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  • Il caso Oneda: giustizia o pregiudizio?
    Svegliatevi! 1982 | 8 novembre
    • “Il dubbio infatti che si sia colpita non una responsabilità ma una confessione si affaccia prepotentemente come una spettrale idea, come una inquietante ipotesi di intolleranza e di insofferenza . . . Si sarebbe infatti punito un reato di opinione”. — Avanti!, 24 marzo 1982.

      Analogamente, il giornalista Gregorio Donato ha scritto sul settimanale Com-Nuovi Tempi del 21 marzo 1982: “La vicenda dei coniugi Oneda ripropone il problema di un’effettiva libertà di religione nel nostro paese”. Qual è la vera ragione per cui gli Oneda sono stati condannati a 14 anni di reclusione? Il giornalista risponde: “Perché testimoni di Geova, posso affermare in coscienza dopo aver ripercorso tutto l’iter delle indagini, che hanno portato alla loro incriminazione, e aver seguito tutte le fasi del dibattimento”.

      Sì, la drammatica vicenda degli Oneda fornisce la triste prova che la gente umile, senza una posizione o preminenza, può ancora essere privata, a causa di pregiudizi religiosi, del trattamento equo al quale avrebbe diritto. Continuerà a esistere “il problema di un’effettiva libertà di religione nel nostro paese”? Il processo di appello a carico degli Oneda darà ai giudici l’opportunità di mostrare se in Italia esistono ancora la libertà di religione e la libertà di coscienza. Come fa notare in breve l’articolo che segue, è in gioco anche la vostra libertà.

  • La libertà di coscienza trionferà?
    Svegliatevi! 1982 | 8 novembre
    • La libertà di coscienza trionferà?

      IL CASO ONEDA si incentra su questioni di fondamentale importanza che potrebbero influire sulla vostra vita e sulla vostra felicità: libertà di culto, rispetto per la coscienza, tutela dei diritti della famiglia e dei genitori.

      Abbiamo dunque buone ragioni di preoccuparci per quello che accadrà quando il 7 dicembre avrà inizio a Cagliari il processo d’appello. Queste essenziali questioni saranno affrontate col dovuto equilibrio?

      Una dichiarazione del papa

      In tutto il mondo si sente parlare dell’importanza dei diritti dell’uomo, dell’autodeterminazione e della libertà di coscienza. Una voce influente si è levata in Vaticano il 10 gennaio 1982. Durante la benedizione domenicale Giovanni Paolo II ha commentato la richiesta del governo polacco che i cittadini, pena il licenziamento, firmino dichiarazioni in contrasto con la loro coscienza. Il papa ha detto:

      “Violentare le coscienze è un grave danno fatto all’uomo. È il più doloroso colpo inferto alla dignità umana. È, in un certo senso, peggiore dell’infliggere la morte fisica, dell’uccidere. . . . Il principio del rispetto delle coscienze è un diritto fondamentale dell’uomo, garantito dalle costituzioni e dagli accordi internazionali”.

      Tale dichiarazione ha ancora più valore in Italia, perché qui la libertà di religione e di coscienza è garantita dalla Costituzione. Considerate un esempio in merito alla libertà di coscienza. Quali che siano le nostre personali convinzioni circa l’aborto, sappiamo che dal 1978 in Italia esso è legale. Le norme che disciplinano l’aborto, però, riconoscono a ciascun medico il diritto di astenersi dal praticarlo, ad esempio nel caso che la sua religione o la sua coscienza non gli permettano di fare abortire, uccidendo un feto. La paziente che desidera abortire legalmente non può costringere un certo medico ad andare contro la sua religione o la sua coscienza, perché (come ha detto il papa) violentare la coscienza di un individuo potrebbe essere peggio che ucciderlo.

      Trattamento medico e coscienza entrano in gioco anche nel caso di Consiglia e Giuseppe Oneda. Si noti come.

      Fattori religiosi e di coscienza

      I medici della II Clinica Pediatrica che avevano in cura Isabella Oneda volevano continuare a curarla, con le trasfusioni di sangue. Forse credevano sinceramente che le trasfusioni fossero la cosa migliore per aiutare la bambina. Ma che dire dei sinceri scrupoli di coscienza dei suoi genitori? Gli Oneda avevano attentamente studiato la Bibbia e si erano convinti che essa contiene i perfetti consigli di Dio. Avevano appreso che al primo concilio apostolico era stato dato ai cristiani il comando di ‘astenersi dal sangue’. (Atti 15:28, 29) Avevano anche letto cosa aveva risposto l’apostolo Pietro quando alcune autorità volevano indurlo ad andare contro ciò che egli credeva essere la volontà di Dio, e cioè: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini”. — Atti 5:29.

      Queste informazioni dovrebbero facilitare la comprensione della decisione degli Oneda e del perché essi non potevano violare la loro coscienza addestrata secondo i principi biblici.

      Colpevoli di omicidio?

      Il tentativo di costringere un individuo ad andare contro la propria coscienza è una cosa molto grave. Gli Oneda però rimasero fedeli alla loro convinzione. Se non che, quando la loro diletta figlia morì a causa dell’inesorabilità del male, essi vennero prima incriminati e poi condannati quali responsabili del gravissimo reato di omicidio volontario! Non è evidente che il caso dev’essere riconsiderato?

      Ci sono elementi affinché la Corte d’Assise d’Appello possa riformare la sentenza pronunciata in primo grado? Certamente! Per dimostrare che gli imputati sono colpevoli di omicidio, si deve provare che c’è un nesso causale tra la loro azione od omissione e la morte della bambina. Tuttavia un perito incaricato dal tribunale ha ammesso che la questione se il comportamento degli Oneda abbia o meno accelerato la morte della loro bambina, affetta da una malattia che provoca la morte di tanti bambini, è qualcosa che non può essere determinato con assoluta certezza.

      Il professor Alessandro Bucarelli, uno dei due periti d’ufficio che hanno eseguito l’autopsia, è stato chiamato a deporre durante il processo. Come risulta dal verbale di dibattimento, quando il giudice Onnis, presidente della Corte, gli ha chiesto se la mancanza di trasfusioni di sangue negli ultimissimi mesi avesse provocato la morte di Isabella, egli si è espresso dicendo che il nesso si poteva “supporre, soltanto, con molta verosimiglianza, ma non . . . con assoluta certezza”. Il professor Bucarelli ha anche ammesso: “Non sono in grado di dire che cosa sarebbe successo se la terapia fosse stata regolare”.

      Quando il giudice ha insistito per fargli dire qual era stato l’effetto delle mancate trasfusioni negli ultimi tre mesi, il professor Bucarelli ha convenuto che, “se le trasfusioni fossero state regolari, non possiamo dire che la bambina si sarebbe salvata, cioè che il 2 luglio sarebbe rimasta viva”.

      Colpevoli di omissione?

      La sentenza con cui gli Oneda sono stati condannati a 14 anni di reclusione, sottoscritta dal giudice Onnis, presidente della Corte, precisa: “Il loro comportamento omissivo, che cagionò la morte della piccola figlia, fu un comportamento doloso, quanto meno nella forma del dolo eventuale in un primo tempo e quindi addirittura nella forma del dolo semplice o diretto”. Siete d’accordo con questa dichiarazione? Sapendo che i genitori amavano la piccola Isabella e avevano tentato di fare per lei tutto ciò che la loro coscienza permetteva, li riterreste colpevoli di omicidio “doloso”?

      È inaudito interpretare la coscienziosa condotta dei genitori come volontà omicida. Che dire invece delle autorità e dei sanitari? Il direttore della clinica ha ammesso: “Nella Clinica sono stati diagnosticati numerosi pazienti con talassemia major (circa 700). Molti di questi non si sono più presentati o si sono presentati sporadicamente. La Clinica non ha personale sufficiente nemmeno per assistere i malati”.

      Riflettete su questo fatto. La clinica si mise in contatto con il Tribunale per i Minorenni e in seguito con le autorità di Sarroch affinché provvedessero a trasportare la bambina, i cui genitori cristiani facevano obiezione alle trasfusioni di sangue per motivi di coscienza. Tuttavia la stessa clinica ha omesso di seguire molti dei 700 bambini talassemici i cui genitori non erano testimoni di Geova. Chi è dunque colpevole di comportamento omissivo? Perché allora soltanto gli Oneda sono stati condannati, a quella che è stata definita una ‘pena minima’, 14 anni di reclusione?

      Sarà fatta giustizia? Trionferà la libertà?

      La libertà di religione e di coscienza ha dovuto affrontare molte prove. Il processo d’appello che avrà inizio il 7 dicembre sarà una delle più grandi prove di questo genere nell’Italia moderna. Il papa si è espresso in favore della libertà di coscienza in un altro paese. Confidiamo che i giudici che riconsidereranno il caso Oneda in sede d’appello mostrino lo stesso interesse per la libertà di religione e di coscienza in Italia.

      [Testo in evidenza a pagina 10]

      “Violentare le coscienze è un grave danno fatto all’uomo. È . . . peggiore dell’infliggere la morte fisica, dell’uccidere”. — Papa Giovanni Paolo II

      [Testo in evidenza a pagina 11]

      Non tenendo conto dell’ordinanza del tribunale, la clinica ha omesso di mandare a prendere Isabella nei suoi ultimi tre mesi di vita. E il giorno in cui vi è stata infine portata, la bambina è morta mentre le veniva somministrata una trasfusione di sangue

      [Immagine a pagina 11]

      Nel Palazzo di Giustizia di Cagliari è stata fatta veramente giustizia agli Oneda? Si farà loro giustizia al processo d’appello che vi si celebrerà?

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