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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1971 | 1° giugno
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Domande dai lettori
● Che cosa significa Giovanni 7:39, che dice: “Poiché lo spirito non vi era ancora”? — A. A., U.S.A.
Essenzialmente significa che nessun discepolo di Cristo era stato ancora unto con lo spirito santo e chiamato alla vita celeste.
Circa mezzo anno prima della sua morte Gesù disse: “Se alcuno ha sete, venga a me e beva. Chi ripone fede in me, come ha detto la Scrittura: ‘Dalla sua parte più intima sgorgheranno torrenti d’acqua viva’”. Il racconto ispirato prosegue quindi, dicendo: “Comunque, disse questo dello spirito che stavano per ricevere quelli che riponevano fede in lui; poiché lo spirito non vi era ancora, perché Gesù non era ancora stato glorificato”. — Giov. 7:37-39.
È chiaro che Gesù non voleva dire che la forza attiva o spirito santo di Dio non fosse esistito fino ad allora, al tempo della festa dei tabernacoli nel 32 E.V. Egli e i suoi uditori sapevano che Dio aveva usato il suo spirito santo per lungo tempo. (Gen. 1:2; 2 Sam. 23:2; Atti 28:25) Lo spirito di Dio era stato su fedeli servitori come Otniel, Iefte e Sansone. (Giud. 3:9, 10; 11:29; 15:14) Ma c’era un modo in cui lo spirito non era stato ancora usato in relazione a uomini imperfetti. Nessuno di quei fedeli servitori era stato chiamato, per mezzo dello spirito, alla vita celeste.
Durante la festa dei tabernacoli un sacerdote giudeo scendeva alla riserva d’acqua di Siloe in Gerusalemme e portava un vaso d’oro pieno d’acqua al tempio. Traendo probabilmente un’illustrazione da questa usanza, Gesù disse che doveva venire qualche cosa di più rinfrescante e importante. E quella futura “acqua viva” sarebbe stata in qualche modo collegata al ricevimento dello spirito di Dio parte dei suoi seguaci.
La sera prima di morire Gesù disse ai suoi apostoli che avrebbe mandato loro lo spirito santo di verità, che avrebbe rammentato loro tutte le cose che egli aveva dette. (Giov. 14:16, 17, 26) Significa questo che fino ad allora non avevano avuto per nulla lo spirito? No, poiché per mezzo dello spirito avevano potuto compiere guarigioni miracolose in relazione al loro insegnamento. (Matt. 10:5-8) E a motivo di quello spirito avevano compreso molte cose spirituali insegnate da Gesù. Ma poiché non avevano ancora ricevuto l’unzione con lo spirito di cui aveva parlato Gesù in Giovanni 7:39, tutta una parte dei suoi insegnamenti era ancora incomprensibile per loro. Per esempio, non discernevano che Cristo sarebbe stato destato dai morti alla vita spirituale il terzo giorno, o che il suo regno doveva essere in cielo. (Giov. 20:9; Atti 1:6) Questo è comprensibile, giacché l’idea che uomini divenissero creature spirituali e vivessero in cielo era loro sconosciuta. Quando furono essi stessi unti con lo spirito ed ebbero ricevuto la speranza celeste, poterono afferrare il significato di ciò che aveva detto Cristo su tali cose.
Anche quando Gesù apparve ai suoi apostoli dopo la sua risurrezione “lo spirito non vi era” nel senso che egli intendeva in Giovanni 7:39. Il risuscitato Cristo promise loro: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni”. (Atti 1:8) Erano già stati testimoni di Gesù come Messia, ma non avevano reso testimonianza al suo dominio in cielo come creatura spirituale insieme ad associati spirituali che prima erano state creature umane.
Infine, alla Pentecoste del 33 E.V. Gesù verso sui suoi seguaci lo spirito santo che, come spirito glorificato, egli aveva ricevuto da Geova. (Atti 2:4, 33) Questa era la prima volta che imperfette creature umane ricevevano la speranza della vita spirituale in cielo. Avendo questa unzione, i cristiani furono in grado di capire il significato delle molte cose che Gesù aveva dette loro. Inoltre, avevano un’opera da compiere.
Quegli unti cristiani dovevano essere “testimoni” di Gesù in un senso nuovo. Ora avevano lo ‘spirito santo, che era una caparra della loro eredità’ in cielo. (Efes. 1:13, 14) Con la loro predicazione circa il regno celeste, sgorgavano ‘dalla loro parte più intima torrenti d’acqua viva’, poiché le vivificanti acque di verità che essi condividevano potevano condurre alla vita eterna. E l’assicurazione di ciò non era molto lontana; la chiamata alla vita celeste era accessibile proprio a quel tempo. Quel medesimo giorno tremila anime si valsero di quell’“acqua viva”, furono battezzate e ricevettero il “gratuito dono dello spirito santo”. — Atti 2:38-42.
E Geova ha continuato a usare tali unti cristiani. Per mezzo di essi ha provveduto l’intendimento dei suoi propositi, inclusa la prospettiva che creature umane di questa generazione che esercitano fede in Cristo sopravvivano alla fine di questo sistema malvagio e vivano per sempre su una terra paradisiaca. Come sono state veraci le parole di Gesù in Giovanni 7:38, 39 riguardo all’unzione con lo spirito santo e all’“acqua viva” che sgorga per mezzo dei cristiani chiamati alla vita in cielo!
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1971 | 1° giugno
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Domande dai lettori
● Come dobbiamo comprendere Ebrei 1:6, dove dice che tutti gli angeli hanno il comando di adorare Gesù? — F. C., U.S.A.
Ebrei 1:6 dice: “Ma quando egli introduce di nuovo il suo Primogenito sulla terra abitata, dice: ‘E tutti gli angeli di Dio lo adorino’”. Lo scrittore di Ebrei cita qui il Salmo 97:7, che dice (in parte): “Inchinatevi a lui, dèi tutti”. La Versione dei Settanta, evidentemente citata da questo scrittore, dice: “AdorateLo voi tutti Suoi angeli”. — C. Thomson.
Pare che questi versetti suscitino un problema perché sembra contraddicano l’esplicita dichiarazione di Gesù rivolta a Satana il Diavolo: “È scritto: ‘Devi adorare Geova il tuo Dio, e a lui solo devi rendere sacro servizio’”. — Matt. 4:10.
La parola greca resa “adorino” in Ebrei 1:6 è pro·sky·neʹo. Questa parola greca è pure usata in Salmo 97:7 nella Settanta per tradurre l’ebraico sha·hhahʹ. Qual è il senso di questi termini ebraico e greco?
Sha·hhahʹ significa basilarmente “inchinarsi”. (Prov. 12:25) Tale inchino potrebbe esser fatto come atto di rispetto verso un’altra creatura umana, come verso un re (1 Sam. 24:8; 2 Sam. 24:20) o a un profeta. (2 Re 2:15) Abraamo si inchinò ai figli cananei di Het da cui cercò di comprare un luogo di sepoltura. (Gen. 23:7) La benedizione di Isacco a Giacobbe richiese che i gruppi nazionali e gli stessi “fratelli” di Giacobbe si inchinassero a lui. — Gen. 27:29; si paragoni 49:8.
Dai suddetti esempi si capisce che questo termine ebraico di per se stesso non ha necessariamente un senso religioso o non significa adorazione. Ciò nondimeno, in un gran numero di casi si usa in relazione all’adorazione, sia del vero Dio (Eso. 24:1; Sal. 95:6) che di falsi dèi. — Deut. 4:19; 8:19.
Inchinarsi a creature umane come atto di rispetto era ammissibile, ma inchinarsi a chiunque altro all’infuori di Geova come divinità era proibito da Dio. (Eso. 23:24; 34:14) Similmente, inchinarsi con adorazione davanti a immagini religiose o a qualsiasi cosa creata era positivamente condannato. (Eso. 20:4, 5; Lev. 26:1; Deut. 4:15-19) Pertanto, nelle Scritture Ebraiche, quando certi servitori di Geova si prostrarono davanti ad angeli, lo fecero solo riconoscendo che erano rappresentanti di Dio, non per rendere loro omaggio come divinità. — Gios. 5:13-15; Gen. 18:1-3.
Il greco pro·sky·neʹo corrisponde strettamente all’ebraico sha·hhahʹ dando l’idea sia di rendere omaggio a creature che adorazione a Dio o a una divinità. Mentre il modo di esprimere omaggio è forse non tanto notevole in pro·sky·neʹo come in sha·hhahʹ, dove il termine ebraico dà vivamente l’idea di prostrarsi o inchinarsi, alcuni lessicografi indicano che in origine il termine greco dava vigorosamente questa idea.
Come per il termine ebraico, si deve considerare il contesto per determinare se pro·ski·neʹo si riferisce esclusivamente a omaggio sotto forma di profondo rispetto o a omaggio sotto forma di adorazione religiosa. Dove c’è diretto riferimento a Dio (Giov. 4:20-24; 1 Cor. 14:25) o a falsi dèi e ai loro idoli (Atti 7:43; Riv. 9:20), si capisce che l’omaggio va oltre quello reso accettevolmente o secondo l’abitudine a uomini e rientra nel campo dell’adorazione. Anche quando l’oggetto a cui si rende omaggio non è dichiarato, si capisce che esso venga rivolto a Dio. (Giov. 12:20; Atti 8:27; Ebr. 11:21) D’altra parte, si comprende chiaramente che l’azione di quelli della “sinagoga di Satana” i quali son fatti “venire a rendere omaggio” davanti ai piedi di cristiani non è adorazione. — Riv. 3:9.
L’omaggio a un re umano si trova nell’illustrazione di Gesù in Matteo 18:26. Si vede pure che questo fu il genere di omaggio che gli astrologi resero al bambino Gesù, “il nato re dei Giudei”, e che anche Erode professò di voler esprimere, e che i soldati resero con scherno a Gesù prima di metterlo al palo. Certo essi non consideravano Gesù come Dio né come divinità. — Matt. 2:2, 8; Mar. 15:19.
Mentre alcuni traduttori usano la parola “adorare” nella maggioranza dei casi dove pro·sky·neʹo descrive azioni di persone verso Gesù, l’evidenza non autorizza a leggere in questa versione quello che non c’è. Piuttosto, le circostanze che diedero luogo all’omaggio corrispondono molto strettamente a quelle che diedero luogo a omaggio verso precedenti profeti e re. (Si paragoni Matteo 8:2; 9:18; 15:25; 20:20 con I Samuele 25:23, 24; II Samuele 14:4-7; I Re 1:16; II Re 4:36, 37). Le medesime espressioni degli interessati rivelano spesso
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