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Stati Uniti d’America (1)Annuario dei Testimoni di Geova del 1976
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della Società Torre di Guardia. Non c’è da meravigliarsi se Rutherford in seguito avvertì i fratelli che erano stati lasciati alla Betel in incarichi di responsabilità: “Ci è stato riferito che sette i quali si sono opposti alla Società e alla sua opera durante l’anno passato hanno assistito al processo e hanno aiutato i nostri accusatori. Vi avvertiamo, diletti, di guardarvi dagli insidiosi sforzi di alcuni di loro di adularvi ora nel tentativo di impossessarsi della Società”.
Infine, dopo il lungo processo, giunse l’atteso giorno della decisione. Il 20 giugno 1918, verso le ore 17, la causa passò alla giuria. J. F. Rutherford in seguito ricordò: “La giuria esitò a lungo prima di emettere il verdetto. Infine il giudice Howe mandò loro parola che dovevano emettere un verdetto di ‘colpevolezza’, come ci disse in seguito uno dei giurati”. Dopo circa quattro ore e mezzo di deliberazione, alle 21,40 la giuria tornò con il verdetto: “Colpevoli”.
La sentenza fu emessa il 21 giugno. L’aula della corte era piena. Quando fu chiesto se avevamo qualche cosa da dire, gli imputati non risposero. Quindi ci fu la sentenza del giudice Howe. Adiratamente egli disse: “La propaganda religiosa che viene svolta da questi uomini è più dannosa di una divisione di soldati tedeschi. Non solo hanno messo in dubbio i funzionari legislativi del governo e il servizio segreto dell’esercito ma hanno denunciato i ministri di tutte le chiese. La loro punizione dovrebbe essere severa”.
Lo fu. Sette degli imputati furono condannati a ottanta anni nel penitenziario (venti anni per ciascuno dei quattro capi d’accusa, da scontare simultaneamente). La sentenza per Giovanni DeCecca fu differita, ma infine egli ricevette quarant’anni, o dieci anni per ciascuno degli stessi quattro capi d’accusa. Gli imputati dovevano scontare le loro condanne nel penitenziario statunitense di Atlanta, in Georgia.
Il processo era durato quindici giorni. Le testimonianze scritte erano state voluminose e i procedimenti spesso ingiusti. Infatti, fu dimostrato in seguito che il processo conteneva oltre 125 errori. Solo alcuni di questi furono necessari alla Corte d’Appello per condannare infine l’intera procedura come ingiusta.
“Andai e soffrii per tutto il tempo con i fratelli mentre erano sottoposti a questa ingiusta prova”, commenta James Gwin Zea, che fu presente come osservatore. Egli continua: “Mi sembra ancora di vedere il giudice che rifiuta al fratello Rutherford l’opportunità di difendersi. ‘La Bibbia non c’entra in questa corte’, fu il suo commento. Quella sera stetti col fratello M. A. Howlett nella Betel e verso le ventidue giunse la notizia che erano stati condannati. La sentenza su di loro fu emessa il giorno dopo”.
Nonostante che fossero stati ingiustamente dichiarati colpevoli e che fossero state loro inflitte severe condanne, il fratello Rutherford e i suoi associati furono impavidi. È interessante che il Tribune di New York del 22 giugno 1918 riferì: “Joseph F. Rutherford e sei altri ‘Russelliani’, colpevoli di aver violato la Legge sullo Spionaggio, sono stati condannati ieri a 20 anni nel penitenziario di Atlanta dalla sentenza del giudice Howe. ‘Questo è il giorno più felice della mia vita’, disse il sig. Rutherford mentre usciva dal tribunale per andare nel carcere, ‘scontare la punizione terrena per amore della propria credenza religiosa è uno dei più grandi privilegi che un uomo possa avere’. Una delle più strane dimostrazioni che l’ufficio del maresciallo della Corte Federale di Brooklyn abbia mai vista fu fatta dalle famiglie e dagli intimi amici dei condannati subito dopo che i prigionieri erano stati condotti nella sala del Gran Giurì. L’intero gruppo fece risuonare nel vecchio edificio il motivo ‘Benedetto il legame che ci unisce’. ‘È tutta volontà di Dio’, si dissero l’un l’altro con facce quasi raggianti. ‘Qualche giorno il mondo saprà ciò che tutto questo significa. Frattanto mostriamo gratitudine per la grazia di Dio che ci ha sostenuti in tutte le nostre prove, e attendiamo il grande Giorno che deve venire’”.
Mentre la causa era in appello, due volte i fratelli cercarono di ottenere la libertà provvisoria su cauzione ma incontrarono l’opposizione, prima del giudice Howe e in seguito del giudice Martin T. Manton. Nel frattempo, furono dapprima tenuti nel carcere di Raymond Street in Brooklyn, “la più sudicia buca in cui io sia mai entrato”, secondo A. H. Macmillan. Clayton J. Woodworth giocosamente lo chiamò “Hotel de Raymondie”. Quella spiacevole permanenza di una settimana fu seguita da un’altra settimana trascorsa nella prigione della città di Long Island. Infine, il quattro luglio, giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti, gli uomini ingiustamente condannati furono inviati in treno al penitenziario di Atlanta, in Georgia.
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Stati Uniti d’America (2)Annuario dei Testimoni di Geova del 1976
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Stati Uniti d’America (2)
I NEMICI SI RALLEGRANO
L’incarcerazione di questi cristiani testimoni di Geova fu un figurativo colpo mortale, con gran diletto e sollievo dei loro nemici. Si adempirono le parole di Rivelazione 11:10: “E quelli che dimorano sulla terra si rallegreranno di loro e festeggeranno, e si manderanno doni gli uni gli altri, perché questi due profeti han tormentato quelli che dimorano sulla terra”. I nemici religiosi, giudiziari, militari e politici dei “due testimoni” in effetti ‘si mandarono doni’ gli uni gli altri, in quanto si congratularono gli uni gli altri per la parte che avevano avuta nel riportare una vittoria sui loro tormentatori.
Nel suo libro Preachers Present Arms, Ray H. Abrams, che considerò il processo di J. F. Rutherford e dei suoi associati, osserva:
“Un’analisi dell’intera causa porta alla conclusione che le chiese e il clero furono in origine dietro il movimento per sopprimere i Russelliani. . . .
“Quando la notizia delle sentenze a venti anni giunse ai redattori della stampa religiosa, praticamente ognuna di queste pubblicazioni, grande e piccola, si rallegrò dell’avvenimento. Io non sono stato in grado di scoprire nessuna parola di simpatia in nessun giornale religioso ortodosso. ‘Non può esserci nessun dubbio’, concluse Upton Sinclair, che ‘la persecuzione . . . sorse in parte dal fatto che avevano suscitato l’odio delle organizzazioni religiose “ortodosse’”. Ciò che gli sforzi combinati delle chiese non erano riusciti a fare sembrò che ora il governo riuscisse a compiere per loro: schiacciare per sempre questi ‘profeti di Baal’”.
OTTIMISMO NONOSTANTE LA ‘CATTIVITÀ BABILONICA’
Dal 607 al 537 a.E.V. i Giudei languirono come prigionieri nell’antica Babilonia. In modo simile, i dedicati adoratori di Geova unti con il suo spirito santo furono portati in una cattività babilonica ed esiliati dal 1914 al 1918 durante il periodo della prima guerra mondiale. La profondità del loro stato di prigionia la sentirono specialmente quando gli otto fedeli fratelli della sede principale della Società furono incarcerati nel penitenziario federale di Atlanta.
Ma durante questo intero periodo di difficoltà, non mancò di stamparsi nemmeno un numero de La Torre di Guardia. Un nominato comitato editoriale continuò la diffusione del periodico. Per giunta, nonostante le difficoltà incontrate in quel tempo, l’attitudine mostrata dai fedeli studenti biblici fu esemplare. Il fratello T. J. Sullivan osservò: “Fu mio privilegio visitare la Betel di Brooklyn verso la fine dell’estate del 1918, durante l’incarcerazione dei fratelli. I fratelli incaricati dell’opera nella Betel non erano affatto timorosi o scoraggiati. Infatti, era vero il contrario. Erano ottimistici e fiduciosi che infine Geova avrebbe dato al suo popolo la vittoria. Io ebbi il privilegio di essere alla tavola della colazione il lunedì mattina quando i fratelli mandati in assegnazioni di fine settimana facevano i loro rapporti. Si otteneva un eccellente quadro della situazione. In ogni caso i fratelli erano fiduciosi, in attesa che Geova continuasse a dirigere ulteriormente le loro attività”.
È interessante che una mattina dopo il processo del fratello Rutherford e dei suoi associati, R. H. Barber ricevette una telefonata da Rutherford che gli chiedeva di venire alla stazione di Pennsylvania, dove i fratelli attendevano da parecchie ore un treno diretto ad Atlanta. Il fratello Barber e alcuni altri corsero alla stazione. Lì il fratello Rutherford disse che se i fratelli della sede principale fossero stati troppo angariati dalla polizia, avrebbero dovuto vendere la Betel e il Tabernacolo di Brooklyn e trasferirsi a Filadelfia, Harrisburg o Pittsburgh, poiché la Società Torre di Guardia era una società di Pennsylvania. Furono suggeriti i prezzi di 60.000 dollari per la Betel e 25.000 dollari per il Tabernacolo.
Come andarono le cose? Ebbene, quelli che allora erano incaricati della Società incontrarono in effetti molti problemi. Per esempio, c’erano penurie di carta e di carbone. Il patriottismo cresceva ed erratamente molti consideravano i cristiani testimoni di Geova come traditori. A Brooklyn c’era grande animosità contro la Società, e sembrava impossibile continuare a operarvi. Quindi, il comitato esecutivo che era incaricato della sede principale si consultò con altri fratelli e si decise che era meglio vendere il Tabernacolo di Brooklyn e chiudere la casa Betel. Secondo i ricordi di R. H. Barber, il Tabernacolo fu infine venduto per 16.000 dollari. Più tardi si presero tutte le necessarie disposizioni per vendere la Betel al governo eccetto il trasferimento del denaro. Ma qualcosa si interpose: l’armistizio. La vendita non fu mai portata pienamente a termine.
Il 26 agosto 1918, comunque, era cominciato il trasferimento della sede principale della Società da Brooklyn, in New York, a Pittsburgh, in Pennsylvania. “Mentre ci ripenso”, commenta Hazel Erickson, “posso vedere che sebbene gli studenti biblici fossero stupiti perché i fratelli erano stati imprigionati, non smisero mai di testimoniare. Forse, erano solo un po’ più cauti. La sorella H. M. S. Dixon ricordò che “la fede degli amici rimase forte e le adunanze erano tenute regolarmente”. I cristiani testimoni di Geova continuarono a mostrare fede in Dio. È vero che furono in un crogiuolo di difficoltà e persecuzione. Tuttavia, lo spirito santo di Dio fu su di loro. Se almeno fossero stati in grado di perseverare, di sicuro il Divino li avrebbe salvati dai persecutori e avrebbe loro concesso la liberazione dallo stato di ‘cattività babilonica’!
I MESI IN PRIGIONE
A metà del 1918 J. F. Rutherford e i suoi sette associati si trovavano nel penitenziario federale di Atlanta, in Georgia. Una lettera scritta da A. H. Macmillan il 30 agosto 1918 ci permette di guardare dietro quelle mura di prigione. Una copia ceduta a Melvin P. Sargent in parte dice:
“Senza dubbio vorreste sapere qualche cosa intorno alla condizione in cui ci troviamo in prigione. Vi dirò brevemente alcun cose sulla vita che qui conduciamo. Il fratello Woodworth e io siamo nella stessa cella. La nostra cella è molto pulita, ben arieggiata e illuminata. È di circa m 3 × m 2 × m 2, ha due brande
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