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  • Dove fu il Giardino di Eden?
    La Torre di Guardia 1972 | 15 febbraio
    • in quanto alla località del giardino di Eden. La parola ebraica tradotta “capi” in Genesi 2:10 si riferisce all’argomento. Essa farebbe di preferenza situare il giardino di Eden nella regione montagnosa vicino alla sorgente del Tigri e dell’Eufrate. Come The Anchor Bible dichiara nel suo commento su Genesi 2:10: “In eb[raico] la foce del fiume si chiama ‘fine’ (Gios. xv 5, xviii 19); quindi il plurale di roʼs ‘capo’ deve riferirsi al corso superiore. . . . Quest’ultimo uso è ben attestato dall’affine acc[adico] resu”.

      L’Eufrate e il Tigri hanno tutt’e due le loro attuali sorgenti nella regione montagnosa a nord delle pianure della Mesopotamia. Sebbene le opinioni varino, numerosi eruditi porrebbero il giardino di Eden in questa zona, alcuni chilometri a sud del lago Van, nella Turchia orientale.

  • Domande dai lettori (1)
    La Torre di Guardia 1972 | 15 febbraio
    • Domande dai lettori

      ● In Efesini 4:23, che vuol dire ‘essere rinnovati nella forza che fa operare la mente’? — U.S.A.

      Dopo aver parlato della necessità di ‘svestire la vecchia personalità che si conforma alla propria condotta precedente’, l’apostolo Paolo scrisse ai cristiani di Efeso di “essere rinnovati nella forza che fa operare la vostra mente”. (Efes. 4:20-23) Evidentemente, perciò, la ‘nuova forza’ che dovrebbe far operare la nostra mente come cristiani dev’esser tale da contrastare le inclinazioni della mente che appartengono alla “vecchia personalità”. Questa “forza” dev’essere un’inclinazione, disposizione o attitudine prevalente di fare ciò che è in armonia con la volontà di Dio.

      La Bibbia ci mostra che, come creature imperfette, sia il nostro cuore che la nostra mente hanno inclinazione al male, dalla nascita in poi. A che cosa può condurre questo? Riferendosi alle persone delle nazioni, l’apostolo Paolo notò che “camminano . . . nell’inutilità delle loro menti, mentre sono mentalmente nelle tenebre, e alienati dalla vita che appartiene a Dio, a causa dell’ignoranza che è in loro, a causa dell’insensibilità dei loro cuori. Avendo superato ogni senso morale, essi si sono dati alla condotta dissoluta per operare impurità d’ogni sorta con avidità”. (Efes. 4:17-19) In modo simile, Paolo rammentò ai cristiani di Colosse il cambiamento che avevano fatto, dicendo: “Voi che una volta eravate alieni e nemici perché le vostre menti eran volte alle opere malvage, egli ha ora di nuovo riconciliati mediante il corpo carnale di [Gesù] per mezzo della sua morte”. — Col. 1:21, 22.

      La Bibbia chiama chi segue questa errata inclinazione un uomo “fisico” (letteralmente, “dell’anima”), come distinto dall’uomo “spirituale”. La mente dell’uomo “fisico” è incline alle cose materialistiche, a soddisfare i suoi desideri e le sue passioni carnali. (1 Cor. 2:14, 15) La forza che fa operare la sua mente si è formata in lui parzialmente per eredità e parzialmente per la sua reazione alle cose che gli sono state insegnate e che ha provate. Quando gli si presenta una questione, che forse richiede una decisione morale, questa forza spinge la sua mente in una direzione materialistica o carnale. Che cosa dovremmo fare se riscontrassimo di avere questa inclinazione?

      Con uno studio della Parola di Dio e con l’opera dello spirito di Dio, questa forza o prevalente attitudine che induce a operare può esser cambiata così che renda incline a seguire la direzione giusta. In questo processo il nostro cuore entra pienamente in gioco. Il cuore motiva la mente nello sforzo di guadagnare le giuste informazioni e quindi metterle in pratica. Possiamo così acquistare “la mente di Cristo”, che lo fece sempre operare con la forza giusta, essendo la sua inclinazione mentale o attitudine prevalente sempre di natura spirituale. (1 Cor. 2:16) Quindi, qualunque questione ci si presenti, la nostra mente opererà e si volgerà nella debita condotta spirituale mediante una ‘nuova forza’, una prevalente attitudine, un’inclinazione o disposizione nuova.

      Se noi, come cristiani, vogliamo poter resistere alle pressioni verso le cattive azioni, dobbiamo continuare ad avere una prevalente inclinazione a fare ciò che è piacevole agli occhi di Dio. Questo richiede un continuo studio della Parola di Dio, associazione con altri della stessa preziosa fede, perseveranza nella preghiera e continua applicazione delle cose apprese. Come risultato il cuore e la mente dell’individuo saranno in pieno accordo che non si dovrebbe consentire a nessuna cosa di mettere in pericolo la sua reputazione dinanzi al Creatore. Apprezzando l’amore di Geova, la sua prevalente attitudine lo renderà incline a seguirla con leale ubbidienza. Egli comprenderà che tale ubbidienza è giusta e conduce alle più grandi benedizioni, poiché la legge di Dio serve ad assicurare il benessere di tutti gli interessati.

      Pertanto, allorché si presenta la tentazione, l’attitudine prevalente della persona la spingerà lungi dalla tentazione. Non coltiverà pensieri e desideri circa il modo in cui potrebbe esser piacevole seguire una condotta che sa è sbagliata. Non ragionerà che, ecco, è debole e ‘Dio è molto misericordioso’. Piuttosto, la sua reazione sarà molto simile a quella di Giuseppe quando la moglie di Potifar svergognatamente lo invitò ad avere rapporti sessuali con lei. Giuseppe immediatamente rispose: “Come potrei dunque commettere questa grande empietà e peccare effettivamente contro Dio?” — Gen. 39:9.

  • Domande dai lettori (2)
    La Torre di Guardia 1972 | 15 febbraio
    • Domande dai lettori

      ● Che cosa sono il “vecchio comandamento” e il “nuovo comandamento” menzionati in I Giovanni 2:7, 8? — U.S.A.

      I versetti in questione dicono: “Diletti, vi scrivo non un nuovo comandamento, ma un vecchio comandamento che avete avuto dal principio. Questo vecchio comandamento è la parola che avete udita. Ancora, vi scrivo un nuovo comandamento, fatto che è vero nel suo caso e nel vostro, perché le tenebre passano e la vera luce già risplende”. — 1 Giov. 2:7, 8.

      Si riferiva l’apostolo Giovanni alla legge mosaica con le parole “vecchio comandamento”? Questo potrebbe difficilmente essere il suo pensiero, poiché scriveva ai cristiani che non erano sotto la Legge. (Rom. 6:14) Piuttosto, siccome il tema della lettera di Giovanni è l’amore, pare che egli si riferisse alla dichiarazione di Gesù: “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate l’un l’altro; come vi ho amati io, che voi pure vi amiate l’un l’altro”. (Giov. 13:34) Quando Giovanni scrisse la sua prima lettera (c. 98 E.V.) eran passati più di sessant’anni da che Gesù, al principio del cristianesimo, aveva dato quel comandamento di amare. Giovanni poté dunque appropriatamente dire che era un “vecchio comandamento”.

      Che cos’è allora il “nuovo comandamento” che Giovanni menziona nel versetto otto? Sembra che esso sia la stessa cosa che aveva appena chiamato “vecchio comandamento”. Non possiamo immaginare che Giovanni desse ai seguaci di Cristo un comandamento davvero “nuovo”, diverso da quello che Gesù aveva insegnato. Ma in che senso Giovanni poté chiamarlo “nuovo”?

      Egli lo poté chiamare nuovo proprio come aveva fatto Gesù. Implicava la volontà di cedere la propria anima a favore del proprio fratello, qualche cosa che la legge mosaica non richiedeva. (Giov. 15:12) Per giunta, era nuovo nel senso che la sua recente applicazione doveva farsi, e con nuova urgenza, in vista delle mutate condizioni e situazioni. Presso la fine del primo secolo E.V., con gli apostoli che morivano e il ‘mistero dell’illegalità’ già all’opera fra le congregazioni, i cristiani ai quali Giovanni scrisse potevano vedere i cambiamenti e potevano apprezzare la necessità delle nuove applicazioni dell’amore. (2 Tess. 2:6-8) Tuttavia Giovanni poté scrivere loro che il “nuovo comandamento” era ‘vero sia nel caso di Cristo che nel vostro’ perché l’osservavano nella loro vita, come l’aveva osservato Gesù. Nel contesto Giovanni mostrò che il cristiano che non ami un suo fratello è nelle tenebre. Perciò pare che, a causa del crescente amore fra molti seguaci di Cristo, Giovanni potesse scrivere che ‘le tenebre passano e risplende la vera luce’.

      In vista della difficoltà che I Giovanni 2:7, 8 presenta, parecchi moderni traduttori della Bibbia han tradotto i versetti liberamente conforme alla suddetta spiegazione. Per esempio, The New English Bible dice: “Cari amici, non vi do nessun nuovo comando. E il vecchio comando che avete sempre avuto dinanzi; il vecchio comando è il messaggio che avete udito in principio. Eppure è ancora un nuovo comando che io vi do, nuovo nel senso che le tenebre passano e la vera luce già risplende. Cristo ha avverato questo e ciò è vero nella vostra propria esperienza”. Si veda anche The Jerusalem Bible e le traduzioni di C. B. Williams e J. Phillips.

      Di conseguenza, entrambe le espressioni, il “vecchio comandamento” e il “nuovo comandamento”, si riferiscono in maniera evidente al comando di Gesù che i suoi seguaci si amino gli uni gli altri come egli li amò.

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