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  • Figlio (figli) di Dio
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • gloriosa. (Rom. 8:19-23) Anche se il termine greco reso “creazione” può riferirsi a qualsiasi creatura, umana o animale, o alla creazione in generale, il fatto che qui Paolo dice che è in “ansiosa aspettazione”, che “attende” ed è “sottoposta alla futilità, [ma] non di propria volontà”, che sarà “resa libera dalla schiavitù alla corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio”, e “continua a gemere insieme” proprio come i “figli” cristiani gemono dentro di sé, tutte queste espressioni indicano decisamente la creazione umana, la famiglia umana, e quindi non la creazione in generale, che include animali, vegetali e altre cose, animate e inanimate. (Confronta Colossesi 1:23). Questo deve dunque significare che la rivelazione dei figli di Dio nella gloria offre ad altri della famiglia umana la possibilità di avere una vera relazione filiale con Dio e di godere la libertà che accompagna tale relazione. — Vedi GRANDE FOLLA.

      Dal momento che Cristo Gesù è il predetto “Padre eterno” (Isa. 9:6) e i cristiani “figli di Dio” sono suoi “fratelli” (Rom. 8:29), ne consegue che altri della famiglia umana riceveranno la vita per mezzo di Cristo Gesù, non quali suoi coeredi, re e sacerdoti con lui, ma quali sudditi su cui regnerà. — Confronta Matteo 25:34-40; Ebrei 2:10-12; Rivelazione 5:9, 10; 7:9, 10, 14-17; 20:4-9; 21:1-4.

      Si noti inoltre che Giacomo (1:18) parla di questi “figli di Dio” generati dallo spirito come di “certe primizie” delle creature di Dio, espressione simile a quella usata a proposito dei “centoquarantaquattromila” che sono “comprati di fra il genere umano” descritti in Rivelazione 14:1-4. Il termine “primizie” indica che ci saranno altri frutti, e perciò la “creazione” di Romani 8:19-22 costituisce evidentemente ‘frutti successivi’ o ‘frutti secondari’ del genere umano i quali, mediante la fede in Cristo Gesù, avranno a suo tempo la posizione di figli nell’universale famiglia di Dio.

      Parlando del futuro “sistema di cose” e della “risurrezione dai morti” alla vita nel nuovo sistema, Gesù disse che questi diventano “figli di Dio, essendo figli della risurrezione”. — Luca 20:34-36.

      Dalla considerazione di tutte queste informazioni è chiaro che la posizione di “figli” che gli esseri umani possono avere in relazione a Dio può assumere aspetti diversi. In ciascun caso quindi la posizione di figli dev’essere esaminata nel contesto per determinare cosa abbraccia e l’esatta natura di tale relazione filiale.

  • Filadelfia
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    • Filadelfia

      [affetto fraterno].

      Città dell’Asia Minore occidentale dove c’era una congregazione cristiana a cui fu scritta una delle sette lettere contenute in Rivelazione. (Riv. 1:11; 3:7-13) Filadelfia, città della Lidia, era situata su un altopiano ondulato a S del fiume Cogamis, circa 50 km a SE di Sardi e 80 a NO di Laodicea. Fu costruita nel II secolo a.E.V. da Èumene II, re di Pergamo, o da suo fratello Attalo II (Filadelfo), da cui la città prese nome. Si trovava all’imboccatura di un’ampia valle che portava a Sardi e poi a Smirne sulla costa. Diverse strade la collegavano con la costa, con Pergamo a N e Laodicea a SE. Da Filadelfia si poteva raggiungere il centro della Frigia.

      Evidentemente vi abitavano degli ebrei, poiché Rivelazione 3:9 menziona “quelli della sinagoga di Satana che dicono d’esser Giudei”. Forse costoro intralciavano l’opera dei fedeli cristiani della città cercando di riconquistare quei cristiani che erano ebrei per nascita o di persuaderli a conservare o riprendere certe abitudini della legge mosaica. Il tentativo non ebbe successo, infatti Gesù loda i cristiani per la loro perseveranza e li incoraggia a rimanere saldi. — Riv. 3:9-11.

  • Filare
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    • Filare

      Operazione mediante la quale fibre vegetali o animali (lino, cotone, lana, pelo di capra, ecc.) vengono unite e attorcigliate fino a ottenere un unico filo. Tale filato serviva per tessere, cucire, ricamare, o per fare funi. In questa operazione gli ebrei e altri impiegavano la rocca o conocchia e il fuso. Della moglie capace viene detto: “Ha messo mano alla conocchia, e le sue proprie mani prendono il fuso”. — Prov. 31:19.

      La conocchia era un’asta su cui venivano avvolte le fibre pulite, pettinate e cardate. (Isa. 19:9) I metodi potevano essere diversi: uno per esempio consisteva nel tenere la conocchia con la sinistra. Da questa le fibre venivano tirate fino a una certa lunghezza e fissate al fuso. Il fuso era un’asta più corta con un uncino a un’estremità per trattenere le fibre e un volano (disco di materiale pesante, per esempio di pietra) quasi all’altra estremità. Chi filava faceva prillare con la mano destra il fuso appeso al filo, attorcigliando così le fibre in un filo sempre più sottile. Il filato veniva poi avvolto intorno al fuso a cui era fissato. L’operazione veniva ripetuta finché tutte le fibre avvolte intorno alla conocchia si erano trasformate in un unico filo continuo.

      Nell’antico Egitto filavano sia gli uomini che le donne, mentre presso gli ebrei pare fossero particolarmente le donne a filare. Quando fu eretto il tabernacolo donne israelite ebbero il privilegio di filare e offrire il materiale necessario. — Eso. 35: 25, 26.

  • Filemone
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    • Filemone

      (Filèmone) [amorevole].

      Cristiano proprietario di schiavi appartenente alla congregazione di Colosse. La congregazione locale teneva le adunanze in casa sua, a Colosse, città dell’Asia Minore sudoccidentale. Filemone era stato fonte di ristoro per gli altri cristiani e un esempio di fede e amore. L’apostolo Paolo lo considerava un diletto compagno d’opera. (Filem. 1, 2, 5-7; confronta Colossesi 4:9 con Filemone 10-12). Il desiderio di Paolo di essere alloggiato in casa di Filemone depone a favore della sua ospitalità. — Filem. 22; confronta Atti 16:14, 15.

      Pare che Affia e Archippo facessero parte della famiglia di Filemone, poiché anch’essi sono menzionati nell’intestazione della lettera personale inviatagli da Paolo. Affia forse era moglie di Filemone, e Archippo suo figlio. — Filem. 2.

      Sembra che Filemone fosse diventato cristiano grazie all’opera di Paolo. (Filem. 19) Ma dal momento che Paolo non aveva predicato nella stessa Colosse (Col. 2:1), può darsi che Filemone avesse conosciuto il cristianesimo in seguito all’attività svolta per due anni dall’apostolo a Efeso, quando “tutti quelli che abitavano nel distretto dell’Asia [che includeva Colosse] udirono la parola del Signore”. — Atti 19:10.

      Qualche tempo prima di ricevere la lettera di Paolo, Filemone era stato abbandonato dal suo schiavo Onesimo. Questo schiavo fuggendo poteva anche aver rubato del denaro al suo padrone per pagarsi il viaggio fino a Roma, dove poi conobbe Paolo e diventò cristiano. — Filem. 10, 11, 18, 19.

  • Filemone, lettera a
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    • Filemone, lettera a

      Lettera scritta di propria mano dall’apostolo Paolo e indirizzata principalmente a Filemone (vv. 1, 2, 19); composta qualche tempo dopo l’inizio della prima detenzione di Paolo a Roma (probabilmente verso il 60–61 E.V.), dato che l’apostolo sperava di essere “messo in libertà”. — V. 22; vedi FILEMONE; ONESIMO.

      L’apostolo scrisse questa lettera per incoraggiare Filemone a riaccogliere benignamente lo schiavo fuggiasco, Onesimo. Anziché valersi della sua autorità apostolica per ordinargli di farlo, Paolo fece appello all’amicizia personale e all’amore che li legava. (Vv. 8, 9, 17) Sapendo che Filemone era uomo di fede e amorevole, Paolo era fiducioso che avrebbe accolto il suo schiavo, un tempo inutile, ma ora cristiano, come avrebbe accolto l’apostolo stesso. (Vv. 10, 11, 21) Questo è davvero degno di nota perché per legge Filemone aveva diritto di punire severamente Onesimo.

      Oltre a fornire un esempio reale che dimostra l’eccellenza della benignità, clemenza e misericordia cristiana, la lettera ci rivela alcuni particolari relativi ai primi cristiani: si radunavano in case private, fra loro si chiamavano “fratello” e “sorella” (vv. 1, 2, 20), pregavano l’uno per l’altro (vv. 4, 22) ed erano incoraggiati dalla fede e dall’amore manifestati dai compagni di fede. — Vv. 4-7.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Indirizzo di saluto a Filemone, Affia, Archippo e alla congregazione che si radunava in casa di Filemone (vv. 1-3)

      II Amore e fede di Filemone sono fonte di gioia e conforto per Paolo, ragione per cui lo menziona nelle sue preghiere (vv. 4-7)

      III Intercessione di Paolo a favore di Onesimo (vv. 8-22)

      IV Saluti finali (vv. 23-25)

      Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 237, 238.

  • Filippesi, lettera ai
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    • Filippesi, lettera ai

      Libro delle Scritture Greche Cristiane scritto dall’apostolo Paolo alla congregazione della città di Filippi, nella provincia della Macedonia, congregazione che Paolo aveva stabilita verso il 50 E.V., nel corso del secondo viaggio missionario.

      QUANDO E DOVE FU SCRITTA

      Il contesto stesso della lettera indica che fu scritta durante la prima prigionia di Paolo a Roma. In essa l’apostolo dice che “tutta la guardia pretoriana” conosceva la ragione della sua detenzione, e invia i saluti di “quelli della casa di Cesare”. (Filip. 1:13; 4:22) In genere si ritiene che Paolo sia stato una prima volta prigioniero a Roma più o meno dal 59 al 61 E.V. Diversi avvenimenti erano accaduti fra il suo arrivo a Roma e la decisione di scrivere ai filippesi. Epafrodito era arrivato da Filippi, distante 1.000 km circa, si era adoperato per assistere Paolo ed era caduto gravemente ammalato. I filippesi avevano avuto notizia della sua malattia. Ora Epafrodito si era rimesso e Paolo lo rimandava indietro con la lettera, che fu perciò scritta verso il 60 o 61 E.V.

      RAGIONI PER CUI FU SCRITTA

      La congregazione di Filippi aveva mostrato grande amore e rispetto per Paolo. Poco dopo la sua visita, mentre si trovava per tre settimane nella vicina Tessalonica, gli inviò generosi aiuti materiali. (Filip. 4:15, 16) Poi, quando i fratelli di Gerusalemme attraversavano un periodo di intensa persecuzione e avevano bisogno di aiuto materiale, i cristiani di Filippi, essi stessi poverissimi e provati in vari modi, furono pronti a contribuire anche oltre le loro possibilità. Paolo apprezzò tanto la loro generosità che li additò come esempio alle altre congregazioni. (II Cor. 8:1-6) Erano inoltre molto attivi e occupati nel predicare la buona notizia, e perciò per qualche tempo non erano stati in stretto contatto con Paolo. Ma ora che era detenuto e nel bisogno, non solo gli mandarono doni materiali in abbondanza, ma gli inviarono personalmente Epafrodito, uomo loro prezioso. Questo zelante fratello diede con coraggio aiuto a Paolo, anche a rischio della propria vita. Per questo Paolo lo raccomanda calorosamente alla congregazione. — Filip. 2:25-30; 4:18.

      Paolo confida che, grazie alle loro preghiere, sarà rimesso in libertà e potrà recarsi di nuovo da loro. (Filip. 1:19; 2:24) Sa che continuando a vivere potrà rendersi loro utile, anche se attende con vivo desiderio il momento in cui Cristo lo accoglierà presso di sé. (Filip. 1:21-25; confronta Giovanni 14:3). Nel frattempo manderà Timoteo, che, più di chiunque altro, avrà a cuore i loro interessi. — Filip. 2:19-23.

      Questa lettera è un’espressione di amore. Paolo non lesinò mai le lodi quando erano meritate, né si trattenne dall’impartire la necessaria riprensione, ma in questo caso c’era bisogno di incoraggiamento. La congregazione aveva dei nemici, “operai d’ingiuria”, che volevano vantarsi di amicizie carnali e della circoncisione nella carne, ma sembra che i fratelli non ne fossero scossi o turbati. Perciò Paolo non aveva bisogno di presentare validi argomenti e riprensioni come, per esempio, nelle lettere alle congregazioni della Galazia e di Corinto. L’unico cenno di correzione era l’esortazione all’unità rivolta a Evodia e Sintiche. In tutta la lettera l’apostolo incoraggia la congregazione di Filippi a continuare l’eccellente opera intrapresa, ad avere maggiore discernimento, maggiore fede e speranza nel premio avvenire, e ad afferrare saldamente la parola della vita.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Gratitudine a Dio per l’amore e la fedeltà della congregazione (1:1-11)

      A. Fiducia che possano continuare fino a compimento (1:1-7)

      B. Preghiera che crescano in conoscenza e discernimento (1:8-11)

      II Risultati avuti da Paolo in prigione (1:12-20)

      A. Rendendo noto il motivo della sua detenzione incoraggia i fratelli a parlare intrepidamente (1:12-14)

      B. Cristo proclamato sia con sincerità che per invidia (1:15-20)

      III Desiderio di Paolo a favore dei filippesi, e consigli sulla condotta (1:21–2:18)

      A. Potrebbe morire, ma se rimane in vita potrà essere loro utile (1:21-26)

      B. Devono essere saldi, impavidi, disposti a soffrire (1:27-30)

      C. Avere amore reciproco, umiltà come Cristo (2:1-11)

      D. Essere irriprovevoli, illuminatori, attenendosi alla parola di vita (2:12-18)

      IV Timoteo ed Epafrodito inviati a Filippi (2:19-30)

      A. Timoteo avrà sincera cura dei loro interessi in Cristo (2:19-24)

      B. Fedeltà di Epafrodito, sua malattia; esortazione ad averlo caro (2:25-30)

      V Consiglio di guardarsi “da quelli che mutilano la carne” (3:1-21)

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