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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1964 | 1° aprile
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Domande dai lettori
● Qual è il significato di Luca 23:34, e perché compare nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane? Non fa parte del testo spurio? — J. W., Stati Uniti.
La parte di Luca 23:34 che è stata messa in dubbio dice: “Ma Gesù diceva: ‘Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno’”. La ragione per cui queste parole compaiono nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane è che si trovano nei Manoscritti Sinaitico e Alessandrino, nel Codice Ephraemi Rescriptus, nella Vulgata latina, nella Versione curetoniana e nella Versione Peshitta siriaca. Questa è una straordinaria serie di prove a favore di queste parole.
Le parole in questione, tuttavia, compaiono tra parentesi quadre nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane. Ciò è dovuto al fatto che il testo greco di Westcott e Hort, su cui si basa la Traduzione del Nuovo Mondo, ha queste parole tra parentesi. Con le parentesi quadre questi studiosi greci vollero indicare che la testimonianza a favore di queste parole non è chiara. Alcuni buonissimi manoscritti le escludono, come il famoso Manoscritto Vaticano N. 1209, il Codice Bezae e il codice sinaitico della traduzione siriaca. Paragonando un gruppo di prove con le altre, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo decise a favore di quelli che avevano queste parole quando fece la revisione della sua traduzione: specialmente per il fatto che non vi sarebbero state note in calce in questa edizione, e si trattava quindi o di lasciarle nel testo o escluderle completamente.
In passato queste parole sono state considerate spurie principalmente in base al fatto che non comparivano nel famoso Manoscritto Vaticano N. 1209. Tuttavia, non sembra che questo fatto debba da solo avere tanta importanza da farle scartare, se si considera che si trovano in parecchi manoscritti molto autorevoli. Pare che questo sia il parere degli studiosi moderni, poiché tali parole compaiono nel testo della Sacra Bibbia a cura di mons. Garofalo, nella Versione Riveduta e nella Sacra Bibbia di Fulvio Nardoni.
A questo riguardo possiamo notare che in quanto all’autenticità si può dire che vi sono tre specie di versetti. Primo, vi sono quelli riguardo ai quali le testimonianze sono così enfatiche e chiare che non v’è dubbio che fanno parte del testo; questi includono oltre il 99 per cento, secondo Westcott e Hort. Il secondo gruppo include i versetti sui quali non v’è dubbio che non fanno parte della Bibbia, come la maggior parte di 1 Giovanni 5:7. Poi vi sono alcuni versetti circa i quali le testimonianze non sono completamente specifiche o chiare in un senso o nell’altro, e per i quali è necessario soppesare e giudicare le prove a favore e contro. Tra questi vi è Luca 23:34.
Quanto a quelli a cui si riferì Gesù quando disse le parole in questione, il versetto precedente dice: “Ed essendo giunti al luogo chiamato Teschio, ivi misero al palo lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra”. Poi vi sono le parole di Gesù, dopo di che il racconto prosegue dicendo: “Inoltre, per distribuire le sue vesti, tirarono a sorte”. Ovviamente Gesù non chiedeva a Dio di perdonare i malfattori che erano al palo con lui, poiché questi due non facevano nulla a Gesù. Né Gesù poteva avere in mente i sacerdoti che erano responsabili della sua morte, poiché essi sapevano quello che facevano, avendo consegnato con malizia Gesù per invidia. — Mar. 15:10.
Perciò le parole di Gesù potevano riferirsi soltanto ai soldati romani ai quali era stato affidato l’abominevole compito di mettere al palo Gesù, dopo averlo spogliato delle sue vesti; in quel momento essi facevano qualcosa a Gesù e non sapevano o non comprendevano quello che facevano. Non sapevano di mettere al palo il Figlio di Dio. Ubbidivano semplicemente agli ordini del governatore romano Ponzio Pilato, che aveva ceduto all’insistenza della turba giudaica, consegnando Gesù ai suoi soldati perché lo mettessero al palo. Conseguentemente, questi soldati romani che dovevano effettuare l’esecuzione dovevano essere perdonati e per essi Gesù chiese perdono al celeste Padre suo.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1964 | 1° aprile
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Domande dai lettori
● Perché la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in Giovanni 1:18 dice “unigenito dio” mentre molte altre traduzioni dicono “unigenito Figliuolo”? — D. S., Stati Uniti.
In Giovanni 1:18 si legge: “Nessun uomo ha in nessun tempo veduto Dio; l’unigenito dio che è nella posizione del seno presso il Padre è colui che l’ha spiegato”. Ovviamente in questo versetto l’apostolo Giovanni si riferisce a Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Tuttavia, Gesù non è solo l’unigenito Figlio di Dio ma anche un dio, l’unigenito dio. Senza dubbio Giovanni usò la parola greca corrispondente a dio, theós, in questo caso, anziché la parola huiós, “figlio”, perché voleva mettere in risalto la divinità di Gesù piuttosto che la sua condizione di figlio, in armonia con il versetto iniziale del suo Vangelo in cui dice di Gesù: “E la Parola era dio”.
Che l’apostolo Giovanni stesso usasse la parola theós invece della parola huiós è molto probabile, poiché così dicono i più antichi e più autorevoli manoscritti greci. Per questa ragione anche il testo di Westcott e Hort, su cui si basa la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, dice in tal modo.
È interessante notare che non poche traduzioni moderne della Bibbia le quali dicono “unigenito Figliuolo” hanno note in calce indicanti che altri manoscritti dicono “Dio” invece di “Figlio”. Questo vale per la Versione Standard Americana, la Versione Standard Riveduta e Weimouth (tutte in inglese). Quella di Moffatt dice: “il Divino, l’unico Figlio”, ma in una nota in calce si ammette che “theos (‘il divino’) è probabilmente più originale della variante huios”. La Sacra Bibbia di Fulvio Nardoni e La Sacra Bibbia a cura di mons. Garofalo dicono rispettivamente: “Unigenito Dio” e “Dio unigenito”, e la versione di mons. Knox dice in una nota in calce: “Alcuni dei migliori manoscritti dicono in questo caso ‘Dio, l’unigenito’, anziché ‘l’unigenito Figlio’”.
Si comprende dunque che il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo aveva buone ragioni per tradurre il versetto in questo modo; e che Westcott e Hort avessero valide ragioni per tradurre il versetto in questo modo è riconosciuto da altri. Tuttavia, molti traduttori hanno inciampato a causa dell’espressione “l’unigenito dio” e hanno perciò preferito la traduzione di autorità meno importanti a quella della migliore autorità.
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Domande dai lettori (3)La Torre di Guardia 1964 | 1° aprile
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Domande dai lettori
●Perché la Versione del Re Giacomo (inglese) parla in 1 Timoteo 3:1, 2 di “vescovi” e in 1 Timoteo 3:8, 10, 12, 13 di “diaconi” mentre la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane chiama i primi “sorveglianti” e gli ultimi “servitori di ministero”? — R. H., Stati Uniti.
Le parole o titoli religiosi “vescovo” e “diacono” sono semplicemente parole traslitterate in modo più o meno esatto nella nostra lingua; cioè sono riprodotte in modo molto simile a quello in cui appaiono nel greco anziché essere tradotte. Queste due parole sono epískopos e diákonos. Facciamo un esempio: “Logos” e “Cristo” sono parole traslitterate, perché sono titoli. Se non fossero usate come titoli, sarebbero “parola” e “unto”.
Ai giorni degli apostoli i servitori nella congregazione cristiana non avevano titoli, perciò nelle lettere di Paolo queste parole avrebbero dovuto essere tradotte. Tuttavia, ben presto la chiesa apostata trasse titoli da queste designazioni e li applicò a uomini che avevano posizioni corrispondenti alla forma di servizio o incarico descritto da queste parole greche. Questo allontanamento fu predetto dall’apostolo Paolo in Atti 20:29, 30.
La Versione del Re Giacomo fu tradotta per espresso comando del re Giacomo d’Inghilterra da uomini appartenenti alla Chiesa d’Inghilterra, nella quale alcuni avevano l’ufficio di “vescovi” e “diaconi”. Così, invece di tradurre le parole greche epískopos e diákonos secondo il loro significato letterale, i traduttori della Versione del Re Giacomo li resero come fossero titoli.
Tuttavia, la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane e anche altre, come la versione di Oscar Cocorda, non traducono epískopos e diákonos come titoli ma secondo il significato delle parole, come “sorveglianti” e “servitori di ministero” o “servitori dell’Assemblea”. La Versione Standard Americana (inglese) indica nella nota in calce anche la traduzione di “sorvegliante” in ogni caso in cui nel testo è usato “vescovo”. L’evitare questi titoli umani è in armonia con i sentimenti espressi dal fedele Elihu: “Lasciate ch’io parli senza riguardi personali, senza adulare alcuno; poiché adulare io non so; se lo facessi, il mio Fattore tosto mi torrebbe di mezzo”. — Giob. 32:21, 22, VR.
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