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  • La sofferenza che può giovarvi
    La Torre di Guardia 1979 | 15 aprile
    • quell’addestramento sarà allora “un pacifico frutto, cioè giustizia”. O, come dice Ebrei 12:11 nella Parola del Signore, Il Nuovo Testamento: “Quando riceviamo una correzione, sul momento non ci sembra che porti gioia, ma solo tristezza. Più tardi, invece, quelli che sono stati formati dalla correzione ne godono i frutti: la pace e una vita giusta”.

      9 Può darsi benissimo che abbiate compreso il buon effetto di tale disciplina frequentando fedeli fratelli e sorelle cristiane. Forse essi hanno avuto anni di prove sotto oppressivi dittatori o in campi di concentramento e prigioni. Spesso, tuttavia, la loro integrità si riflette in tutta la loro personalità. Ci si rende conto d’essere alla presenza di alcuni la cui fede è stata modellata dalla disciplina, e la calma, gioiosa espressione di tale fede può spronare altri a camminare similmente nell’integrità.

      10. Quale punto di vista dovremmo assumere verso qualsiasi prova, e quale domanda potrebbe quindi sorgere?

      10 Quindi, allorché ci troviamo in qualsiasi prova — malattia, delusione, ingiustizia, tragedia o persecuzione — dovremmo considerarla come disciplina impartita dal nostro amorevole Padre celeste e permettere che la prova abbia un buon effetto su di noi, per renderci servitori migliori. Ma come possiamo rimanere fedeli mentre sopportiamo l’afflizione per trarre profitto in seguito dall’addestramento?

      COME PERSEVERARE

      11. Trovandoci in una situazione difficile, quale consiglio del discepolo Giacomo dovremmo seguire?

      11 È specialmente importante chiedere a Geova Dio la sapienza per far fronte a situazioni difficili. Dovremmo chiedergli aiuto, non dubitando mai che ce lo dia per mezzo del suo santo spirito. Notate gli ottimi consigli che il discepolo Giacomo dà a questo riguardo:

      “Consideratela tutta gioia, fratelli miei, quando incontrate varie prove, sapendo che questa provata qualità della vostra fede produce perseveranza. Ma la perseveranza abbia la sua opera compiuta, affinché voi siate compiuti e sani sotto ogni aspetto, non mancando di nulla. Quindi, se alcuno di voi è privo di sapienza, continui a chiederla a Dio, poiché egli dà generosamente a tutti e senza biasimare; ed essa gli sarà data. Ma continui a chiedere con fede, non dubitando affatto, poiché chi dubita è come un’onda del mare mossa dal vento e spinta qua e là. Infatti, non supponga quell’uomo che riceverà alcuna cosa da Geova; egli è un uomo indeciso, instabile in tutte le sue vie”. — Giac. 1:2-8.

      12. Cosa apprendiamo da Ebrei 5:7?

      12 Gesù Cristo diede senz’altro un eccezionale esempio appoggiandosi al suo Padre celeste. Pur essendo perfetto, Gesù pregò intensamente mentre soffriva. La Bibbia narra: “Nei giorni della sua carne Cristo offrì supplicazioni e anche richieste a Colui che poteva salvarlo dalla morte, con forti grida e lagrime, e fu favorevolmente udito per il suo santo timore”. (Ebr. 5:7) Avendo Gesù un reverenziale timore, il Padre suo udì con favore le sue grida d’aiuto. Il Figlio di Dio, con l’aiuto dello spirito santo, mantenne l’integrità e, perciò, morì con l’approvazione del Padre. Fu quindi liberato dalla stretta della morte mediante la risurrezione.

      13. Secondo Ebrei 12:2, cosa aiutò Gesù Cristo a rimanere fedele nella sofferenza?

      13 Un’altra cosa che aiutò Gesù Cristo a rimanere fedele fu che ricordò sempre la meravigliosa ricompensa offertagli dal Padre. In Ebrei 12:2 si fa evidentemente riferimento a questa ricompensa chiamandola “la gioia”. Leggiamo: “Per la gioia che gli fu posta dinanzi egli sopportò il palo di tortura, disprezzando la vergogna, e si è messo a sedere alla destra del trono di Dio”. Anche noi, guardando la ricompensa della vita eterna con le relative benedizioni, possiamo rimanere fedeli nella prova. Come un premio che sta appena oltre il traguardo, questa ricompensa può spronarci a correre con perseveranza la corsa della vita, cacciando tutti i desideri errati che potrebbero rovinare la nostra fede. — Ebr. 12:1.

      14. Se siamo in una situazione penosa, come possiamo essere incoraggiati dalle parole di Lamentazioni 3:20, 21?

      14 Per quanto disperata divenga la nostra situazione, non dobbiamo neppure pensare che l’Altissimo si disinteressi di noi. Di fronte a grandi avversità, possono esserci di vero conforto le parole di Lamentazioni 3:20, 21: “Senza fallo la tua anima [o Geova] si ricorderà e si chinerà su di me. Questo è ciò che richiamerò al mio cuore. Perciò sarò in aspettativa”. Manifestando la propria umiltà, Geova Dio “si chinerà” o si abbasserà per prestarci favorevole attenzione. Ci solleverà dal nostro stato di afflizione, come fece con i giudei pentiti nel sesto secolo a.E.V. Tuttavia, mentre l’afflizione continua, dovremmo attendere con pazienza e incrollabile fede che Geova Dio agisca a nostro favore.

      15. Secondo Lamentazioni 3:22, 23, cos’è mostrato dal fatto che siamo ancora vivi?

      15 Il fatto stesso che siamo ancora vivi è un segno dell’amorevole benignità di Dio, del suo compassionevole interesse. È una garanzia che l’Altissimo mostrerà misericordia al suo popolo afflitto. In Lamentazioni 3:22, 23 leggiamo: “Sono atti di amorevole benignità di Geova che non siamo pervenuti alla nostra fine, perché le sue misericordie non saranno per certo finite. Si rinnovano ogni mattina. La tua fedeltà è abbondante”.

      16. Perché possiamo confidare nella misericordia di Geova?

      16 Possiamo avere fiducia nella misericordia di Geova, perché la sua fedeltà, la sua fidatezza, la sua lealtà sono abbondanti. Le espressioni della misericordia o della compassione divina nei nostri confronti non saranno mai deboli o inefficaci. Le misericordie di Geova “si rinnovano ogni mattina”, e i suoi leali servitori possono sempre valersene appieno. Per tale ragione, possiamo essere sicuri che l’Altissimo vede le nostre angustie e che ci darà compassionevolmente l’aiuto necessario.

      17. Come dovremmo reagire quando è posto su di noi un giogo di disciplina?

      17 Tuttavia, se permette che sia posto su di noi un giogo di disciplina, dovremmo accettarlo senza lamentarci e senza gridare a gran voce le nostre pene. Lamentazioni 3:28, 29 raccomanda: “Sieda egli solitario e taccia, perché [Dio] ha posto qualche cosa su di lui. Metta la bocca nella medesima polvere”, prostrandosi in un atteggiamento di totale sottomissione.

      18. Come considera Geova l’afflizione che i suoi servitori devono sopportare?

      18 Nel frattempo possiamo trarre conforto dal fatto che la prova è solo temporanea e che Geova Dio non prova nessun piacere a vederci soffrire. “Geova non continuerà a respingere a tempo indefinito”, dice la Bibbia. “Poiché sebbene abbia causato dolore, per certo mostrerà anche misericordia secondo l’abbondanza della sua amorevole benignità. Poiché non di suo proprio cuore egli ha afflitto o addolora i figli degli uomini”. (Lam. 3:31-33) È invece proposito di Geova che l’addestramento che riceviamo attraverso la sofferenza ci assicuri un benessere eterno.

      19. Perché il fatto che Geova permette l’ingiustizia e la sofferenza non getta il discredito su di lui?

      19 La detestabile condotta di coloro che rendono difficile la vita ai servitori di Dio non è comunque scusata. Inoltre, il fatto che Geova permette questo duro trattamento non getta il discredito su di lui. Perché no? Perché, sebbene permetta i maltrattamenti affinché abbiano un effetto benefico sul suo popolo, non incoraggia la disumanità dell’uomo verso il suo simile. La sua Parola condanna tali maltrattamenti. La Bibbia ci dice: “Lo schiacciar sotto i piedi tutti i prigionieri della terra, il violare i diritti altrui alla presenza dell’Altissimo, il far torto a un uomo nella sua lite, il Signore non lo approva”. (Lam. 3:34-36, versione a cura del Pontificio Istituto Biblico) Chi maltratta i propri simili dovrà renderne conto a Geova Dio. “La vendetta è mia; io ricompenserò, dice Geova”. (Rom. 12:19) Perciò dobbiamo stare attenti a non divenire amareggiati contro l’Altissimo per il male fatto da uomini che trasgrediscono la legge divina.

      20. Che cosa non dovrebbero indurci a fare neppure i casi più pietosi di sofferenza umana, e perché no?

      20 A volte i servitori di Dio possono venire a trovarsi in condizioni veramente pietose a causa di malattia, incidente o maltrattamenti. Possiamo provare profonda compassione per ciechi, mutilati, storpi e deformi. È più che giusto. Ma neppure la peggiore sofferenza umana dovrebbe mai indurci a girare le spalle a Geova Dio. Egli solo può annullare tutto il male che l’umanità ha sofferto a causa del peccato e dell’imperfezione. Notate ciò che disse Gesù Cristo di un uomo nato cieco: “È affinché nel suo caso siano manifeste le opere di Dio”. (Giov. 9:3) Che gloria sarà recata all’Altissimo quando gli occhi dei ciechi si apriranno, gli orecchi dei sordi saranno sturati e quando gli zoppi cammineranno, salteranno e correranno! (Riv. 21:3-5) Se tali afflizioni non fossero esistite non avremmo mai potuto conoscere le cose meravigliose che Geova Dio può fare per l’umanità. E, in vista della ricompensa della vita eterna, la sofferenza umana in questo sistema di cose non significherà più nulla. Sarà come se l’afflizione non fosse mai esistita.

      21. (a) Quando la sofferenza ci recherà beneficio? (b) Cosa dobbiamo avere per trarre profitto dall’avversità?

      21 Se la sofferenza che possiamo ancora subire ci renderà più benigni, più comprensivi e più compassionevoli verso i nostri simili e ci farà conformare più strettamente alle giuste esigenze esposte nella Bibbia, questa forma di disciplina servirà davvero a uno scopo utile. A tal fine, dobbiamo riporre nel nostro Padre celeste la stessa assoluta fiducia che un bambino ha nel padre terreno. Dobbiamo avere l’incrollabile fede che qualsiasi cosa Geova Dio lasci venire su di noi opererà infine per il nostro eterno benessere e felicità. Perciò, vorremo sempre ricordare le parole di Romani 8:28: ‘Dio fa cooperare tutte le sue opere per il bene di quelli che lo amano’.

  • Un proverbio saggio
    La Torre di Guardia 1979 | 15 aprile
    • Un proverbio saggio

      “Non lasciare il tuo proprio compagno né il compagno di tuo padre, e non entrare nella casa del tuo proprio fratello nel giorno del tuo disastro. È meglio un vicino accanto che un fratello lontano”. — Prov. 27:10.

      Questo proverbio biblico sottolinea l’importanza d’avere un vero amico e d’esserlo, specie in tempo di bisogno. Prima, parla d’essere un vero amico. In un giorno di calamità o disastro, non si devono “lasciare” o abbandonare coloro che sono stati i propri amici o gli amici di famiglia. Non dovete essere amici solo quando tutto va bene, sparendo quando c’è veramente bisogno di voi. Considerate quindi il contrario. In tempo di bisogno, anziché dover fare un lungo viaggio fino alla casa di un fratello carnale per vedere se può essere d’aiuto, è meglio avere un amico vicino che è pronto, sì, disposto ad aiutare. Infatti, un altro proverbio dichiara: “Esiste un amico che si tiene più stretto di un fratello”. — Prov. 18:24.

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