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RabsacheAusiliario per capire la Bibbia
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Le parole di scherno di Rabsache furono riferite a Geova in preghiera da Ezechia e una delegazione fu inviata dal profeta Isaia per avere la risposta di Geova. (II Re 18:37; 19:1-7) Nel frattempo Rabsache fu richiamato all’improvviso dalla notizia che il re d’Assiria si era ritirato da Lachis e combatteva contro Libna. Continuando da lontano la sua campagna propagandistica contro Ezechia, Sennacherib inviò messaggeri a Gerusalemme con lettere di scherno e gravi minacce per costringere Ezechia alla resa. — II Re 19:8-13.
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RabsarisAusiliario per capire la Bibbia
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Rabsaris
(Rabsàris) [capo cameriere; colui che sta accanto al re].
Titolo di un importante funzionario di corte degli imperi assiro e babilonese. Il Rabsaris era uno dei tre alti dignitari assiri inviati dal re d’Assiria per chiedere la resa di Gerusalemme all’epoca del re Ezechia. — II Re 18:17.
Il Rabsaris era uno dei funzionari babilonesi che, quando la città si arrese nel 607 a.E.V., assunsero il comando di Gerusalemme per conto di Nabucodonosor. E Nebusazban era il Rabsaris menzionato a proposito dell’ordine dato a Geremia di rimanere con Ghedalia. (Ger. 39:3, 13, 14) Alcuni scavi hanno riportato alla luce monumenti in cui compare questo titolo.
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RaccoltaAusiliario per capire la Bibbia
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Raccolta
Il complesso delle operazioni con le quali si raccolgono i prodotti della terra; una delle cose che non cesseranno mai “per tutti i giorni che la terra durerà”. (Gen. 8:22) Il tempo della raccolta era accompagnato da grande allegria, anche se richiedeva molto strenuo lavoro. (Sal. 126:5, 6; Isa. 9:3; 16:9, 10) Non era il momento di dormire; infatti il pigro era esortato a imparare dalla formica, che fa provvista di cibo durante la mietitura. — Prov. 6:6-11; 10:5.
SABATI E GIUBILEO
La legge data da Dio a Israele indicava a grandi linee certe esigenze e certi provvedimenti relativi alla raccolta. Per quanto fosse importante, gli israeliti non erano sollevati dall’obbligo di osservare il sabato, e la Legge non prevedeva neanche in casi d’emergenza che quel giorno si facesse la raccolta. (Eso. 34:21; confronta Neemia 13:15). Dal momento che durante l’anno sabatico, e anche durante l’anno giubilare, non si seminava, naturalmente non c’erano neanche messi da raccogliere, fatta eccezione per ciò che cresceva da chicchi caduti del raccolto precedente. Ma il proprietario dei campi non doveva raccogliere neanche questo, benché lui, i suoi schiavi e i suoi lavoratori salariati, gli avventizi e i residenti forestieri, gli animali domestici e le bestie selvatiche potessero mangiare del prodotto della terra. — Eso. 23:10, 11; Lev. 25:3-7, 11, 12, 20-22.
PROVVEDIMENTI A FAVORE DEI POVERI, E PRIMIZIE
Gli israeliti non dovevano mietere completamente il margine dei loro campi né raccogliere spigolature e racimoli, poiché ciò che rimaneva nei campi e nei vigneti era destinato ai poveri e ai residenti forestieri. (Lev. 19:9, 10; 23:22; Deut. 24:19) Le primizie di ogni raccolto si dovevano presentare a Geova. (Lev. 23:10, 11; Deut. 26:1-4) Il frutto di un albero non si doveva raccogliere per uso personale fino al quinto anno. (Lev. 19:23-25) Un israelita poteva entrare nel campo o nella vigna di un altro e mangiarne il prodotto a sazietà, ma non poteva portare via nulla in un recipiente né usare la falce per mietere il grano del suo prossimo. — Deut. 23:24, 25; confronta Matteo 12:1; Luca 6:1; vedi SPIGOLATURA.
Come avviene tuttora, anticamente nella Terra Promessa pioveva di rado al tempo della raccolta; anzi, così di rado che il fatto che Geova fece piovere e tuonare in risposta alla preghiera di Samuele dimostrò agli israeliti che avevano commesso un grave peccato chiedendo un re umano. (I Sam. 12:17-19; vedi anche Proverbi 26:1). All’inizio della mietitura dell’orzo il Giordano era in piena; questo era dovuto alle ultime piogge di primavera e alle nevi che si scioglievano sui monti del Libano. — Gios. 3:15; 5:10, 11.
Al tempo della raccolta fa caldo, e ciò rende una “nube di rugiada” molto ristoratrice. (Isa. 18:4) Una bevanda resa gelata con neve dai monti è piacevole, e a questo più che a una nevicata si riferisce evidentemente il parallelismo di Proverbi 25:13, poiché la neve all’epoca della raccolta sarebbe una calamità.
FESTE
Le tre principali feste di Israele erano strettamente legate alla raccolta. (Eso. 23:14-17) La festa dei pani non fermentati, che aveva inizio il 15 nisan, coincideva con la raccolta dell’orzo. Il 16 nisan, “il giorno subito dopo il sabato” (non necessariamente un sabato settimanale, poiché il primo giorno della festa era considerato un sabato in qualunque giorno cadesse), il sommo sacerdote doveva agitare davanti a Geova un covone di primizie della raccolta dell’orzo. — Lev. 23:6-11.
La festa delle settimane o Pentecoste cadeva il cinquantesimo giorno a partire dal 16 nisan, all’epoca della raccolta del frumento. Quel giorno due pani lievitati dei primi frutti del grano nuovo venivano presentati a Geova come offerta agitata. (Lev. 23:15-17) A proposito delle sette settimane fra la festa dei pani non fermentati e la Pentecoste durante le quali avveniva la mietitura, Geremia descrive Geova come “Colui che per noi guarda pure le prescritte settimane della mietitura”, sorvegliando che fosse una stagione asciutta, poiché la pioggia avrebbe danneggiato il raccolto. — Ger. 5:24; confronta Amos 4:7.
La festa delle capanne o della raccolta, che iniziava il quindicesimo giorno del settimo mese, etanim o tishri, concludeva felicemente l’anno agricolo; in quell’epoca infatti la raccolta era stata generalmente ultimata. — Lev. 23:33-36, 39-43; vedi FESTA e le voci relative alle rispettive feste.
USO FIGURATIVO
Il ritorno dall’esilio e il radunamento di coloro a cui è concessa la vita sono paragonati alla raccolta (Osea 6:11; Matt. 9:37, 38; Luca 10:2; Giov. 4:35-38), e così pure il radunamento e la distruzione dei malvagi. (Ger. 51:33; Riv. 14:17-20) Cristo Gesù paragonò il “termine del sistema di cose” alla mietitura, quando gli angeli, quali mietitori, avrebbero raccolto tutti quelli simili a zizzanie per scagliarli nella “fornace ardente”, mentre quelli simili a grano “risplenderanno così fulgidamente come il sole nel regno del Padre loro”. (Matt. 13:24-30, 36-43) Questo lavoro di raccolta viene compiuto sotto la direttiva di Gesù Cristo, che nel libro di Rivelazione è descritto come “uno simile a un figlio d’uomo” con una falce affilata in mano. — Riv. 14:14-16.
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Raccolta, festa dellaAusiliario per capire la Bibbia
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Raccolta, festa della
Vedi FESTA DELLE CAPANNE.
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RacheleAusiliario per capire la Bibbia
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Rachele
(Rachèle) [pecora].
Figlia di Labano; sorella minore di Lea; prima cugina di Giacobbe e sua moglie preferita. (Gen. 29:10, 16, 30) Nel 1781 a.E.V. Giacobbe fuggì perché suo fratello Esaù intendeva ucciderlo e giunse a Haran in Paddan-Aram, il “paese degli Orientali”. (Gen. 28:5; 29:1) Rachele, ragazza “bella di forme e bella di viso”, faceva la pastorella per il padre e incontrò Giacobbe presso un pozzo nelle vicinanze di Haran. Giacobbe venne accolto in casa dello zio e un mese dopo convenne di servire per sette anni Labano onde poter sposare Rachele, di cui si era innamorato. In quei sette anni il suo amore non si affievolì e infatti per lui “furono come alcuni giorni”. Tuttavia la sera delle nozze, suo zio gli diede invece la figlia maggiore Lea, che evidentemente si prestò a ingannarlo. L’indomani mattina, accusato da Giacobbe di frode, Labano fece appello alla consuetudine locale per scusare la propria condotta. Giacobbe acconsentì a celebrare per un’intera settimana il matrimonio con Lea prima di avere Rachele e poi di lavorare altri sette anni per Labano. — Gen. 29:4-28.
Rachele non deluse Giacobbe come moglie, e Giacobbe l’amava più di Lea. Geova allora benedisse Lea nella sua posizione di svantaggio, dandole quattro figli, mentre Rachele rimase sterile. (Gen. 29:29-35) Rachele era gelosa della sorella e anche disperata per la propria sterilità, condizione che era considerata una grande vergogna per una donna. La sua stizzosa impazienza fece adirare anche l’amorevole marito. Per compensare la propria sterilità essa diede a Giacobbe la propria serva affinché avesse figli (come aveva già fatto Sara con la propria schiava Agar) e i due figli che nacquero erano considerati figli di Rachele. La serva di Lea e Lea stessa ebbero complessivamente altri quattro figli prima che la speranza di Rachele finalmente si realizzasse ed essa partorisse il suo primo figlio, Giuseppe. — Gen. 30:1-24.
Giacobbe era ormai in procinto di andarsene da Haran, ma il suocero lo convinse a rimanere ancora, e solo sei anni dopo, per ordine di Dio, Giacobbe partì. A motivo dei raggiri di Labano, Giacobbe non lo avvertì della partenza, e in questo sia Lea che Rachele erano d’accordo col marito. Prima di andarsene, Rachele rubò i “terafim” del padre, evidentemente delle immagini idolatriche di qualche genere. Quando Labano in seguito li raggiunse e rivelò il furto (la cosa che lo preoccupava di più), Giacobbe, ignaro della colpa di Rachele, mostrò la propria disapprovazione per l’azione stessa, decretando la morte del colpevole se si fosse trovato fra il suo seguito. La ricerca portò Labano nella tenda di Rachele, ma essa riuscì a non farsi scoprire dichiarando di essere indisposta a motivo delle mestruazioni, e rimanendo seduta sulla sella che conteneva i terafim. — Gen. 30:25-30; 31:4-35, 38; vedi LABANO.
In occasione del suo incontro col fratello Esaù, Giacobbe mostrò ancora la sua preferenza per Rachele, mettendo lei e il suo unico figlio all’ultimo posto in ordine di marcia, posizione senza dubbio più sicura nel caso di un attacco da parte di Esaù. (Gen. 33:1-3, 7) Dopo esser rimasto per qualche tempo a Succot, poi a Sichem e infine a Betel, Giacobbe si diresse ancora più a S. Tra Betel e Betleem, Rachele diede alla luce il suo secondogenito, Beniamino, ma morì di parto e ivi fu seppellita; Giacobbe eresse un cippo sulla sua tomba. — Gen. 33:17, 18; 35:1, 16-20.
I pochi particolari menzionati possono dare solo un’idea frammentaria della personalità di Rachele. Essa era un’adoratrice di Geova (Gen. 30:22-24), ma aveva debolezze umane: il furto dei terafim e l’astuzia con cui evitò di essere scoperta vanno forse attribuite almeno in parte al suo ambiente familiare. Nonostante i suoi difetti, fu teneramente amata da Giacobbe, che, anche in tarda età, la considerava la sua vera moglie e i figli di lei gli erano più cari di tutti gli altri. (Gen. 44:20, 27-29) Le parole rivolte a Giuseppe poco prima di morire, benché semplici, rivelano il profondo affetto che Giacobbe aveva avuto per lei. (Gen. 48:1-7) Di lei e di Lea viene detto che “edificarono entrambe la casa d’Israele [Giacobbe]”. — Rut 4:11.
“PIANGE SUI SUOI FIGLI”
In Geremia 31:15 Rachele è descritta nell’atto di piangere sui suoi figli che sono stati portati in paese nemico, e il suo lamento si ode a Rama (a N di Gerusalemme nel territorio di Beniamino). Poiché nel contesto (vv. 6, 9, 18, 20) viene menzionata diverse volte la tribù di Efraim, i cui discendenti collettivamente spesso rappresentano il regno settentrionale di Israele, alcuni studiosi ritengono che questa profezia si riferisca all’esilio in Assiria della popolazione del regno settentrionale. (II Re 17:1-6; 18:9-11) D’altra parte si potrebbe riferire all’esilio sia degli abitanti di Israele che di quelli di Giuda (questi ultimi a Babilonia). Nel primo caso, la figura di Rachele sarebbe molto appropriata, dato che era l’antenata materna di Efraim (per mezzo di Giuseppe), la tribù più importante del regno settentrionale. Nel secondo caso, come madre non solo di Giuseppe ma anche di Beniamino, tribù che faceva parte del regno meridionale di Giuda, Rachele sarebbe stata un appropriato simbolo delle madri di tutto Israele, che ora sembrava avessero avuto figli invano. La confortante promessa di Geova era tuttavia che gli esiliati sarebbero certo tornati “dal paese del nemico”. — Ger. 31:16.
Questo versetto è stato citato da Matteo a proposito della strage dei bambini avvenuta a Betleem per ordine di Erode. (Matt. 2:16-18) Dato che la tomba di Rachele era relativamente vicina a Betleem (non però nel luogo indicato dalla tradizione), la figura di Rachele che piange esprimeva in modo appropriato il dolore delle madri dei bambini uccisi. Ma ancor più appropriata era la citazione della profezia di Geremia data l’analogia della situazione. Gli israeliti erano soggetti a una più grande Babilonia, nella quale si trova il sangue di quelli che sono stati uccisi sulla terra (Riv. 17:5, 6; 18:24), e i bambini furono uccisi da un rappresentante di una potenza straniera che dominava sugli israeliti. Il “paese del nemico” dove i bambini erano andati non era certo una regione politica come nel caso precedente. Sembra dunque riferirsi alla tomba, dominio della “Morte” (confronta Salmo 49:14; Rivelazione 6:8), morte che è l’“ultimo nemico” che sarà distrutto. (Rom. 5:14, 21; I Cor. 15:26) Il ritorno da tale “esilio” significherebbe naturalmente una risurrezione dai morti.
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Raffinare, raffinatoreAusiliario per capire la Bibbia
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Raffinare, raffinatore
L’arte di separare dalle scorie e purificare metalli, e l’artigiano che compie questa operazione. Con ripetute fusioni in recipienti d’argilla detti crogioli, il metallo veniva liberato da scorie e impurità. (Sal. 12:6; Prov. 17:3; 27:21) Resti di depositi di scorie sono stati rinvenuti nella regione circostante l’antica Succot, dove si trovavano alcune miniere e fonderie di Salomone. A volte le impurità venivano bruciate; altre volte il raffinatore usava la liscivia (vedi LAVANDAIO) per amalgamare le scorie schiumose che così salivano in superficie e potevano essere eliminate. (Isa. 1:25; Mal. 3:2) Il raffinatore sedeva davanti alla fornace e metteva carbone sul fuoco, tenuto vivo mediante la corrente d’aria prodotta da un mantice. — Ger. 6:29; Mal. 3:3.
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