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  • Domande dai lettori (1)
    La Torre di Guardia 1964 | 1° luglio
    • Domande dai lettori

      ● Perché le pubblicazioni della Torre di Guardia dicono che Matteo scrisse il suo Vangelo prima in ebraico, dal momento che si suppone che l’ebraico fosse ai suoi giorni una lingua morta? — E. W., Stati Uniti.

      Vi sono diverse ragioni per credere che Matteo scrivesse il suo Vangelo prima in ebraico. Anzitutto, non possiamo presumere che l’ebraico fosse una lingua morta, poiché G. Ernest Wright dice nel suo libro Biblical Archaeology (pag. 240): “Si potevano udire i soldati e gli ufficiali romani che conversavano in latino, mentre i Giudei ortodossi potevano benissimo parlare tra loro una varietà nuova di ebraico, una lingua che, a quanto si sa, non era né ebraico classico né aramaico, malgrado somigliasse ad entrambi”. Inoltre, nel libro Daily Life in Bible Times, Albert Edward Bailey descrive l’ammaestramento dei giovani giudei al tempo di Giacomo, figlio di Zebedeo:

      “I fanciulli erano ammaestrati nella devozione sin dalla tenera età. Questo significherebbe che i fanciulli avevano conoscenza della Legge, e lo dimostravano essendo in grado di leggerla, scriverla e spiegarne l’ovvio significato. . . . I fanciulli sedevano per terra in semicerchio davanti all’insegnante. Ivi Giacomo aveva imparato a leggere la Legge in ebraico a cominciare dal Libro di Levitico, il cui contenuto ogni Giudeo doveva conoscere per vivere in modo accettevole davanti a Dio; e doveva pronunciare le parole correttamente e con riverenza. L’ebraico era per lui una lingua strana, perché a casa e nei giochi parlavano aramaico, e in seguito quando cominciava a lavorare doveva parlare greco. L’ebraico era solo per la sinagoga. . . . Dopo aver imparato a leggere, doveva imparare a scrivere, probabilmente in ebraico e certamente in aramaico”. — Pagg. 248, 249.

      Quanto alla testimonianza che Matteo scrivesse il suo Vangelo prima in ebraico, vi è una lunga serie di dichiarazioni di scrittori del secondo fino al quarto secolo d.C. Ne riportiamo alcune di seguito: Papia del primo e secondo secolo scrisse: “Matteo raccolse gli oracoli [del Signore] in lingua ebraica”. (The Ante-Nicene Fathers, Vol. I, pag. 155) Origene del secondo e terzo secolo scrisse che il Vangelo di Matteo fu “pubblicato per i credenti giudei, e composto in lettere ebraiche”. (Cyclopædia di M’Clintock e Strong, Vol. 5, pag. 890) Lo stesso libro cita le parole di Eusebio del terzo e quarto secolo che dice: “L’evangelista Matteo mise il suo Vangelo in lingua ebraica”.

      Vi è anche Girolamo del quarto e quinto secolo, che disse nel suo Catalogue of Ecclesiastical Writers che Matteo “compose un Vangelo di Cristo in Giudea in lingua e caratteri ebraici, per il bene di quelli della circoncisione che avevano creduto. . . . Inoltre, l’ebraico stesso è tuttora preservato nella biblioteca di Cesarea che il martire Panfilo raccolse con tanta diligenza”.

      Pure interessante è la dichiarazione di un moderno studioso della Bibbia, Hugh G. Schonfield. A pagina 11 di An Old Hebrew Text of St. Matthew’s Gospel egli scrive: “Fino al quarto secolo sentiamo parlare di un Matteo ebraico preservato negli archivi giudaici di Tiberiade”.

      Un’ulteriore ragione per credere che Matteo scrivesse il suo Vangelo prima in ebraico è basata sul fatto che l’attento esame delle sue citazioni delle Scritture Ebraiche rivela che egli citò direttamente l’ebraico, non la Versione dei Settanta. Se Matteo avesse scritto il suo Vangelo prima in greco, probabilmente avrebbe citato la Versione dei Settanta.

      Se prendiamo in considerazione la testimonianza dei primi scrittori, l’uso dell’ebraico nelle sinagoghe e le citazioni di Matteo dall’ebraico, arriviamo a questa conclusione: Sembra ragionevole credere che Matteo scrivesse il suo Vangelo prima in ebraico, e che in seguito molto probabilmente lo traducesse egli stesso in greco koinè.

  • Domande dai lettori (2)
    La Torre di Guardia 1964 | 1° luglio
    • Domande dai lettori

      ● Come apprese Adamo dopo la sua ribellione che Dio aveva detto: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, quanto a conoscenza del bene e del male. Guardiamo ch’egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’albero della vita, e ne mangi, e viva in perpetuo”? (Gen. 3:22, VR) — E. D., U.S.A.

      Questo versetto non dice che Geova Dio pronunciasse tra sé queste parole così che Adamo non le udisse. Piuttosto, è molto evidente che Geova le disse ad alta voce così che Adamo poté udirle e sapere perché era cacciato dal paradiso di delizia. Facendo questo, Dio sorprese Adamo dicendo qualcosa di cui né egli né sua moglie Eva erano a conoscenza prima; cioè che nel mezzo del giardino vi era l’“albero

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