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  • Una probabilità su un milione: I miei trent’anni di lotta con la paralisi
    Svegliatevi! 1975 | 8 agosto
    • dimostrò la sua capacità di sanare i paralitici. (Matt. 4:24; 9:2-7) Per mezzo dello spirito di Dio, questo fu un compito semplice per lui. Sarà solo un aspetto delle numerose benedizioni del regno di Dio retto da Gesù Cristo, del millenario regno di pace che ci attende. Sarà fonte di grande felicità e salute per tutte le persone fisicamente menomate che accetteranno quel dominio.

      Ho riscontrato che la più grande felicità deriva proprio dal servire Dio. Questo rende la vita davvero rimunerativa e significativa. L’essere paralitico non mi ha privato dei privilegi e delle benedizioni di servire il Creatore. E se siete in qualche modo menomati, spero sinceramente che questo racconto vi aiuti a capire come potete anche voi avere una vita ricca nel servizio di Dio. — Da un collaboratore.

  • Papa Pio XII e i nazisti: Un nuovo punto di vista
    Svegliatevi! 1975 | 8 agosto
    • Papa Pio XII e i nazisti: Un nuovo punto di vista

      FECE bene a non parlare francamente? Da trent’anni, a intervalli, si accende la controversia del silenzio di Pio XII verso le atrocità commesse dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. I critici dicono che una protesta del papa presso i nazisti poteva salvare milioni di vite. Ma il papa attuale, Paolo VI, insiste a dire che “un atteggiamento di protesta e condanna sarebbe stato non solo futile ma dannoso”.

      Ma perché risollevare la questione? Non si tratta di riaccendere una controversia morta e sepolta? No. Il Vaticano stesso la tiene viva. Le autorità hanno perfino rinunciato alla loro norma di tardare cinquant’anni a pubblicare i documenti di archivio. Si rendono conto che, se la gente non capisce, i critici hanno un argomento più potente per illustrare il fallimento morale della Chiesa.

      Molti sinceri aderenti della Chiesa vogliono conoscere la risposta. Sanno che anche papa Paolo VI ebbe a quel tempo una notevolissima parte come stretto collaboratore di Pio XII. Pertanto, dal 1965 un comitato di gesuiti ha pubblicato documenti scelti dagli archivi del Vaticano. L’ultimo, intitolato “La Santa Sede e le vittime della guerra”, uscì in aprile del 1974. Fornisce qualche nuova indicazione?

      Una controversia più profonda

      Le notizie di giornale danno risalto alla testimonianza documentaria da cui risulta che sin dai primissimi tempi il Vaticano aveva ricevuto molte informazioni sulle atrocità naziste. Ma un altro fatto poco notato è assai più significativo. Esso mostra che un fidato collaboratore di Pio XII sollevò una controversia che va molto più a fondo della domanda sul perché il papa non parlò francamente contro i nazisti. “Monsignor” Domenico Tardini (in seguito cardinale) avrebbe chiesto esasperato:

      “Che la Santa Sede non possa indurre Hitler a comportarsi bene, tutti lo capiscono. Ma che non sappia tenere a freno un sacerdote, chi lo può capire?”

      I superficiali dibattiti sul bene che avrebbe fatto la voce di Pio XII hanno soltanto oscurato questa controversia assai più fondamentale. I cristiani onesti sono costretti a rispondere alla domanda: Come potevano in primo luogo essere commesse le atrocità naziste se non c’era la cooperazione del popolo e dei suoi capi spirituali? A quel tempo il novantacinque per cento dei Tedeschi era costituito di cattolici o protestanti. Quasi 32 milioni, oltre il 40 per cento, erano cattolici, come lo era quasi tutta la popolazione degli alleati europei della Germania, l’Austria e l’Italia. Anche fra le temute S.S., nel 1939 quasi un quarto era ancora cattolico, nonostante i capi delle S.S. facessero pressione perché vi rinunciassero.1

      Lo stesso Pio XII mette a nudo questa medesima controversia in una lettera privata di recente pubblicazione inviata al sacerdote che causò l’esasperazione di “mons.” Tardini. Il sacerdote, Jozef Tiso,a fu presidente del protettorato nazista della Slovacchia per tutta la guerra (1939-45). Pio XII scrisse a “monsignor” Tiso circa la sua speranza che il governo e il popolo slovacco, “quasi interamente cattolico, non procedessero mai alla rimozione forzata di persone appartenenti alla razza ebraica”, e il fatto che “tali misure sono messe in atto fra un popolo di grandi tradizioni cattoliche, da un governo che dichiara d’esserne seguace e custode”, gli procurava grande angustia. — 7 aprile 1943.2

      Ma come si poteva anche solo considerare qualsiasi forma di cooperazione con il programma di sterminio razziale nazista fra un popolo che il papa stesso definì ‘quasi interamente cattolico e di grandi tradizioni cattoliche’? Di certo gli insegnamenti morali della Chiesa avrebbero reso impensabile per “mons.” Tiso e per il suo gregge partecipare in alcun modo al genocidio! La storia mostra se vi parteciparono. I sinceri aderenti della chiesa desiderano senz’altro una spiegazione di tale condotta e di quella di altre nazioni cosiddette “cristiane” che ebbero a che fare coi nazisti.

      Lo stesso cardinale del Vaticano Eugene Tisserantb ne fornisce una ragione con l’onestà e la franchezza che si possono manifestare in una lettera privatac a un amico. Dopo la caduta della Francia avvenuta nel 1940, egli scrisse al cardinale Suhard di Parigi deplorando che “l’ideologia fascista e l’hitlerismo hanno trasformato la coscienza dei giovani, e quelli al di sotto dei trentacinque anni sono disposti a commettere qualsiasi delitto per qualsiasi scopo ordinato dal loro capo”. Ma come potevano queste coscienze addestrate dalla Chiesa essere così facilmente ‘trasformate’? Dopo tutto, Hitler li aveva condizionati solo per circa sette anni, mentre la Chiesa aveva addestrato il suo gregge per oltre un millennio!

      “L’elemento essenziale del cristianesimo”

      Papa Pio poteva senz’altro fare qualcosa in merito a questa invasione nazista del tradizionale territorio della Chiesa, la coscienza umana! Ma il cardinale Tisserant deplora:

      “Dall’inizio di novembre [1939], ho chiesto con insistenza alla Santa Sede di emanare un’enciclica sul dovere individuale di ubbidire ai dettami della coscienza, perché questo è l’elemento essenziale del cristianesimo”. (Il corsivo è aggiunto).

      Comunque, la storia non rivela nessuna dichiarazione papale durante la guerra su questo “elemento essenziale del cristianesimo”. Infatti, Tisserant proseguì con la melanconica previsione: “Temo che la storia avrà ragione di biasimare la Santa Sede per aver perseguito la norma della propria convenienza e pochissimo altro. Questo è estremamente triste”.3

      La “norma” del papa di usare diplomazia con i nazisti assicurò senz’altro al Vaticano e alla Chiesa la “convenienza” di sopravvivere. Lo stesso Pio XII avvertì i vescovi tedeschi del “pericolo di rappresaglie e pressioni”, o peggio, li invitò a “stare attenti” alle loro dichiarazioni “per evitare mali maggiori. Questo è uno dei motivi”, scrisse, “delle limitazioni” che pose alle proprie dichiarazioni. — 30 aprile 1943.4

      Questa spiegazione ci aiuta a capire perché Pio XII si comportò con tanta circospezione. Ma non spiega questo fatto: Perché i ministri, i sacerdoti e i loro greggi, quasi fino all’ultima persona, stettero a guardare le atrocità naziste, cooperarono, o le commisero effettivamente? Che cosa era accaduto alla loro coscienza?

      La Chiesa e la coscienza

      La risposta deve dipendere dall’addestramento ricevuto da quelle coscienze. Un cattolico leale, per esempio, come doveva intendere la lettera pastorale dello stesso Pio XII dell’8 dicembre 1939, Asperis Commoti Anxietatibus, indirizzata ai cappellani dei vari eserciti delle nazioni belligeranti, 500 dei quali prestavano servizio nell’esercito di Hitler? Egli esortò i cappellani da ambo le parti ad avere fiducia nei loro rispettivi vescovi militari, considerando la guerra una manifestazione della volontà di un Padre celeste che volge sempre il male in bene, e “quali combattenti sotto la bandiera del loro paese a combattere anche per la Chiesa”.5 (Il corsivo è aggiunto).

      Questa sconcertante contraddizione è nuovamente dimostrata dalle lettere del papa ai vescovi da ambo le parti. In una lettera del 6 agosto 1940 ai vescovi tedeschi, Pio XII espresse la sua ammirazione

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