista, nel quarantacinquesimo salmo, quando menzionò il “grande palazzo d’avorio” avesse in mente le decorazioni e gli arredi del palazzo di Salomone. L’ispirato scrittore di Ebrei applica le parole di questo salmo a Gesù Cristo, il Re celeste. — Sal. 45:8, 15; confronta i versettiSal. 45:6 e Sal. 45:7 con Ebrei 1:8, 9, Luca 4:18, 21.
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PalestinaAusiliario per capire la Bibbia
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Palestina
Regione all’estremità E del Mediterraneo, un tempo occupata dall’antica nazione di Israele. Il nome deriva dal latino Palaestina e dal greco Palaistìne. Quest’ultimo, a sua volta, è tratto dall’ebraico Pelèsheth. Nelle Scritture Ebraiche Pelèsheth (tradotto “Filistea”) ricorre solo a proposito della ristretta regione costiera occupata dai filistei. (Eso. 15:14; Sal. 60:8; 83:7; 87:4; 108:9; Isa. 14:29, 31; Gioe. 3:4) Tuttavia Erodoto, nel V secolo a.E.V., e più tardi altri scrittori secolari (Filone, Ovidio, Plinio, Giuseppe Flavio, Girolamo) usarono il termine greco o latino per indicare tutta la regione un tempo nota come “paese di Canaan” o “paese d’Israele”. (Num. 34:2; I Sam. 13:19) Anche l’imperatore Vespasiano, sulle monete che coniò a ricordo della caduta di Gerusalemme avvenuta nel 70 E.V., chiamò la regione “Palestina”. Dato che Geova aveva promesso questo paese a Abraamo e ai suoi discendenti (Gen. 15:18; Deut. 9:27, 28), era pure appropriato chiamarlo Terra Promessa o Paese della Promessa. (Ebr. 11:9) Dal medioevo in poi, è stata spesso chiamata Terra Santa.
POSIZIONE E CONFINI
In un certo senso la Palestina collega tre continenti: Europa, Asia e Africa. Questo la poneva al centro di un cerchio intorno a cui gravitavano le antiche potenze mondiali: Egitto, Assiria, Babilonia, Persia, Grecia e Roma. (Ezec. 5:5) Delimitata da grandi deserti a E e a S e dal Mar Grande o Mediterraneo a O, la Palestina costituiva un ponte fra il Nilo e l’Eufrate, ponte percorso dalle carovane del commercio mondiale.
I confini della Terra Promessa erano stati stabiliti da Geova stesso. Nel senso più lato abbracciava la zona che si estendeva “dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate” (Gen. 15:18; Eso. 23:31; Num. 34:1-12; Gios. 1:3, 4; 15:4), dimensioni raggiunte solo durante i regni di Davide e Salomone. Per gran parte della storia di Israele si trattò di una regione molto più limitata.
A S si poteva tracciare una linea immaginaria dall’estremità S del Mar Morto alla sponda SE del Mediterraneo, e a N un’altra linea dai pendii S dell’Ermon a un punto nei pressi di Tiro. Entro tali confini da N a S, “da Dan a Beer-Seba” (I Sam. 3:20; II Sam. 3:10), il paese era lungo circa 240 km. Come latitudine la sua capitale, Gerusalemme, si trovava poco al di sotto dei 32º parallelo N, e come longitudine, rispetto ai fusi orari mondiali, 2 ore e 21 minuti cioè 3.334 km a E del meridiano di Greenwich, in Inghilterra.
La larghezza della Palestina, meno di un terzo della sua lunghezza, era piuttosto indefinita dato che a E non esisteva una frontiera stabilita; le regioni di Galaad e Basan cedevano a poco a poco il posto a steppe desolate dove vagavano indisturbate tribù arabe nomadi. Si calcola che il territorio a E del Giordano avesse un’estensione di oltre 10.360 km2. A O della centrale valle del Giordano, la distanza fra Dan e il Mediterraneo a N era di poco più di 42 km, e fra l’estremità meridionale del Mar Morto e il Mediterraneo a S di quasi 130 km. Questo corrispondeva ad altri 15.540 km2, per un totale di 25.900 km2, che rendevano la regione nel suo insieme poco più grande della Sicilia.
CONFIGURAZIONE GEOGRAFICA
Per avere un’idea della configurazione geografica della Palestina si può dividere il paese in quattro regioni più o meno parallele.
Prima c’era una striscia di fertile pianura lungo la costa che aveva ben poco da offrire in quanto a porti naturali. Questa pianura costiera era divisa in due dal promontorio del Carmelo, catena montuosa che si protendeva fino al mare. La parte N era nota come pianura di Aser o Fenicia. La parte S costeggiava le dune sabbiose presso la riva del mare e comprendeva la pianura di Saron e la Filistea, che si allargava a S.
La seconda regione geografica, dopo le pianure costiere, comprendeva le principali catene montuose, che da N a S costituivano una specie di spina dorsale del paese. A N c’erano i monti di Neftali, detti anche colline della Galilea. Erano un’estensione delle catene montuose del Libano, note per le foreste di cedri e la vetta principale dell’Ermon, alta ben 2814 m. I monti settentrionali della Palestina raggiungono un’altitudine che varia da oltre 900 m nell’alta Galilea a poco più di 600 m per il monte Tabor, divenuto famoso ai giorni di Barac. (Giud. 4:12) A S del monte Tabor c’era una pianura centrale relativamente ampia che attraversava diagonalmente il paese da O a E, separando i monti a N da quelli a S. Questa valle, dove si combatterono molte battaglie decisive, era divisa in due parti: a E il “bassopiano di Izreel” e a O la “pianura della valle di Meghiddo”. — Gios. 17:16, II Cron. 35:22.
A O e a N della valle di Meghiddo, nella quale scorreva il Chison, c’era la catena del Carmelo che, dalla costa, in direzione SE si congiungeva coi monti di Efraim o della Samaria, dove si trovavano le cime famose del Gherizim e dell’Ebal, quest’ultimo alto 940 m. (Deut. 11:29) Più a S questi rilievi erano noti come la “regione montagnosa di Giuda”, la cui altitudine variava da 610 a 1000 m circa, costituita prevalentemente di altopiani, colline tondeggianti e dolci pendii. (II Cron. 27:4; Luca 1:39) In questa regione sorgevano città quali Gerusalemme, Betleem e Ebron.
A S i monti della Giudea cedevano gradatamente il posto al Negheb (nome che si ritiene derivato da una radice che significa “essere riarso” o “secco”), regione che si estendeva fino alla valle del torrente d’Egitto e costituiva la parte meridionale della Palestina. All’estremità N del Negheb c’era la città di Beer-Seba simile a un’oasi; all’estremità S, Cades-Barnea. — Gen. 12:9; 20:1; 22:19.
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