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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1960 | 15 dicembre
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Domande dai lettori
● Io e mio marito siamo Testimoni dedicati da poco tempo. I nostri parenti sono contro di noi perché abbiamo preso questa determinazione. Con la venuta del Natale e l’abitudine di fare doni, essi saranno ancora di più contrari a causa del nostro rifiuto di parteciparvi. Potreste darci qualche indicazione su questa questione? — R. M., U.S.A.
Come dedicati cristiani noi ci preoccupiamo innanzi tutto di piacere a Geova Dio e a Gesù Cristo. Secondariamente, abbiamo l’obbligo di testimoniare ai nostri amici, vicini e parenti, secondo che se ne presenti l’opportunità. Nella misura in cui facciamo questo con efficacia, essi comprenderanno come la pensiamo su varie questioni. Questo avverrà specialmente se menzioniamo l’atteggiamento della società del Nuovo Mondo rispetto a feste e questioni personali, politiche e religiose. Noi possiamo far capire che accettiamo Cristo come Re ma consideriamo non appropriato porre oggi in risalto la sua fanciullezza. Possiamo far questo con franchezza di linguaggio perché abbiamo la soddisfazione di sapere che il nostro punto di vista è scritturale.
Se ricevessimo doni natalizi, che cosa accadrebbe? Non sembra saggio parlare in tale periodo contro l’istituzione del Natale. Anziché rifiutarli o restituirli, sarebbe meglio esprimere solo apprezzamento con le parole o con una lettera o cartolina; e, non facendo nessun riferimento al periodo festivo, potremmo approfittare dell’occasione per fare qualche riferimento alla nostra speranza nel nuovo Mondo. Potrebbe anche essere consigliabile aspettare che la festa sia passata, per distinguere ulteriormente la nostra espressione di ringraziamento dalla celebrazione pagana.
Né abbiamo bisogno di scusarci perché non mandiamo anche noi un dono nel periodo natalizio pur avendone ricevuto uno. Nei rapporti di lavoro il Natale è semplicemente una conveniente occasione che permette ai datori di lavoro di esprimere il loro apprezzamento per i servizi ricevuti mediante una gratifica. Le persone che danno semplicemente perché s’attendono di ricevere in cambio qualche cosa hanno un motivo errato, che le Scritture condannano. (Luca 6:30-36) Ma se sentiamo il desiderio di fare un dono, possiamo aspettare finché non si presenti un’altra occasione o circostanza appropriata, e, a proposito, possiamo dire la stessa cosa per il compleanno. Ma in nessun tempo ci dovremmo sentire obbligati a fare un dono perché ne abbiamo ricevuto uno. Inoltre, è bene ricordare che osservando i nostri voti di dedicazione diamo molto di più alle persone che maggiormente lo meritano e con un motivo migliore di quello dei donatori natalizi. Noi diamo loro il messaggio che li può condurre alla vita. — Matt. 10:8; Giov. 17:3.
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Domande dai lettori (3)La Torre di Guardia 1960 | 15 dicembre
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Domande dai lettori
● Perché i testimoni di Geova considerano il numero 144.000 di Apocalisse 7 letteralmente e non simbolicamente come gli altri numeri del libro di Apocalisse? — G. S., U.S.A.
Non tutti i numeri del libro di Apocalisse si devono intendere in senso simbolico. I sette suggelli e le sette coppe sono letteralmente sette, com’è dimostrato in Luce, I e II Volume. (Apoc. 5:1; 16:1) I quarantadue mesi e i 1.260 giorni ebbero adempimenti letterali, come li avranno pure i mille anni del regno di Cristo. (Apoc. 11:2; 12:6; 20:2, 3, 6, 7) In quanto al numero 144.000, è ragionevole prendere questo numero alla lettera poiché è contrapposto alla “gran folla” che nessun uomo è in grado di contare. (Apoc. 7:9) Inoltre, in Apocalisse 14:1, 3, leggiamo che Gesù Cristo è in piedi sul monte Sion insieme a 144.000 altri. I 144.000 sarebbero logicamente letterali come l’1, formando il totale di 144.001, che sono in piedi sul monte. Inoltre, perché specificare un numero così grande, se non contiene alcuna precisa informazione?
Apparentemente hanno difficoltà ad accettare questo numero come letterale quelli che credono che il cielo sia il destino di tutti quelli che ottengono la salvezza. Tuttavia, rendendoci conto che solo la progenie spirituale di Abrahamo, Cristo e quelli che “appartengono a Cristo”, riceverà il premio celeste, mentre la gran maggioranza del genere umano avrà vita eterna sulla terra, facendo parte di tutte le nazioni che si benediranno nella progenie di Abrahamo, il numero 144.000 non presenta alcun problema. (Gen. 22:17, 18; Gal. 3:16, 29) Inoltre, Gesù non disse forse che il numero di coloro che avrebbero avuto il premio celeste sarebbe stato piccolo? “Non temere, piccolo gregge, perché il Padre vostro ha approvato di darvi il regno”. In confronto ai miliardi di creature umane che alla fine riempiranno la terra, i 144.000 sono relativamente pochi. — Luca 12:32.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1960 | 15 dicembre
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Domande dai lettori
● Ogni tanto si ricevono lettere che chiedono se una certa circostanza giustificherebbe di fare un’eccezione all’obbligo cristiano di dire la verità. In risposta a queste domande viene detto quanto segue:
La Parola di Dio comanda: “Dite dunque la verità ciascuno al suo prossimo” (Efes. 4:25) Questo comando, tuttavia, non significa che dovremmo dire a chiunque ci interroghi tutto quello che vuole sapere. Dobbiamo dire la verità a chi ha diritto di sapere, ma se non ne ha diritto possiamo essere evasivi. Tuttavia non possiamo dire una cosa falsa.
Quindi una sorella dovrebbe dire la sua vera età affinché si abbia la corretta informazione sulla sua cartolina di registrazione del proclamatore, poiché ciò rientra nel diritto di sapere. Il timore di farlo è segno di vanità e immaturità. Né questa particolare informazione può essere nascosta ad un probabile coniuge che ritenga abbastanza importante di chiederla. Anch’egli ha il diritto di saperlo. Quindi la possibilità di essere evasivi circa la propria età dipende dalle circostanze.
Lo stesso principio si applica nel caso di un paziente che soffra di una malattia inguaribile. Egli ha diritto di sapere il verdetto della visita medica circa le sue prospettive di vita. Non gli si può negare la conoscenza che è così essenziale per lui: come siano preziosi per lui i suoi giorni, essendo così pochi. Non si mostra fiducia, comprensione e amore ingannando tale persona, e chi la inganna sarà continuamente tormentato dal rimorso di coscienza. Se il paziente è dedicato a Geova certamente riconoscerà che il suo tempo è nelle mani di Dio e perciò non avrà un timore morboso di morire ma sarà rafforzato dalla speranza della risurrezione. Alcuni che nascosero tale informazione, volendo essere gentili, in seguito si accorsero che era una gentilezza fuori posto.
Vi è, naturalmente, il giusto tempo e modo di dare tale informazione. Si dovrebbe farlo a tempo opportuno e mostrando simpatia, ma non eccessivo dolore. Non sarebbe fuori luogo osservare che vi può essere speranza circa la sua condizione nonostante tale prognosi, dato che oggi la conoscenza medica non è infallibile. Amore, saggezza e padronanza di sé permetteranno di trattare il soggetto in modo opportuno e il risultato può essere un vincolo d’affetto molto più grande che non nel passato. In una simile circostanza si potrebbero pure menzionare la speranza della risurrezione, le benedizioni già avute come membro della società del Nuovo Mondo e quelle che ancora vi saranno.
E in quanto a dire ad un probabile coniuge la spiacevole verità circa il proprio passato, per esempio prima di divenire testimoni di Geova? Se si presenta l’argomento e si è interrogati, si dovrebbe applicare la regola che si deve dire la verità poiché l’altro ha diritto di sapere. Se non si è interrogati, dipende dalla propria discrezione e coscienza. Tuttavia, se sembra che l’informazione sia importante per l’altro, e che l’altro non l’abbia chiesta solo perché non ritiene verosimile tale cosa, si dovrebbe dare volontariamente tale informazione, con la fiducia che l’amore e la comprensione vi passino sopra. Se si dovesse avere una delusione, sarebbe certo meglio che ciò avvenisse prima del matrimonio piuttosto che dopo. Qui si applica il ben noto principio dichiarato da Gesù: “Tutte le cose che volete che gli uomini facciano a voi, voi similmente dovete pure far loro; questo infatti è ciò che significano la Legge e i Profeti”. — Matt. 7:12.
Vi è tuttavia un’eccezione che il cristiano dovrebbe tenere in considerazione. Come soldato di Cristo egli prende parte alla guerra teocratica e dev’essere estremamente cauto nel trattare con i nemici di Dio. Infatti le Scritture indicano che allo scopo di proteggere gli interessi della causa di Dio, è giusto nascondere la verità ai nemici di Dio. Un esempio scritturale è quello di Raab la meretrice. Essa nascose le spie israelite a motivo della sua fede nel loro Dio Geova. E le nascose sia con le azioni che a parole. Dall’elogio che Giacomo fa della sua fede si vede che essa ebbe l’approvazione di Geova nel far questo. — Gios. 2:4, 5; Giac. 2:25.
Questo sarebbe incluso nel termine “strategia di guerra”, come fu spiegato ne La Torre di Guardia del 1º agosto 1956, ed è in armonia col consiglio di Gesù di essere “cauti come serpenti” quando ci troviamo fra i lupi. Se le circostanze richiedono che un cristiano deponga in tribunale giurando di dire la verità, se parla, egli deve quindi dire la verità. Se si trova nell’alternativa di parlare e tradire i fratelli, o tacere ed essere denunciato al tribunale, il cristiano maturo metterà il benessere dei suoi fratelli prima del suo, ricordando le parole di Gesù: “Nessuno ha amore più grande di quello di colui che cede la sua [vita] a favore dei suoi amici”. — Matt. 10:16; Giov. 15:13.
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