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Traete beneficio personale dalle leggi e dai princìpi della BibbiaLa Torre di Guardia 1970 | 15 dicembre
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e troviamo immeritata benignità per aiuto al tempo opportuno”.
26. Come nella nostra condotta cristiana possiamo trarre profitto dalla considerazione degli uomini fedeli dei tempi antichi?
26 Quando rivolgiamo lo sguardo agli esempi del passato che Dio ci ha posti dinanzi, riscontriamo che tutti quelli che ebbero fede ‘camminarono con Dio’. Fecero questo di cuore. Seguirono la via della verità. Non dovettero avere una norma scritta per guidare ogni azione che facevano, ma il loro amore verso Dio fu compensato dal suo favore ed egli li guidò nella via che seguivano così che non inciamparono in una completa caduta. Se noi ci avviciniamo a Geova, egli si avvicinerà a noi. (Giac. 4:8) Dobbiamo studiare la sua Parola per far questo. Essa è un deposito di sapienza. Infatti, la sapienza è personificata dallo scrittore di Proverbi ed è rappresentata mentre dice: “Io stessa amo quelli che mi amano, e quelli che mi cercano son quelli che mi trovano. Presso di me sono ricchezze e gloria, valori ereditari e giustizia. Il mio frutto è migliore dell’oro, pure dell’oro raffinato, e il mio prodotto dell’argento scelto. Percorro il sentiero della giustizia, in mezzo ai cammini del giudizio, per far prendere possesso della sostanza a quelli che mi amano; e tengo ripieni i loro depositi”. — Prov. 8:17-21.
27. Come Salmo 19:9 ci mostra che le leggi di Geova sono corrette dai punti di vista spirituale, morale e fisico?
27 Sì, le leggi di Geova possono guidarci alla vita e sono corrette da ogni punto di vista, spirituale, morale e fisico. Egli dice: “Il timore di Geova è puro, sta per sempre. Le decisioni giudiziarie di Geova sono veraci; si son mostrate giuste tutte insieme”. — Sal. 19:9.
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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1970 | 15 dicembre
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Domande dai lettori
● Che cos’è il “timore” che l’amore perfetto caccia via, come dice I Giovanni 4:18? — C. A., U.S.A.
L’apostolo Giovanni scrive: “Non vi è timore nell’amore, ma l’amore perfetto caccia via il timore, perché il timore esercita una restrizione. In realtà, chi ha timore non è stato reso perfetto nell’amore. — 1 Giov. 4:18.
Il timore in questo caso è un timore che trattiene le proprie espressioni verso Dio nella preghiera. Il contesto mostra che Giovanni continua la sua considerazione sulla “libertà di parola”. (1 Giov. 4:17) Egli non tratta la libertà di parola nella predicazione della buona notizia, ma la “libertà di parola verso Dio”. — 1 Giov. 3:19-21; si paragoni Ebrei 10:19-22.
Colui nel quale l’amore di Dio raggiunge la piena espressione può accostarsi al proprio Padre celeste con fiducia, non sentendosi ‘condannato nel cuore’ come se fosse ipocrita o disapprovato. Egli sa di cercar d’osservare sinceramente i comandamenti di Dio e di fare quindi ciò che piace al Padre suo. (1 Giov. 3:21, 22) È dunque libero d’esprimersi e di rivolgere invocazioni a Geova. Non si sente come se Dio gli avesse imposto ‘un periodo di prova’, come se avesse restrizioni in ciò che ha il privilegio di dire o chiedere. (Si paragonino Numeri 12:10-15; Giobbe 40:1-5; Lamentazioni 3:40-44; I Pietro 3:7) Non è impedito da nessun timore morboso; non è conscio di nessun ‘marchio nero’ contro di lui. — Si paragoni Ebrei 10:26, 27, 31.
Come un figlio non si sente minimamente imbarazzato o timoroso di chiedere ai suoi amorevoli genitori alcuna cosa, convinto che essi s’interessano sempre dei suoi bisogni e della sua felicità, così i cristiani nei quali si è pienamente sviluppato l’amore sono sicuri che “qualunque cosa chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta. Inoltre, se sappiamo che egli ci ascolta circa qualunque cosa chiediamo, sappiamo che avremo le cose chieste giacché le abbiamo chieste a lui”. — 1 Giov. 5:14, 15.
Questo perfetto amore non caccia via perciò il timore d’ogni specie. Non elimina il timore riverenziale e filiale verso Dio, sorto dal profondo rispetto per la sua autorità, per la sua potenza e per la sua giustizia. (Sal. 111:9, 10; Ebr. 11:7) Né elimina il normale timore che fa evitare il pericolo dov’è possibile e così protegge noi stessi e la nostra vita, né il timore causato da improvviso allarme. — Si paragonino II Corinti 11:32, 33; Giobbe 37:1-5; Abacuc 3:16, 18.
La corretta comprensione di I Giovanni 4:18 arricchisce molto in senso spirituale. Rivela quanto è grande la relazione che il cristiano ha col suo magnifico Creatore. Ci incoraggia a parlare di cuore nelle nostre preghiere a Dio, non essendo formali né meccanici, ma esprimendo apertamente i nostri sentimenti, i nostri bisogni, la nostra preoccupazione per altri, le nostre speranze e il nostro amore verso di Lui.
Né si dovrebbe considerare questo essere resi ‘perfetti nell’amore’ come una mèta quasi impossibile. La ‘perfezione’ è intesa di rado nel senso assoluto; di solito è relativa. Quando l’apostolo Paolo scrisse ai cristiani corinti: “Non divenite fanciullini nelle facoltà d’intendimento, . . . e divenite uomini fatti nelle facoltà d’intendimento”, non stabiliva una mèta oltre la possibilità di chiunque nella intera congregazione. (1 Cor. 14:20) La parola greca (teʹlei·oi) per “fatti” che usò in questo testo è la stessa parola (di genere maschile) che la parola (di genere femminile) per “perfetto” (te·leiʹa) che Giovanni usò in I Giovanni 4:18. Quindi, che siamo ‘resi perfetti nell’amore’ significa che in noi l’amore di Dio non è sottosviluppato, in uno stato medio, ma riempie il nostro cuore e di cuore ci spinge a fare la sua volontà.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1970 | 15 dicembre
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Domande dai lettori
● Parlò Geova Dio personalmente a Mosè o gli parlò per mezzo di un rappresentante angelico? — S. C., U.S.A.
Geova comunicò con Mosè in più di un’occasione. Quando Mosè pasceva il gregge di suo suocero lungo il monte Horeb, vide un rovo ardente che non si consumava. Come si narra in Esodo 3:4-6, “quando Geova vide che si dipartiva per ispezionare, subito Dio lo chiamò di mezzo al rovo e disse: ‘Mosè! Mosè!’ . . . E proseguì, dicendo: ‘Io sono l’Iddio di tuo padre, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe’. Quindi Mosè nascose la sua faccia, perché temeva di guardare il vero Dio”. Chi in quell’occasione parlò effettivamente a Mosè? Il versetto 2 dice: “L’angelo di Geova gli apparve in una fiamma di fuoco nel mezzo d’un rovo”. Non era dunque Geova stesso che lì apparve a Mosè e gli parlò, ma fu l’angelo di Geova che, come rappresentante di Dio, parlò in Suo nome.
Al comando di Geova, Mosè andò in Egitto per apparire davanti a Faraone e condurre gli Israeliti fuori del paese. Lì Geova continuò a parlare a Mosè, dandogli specifici messaggi da pronunciare a Faraone e avvertimento anticipato di piaghe che si sarebbero abbattute sul paese. È ragionevole concludere che in questo tempo Geova continuò a parlare a Mosè non direttamente, ma per mezzo di un rappresentante angelico, proprio come aveva fatto in Oreb.
In seguito, Mosè tornò nelle vicinanze del luogo dove Geova gli aveva dato dapprima istruzioni, conducendo con sé i liberati figli di Israele. Lì Dio comunicò udibilmente i Dieci Comandamenti all’intera nazione radunata presso la base del monte. (Eso. 20:1-18, 22; Deut. 9:10) Sopraffatti dal timore, i capi delle tribù e gli anziani del popolo implorarono che Geova non parlasse loro di nuovo in questa maniera spettacolare, ma che comunicasse con loro per mezzo di Mosè. Il popolo si ritirò dunque nelle sue tende, e Geova diede le ulteriori decisioni giudiziarie per la nazione a Mosè. — Deut. 5:4; 23-31.
Mosè e Aaronne, Nadab e Abiu e settanta degli anziani d’Israele ebbero in seguito “una visione del vero Dio” all’inaugurazione del patto della Legge. (Eso. 24:11) Ma relativamente all’esperienza privata di Mosè leggiamo: “La gloria di Geova continuava a risiedere sul monte Sinai, e la nuvola continuava a coprirlo per sei giorni. E il settimo giorno egli chiamò Mosè dal mezzo della nuvola. E agli occhi dei figli d’Israele l’aspetto della gloria di Geova era come un fuoco divorante in cima al monte. Mosè entrò quindi in mezzo alla nuvola e salì sul monte. E Mosè stette sul monte quaranta giorni e quaranta notti. E Geova parlava a Mosè . . . E appena ebbe finito di parlare con lui sul monte Sinai, egli dava a Mosè le due tavolette della Testimonianza, tavolette di pietra scritte col dito di Dio”. (Eso. 24:16–31:18) Fu Geova stesso a proferire personalmente i Dieci Comandamenti all’intera nazione al monte Sinai e a dare in seguito ulteriori decisioni giudiziarie e le incise tavolette della Testimonianza a Mosè? Molti che leggono il racconto possono pervenire a questa conclusione.
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