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Seguite il principale Agente del Dominio DivinoLa Torre di Guardia 1973 | 1° giugno
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Ma che cosa dice? ‘La parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore’; cioè la ‘parola’ della fede, che noi predichiamo. Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è il Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. Poiché col cuore si esercita fede per la giustizia, ma con la bocca si fa pubblica dichiarazione per la salvezza”. — Rom. 10:5-10.
25. (a) Quanto vicino ai Gentili portò Paolo quella “parola”, e come il Signore Gesù specialmente ci rese possibili queste informazioni? (b) Ora che quella “parola” era così vicina, quale domanda sorgeva riguardo a quelli che cercavano la salvezza?
25 Specialmente per mezzo dell’apostolo Paolo, che fu, “in realtà, apostolo delle nazioni”, e per mezzo dei suoi compagni missionari, la “parola” riguardo a Dio e al suo Cristo fu portata vicino al popolo delle nazioni gentili, così che la ripetessero con la loro bocca e la tenessero con apprezzamento nel loro cuore. Inoltre, Gesù Cristo aveva reso loro possibili queste informazioni scendendo dal cielo per rendere testimonianza a Dio e al suo proposito; ed era stato anche destato dai morti dall’Onnipotente Dio affinché fosse una vivente testimonianza dell’adempimento e della realizzazione del proposito di Dio. Fu anche inequivocabilmente provato che era il “Signore”, il principale Agente del divino dominio di Geova. La salvifica “parola” era dunque lì, dove questi Gentili potevano ottenerla, così vicino a loro come se fosse stata nella loro bocca e nel loro cuore. Ma sorgeva la domanda: Che cosa ne avrebbero fatto? Se volevano la salvezza eterna, dovevano fare solo una cosa. Per giunta, ciò che dovevano fare con essa per la salvezza era comandato loro da Dio stesso. Ricordate che Mosè fu ispirato a chiamare quella “parola” un “comandamento che oggi ti comando”. (Deut. 30:11-14) Per salvarci, dobbiamo ubbidire.
26, 27. (a) Qual è la “parola” che Dio ci comanda di accettare con fede? (b) Quale disse Gesù ai Giudei che era “l’opera di Dio” riguardo a cui avevano chiesto, e in che modo Paolo disse ai Greci sull’Areopago, in Atene, che questa è l’“opera” che Dio comanda?
26 Sì, Geova Dio, che stabilisce tutti i termini per la salvezza, ci comanda di accettare con fede la parola, cioè che Gesù Cristo è il Signore e che Dio lo ha destato dai morti. Questo è esattamente ciò che Gesù disse ai Giudei in risposta alla loro domanda: “Che faremo per eseguire le opere di Dio?” Gesù disse: “Questa è l’opera di Dio, che voi esercitiate fede in colui che Egli ha mandato”. (Giov. 6:28, 29) Ciò si applica anche ai non Giudei o incirconcisi Gentili. Non c’è perciò nessun altro corso se non che i Gentili informati si dedichino a Dio per fare la Sua volontà, per eseguire l’opera di Dio. Si dovevano perciò allontanare dai falsi dèi idolatrici a cui erano stati sino ad allora dedicati. Questo è in armonia con ciò che l’apostolo Paolo disse ai Greci pagani radunati sull’Areopago, ad Atene:
27 “È vero che Dio non ha tenuto conto dei tempi di tale ignoranza, ma ora dice [chiama, Ga; intìma, PIB; impone, Rotherham] al genere umano che tutti, in ogni luogo, si pentano. Perché ha stabilito un giorno in cui si propone di giudicare la terra abitata con giustizia mediante un uomo che ha costituito, e ne ha fornito garanzia a tutti in quanto lo ha risuscitato dai morti”. — Atti 17:30, 31.
“PUBBLICA DICHIARAZIONE PER LA SALVEZZA”
28. (a) Che cosa ci è comandato di fare per mezzo del cuore? (b) Qual è la “parola” che dobbiamo accettare con fede? (c) Come coltiviamo tale fede nel nostro cuore, così che facciamo che cosa?
28 In armonia con la nostra dedicazione a Geova Dio per fare la sua volontà mediante l’osservanza dei suoi comandamenti, dobbiamo con ubbidienza fare come fu comandato: ‘esercitare fede nel proprio cuore’. Sappiamo che è dal cuore che nasce l’affetto o l’amore e che esso ha il potere di spronare il suo possessore. Con esso proviamo apprezzamento. Col cuore dobbiamo dunque ‘esercitare fede’ in che cosa? In quella “parola” che Geova Dio ha recato vicino a noi per mezzo di Gesù Cristo. L’apostolo Paolo dice che questa “parola”, per citare lui, è “la ‘parola’ della fede, che noi predichiamo”. L’accettazione di quella “parola” predicata dall’apostolo Paolo richiede che si eserciti fede e dobbiamo fare questo col cuore. Dobbiamo volgere il nostro cuore a quella “parola” predicata. Nel nostro cuore dobbiamo nutrire amore per quella “parola”. Nel nostro cuore dobbiamo edificare sincero apprezzamento per quella “parola”. Questa condizione di cuore ci spingerà o ci spronerà a riporre fede in quella parola e ad accettarla e a metterla in pratica.
29. Riguardo a che cosa dobbiamo esercitare fede nel nostro cuore, e verso chi è dunque diretta la nostra principale azione per la salvezza?
29 Riguardo a che cosa ci è chiesto di ‘esercitare fede nel nostro cuore’? Riguardo a questo: “che Dio lo ha destato dai morti”. Ah, qui vediamo che non si tratta solo di ‘credere al Signore Gesù’ per salvarsi. (Atti 16:31) Anzitutto, dobbiamo esercitare fede in Dio. È sempre vero, come ci rammenta Paolo, che “chiunque invoca il nome di Geova sarà salvato”. (Rom. 10:13) È Geova che dobbiamo amare con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra mente e con tutta la nostra forza. Egli è l’Onnipotente che destò Gesù Cristo dai morti alla vita immortale. Geova è perciò colui verso il quale è diretta la nostra principale azione. È a lui che dobbiamo fare la dedicazione di noi stessi per compiere la Sua volontà, per osservare i Suoi comandamenti. — Rom. 10:8, 9.
30. (a) Con il nostro cuore, che cosa dobbiamo credere che Dio fece riguardo a Gesù Cristo? (b) Pertanto in che senso Dio ci rese disponibile una sostanziale “parola”?
30 Quindi i nostri cuori dedicati, pieni d’amore e d’apprezzamento, devono spingerci a esercitare fede che Geova Dio compì lo stupendo miracolo di destare dai morti Gesù Cristo che era stato messo al palo. In tal modo Dio rese possibile che Gesù Cristo ascendesse alla divina presenza nel cielo e vi presentasse il valore del suo sacrificio di espiazione per il beneficio di tutto il genere umano, acquistandoli in tal modo tutti. Con la morte di sacrificio, Gesù Cristo scese nell’“abisso”, ma lo spirito o forza attiva di Geova scese in quell’“abisso” per “far salire Cristo dai morti”. Per mezzo di un Cristo vivente, quindi, l’Onnipotente Dio Geova poté renderci disponibile la “parola”, poté dare un contenuto o sostanza a quella “parola”, poté fare in modo che quella “parola” contenesse per noi un messaggio di vita. Tutto considerato, quindi, Geova è Colui verso cui principalmente dovremmo agire dedicandoci a lui. Ma dobbiamo far questo per mezzo del suo principale Agente, Gesù Cristo. — Rom. 10:6, 7; Ebr. 2:9, 10; 5:8, 9.
31. Il nome di chi dobbiamo dunque invocare per la salvezza, ma perché la nostra bocca deve anche fare una confessione riguardo a Gesù Cristo?
31 Ne consegue inevitabilmente che dobbiamo invocare “il nome di Geova” per essere salvati. (Rom. 10:13; Atti 2:21; Gioe. 2:32) Ciò richiede che la bocca, spronata dal cuore, faccia qualche cosa. Con la bocca siamo obbligati a invocare il nome di Geova. Ma ora, siccome Dio destò Cristo dai morti, non possiamo invocarlo indipendentemente da Gesù Cristo. Con la nostra bocca dobbiamo anche fare confessione riguardo a Gesù Cristo. Ecco perché l’apostolo Paolo, considerando la “parola” della fede che predicava, continua dicendo: “Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è il Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. Poiché [1] col cuore si esercita fede per la giustizia, ma [2] con la bocca si fa pubblica dichiarazione per la salvezza”. — Rom. 10:9, 10.
32. (a) Il fare questa pubblica dichiarazione con la nostra bocca com’è chiamato in altre traduzioni della Bibbia? (b) Quand’è che viene fatta questa confessione orale per la salvezza?
32 Quand’è che “si fa pubblica dichiarazione per la salvezza”? Questo si fa e deve farsi prima che il dedicato credente si battezzi “nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo”. (Matt. 28:19, 20; Atti 16:31-33; 17:33; 19:1-7) Questa pubblica dichiarazione è una confessione, come mostrano la Traduzione interlineare del Regno (inglese) e altre traduzioni della Bibbia. (Na; PIB) La traduzione di Byington e An American Translation lo rendono come un “riconoscimento”. Questa confessione o riconoscimento è ciò che ora in qualità di credenti dedicati facciamo oralmente al ministro cristiano che presiede il battesimo in acqua o dinanzi a lui. Naturalmente, continuiamo poi a fare questa confessione nelle nostre adunanze di congregazione. (Ebr. 10:23) Anche dinanzi ad autorità governative o giudiziarie che possono chiederci spiegazione della nostra speranza cristiana. (1 Piet. 3:15) Inoltre, nella nostra predicazione pubblica di casa in casa e nelle nostre visite ulteriori alle case private dove abbiamo trovato persone interessate. Ma, necessariamente, questa confessione comincia prima del battesimo. La semplice testimonianza orale come persona non dedicata prima del battesimo non salva.
33. Che cosa significa una confessione, e che cosa dobbiamo confessare dinanzi ad altri per la salvezza?
33 Naturalmente, una confessione significa una dichiarazione, rivelazione, ammissione o un riconoscimento di qualche cosa a un altro o ad altri. Or dunque, che cos’è che dobbiamo dichiarare, o riconoscere, oralmente dinanzi ad altri? È la “parola”, naturalmente. Paolo dice: “Se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è il Signore, . . . sarai salvato”. (Rom. 10:9) Per cui non possiamo escludere Gesù Cristo dai propositi e dalle disposizioni di Dio, poiché Gesù è il “principale Agente della loro salvezza”. (Ebr. 2:10) Dobbiamo oralmente dichiarare, confessare, ammettere, riconoscere che Gesù è non solo il “Signore” del re Davide, ma anche il nostro personale “Signore”. (Sal. 110:1; Atti 2:34-46) Dobbiamo fare questa dichiarazione dinanzi ad altri secondo la “parola” che fu ispirata dallo spirito di Dio.
34. Secondo I Corinti 12:2, 3, sotto la direttiva di che cosa confessiamo che Gesù è Signore, e per quanto tempo ci atteniamo a quella confessione per la salvezza?
34 Per questa ragione l’apostolo Paolo disse: “Perciò vi faccio conoscere [agli ex devoti di idoli] che nessuno quando parla per lo spirito di Dio dice: ‘Gesù è maledetto!’ e nessuno può dire: ‘Gesù è Signore!’ se non per lo spirito santo”. (1 Cor. 12:2, 3) Lo spirito di Dio che è in noi ci guida a fare la giusta confessione, riconoscimento o dichiarazione ad altri, cioè che Gesù è “Signore” per nomina di Dio. Dio destò Gesù dai morti affinché fosse un Signore vivente. Dio pose il risuscitato Gesù a sedere alla sua destra e lo rese “Signore” più alto di ogni altra creazione. Se desideriamo la salvezza eterna, dobbiamo attenerci alla pubblica dichiarazione, confessione o riconoscimento che facemmo prima del nostro battesimo in acqua, cioè che Gesù Cristo è il Signore costituito da Geova Dio su di noi e che noi amorevolmente accettiamo.
COME RINNEGARE SE STESSI
35. Che cosa disse Gesù agli apostoli che doveva fare chi vuole andare dietro a lui?
35 Confessando con la nostra bocca che Gesù è il nostro Signore assumiamo un certo obbligo. Gesù vi si riferì dopo avere rimproverato Pietro che aveva cercato di dissuaderlo dal continuare nella sua via fino alla morte sul palo di tortura a Gerusalemme. Leggiamo: “Gesù disse quindi ai suoi discepoli: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda il suo palo di tortura e mi segua’”. (Matt. 16:24) La traduzione di Byington dice: “Se qualcuno desidera venire dietro a me, disconosca se stesso e prenda la sua croce e mi segua”. Spiegando il significato di “rinnegare”, Il Vocabolario della Lingua Italiana di Nicola Zingarelli dice, fra l’altro: “Dichiarare di non riconoscere, negare di voler ritenere e osservare. . . . Dichiarare di non conoscere”.
36. (a) Quando fu che Pietro rinnegò Gesù tre volte, e con ciò chi riconosceva? (b) Disconoscendo Gesù, a chi Pietro asserì di appartenere?
36 La notte che Gesù fu tradito da Giuda Iscariota, l’apostolo Pietro rinnegò Gesù tre volte. Dopo che quelli che sospettavano di Pietro lo ebbero accusato tre volte d’essere un associato di Gesù, allora, come ci narra Matteo 26:74, Pietro, “cominciò a maledire e a giurare: ‘Io non conosco quell’uomo!’” Rinnegando così Gesù, Pietro si escluse dagli associati o seguaci di Gesù. Ciò facendo, Pietro non si allontanò solo da tutti gli altri. No, si pose piuttosto dalla parte di quelli che non seguivano Gesù, ma che pensavano che Gesù doveva essere processato per sopprimerne la vita. O, per usare l’altra parola, “disconoscere”, Pietro, disconoscendo Gesù come suo Capo e Insegnante asseriva di appartenere a qualcun altro come suo capo e insegnante. Disconoscendo Gesù, Pietro non si metteva in una posizione neutrale, in un posto che non favorisca nessuna parte della contesa, in un posto che esiste per proprio conto e non ha nessuna relazione con nessun altro. Disconoscendo Gesù, Pietro dovette asserire di appartenere a qualcun altro.
37. Che cosa significa dunque rinnegare se stessi per seguire Gesù, e secondo la volontà di chi si fa questo?
37 Vale la stessa cosa per ciò che Gesù disse ai suoi discepoli in Matteo 16:24. Chi rinnega se stesso e prende il suo palo di tortura e continua a seguire Gesù non dice soltanto No! a se stesso rispetto a un desiderio personale ora e a un altro desiderio personale poi. In effetti, dice No! a se stesso per quanto riguarda il continuare a vivere come un egoista che non segue Gesù Cristo. Rinnegando se stesso volta le spalle a tale corso di vita egotistico, materialistico e diviene seguace di Gesù, portando il palo di tortura della morte come lo portò Gesù. Rinnega se stesso quale persona che guida e decide e riconosce per proprio conto, ammettendo che Gesù Cristo è il suo Capo e Insegnante. Questo passo si fa, naturalmente, secondo la volontà di Dio.
38. Che cosa significa rinunziare a se stessi per seguire Gesù, e, come lui, di chi diveniamo schiavi?
38 La Sacra Bibbia a cura del Pontificio Istituto Biblico rende Matteo 16:24: “Chi vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Che cosa significa dunque, in questo caso, rinunziare a se stesso? Per certo significa non pretendere più d’esser padrone di sé. In tal caso, concediamo o cediamo la proprietà di noi stessi a qualcun altro e ammettiamo, riconosciamo che egli è nostro proprietario. Non che diveniamo semplicemente di nessuno. Chi diviene, allora, nostro proprietario perché abbiamo rinunziato a noi stessi per portare il palo e seguire del continuo Gesù Cristo? Senza dubbio, Gesù rinunziò a se stesso; il che significò riconoscere, ammettere che Geova era il suo proprietario e che era egli stesso uno schiavo di Geova. Coerentemente, quindi, allorché noi, per divenire seguaci di Gesù, rinunziamo a noi stessi, concediamo, cediamo la proprietà di noi stessi a Geova, di cui diveniamo schiavi a somiglianza di Cristo. Non siamo più di noi stessi.
39. (a) Che cosa richiede dunque questo da parte di quelli che fanno tale scelta? (b) Come si simboleggia, ma solo dopo aver fatto quale confessione?
39 Che cosa richiede dunque questo da parte nostra dopo che abbiamo fatto questa scelta? Richiede che ci dedichiamo senza riserve a Geova Dio per fare la sua volontà a imitazione di suo Figlio Gesù Cristo. La sua volontà è che siamo fedeli discepoli di Gesù Cristo. La sua volontà è che dichiariamo, confessiamo, riconosciamo che Gesù Cristo è il nostro “Signore” costituito da Dio. Gesù diviene così il nostro Padrone con l’autorità di comandarci e assegnarci compiti. Questa dedicazione a Geova Dio, naturalmente, la facciamo dopo esserci pentiti e convertiti a lui. Indirizziamo la nostra convertita condotta verso il vero obiettivo dedicandoci a Geova Dio per mezzo del suo principale Agente Gesù Cristo. Simboleggiamo ora questa dedicazione con l’immersione in acqua. Questa è la volontà di Dio e noi ci siamo dedicati a Lui per fare tale volontà. Prima del nostro battesimo in acqua dobbiamo fare una pubblica dichiarazione o confessione con la nostra bocca per la salvezza, ciò facendo in aperta espressione di quello che crediamo nel nostro cuore. Solo facendo così intraprendiamo la via dell’eterna salvezza che viene da Dio per mezzo di Cristo.
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La relazione del battesimo in acqua con la salvezzaLa Torre di Guardia 1973 | 1° giugno
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La relazione del battesimo in acqua con la salvezza
1. (a) Come I Pietro 3:20, 21 mette in relazione la sopravvivenza di otto anime umane al Diluvio con il battesimo cristiano? (b) Come si distingue il battesimo cristiano dall’acqua?
LA RELAZIONE del battesimo in acqua con la salvezza è commentata dall’apostolo Pietro nella sua prima lettera, al capitolo tre. Dopo aver detto che Gesù fu destato nello spirito e andò a predicare agli spiriti in prigione, Pietro continua dicendo: “La pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre era costruita l’arca, in cui alcune persone, cioè otto anime, furono salvate attraverso l’acqua. Ciò che corrisponde a questo salva ora anche voi, cioè il battesimo (non il togliere del sudiciume della carne, ma la richiesta fatta a Dio d’una buona coscienza), per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo”. (1 Piet. 3:20, 21) Non è l’acqua a salvare. Il battesimo non è l’acqua battesimale. Il battesimo è il passaggio attraverso l’acqua mediante l’immersione in essa. Il battesimo è un atto, non l’acqua.
2. (a) Come Ebrei 11:7 mostra ciò che recò salvezza a Noè nel diluvio? (b) Nonostante Noè camminasse con Dio prima del diluvio, quale passo decisivo dovette fare per salvarsi?
2 Noè fu salvato dall’acqua del Diluvio. Come fu salvato, lo narra Ebrei 11:7:
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