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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Marco Aurelio, nessun cristiano avrebbe fatto il soldato dopo il battesimo”. (C. J. Cadoux, The Early Church and the World, 1955, pp. 275, 276) “Già nel secondo secolo, il Cristianesimo aveva affermato che ‘non è lecito [per il cristiano] essere uomo di spada’ . . . onde al militare cristiano nessun’altra via rimane, fuorché quella di ‘abbandonare subito l’esercito’”. (G. Ferrero e C. Barbagallo, Roma antica, Le Monnier, II ed. 1933, Vol. III p. 154, 155) “Il comportamento dei cristiani era molto diverso da quello dei romani. . . . Poiché Cristo aveva predicato la pace, essi rifiutavano di fare il soldato”. (N. Platt e M. J. Drummond, Our World Through the Ages, 1961, p. 125) “I primi cristiani pensavano che fosse sbagliato combattere, e non prestavano servizio nell’esercito neanche quando l’Impero aveva bisogno di soldati”. (R. e W. M. West, The New World’s Foundations in the Old, 1929, p. 131) “I cristiani . . . rifuggivano da cariche pubbliche e servizio militare”. (F. P. G. Guizot, “Persecuzione dei cristiani in Gallia nel 177 A.D.”) “I cristiani zelanti non prestavano servizio nelle forze armate né accettavano cariche politiche”. (Habberton, Roth e Spears, World History, The Story of Man’s Achievements, 1962, p. 117) “Mentre inculcavano le massime dell’ubbidienza passiva, [i cristiani] rifiutavano di prendere parte attiva nell’amministrazione civile o nella difesa militare dell’impero. . . . Era impossibile che i cristiani, senza rinunciare a un dovere più sacro, potessero assumere il ruolo di soldati, di magistrati o di principi”. — Edward Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, Vol. I, p. 416.

      CELESTE

      Gli eserciti celesti, nel senso di moltitudini ben organizzate, non sono solo le stelle o i corpi celesti, ma più spesso le potenti schiere di creature spirituali angeliche sotto il comando supremo di Geova Dio. (Gen. 2:1; Nee. 9:6) L’espressione “Geova degli eserciti” ricorre 281 volte nelle Scritture Ebraiche, a partire da I Samuele 1:3, e due volte si trova il suo equivalente nelle Scritture Greche. (Rom. 9:29; Giac. 5:4) Nel parlare dei guerrieri angelici vengono usati termini militari come “legioni”, “carri da guerra”, “cavalieri”, ecc. (II Re 2:11, 12; 6:17; Matt. 26:53) In proporzione, il campo degli invisibili eserciti di Geova include “decine di migliaia, migliaia su migliaia” di carri da guerra. (Sal. 68:17) Come forze combattenti sono invincibili. Il “principe dell’esercito di Geova” con la spada sguainata apparve a Giosuè e gli diede istruzioni sulla cattura di Gerico. (Gios. 5:13-15) Un angelo di questi eserciti celesti uccise 185.000 assiri in una sola notte. (II Re 19:35) Quando scoppiò la guerra in cielo Michele e i suoi angeli scagliarono Satana e i suoi demoni nelle vicinanze della terra. (Riv. 12:7-9, 12) Non ci sarà via di scampo quando “gli eserciti . . . nel cielo” seguiranno il “Re dei re e Signore dei signori” che porterà la distruzione su “la bestia selvaggia e i re della terra e i loro eserciti”. (Riv. 19:14, 16, 19, 21) Ma allo stesso tempo questo potente esercito invisibile di Geova offre protezione ai Suoi fedeli servitori sulla terra. — II Re 6:17; Sal. 34:7; 91:11; Dan. 6:22; Matt. 18:10; Atti 12:7-10; Ebr. 1:13, 14.

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      Vedi CATTIVITÀ.

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    • Esodo

      Liberazione della nazione d’Israele dalla schiavitù in Egitto. Dopo aver promesso che il seme di Abraamo avrebbe ereditato il paese, Geova disse ad Abraamo (prima del 1933 a.E.V.): “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni. Ma la nazione che serviranno io la giudicherò, e ne usciranno quindi con molti beni. . . . Ma alla quarta generazione torneranno qui, perché l’errore degli Amorrei non è ancora giunto a compimento”. — Gen. 15:13-16.

      DATA DELL’ESODO

      Quando cominciarono dunque i quattrocento anni d’afflizione? Secondo la tradizione ebraica a iniziare dalla nascita di Isacco. Ma la prima effettiva evidenza di afflizione si ebbe il giorno in cui Isacco fu svezzato. È evidente che il 1913, quando Isacco aveva cinque anni circa e Ismaele diciannove, è l’anno dell’inizio dell’afflizione. Fu allora che Ismaele, “quello generato secondo la carne perseguitava quello generato secondo lo spirito”. (Gal. 4:29) Ismaele, che era parte egiziano, per gelosia e odio “si prendeva gioco” di Isacco, che era ancora piccolo; ma si trattava di ben altro che una semplice lite infantile. (Gen. 21:9) Altre versioni descrivono l’azione di Ismaele dicendo che “si faceva beffe” di Isacco. (Di) L’afflizione del seme di Abraamo continuò per tutta la vita di Isacco. Anche se da adulto Geova lo benedisse, Isacco fu tuttavia perseguitato dagli abitanti di Canaan e costretto a trasferirsi da un luogo all’altro a motivo delle loro angherie. (Gen. 26:19-24, 27) Infine, negli ultimi anni della vita di Giacobbe figlio di Isacco, il “seme” predetto si stabilì in Egitto e col tempo fu ridotto in schiavitù.

      I quattrocento anni d’afflizione andarono dunque dal 1913 a.E.V. al 1513 a.E.V. Questo fu anche un “periodo di grazia”, o di tolleranza, concesso da Dio ai cananei, di cui una delle principali tribù era quella degli amorrei. Nell’ultimo periodo il loro errore sarebbe giunto a compimento; chiaramente meritavano la completa espulsione dal paese. Come passo preliminare in tal senso, Dio avrebbe rivolto l’attenzione al suo popolo in Egitto, liberandolo dalla schiavitù e facendolo tornare nella Terra Promessa.

      Il periodo di 430 anni

      Un altro calcolo si basa sulle parole di Esodo 12:40, 41: “E la dimora dei figli d’Israele, che avevan dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, in quel medesimo giorno, pure avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”. Una nota in calce a Esodo 12:40 (NW), a proposito dell’espressione “che avevan dimorato”, dice: “Qui il verbo è di numero plurale, e il pronome relativo (ashèr) che lo precede in ebraico sembra riferirsi ai ‘figli d’Israele’, piuttosto che alla ‘dimora’”. La Settanta traduce il versetto 40: “Ma la dimora dei figli d’Israele che fecero [gr. dimorarono] pel paese d’Egitto e nel paese di Canaan [fu] di quattrocentotrent’anni”. Il Pentateuco samaritano dice: “Nel paese di Canaan e nel paese d’Egitto”. Tutte queste versioni indicano che i quattrocentotrent’anni includono un periodo di tempo più lungo di quello che gli israeliti trascorsero in Egitto.

      L’apostolo Paolo spiega che tale periodo di quattrocentotrent’anni (di Esodo 12:40) ebbe inizio al momento della ratifica del patto abraamico e terminò con l’Esodo. Paolo dice: “Inoltre, dico questo: In quanto al patto [abraamico] precedentemente convalidato da Dio, la Legge che è venuta all’esistenza quattrocentotrent’anni dopo [nello stesso anno dell’Esodo] non lo annulla, in modo da abolire la promessa”. — Gal. 3:16-18.

      Quanto tempo trascorse dunque dalla ratifica del patto abraamico fino al momento in cui gli israeliti si trasferirono in Egitto? In Genesi 12:4, 5 troviamo che Abraamo aveva settantacinque anni quando si trasferì in Canaan ed entrò in vigore il patto abraamico, la promessa fattagli in precedenza a Ur dei Caldei. Quindi, dalle informazioni genealogiche di Genesi 12:4; 21:5; 25:26 e dalle parole di Giacobbe riportate in Genesi 47:9, si capisce che dalla ratifica del patto abraamico al trasferimento in Egitto di Giacobbe con la sua famiglia trascorsero 215 anni. Questo indicherebbe che gli israeliti rimasero effettivamente in Egitto 215 anni (1728–1513 a.E.V.). Questa cifra concorda con altri dati cronologici.

      Dall’Esodo alla costruzione del tempio

      Altri due dati cronologici concordano con tale opinione e la confermano. Salomone cominciò la costruzione del tempio nel quarto anno del suo regno (1034 a.E.V.) e, secondo quanto dichiarato in I Re 6:1, quello era il “quattrocentottantesimo anno” dall’Esodo (1513 a.E.V.).

      “Circa 450 anni”

      C’è poi il discorso pronunciato da Paolo ad Antiochia di Pisidia, riportato in Atti 13:17-20, in cui menziona un periodo di “circa quattrocentocinquant’anni”. Egli accenna alla storia di Israele da quando Dio “scelse i nostri antenati”, cioè dall’effettiva nascita di Isacco, il seme della promessa (1918 a.E.V.). (La nascita di Isacco aveva risolto in modo definitivo la questione di chi Dio avrebbe riconosciuto quale seme, incerta per il fatto che Sara era sterile). Proseguendo Paolo descrive gli atti di Dio a favore della sua nazione eletta finché “diede loro dei giudici fino al profeta Samuele”. Il periodo di “circa quattrocentocinquant’anni” va dunque dalla nascita di Isacco nel 1918 a.E.V. fino al 1467 a.E.V., cioè quarantasei anni dopo l’Esodo avvenuto nel 1513 a.E.V. (quarant’anni trascorsi nel deserto e sei anni nella conquista del paese di Canaan). (Deut. 2:7; Num. 9:1; 13:1, 2, 6; Gios. 14:6, 7, 10) Questo per un totale che corrisponde senz’altro alla cifra tonda di “circa quattrocentocinquant’anni” menzionata dall’apostolo. Entrambi questi riferimenti cronologici confermano che il 1513 a.E.V. fu l’anno dell’Esodo e concordano inoltre con la cronologia biblica relativa ai re e ai giudici d’Israele.

      QUANTI PARTECIPARONO ALL’ESODO

      In Esodo 12:37 troviamo la cifra tonda di 600.000 “uomini robusti a piedi”, oltre ai “piccoli”. Secondo l’effettivo censimento fatto circa un anno dopo l’Esodo, riportato in Numeri 1:2, 3, 45, 46, erano 603.550 gli uomini dai vent’anni in su oltre ai leviti (Num. 2:32, 33), di cui si contarono 22.000 maschi da un mese in su. (Num. 3:39) Nell’ebraico l’espressione “uomini robusti” è gevarìm, che significa “forti” riferito a uomini, e non include le donne. (Confronta Geremia 30:6). Il termine “piccoli” deriva dall’ebraico taph e significa qualcuno che si muove con passi rapidi e leggeri, producendo un leggero scalpiccio; questi piccoli avrebbero dovuto esser portati quasi sempre in braccio o almeno non avrebbero potuto compiere a piedi tutto il viaggio.

      “Alla quarta generazione”

      Dobbiamo ricordare che Geova aveva detto ad Abraamo che nella quarta generazione i suoi discendenti sarebbero tornati in Canaan. (Gen. 15:16) Nell’intero periodo di 430 anni da quando era entrato in vigore il patto abraamico fino all’Esodo ci furono più di quattro generazioni, anche considerando la longevità di cui secondo la Bibbia gli uomini godevano in quel tempo. Ma gli israeliti rimasero effettivamente in Egitto solo 215 anni. Le ‘quattro generazioni’ dopo il loro arrivo in Egitto si possono calcolare in due modi, usando come esempio una sola tribù d’Israele, la tribù di Levi: (1) Levi, (2) Iochebed figlia di Levi, (3) Aaronne e (4) Eleazaro, che entrò nella Terra Promessa. Oppure (1) Levi, (2) Cheat, (3) Amram e (4) Mosè. — Eso. 6:16, 18, 20, 23; vedi IOCHEBED.

      Il numero di coloro che uscirono dall’Egitto, cioè 600.000 uomini robusti oltre alle donne e ai bambini, indicherebbe che in tutto dovevano essere più di tre milioni di persone. Questa cifra, anche se contestata da alcuni, non è affatto irragionevole. Infatti, pur essendoci state solo quattro generazioni da Levi a Eleazaro oppure da Levi a Mosè, tenuto conto della durata della vita di quegli uomini longevi, ciascuno di loro poté vedere diverse generazioni o insieme di discendenti durante la propria vita. Tuttora un uomo di sessanta o settant’anni spesso ha nipoti e anche pronipoti (quindi quattro generazioni sono in vita contemporaneamente).

      Insieme a Israele partì “una numerosa compagnia mista”. (Eso. 12:38) Questi erano tutti adoratori di Geova, infatti furono pronti a partire insieme a Israele mentre gli egiziani seppellivano i loro morti. Avevano osservato la Pasqua, altrimenti avrebbero partecipato al lutto e ai riti funebri dell’Egitto. In gran parte poteva trattarsi di persone in qualche modo imparentate con gli israeliti. Molti israeliti avevano sposato donne egiziane, e israelite avevano sposato degli egiziani. Un caso del genere è quello dell’uomo messo a morte nel deserto per aver abusato del nome di Geova, il quale era figlio di un egiziano mentre sua madre Selomit era della tribù di Dan. (Lev. 24:10, 11) Si noti inoltre che Geova diede istruzioni permanenti circa i requisiti dei residenti forestieri e degli schiavi in quanto a mangiare la pasqua quando Israele sarebbe entrato nella Terra Promessa. — Eso. 12:25, 43-49.

      IL PERCORSO DELL’ESODO

      Gli israeliti, che certo abitavano in diverse località da dove si misero in marcia per uscire dall’Egitto, non formavano tutti un’unica schiera compatta fin dall’inizio. Forse alcuni si unirono alla schiera principale cammin facendo. Rameses, la città o un distretto dallo stesso nome, fu il punto di partenza, e la prima tappa del viaggio fu Succot. (Eso. 12:37) Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che Mosè iniziasse la marcia da Rameses, mentre gli israeliti vennero da tutto il paese di Gosen e s’incontrarono a Succot. Il percorso esatto seguito dagli israeliti da Rameses fino al Mar Rosso oggi non può essere tracciato con sicurezza, perché i luoghi menzionati nella Bibbia non si possono localizzare con precisione.

      Il percorso dell’Esodo dipende in gran parte da due fattori: dove si trovava in quel tempo la capitale egiziana, e in quale punto furono attraversate le acque. Poiché le ispirate Scritture Greche Cristiane usano l’espressione “Mar Rosso”, c’è ogni ragione di ritenere che fossero quelle le acque attraversate da Israele. (Vedi MAR ROSSO). In quanto alla capitale egiziana, la località più probabile è Menfi, la principale sede del governo durante quasi tutta la storia dell’Egitto. (Vedi MENFI). In tal caso il punto di partenza della marcia dell’Esodo doveva essere abbastanza vicino a Menfi perché Mosè potesse essere convocato dopo mezzanotte dal faraone la notte di Pasqua e raggiungere Rameses in tempo per iniziare la marcia verso Succot prima che terminasse il quattordicesimo giorno di nisan. (Eso. 12:29-31, 37, 41, 42) Secondo la più antica tradizione ebraica, riferita da Giuseppe Flavio, la marcia ebbe inizio poco più a N di Menfi. — Antichità giudaiche, Libro II, cap. XV, 1.

      Probabile punto in cui fu attraversato il Mar Rosso

      Si noti che, una volta raggiunta la seconda tappa del viaggio, Etham “al limite del deserto”, Dio ordinò a Mosè di “tornare indietro e accamparsi davanti a Piairot . . . presso il mare”. Questa manovra avrebbe indotto il faraone a credere che gli israeliti stessero “errando in confusione”. (Eso. 13:20; 14:1-3) Gli studiosi secondo i quali il percorso più probabile seguì la Via el Hag fanno notare che la forma del verbo ebraico tradotto “tornare indietro” è enfatica e non significa semplicemente “cambiare direzione” o “deviare”, ma ha più il significato di ritornare o almeno fare un bel giro. Essi ritengono che, giunti in un punto a N dell’estremità del Golfo di Suez, gli israeliti invertirono la marcia e girarono a S del Gebel Ataqa, catena montuosa che costeggia la riva O del golfo. Infatti The Encyclopedia Americana (ed. 1956, Vol. 23, p. 284) riferisce che alcuni studiosi sostengono che la traversata iniziò “nelle vicinanze della cittadina di Suez, altri una trentina di chilometri più a sud, allo sbocco del Wadi Tuarik”. Quest’ultima località, il Wadi Tuarik, si trova fra la catena montuosa del Gebel Ataqa a N e quella del Gebel el Galala a S, e si allarga man mano che si avvicina alla riva del Mar Rosso. Una grande schiera, come quella degli israeliti, inseguita da O, non avrebbe potuto uscire rapidamente da un posto del genere e quindi sarebbe rimasta imbottigliata, col mare che sbarrava il passaggio. — Vedi la cartina acclusa.

      La tradizione ebraica del I secolo E.V. suggerisce quest’idea. (Vedi PIAIROT). Ma, cosa ancora più importante, tale situazione corrisponde all’idea generale data dalla Bibbia stessa, cosa che non può dirsi delle opinioni popolari di molti studiosi. (Eso. 14:9-16) È evidente che la traversata dovette essere effettuata abbastanza lontano dall’estremità del Golfo di Suez (o braccio occidentale del Mar Rosso) altrimenti gli eserciti del faraone avrebbero semplicemente potuto fare il giro e sorprendere gli israeliti dall’altra parte del golfo. (Eso. 14:22, 23) Il faraone aveva cambiato parere circa la liberazione degli israeliti non appena era stato informato della loro partenza. Certo la perdita di quella nazione di schiavi era un duro colpo per l’economia egiziana. Non sarebbe stato difficile per i suoi carri da guerra raggiungere quell’intera nazione in cammino, specie in vista del fatto che ‘erano tornati indietro’. Ora, incoraggiato dal pensiero che gli israeliti vagavano in confusione nel deserto, si mise a inseguirli sicuro di sé. Con 600 carri da guerra scelti, e con tutti gli altri carri da guerra d’Egitto su cui trovarono posto i soldati, con la cavalleria e tutte le sue forze militari, raggiunse Israele a Piairot. — Eso. 14:3-9.

      Da un punto di vista strategico la posizione degli israeliti era pessima. Erano stretti fra il mare e i monti, con gli egiziani che precludevano la ritirata. Vistisi intrappolati, il cuore degli israeliti fu preso da timore e cominciarono a lamentarsi contro Mosè. Allora Dio intervenne per proteggere Israele spostando la nuvola dall’avanguardia alla retroguardia. Da una parte, verso gli egiziani, c’erano tenebre; dall’altra la notte era illuminata per Israele. Mentre la nuvola tratteneva gli egiziani dall’attaccare, Mosè per comando di Geova alzò la verga e le acque del mare si aprirono, lasciando il letto asciutto perché Israele potesse passare. — Eso. 14:10-21.

      Larghezza e lunghezza del passaggio

      Dal momento che gli israeliti attraversarono il mare in una notte, non è presumibile che le acque si dividessero formando un passaggio stretto. Anzi doveva essere largo almeno km 1,5, o più. Anche in formazione di marcia piuttosto serrata, una folla del genere, insieme ai carri che potevano avere, al bagaglio e al bestiame, anche in file ravvicinate avrebbe occupato un’area di km2 7,5 o più. Per consentire la traversata degli israeliti il mare deve essersi aperto su un fronte piuttosto ampio. Se il passaggio era largo km 1,5, la colonna degli israeliti doveva essere lunga 5 km o più. Se era largo km 2,5, la colonna doveva essere lunga 3 km o più. Ci sarebbero volute diverse ore perché una colonna del genere scendesse nel letto del mare e lo attraversasse. Gli israeliti non si lasciarono prendere dal panico e rimasero in formazione di combattimento, ma senza dubbio camminarono alquanto spediti.

      Sul far del mattino giunsero sani e salvi sulla riva orientale del Mar Rosso. Allora Mosè ricevette il comando di stendere la mano affinché le acque si richiudessero sugli egiziani. Così “il mare tornava alla sua condizione normale” e gli egiziani fuggirono per non essere travolti. Anche questo indicherebbe che le acque si erano separate formando un’ampia apertura, poiché un passaggio stretto li avrebbe travolti immediatamente. Mentre le pareti d’acqua si chiudevano gli egiziani cercarono di fuggire verso la riva occidentale, ma le acque continuarono a convergere su di loro finché furono completamente sommersi tutti i carri da guerra e la cavalleria dell’esercito del faraone; non scampò nessuno.

      È ovvio che una travolgente inondazione del genere sarebbe impossibile in una palude. Inoltre in un acquitrino poco profondo i cadaveri non sarebbero stati trascinati dalle onde sulla spiaggia, come in effetti avvenne, tanto che “Israele vide gli Egiziani morti sulla spiaggia del mare”. — Eso. 14:22-31.

      Le acque ‘si condensarono’

      Secondo la descrizione che ne fa la Bibbia, le ondeggianti acque si condensarono per lasciar passare Israele. (Eso. 15:8) Il verbo condensare ricorre anche nelle versioni di Bonaventura Mariani e Salvatore Garofalo. Il Dizionario della lingua italiana di Devoto e Oli (ed. Le Monnier) così lo definisce: “Portare ad una maggiore densità . . . solidificare”. Il termine ebraico qui tradotto ‘condensare’, tradotto da altri ‘congelare’ (PIB), significa sia rapprendersi come il latte quando caglia che irrigidirsi come l’acqua quando gela. In Giobbe 10:10 è usato a proposito del latte che si rapprende. Perciò può significare che le pareti d’acqua avevano una consistenza simile a quella della gelatina o della cagliata, e non erano necessariamente allo stato solido come quello del ghiaccio. Nulla di visibile tratteneva le acque del Mar Rosso da entrambe le parti degli israeliti, quindi sembrava che si fossero congelate, irrigidite, rapprese o condensate in modo da rimanere ferme ai due lati come pareti senza abbattersi come un’inondazione sugli israeliti, a loro distruzione. Tali apparvero a Mosè quando un forte vento orientale divise le acque e prosciugò il bacino del mare così che non era fangoso, né gelato, anzi la moltitudine poté attraversarlo con facilità.

      Così con una spettacolare manifestazione di potenza Geova esaltò il suo nome e liberò Israele. Al sicuro sulla riva E del Mar Rosso, Mosè guidò i figli d’Israele in un cantico, mentre sua sorella Miriam, la profetessa, preso in mano un tamburello guidava nella danza tutte le donne coi tamburelli, rispondendo al canto degli uomini. (Eso. 15:1, 20, 21) Fra gli israeliti e i loro avversari c’era una completa separazione. Da quando erano usciti dall’Egitto nessuno poté far loro alcun male, né uomo né bestia, neanche un cane ‘affilò la lingua’ per ringhiare o minacciarli. (Eso. 11:7) Anche se il libro dell’Esodo non dice che il faraone finì nel mare insieme alle sue forze militari e rimase ucciso, il Salmo 136:15 afferma che Geova “scosse Faraone e le sue forze militari nel mar Rosso”.

      [Cartina a pagina 417]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      LUOGHI IN CUI SI SVOLSE L’ESODO DALL’EGITTO

      MAR GRANDE

      Porto Said

      Lago Bardawil

      Tanis (Zoan)

      Qantir

      Wadi Tumilat

      GOSEN

      Laghi Amari

      DESERTO DI ETHAM

      Etham(?)

      Via el Hag

      Succot(?)

      Il Cairo

      Nilo

      Rameses(?)

      Suez

      Migdol(?)

      Gebel Ataqa

      Wadi Hagul

      Wadi Ramliya

      Wadi Tuarik

      Piairot(?)

      Baal-Zefon(?)

      Gebel el Galala

      Ayun Musa

      GOLFO DI SUEZ

      MARA(?)

      Wadi Garandel

      Elim(?)

      Menfi

  • Esodo, libro di
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Esodo, libro di

      [gr. Èxodos, uscita, partenza (degli israeliti dall’Egitto); nome del libro nella Settanta greca].

      Secondo rotolo del Pentateuco detto anche Secondo libro di Mosè. In ebraico è chiamato Shemòhth, “Nomi”, dalla frase iniziale, Weèlleh shemòhth, “Or questi sono i nomi”. “Esodo” è la forma italiana derivata dal greco.

      Questo libro è l’evidente continuazione di Genesi, infatti inizia con la congiunzione “or” (letteralmente “e”) cui segue un secondo elenco dei nomi dei figli di Giacobbe tratto dall’elenco più completo di Genesi 46:8-27. Esodo fu scritto nel 1512 a.E.V. mentre gli israeliti erano accampati nel deserto del Sinai, un anno dopo la partenza dall’Egitto. Il libro abbraccia un periodo di 145 anni circa, dalla morte di Giuseppe nel 1657 a.E.V. all’erezione del tabernacolo nel 1512 a.E.V.

      LO SCRITTORE

      Gli ebrei non hanno mai messo in dubbio che lo scrittore di Esodo fosse Mosè. Le espressioni egiziane ricorrenti indicano uno scrittore dell’epoca, e non un ebreo nato e cresciuto più tardi in Palestina.

      ACCURATEZZA, VERACITÀ

      Nello scrittore di Esodo “si può scorgere una profonda conoscenza dell’antico Egitto. La posizione degli egiziani nei confronti degli stranieri — la separazione da questi ultimi, pur accogliendoli nel paese, il particolare odio per i pastori, il sospetto con cui erano visti come spie gli estranei provenienti dalla Palestina — il governo nazionale, il suo carattere stabile, il potere del re, l’influenza dei sacerdoti, le grandi opere, l’impiego di stranieri nella costruzione, l’uso di mattoni, . . . e mattoni con dentro paglia, . . . i soprintendenti, l’imbalsamazione dei cadaveri, la conseguente importazione di spezie, . . . il violento cordoglio, . . . il combattimento con cavalli e carri da guerra, . . . questi sono solo alcuni dei molti punti che si potrebbero notare indicanti una profonda conoscenza degli usi e costumi egiziani da parte dell’autore del Pentateuco”. — George Rawlinson, The Historical Evidences of the Truth of the Scripture Records, pp. 290, 291.

      La storia della figlia del faraone che fa il bagno nel Nilo (Eso. 2:5) è stata contestata, ma Erodoto dice (come rivelano anche monumenti antichi) che nell’antico Egitto le donne avevano ogni libertà d’azione. Inoltre gli egiziani attribuivano somme virtù alle acque del Nilo. A volte il faraone si recava evidentemente al fiume per adorare. Qui almeno due volte Mosè gli andò incontro durante le dieci piaghe. — Eso. 7:15; 8:20.

      In quanto all’assenza nei monumenti egiziani di ogni traccia del soggiorno degli israeliti in Egitto, ciò non sorprende dato che lo studio dei monumenti stessi rivela che gli egiziani non ricordavano quello che era poco lusinghiero per loro. Tuttavia una testimonianza ancora più valida di quella dei monumenti di pietra è la testimonianza vivente dell’osservanza della Pasqua da parte degli ebrei, che per tutto il corso della loro storia hanno commemorato l’Esodo.

      Ci sono fondati motivi per accettare l’accuratezza storica e la narrazione generale di Esodo. Gesù e gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane citano o menzionano Esodo più di quaranta volte. L’integrità dello scrittore, Mosè, conferma l’autenticità del libro. Egli rivela con estremo candore le proprie debolezze, esitazioni e mancanze, senza attribuire mai alla propria bravura miracoli, autorità o capacità organizzativa, anche se gli egiziani riconoscevano la sua grandezza e fu per lo più assai rispettato da Israele. — Eso. 11:3; 3:10-12; 4:10-16.

      La mano di Dio si rivela nel soggiorno degli israeliti in Egitto e nel loro Esodo. Difficilmente si sarebbe potuto trovare un posto migliore per la rapida crescita di Israele fino a diventare una nazione potente. Se fossero rimasti in Canaan avrebbero dovuto combattere spesso con gli abitanti del paese, mentre nel territorio della prima potenza mondiale, in quel tempo all’apice della sua grandezza, erano protetti dalla sua forza. Vivevano nella parte migliore del paese, cosa che contribuì alla loro salute e fecondità, come pure in parte al loro sviluppo intellettuale.

      Ma l’Egitto non era all’altezza in quanto a disciplina morale e spirituale e al promuovere i princìpi teocratici, e certo non avrebbe fatto di loro una nazione con un governo teocratico ed esclusivamente devota a Geova, con un sacerdozio dedicato all’insegnamento. Inoltre si doveva adempiere la promessa di Dio di dare al seme di Abraamo il paese di Canaan, ed era giunto il tempo di adempierla. Israele doveva diventare una grande nazione, con Geova quale Re supremo. Il libro di Esodo riferisce come Geova attuò questo proposito. — Eso. 15:13-21.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Rapida crescita di Israele intimorisce il re d’Egitto (cap. 1)

      A. Faraone decreta la morte dei bambini maschi

      B. Ebrei si oppongono al decreto; continuano a moltiplicarsi

      II Geova libera Israele per mano di Mosè (capp. 2-15)

      A. Mosè adottato dalla figlia del faraone, ammaestrato dalla propria madre (2:1-10)

      B. Uccide persecutore egiziano, fugge in Madian, si sposa, diventa pastore (2:11–3:1)

      C. Presso rovo ardente riceve incarico quale liberatore (3:2–4:17)

      D. Torna in Egitto; si presenta al faraone insieme ad Aaronne; nove piaghe colpiscono l’Egitto (4:18–11:10)

      E. Istituita la Pasqua; decima piaga (12:1-29)

      F. Esodo di Israele attraverso il Mar Rosso; esercito del faraone distrutto (12:30–15:27)

      III Geova organizza Israele come nazione teocratica, dà loro la Legge (capp. 16-40)

      A. Manna miracolosa; istituita l’osservanza del sabato (16:1-36)

Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
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