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Reati e punizioniAusiliario per capire la Bibbia
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di spada se erano votati alla distruzione per comando di Dio. (I Sam. 15:2, 3, 33) Altri che si arrendevano erano condannati ai lavori forzati. — Deut. 20:10, 11.
Rigida giustizia era imposta dalla legge del taglione per i danni inflitti volutamente. (Deut. 19:21) Esiste almeno un caso documentato di esecuzione di questa condanna. (Giud. 1:6, 7) I giudici però dovevano stabilire in base alle prove se il reato era deliberato o dovuto a negligenza o a un incidente, ecc. Un’eccezione alla legge del taglione era la legge relativa al caso di una donna che cercasse di aiutare il marito durante una rissa afferrando i genitali dell’altro uomo. In questo caso, invece di amputarle gli organi sessuali le veniva amputata la mano. (Deut. 25:11, 12) Questa legge dimostra la considerazione che Dio ha per gli organi della procreazione. Inoltre, dato che la donna era proprietà del marito, questa legge teneva misericordiosamente conto del diritto del marito di avere figli da sua moglie.
Poiché sin dal principio l’uomo è stato tenuto a freno dalla legge, sia dalla legge di Dio che dalla legge della coscienza divinamente inculcata, si è riscontrato che più gli uomini erano vicini alla vera adorazione, più ragionevoli e umane erano le punizioni previste dalle loro leggi, mentre più si allontanavano, più corrotto diventava il loro senso della giustizia. Questo è evidente dal confronto fra le leggi di nazioni dell’antichità e quelle di Israele.
LEGGE BABILONESE
Il “codice” di Hammurabi (così chiamato anche se non si tratta di un codice secondo la definizione dei giuristi odierni), basato chiaramente su una legislazione precedente, è una raccolta di sentenze scritte su tavolette d’argilla, copiate in seguito (forse in una scrittura diversa) su una stele collocata nel tempio di Marduk a Babilonia. Copie furono probabilmente collocate in altre città. La stele, portata poi a Susa da un conquistatore, venne scoperta nel 1902. Questo codice non è, come ha pensato qualcuno, antecedente alla legge mosaica. Non cerca di stabilire principi. Il suo obiettivo sembra piuttosto quello di aiutare i giudici a risolvere certi casi fornendo loro dei precedenti o modificando decisioni relative a casi già trattati per spiegare cosa fare in futuro. Per esempio non stabilisce la pena per l’omicidio, poiché esisteva già una punizione riconosciuta per questo, e senza dubbio per altri reati comuni. Hammurabi non intendeva trattare l’intero campo della legge. Ciascuna regola del “codice” inizia con la formula: ‘Se qualcuno fa una determinata cosa.. .. Poiché si riferisce a casi specifici, anziché esporre principi, dice semplicemente quale giudizio deve corrispondere a un determinato insieme di fatti. Si basa in gran parte su leggi preesistenti, entrando semplicemente nei particolari rispondenti a certe difficili situazioni presenti nella civiltà babilonese dell’epoca.
Secondo i calcoli di alcuni, Hammurabi regnò per quarantatré anni dal 1728 al 1686 a.E.V., cioè oltre un secolo dopo il tempo di Abraamo e durante la permanenza degli israeliti in Egitto. Il codice di Hammurabi non è affatto un prototipo della legge mosaica; infatti esaminando le sanzioni che prevede se ne riscontra l’inferiorità. Per esempio una delle regole del “codice” di Hammurabi dichiara: “Se [un costruttore] ha provocato la morte del figlio del proprietario della casa [perché questa è difettosa e crolla], si deve mettere a morte il figlio del costruttore”. La legge data da Dio per mezzo di Mosè affermava invece: “I padri non dovrebbero esser messi a morte a motivo dei figli, e i figli non dovrebbero esser messi a morte a motivo dei padri”. — Deut. 24:16.
La pena per un furto di preziosi in genere non era la restituzione, come nella legge mosaica, ma la morte. In certi casi, era richiesta la restituzione fino a tre volte tanto. Se il ladro non era in grado di pagare, doveva essere messo a morte. Nabucodonosor ricorreva allo smembramento e puniva anche mediante il fuoco, come avvenne nel caso dei tre giovani ebrei che fece gettare vivi in una fornace surriscaldata. — Dan. 2:5; 3:19, 21, 29; Ger. 29:22.
LEGGE ROMANA
Oltre alla condanna a morte mediante la spada, che includeva la decapitazione (Matt. 14:10), alcune delle punizioni più comuni erano le percosse e la flagellazione con una sferza di cordicelle a volte cosparse di nodi e terminanti con ossi, pesanti pezzi di metallo o uncini; a volte il condannato veniva legato o inchiodato a un palo, impiccato, precipitato da un’alta rupe, annegato, dato in pasto alle bestie feroci nell’arena, costretto a battersi con i gladiatori o bruciato vivo. Spesso i prigionieri venivano messi ai ceppi (Atti 16:24) o incatenati a un soldato di guardia. (Atti 12:6; 28:20) Le Leggi Porcie vietavano di flagellare un cittadino romano.
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RebeccaAusiliario per capire la Bibbia
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Rebecca
(Rebècca) [forse, “mucca”].
Sorella di Labano, figlia di Betuel figlio di Nahor; Abraamo era dunque suo prozio. — Gen. 22:20-23.
Verso il 1878 a.E.V. Abraamo mandò il servitore che dirigeva la sua casa, probabilmente Eliezer, a cercare una moglie adatta per suo figlio Isacco (ormai quarantenne). Eliezer giunse alla “città di Nahor” nell’alta Mesopotamia. Là, presso un pozzo, pregò che la scelta di Geova cadesse sulla ragazza che, alla sua richiesta, non solo avrebbe dato da bere a lui ma si sarebbe offerta di abbeverare i suoi dieci cammelli. (Gen. 24:1-14) Mentre pregava, giunse al pozzo Rebecca con una giara per l’acqua. Quando le chiese un sorso d’acqua, gentilmente gli diede da bere e quindi vuotò prontamente “la sua giara nell’abbeveratoio e corse ripetute volte al pozzo per attingere acqua, e ne attingeva per tutti i suoi cammelli. Intanto l’uomo la fissava con meraviglia, tacendo per sapere se Geova aveva fatto riuscire o no il suo viaggio”. Rebecca si dimostrò gentile, ospitale, modesta nei modi e operosa; inoltre “la giovane era di aspetto molto attraente”. — Gen. 24:14-21.
Il servitore di Abraamo, riconoscendo che la sua preghiera era stata esaudita, donò a Rebecca un prezioso anello d’oro da naso e due bei braccialetti d’oro. Essa li mostrò alla propria famiglia, a sua madre e al fratello Labano, il quale, a sua volta, offrì ospitalità in casa loro al visitatore e ai servitori che erano con lui. (Gen. 24:22-32) Ma prima di mangiare, l’uomo rivelò lo scopo della sua missione. Labano e suo padre Betuel diedero il consenso al matrimonio di Rebecca con Isacco, a Rebecca e alla sua famiglia furono presentati doni consistenti in preziosi oggetti d’oro e d’argento e abiti raffinati, quindi tutti mangiarono insieme. (Gen. 24:33-54) Tutto questo costituì un onorevole contratto matrimoniale, non tra Rebecca e Isacco, ma tra i loro genitori, secondo la consuetudine dell’epoca. Rebecca fu così promessa sposa a Isacco e, da quel momento in poi, era in effetti sua moglie.
Col consenso di Rebecca, la carovana partì l’indomani mattina per il lungo viaggio fino al Negheb, nei pressi di Beer-Laai-Roi, dove in quel tempo risiedeva Isacco. Prima della partenza, la famiglia benedisse Rebecca con queste parole: “Possa tu, sorella nostra, divenire migliaia di volte diecimila, e il tuo seme prenda possesso della porta di quelli che lo odiano”. La accompagnarono la sua balia Debora e altre ancelle, nessuna delle quali, pare, tornò mai al proprio paese. — Gen. 24:55-62; 35:8.
Giunti a destinazione, nell’appressarsi allo sposo, Isacco, Rebecca si coprì il capo, e dopo che il servitore di Abraamo ebbe riferito tutti gli sviluppi della sua missione, descrivendo come Geova aveva guidato la scelta, Isacco portò Rebecca nella tenda di sua madre affinché divenisse sua moglie. Isacco amava teneramente Rebecca, e in lei “trovò conforto dopo la perdita di sua madre” Sara, morta tre anni prima. — Gen. 24:63-67.
Come Sara, Rebecca per molto tempo rimase sterile. Dopo circa diciannove anni, durante i quali Isacco continuò a supplicare Geova, essa concepì e diede alla luce i gemelli Esaù e Giacobbe. (Gen. 25:20, 26) La gravidanza fu così penosa, dato che i due lottavano tra loro nel suo grembo, che Rebecca si chiese: “Perché mai vivo?” In risposta Geova la assicurò che sarebbe diventata la madre di due grandi nazioni, e che il figlio maggiore avrebbe servito il minore. (Gen. 25:21-26) Questo, dice Paolo, per dimostrare che la scelta del ‘seme della promessa’ dipendeva interamente da Dio. — Rom. 9:6-13.
Sempre come Sara, in un’occasione Rebecca nascose la propria identità, facendosi passare per la sorella di suo marito. Questo accadde quando una carestia nel paese costrinse la sua famiglia a stabilirsi per qualche tempo in territorio filisteo dove regnava Abimelec. Rebecca doveva essere assai avanti negli anni, eppure per la sua grande bellezza Isacco, erede designato del patto abraamico, temette per la propria vita se si fosse saputo che era suo marito. — Gen. 26:1-11.
Quando Isacco si accingeva a benedire Esaù suo primogenito, ignorando evidentemente che questi aveva venduto la primogenitura a suo fratello, Rebecca intervenne con prontezza per assicurare la desiderata benedizione a Giacobbe, che amava teneramente. (Gen. 25:28-34; 27:1-5) Non sappiamo se Rebecca fosse a conoscenza che Giacobbe aveva acquistato il diritto legale alla primogenitura, ma era ben consapevole di ciò che le aveva detto Geova, cioè che il figlio maggiore avrebbe servito il minore. Essa era dunque autorizzata a far sì che Giacobbe si assicurasse la benedizione paterna. Il successo del piano fu la prova che Dio dirigeva la cosa. — Gen. 27:6-29.
In seguito, quando apprese che Esaù intendeva uccidere Giacobbe, Rebecca persuase Isacco a mandare Giacobbe al paese di lei per cercarsi moglie. Sia lei che Isacco erano molto addolorati che Esaù avesse preso due mogli di fra gli odiati cananei. — Gen. 26:34, 35; 27:41-46; 28:1-5; 29:10-12.
Non si sa quando Rebecca sia morta, ma forse morì prima del ritorno di Giacobbe dalla Mesopotamia. (Gen. 35:27) Fu sepolta nella tomba di famiglia, la caverna di Macpela, con Abraamo e Sara, e dove più tardi furono sepolti Isacco, Lea e Giacobbe. — Gen. 49:29-31; 50:13.
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RecabitiAusiliario per capire la Bibbia
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Recabiti
(recabiti).
Discendenti di Recab il Chenita per mezzo di Gionadab. — Ger. 35:6; I Cron. 2:55.
Sembra che all’epoca di Gionadab almeno alcuni recabiti vivessero nei regno settentrionale, dato che là Gionadab si unì a Ieu (che regnò dal 905 all’876 a.E.V.) nel combattere l’adorazione di Baal e “tutti quelli di Acab che eran restati in Samaria”. (II Re 10:15-17) Gionadab impose alla sua famiglia (non si sa se prima o dopo l’esperienza con Ieu) di vivere in tende, di non seminare:me né piantare viti e di non bere vino, perché erano;sidenti forestieri nel paese. — Ger. 35:6-10.
Negli ultimi anni del regno di Ioiachim (628-618 a.E.V.) diversi recabiti dimoravano in Giuda. Quando Nabucodonosor mosse contro il paese, i recabiti si rifugiarono a Gerusalemme per aver protezione contro caldei e siri. Per ordine di Geova, Geremia condusse Iaazania loro capo e tutti i recabiti in una sala da pranzo del tempio. (Ger. 35:1-4) Il fatto che potevano stare tutti in una sala da pranzo del tempio fa pensare che non fossero molto numerosi. Geremia, come Dio aveva ordinato, mise loro davanti dei calici di vino e disse: “Bevete vino”. Per rispetto verso il comando del loro antenato essi si rifiutarono di bere, e spiegarono che da poco avevano lasciato la loro dimora abituale per trasferirsi in città solo a motivo degli eserciti invasori. — Ger. 35:6-11.
Geova si compiacque della rispettosa ubbidienza che mostrarono. La loro incrollabile ubbidienza a un padre terreno era in netto contrasto con la disubbidienza dei giudei al loro Creatore. (Ger. 35:12-16) Dio ricompensò i recabiti promettendo loro: “Non sarà stroncato da Gionadab figlio di Recab un uomo che stia dinanzi a me per sempre”. — Ger. 35:19.
Dopo l’esilio, durante il governatorato di Neemia, “Malchia figlio di Recab” riparò la Porta dei Mucchi di Cenere. Se questo Recab è lo stesso che era stato padre o antenato di Gionadab, ne consegue che alcuni recabiti erano sopravvissuti all’esilio ed erano tornati nel paese. (Nee. 3:14) Nella Settanta la soprascritta del Salmo 70 (71, NM) menziona S figli di Gionadab, i primi che furono presi prigionieri’; e questo spesso è ritenuto un riferimento ai recabiti. In I Cronache 2:55 Ammat è definito “padre della casa di Recab”. Non si sa con sicurezza se Ammat fosse un antenato dei recabiti o un villaggio da cui provenivano.
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RecipientiAusiliario per capire la Bibbia
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Recipienti
‘Vasi’, alcuni con coperchio (Num. 19:15), venivano usati per liquidi o cereali. (I Re 17:10; Est. 1:7; Ger. 40:10) Potevano essere di terracotta, legno, metallo o pietra. (Lev. 6:28; 15:12; Num. 7:85; I Re 10:21; Matt. 26:7) Fra i comuni recipienti c’erano giare e vasi a forma di coppa (Isa. 22:24), borse o sacchi (Gen. 42:25; Agg. 1:6), cesti (Mar. 8:19, 20; II Cor. 11:33), otri (Giud. 4:19; Luca 5:37, 38) e secchi. — Num. 24:7; Giov. 4:11; vedi UTENSILI.
GIARE, BROCCHE E FIASCHE
La giara generalmente era un recipiente profondo a base circolare con uno, due o anche quattro manici, di solito di terracotta (Isa. 30:14; Lam. 4:2) e, a volte, di pietra. (Giov. 2:6) All’epoca dei regni di Giuda e di Israele una comune giara grande poteva essere alta quasi 65 cm e avere un diametro di circa 40 cm. Alcune avevano un beccuccio. (II Re 4:2) A volte avevano una base o sostegno (Lev. 11:35) e venivano usate come recipienti per liquidi quali acqua o olio (I Re 18:33; II Re 4:2), quelle grandi spesso erano usate per il vino. (I Sam. 10:3; 25:18; II Sam. 16:1; Ger. 13:12) Anche cereali, o farina, venivano conservati in giare. (I Re 17:12) A volte documenti, per esempio atti d’acquisto, venivano messi al sicuro in recipienti o giare di terracotta. (Ger. 32:13-15) Diversi antichi manoscritti, fra cui il famoso Rotolo di Isaia, furono così preservati in giare nella zona di Qumran presso il Mar Morto.
Brocche per l’acqua (I Sam. 26:11, 12, 16; I Re 19:6) e
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