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RacheleAusiliario per capire la Bibbia
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Giacobbe fuggì perché suo fratello Esaù intendeva ucciderlo e giunse a Haran in Paddan-Aram, il “paese degli Orientali”. (Gen. 28:5; 29:1) Rachele, ragazza “bella di forme e bella di viso”, faceva la pastorella per il padre e incontrò Giacobbe presso un pozzo nelle vicinanze di Haran. Giacobbe venne accolto in casa dello zio e un mese dopo convenne di servire per sette anni Labano onde poter sposare Rachele, di cui si era innamorato. In quei sette anni il suo amore non si affievolì e infatti per lui “furono come alcuni giorni”. Tuttavia la sera delle nozze, suo zio gli diede invece la figlia maggiore Lea, che evidentemente si prestò a ingannarlo. L’indomani mattina, accusato da Giacobbe di frode, Labano fece appello alla consuetudine locale per scusare la propria condotta. Giacobbe acconsentì a celebrare per un’intera settimana il matrimonio con Lea prima di avere Rachele e poi di lavorare altri sette anni per Labano. — Gen. 29:4-28.
Rachele non deluse Giacobbe come moglie, e Giacobbe l’amava più di Lea. Geova allora benedisse Lea nella sua posizione di svantaggio, dandole quattro figli, mentre Rachele rimase sterile. (Gen. 29:29-35) Rachele era gelosa della sorella e anche disperata per la propria sterilità, condizione che era considerata una grande vergogna per una donna. La sua stizzosa impazienza fece adirare anche l’amorevole marito. Per compensare la propria sterilità essa diede a Giacobbe la propria serva affinché avesse figli (come aveva già fatto Sara con la propria schiava Agar) e i due figli che nacquero erano considerati figli di Rachele. La serva di Lea e Lea stessa ebbero complessivamente altri quattro figli prima che la speranza di Rachele finalmente si realizzasse ed essa partorisse il suo primo figlio, Giuseppe. — Gen. 30:1-24.
Giacobbe era ormai in procinto di andarsene da Haran, ma il suocero lo convinse a rimanere ancora, e solo sei anni dopo, per ordine di Dio, Giacobbe partì. A motivo dei raggiri di Labano, Giacobbe non lo avvertì della partenza, e in questo sia Lea che Rachele erano d’accordo col marito. Prima di andarsene, Rachele rubò i “terafim” del padre, evidentemente delle immagini idolatriche di qualche genere. Quando Labano in seguito li raggiunse e rivelò il furto (la cosa che lo preoccupava di più), Giacobbe, ignaro della colpa di Rachele, mostrò la propria disapprovazione per l’azione stessa, decretando la morte del colpevole se si fosse trovato fra il suo seguito. La ricerca portò Labano nella tenda di Rachele, ma essa riuscì a non farsi scoprire dichiarando di essere indisposta a motivo delle mestruazioni, e rimanendo seduta sulla sella che conteneva i terafim. — Gen. 30:25-30; 31:4-35, 38; vedi LABANO.
In occasione del suo incontro col fratello Esaù, Giacobbe mostrò ancora la sua preferenza per Rachele, mettendo lei e il suo unico figlio all’ultimo posto in ordine di marcia, posizione senza dubbio più sicura nel caso di un attacco da parte di Esaù. (Gen. 33:1-3, 7) Dopo esser rimasto per qualche tempo a Succot, poi a Sichem e infine a Betel, Giacobbe si diresse ancora più a S. Tra Betel e Betleem, Rachele diede alla luce il suo secondogenito, Beniamino, ma morì di parto e ivi fu seppellita; Giacobbe eresse un cippo sulla sua tomba. — Gen. 33:17, 18; 35:1, 16-20.
I pochi particolari menzionati possono dare solo un’idea frammentaria della personalità di Rachele. Essa era un’adoratrice di Geova (Gen. 30:22-24), ma aveva debolezze umane: il furto dei terafim e l’astuzia con cui evitò di essere scoperta vanno forse attribuite almeno in parte al suo ambiente familiare. Nonostante i suoi difetti, fu teneramente amata da Giacobbe, che, anche in tarda età, la considerava la sua vera moglie e i figli di lei gli erano più cari di tutti gli altri. (Gen. 44:20, 27-29) Le parole rivolte a Giuseppe poco prima di morire, benché semplici, rivelano il profondo affetto che Giacobbe aveva avuto per lei. (Gen. 48:1-7) Di lei e di Lea viene detto che “edificarono entrambe la casa d’Israele [Giacobbe]”. — Rut 4:11.
“PIANGE SUI SUOI FIGLI”
In Geremia 31:15 Rachele è descritta nell’atto di piangere sui suoi figli che sono stati portati in paese nemico, e il suo lamento si ode a Rama (a N di Gerusalemme nel territorio di Beniamino). Poiché nel contesto (vv. 6, 9, 18, 20) viene menzionata diverse volte la tribù di Efraim, i cui discendenti collettivamente spesso rappresentano il regno settentrionale di Israele, alcuni studiosi ritengono che questa profezia si riferisca all’esilio in Assiria della popolazione del regno settentrionale. (II Re 17:1-6; 18:9-11) D’altra parte si potrebbe riferire all’esilio sia degli abitanti di Israele che di quelli di Giuda (questi ultimi a Babilonia). Nel primo caso, la figura di Rachele sarebbe molto appropriata, dato che era l’antenata materna di Efraim (per mezzo di Giuseppe), la tribù più importante del regno settentrionale. Nel secondo caso, come madre non solo di Giuseppe ma anche di Beniamino, tribù che faceva parte del regno meridionale di Giuda, Rachele sarebbe stata un appropriato simbolo delle madri di tutto Israele, che ora sembrava avessero avuto figli invano. La confortante promessa di Geova era tuttavia che gli esiliati sarebbero certo tornati “dal paese del nemico”. — Ger. 31:16.
Questo versetto è stato citato da Matteo a proposito della strage dei bambini avvenuta a Betleem per ordine di Erode. (Matt. 2:16-18) Dato che la tomba di Rachele era relativamente vicina a Betleem (non però nel luogo indicato dalla tradizione), la figura di Rachele che piange esprimeva in modo appropriato il dolore delle madri dei bambini uccisi. Ma ancor più appropriata era la citazione della profezia di Geremia data l’analogia della situazione. Gli israeliti erano soggetti a una più grande Babilonia, nella quale si trova il sangue di quelli che sono stati uccisi sulla terra (Riv. 17:5, 6; 18:24), e i bambini furono uccisi da un rappresentante di una potenza straniera che dominava sugli israeliti. Il “paese del nemico” dove i bambini erano andati non era certo una regione politica come nel caso precedente. Sembra dunque riferirsi alla tomba, dominio della “Morte” (confronta Salmo 49:14; Rivelazione 6:8), morte che è l’“ultimo nemico” che sarà distrutto. (Rom. 5:14, 21; I Cor. 15:26) Il ritorno da tale “esilio” significherebbe naturalmente una risurrezione dai morti.
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Ragazzo senza padreAusiliario per capire la Bibbia
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Ragazzo senza padre
Vedi ORFANO.
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RagionevolezzaAusiliario per capire la Bibbia
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Ragionevolezza
“Ragionevole” rende bene l’idea del termine greco epieikès, che è stato definito: “Corretto, appropriato; quindi equo, imparziale, moderato, tollerante, che non insiste sulla lettera della legge; esprime quella considerazione che esamina ‘in modo umano e ragionevole i fatti in questione’”. — W. E. Vine, An Expository Dictionary of New Testament Words, Vol. II, pp. 144, 145.
La ragionevolezza è una caratteristica che distingue la sapienza celeste. (Giac. 3:17) È una qualità che deve avere chi viene nominato sorvegliante in una congregazione cristiana. (I Tim. 3:2, 3) Questi deve essere ragionevole con se stesso, nei rapporti con altri e nel considerare i problemi. Anche i cristiani in generale sono incoraggiati a essere ragionevoli. L’apostolo Paolo consigliò ai filippesi: “La vostra ragionevolezza divenga nota a tutti gli uomini”. (Filip. 4:5) E a Tito fu ordinato di ricordare ai cristiani di Creta di “essere ragionevoli”. (Tito 3:1, 2) Questo era particolarmente appropriato dal momento che gli abitanti di Creta in genere avevano reputazione di essere “bugiardi, dannose bestie selvagge, ghiottoni disoccupati”. — Tito 1:12.
In I Pietro 2:18 i domestici sono esortati a essere “sottoposti ai loro padroni con ogni debito timore, non solo ai buoni e ragionevoli, ma anche ai difficili da accontentare”.
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RagnoAusiliario per capire la Bibbia
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Ragno
Animaletto a otto zampe, privo di ali che, per esattezza, non è un insetto ma appartiene alla famiglia degli Aracnidi. Il ragno è menzionato due volte nelle Scritture in un contesto illustrativo. Bildad, rivolgendosi a Giobbe, parla di un apostata come di una persona che fa assegnamento o si appoggia su “una casa di ragno”, o ragnatela, qualche cosa che sarebbe troppo fragile per sostenerlo. (Giob. 8:14, 15) Le azioni violente e nocive degli israeliti infedeli sono paragonate all’atto di intessere una “tela di ragno”. Ma quegli infedeli non potevano coprirsi con le loro azioni, più di quanto una ragnatela servirebbe come veste. — Isa. 59:5, 6.
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RamaAusiliario per capire la Bibbia
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Rama
(Ràma).
Vocabolo ebraico che significa altura o luogo elevato. (Ezec. 16:24) Usato come nome proprio di diverse località di Israele.
1. Città nel territorio di Beniamino. In Giosuè 18:25 viene menzionata fra Gabaon e Beerot. Evidentemente era vicina a Betel, città che si trovava nella parte S del territorio di Efraim. (Giud. 4:5) Un levita diretto a N oltre Gerusalemme giunse a Ghibea, e Rama evidentemente era poco più in là. (Giud. 19:11-15; Osea 5:8) Si trovava inoltre nei pressi di Gheba. (Isa. 10:29) Questi riferimenti concordano con la testimonianza di Eusebio, il quale identifica Rama di Beniamino con quella che oggi è er-Ram, località che si trova circa 8 km a N di Gerusalemme, 3 km a N di Ghibea, 5 km a E di Gabaon e 3 km a O di Gheba. Il centro abitato sorge su un’altura, come indica il nome.
All’epoca della secessione del regno Rama acquistò una certa notorietà, situata com’era vicino al confine tra Israele e Giuda e alla strada che attraversava la regione collinosa in direzione N-S. Baasa re di Israele cominciò a ampliare o fortificare Rama di Beniamino mentre combatteva contro Asa. (I Re 15:16, 17; II Cron. 16:1) Ma quando il re di Siria attaccò Israele da N, l’attenzione di Baasa venne distolta e Asa si impadronì di Rama e anche del materiale da costruzione di cui si serviva Baasa, e lo usò per costruire le vicine Gheba e Mizpa. (I Re 15:20-22; II Cron. 16:4-6) Sembra che, alla distruzione di Gerusalemme nel 607 a.E.V., gli ebrei presi prigionieri siano stati radunati a Rama prima di essere trasferiti a Babilonia. (Ger. 40:1) Dopo l’esilio Rama fu ripopolata. — Esd. 2:1, 26; Nee. 7:30; 11:33; vedi RACHELE.
2. Città natale del profeta Samuele e dei suoi genitori. In I Samuele 1:1 viene detto che Elcana padre di Samuele era un “uomo di Ramataim-Zofim della regione montagnosa di Efraim”. In tutto il resto del libro viene usata la forma abbreviata “Rama”. (I Sam. 1:19) Forse il nome più lungo viene usato la prima volta per distinguere questa Rama da altre località dallo stesso nome, come Rama di Beniamino. La traduzione a cura del Pontificio Istituto Biblico, forse seguendo la Settanta, dice: “uomo di Rama, un sufeo”. Secondo questa versione, che si discosta dal testo masoretico, Elcana sarebbe stato discendente di Zuf (Zofai) oppure originario del paese di Zuf. — I Cron. 6:27, 28, 34, 35; I Sam. 9:5.
Un’antica tradizione ripresa da Eusebio identifica Rama con quella che oggi è Rentis, località che si trova sulle colline di Efraim circa 32 km a NO di Gerusalemme. Quindi corrisponderebbe all’Arimatea (forma gr. dell’ebr. Ramàh) menzionata nelle Scritture Greche Cristiane. — Luca 23:50-53.
Elcana si era stabilito a Rama, dove evidentemente nacque Samuele, ma ogni anno si recava a Silo per offrire sacrifici. (I Sam. 1:3, 19; 2:11) Samuele rimase per qualche tempo a Silo col sacerdote Eli, ma infine si stabilì a Rama, punto di partenza dei suoi viaggi per giudicare Israele. (I Sam. 3:19-21; 7:15-17; 8:4; 15:24-35; 16:4, 13; 19:18-24) Quando morì fu sepolto a casa sua a Rama, “sua propria città”. — I Sam. 25:1; 28:3.
3. Forma abbreviata di Ramot-Galaad. — II Re 8:28, 29; II Cron. 22:5, 6; vedi RAMOT-GALAAD.
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Raffinare, raffinatoreAusiliario per capire la Bibbia
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Raffinare, raffinatore
L’arte di separare dalle scorie e purificare metalli, e l’artigiano che compie questa operazione. Con ripetute fusioni in recipienti d’argilla detti crogioli, il metallo veniva liberato da scorie e impurità. (Sal. 12:6; Prov. 17:3; 27:21) Resti di depositi di scorie sono stati rinvenuti nella regione circostante l’antica Succot, dove si trovavano alcune miniere e fonderie di Salomone. A volte le impurità venivano bruciate; altre volte il raffinatore usava la liscivia (vedi LAVANDAIO) per amalgamare le scorie schiumose che così salivano in superficie e potevano essere eliminate. (Isa. 1:25; Mal. 3:2) Il raffinatore sedeva davanti alla fornace e metteva carbone sul fuoco, tenuto vivo mediante la corrente d’aria prodotta da un mantice. — Ger. 6:29; Mal. 3:3.
Spesso l’oro contiene argento in quantità diverse. Non si sa come venissero separati in tempi biblici, ma in Proverbi 17:3 e 27:21 sembra si faccia una distinzione fra i metodi di trattare i due metalli: “Il crogiuolo è per l’argento e il forno fusorio per l’oro”. L’acido nitrico non fu scoperto che nel IX secolo E.V.; perciò prima l’oro veniva purificato in altri modi. Per esempio, se insieme all’oro era presente del piombo, le impurità potevano essere eliminate come schiuma, mentre l’oro veniva trattenuto dal piombo. Quindi facendo fondere lentamente il piombo (mediante un processo di coppellazione) rimaneva l’oro puro. Questo processo richiede notevole abilità, poiché se la temperatura è troppo alta o la fusione troppo rapida, l’oro viene eliminato insieme al piombo. Il raffinatore impara a giudicare e controllare il processo di raffinamento dal colore del metallo fuso. (Confronta Salmo 12:6; Geremia 6:28-30; Ezechiele 22:18-22). Le Scritture accennano all’uso di liscivia per raffinare l’argento. — Mal. 3:2, 3.
L’estrazione del ferro era più difficile, a motivo dell’altissima temperatura necessaria. Il ferro fonde a 1535°C. Gli antichi comunque costruivano fornaci da fusione munite di mantici per produrre una corrente d’aria come avviene in un odierno altoforno. (Deut. 4:20; Ger. 6:29; Ezec. 22:20-22) Non sono forniti particolari circa le fornaci per il ferro usate dagli ebrei, ma può darsi che fossero simili a quelle di cui si conosce l’esistenza nell’antica India. Fatte di argilla, a forma di pera, con un diametro di poco più di un metro alla base, e di soli 30 cm in alto, avevano mantici di pelli di capra muniti di beccucci di bambù attaccati ai tubi di argilla che immettevano aria alla base della fornace. Questa veniva caricata con carbone, si accendeva il fuoco e si metteva il metallo grezzo. Sopra si aggiungeva un altro strato di carbone e veniva surriscaldata per tre o quattro ore. Completato il ciclo, la parte anteriore della fornace veniva frantumata per eliminare l’efflorescenza del metallo.
Per estrarre il piombo dal minerale grezzo, la galena, cioè solfuro di piombo, si segue un semplice procedimento in due fasi. Prima il minerale viene sottoposto ad arrostimento con l’introduzione di aria, per trasformare il solfuro di piombo in ossido di piombo con l’eliminazione dell’anidride solforosa. L’ossido di piombo viene quindi mescolato al carbone e introdotto in un altoforno per eliminare l’anidride carbonica, lasciando nel crogiolo il piombo liquido.
USO FIGURATIVO
Di Geova stesso si parla come di un raffinatore. La sua Parola è raffinata al massimo. (II Sam. 22:31; Sal. 18:30; 119:140; Prov. 30:5) La sua Parola provata e degna di fiducia è un mezzo col quale Dio purifica il suo popolo eliminando ogni peccaminosa scoria di impurità. (Sal. 17:3; 26:2; 66:10; 105:19; Ger. 9:7; Dan. 12:9, 10; Mal. 3:3) Come un fuoco, anche le prove affinano il fedele. (Isa. 48:10; Dan. 11:35; Zacc. 13:9; I Cor. 3:13; confronta I Pietro 1:6, 7). I malvagi viceversa sono giudicati nulla più di schiumose scorie, al loro posto solo su un mucchio di loppa priva di valore. — Sal. 119:119; Prov. 25:4, 5; Ezec. 22:18-20.
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